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Autore: Taila    04/12/2010    4 recensioni
Io seguii il suo cenno annoiata, aspettandomi uno di quei pomposi soldati con la parrucca arricciata che ero solita vedere sorvegliare le varie sale della reggia. Invece quello che vidi ebbe il potere di mandare in frantumi tutto quanto attorno a me.
È troppo giovane per ricoprire la carica di colonnello, fu la prima cosa che pensai. Era abbastanza distante da me per impedirmi di scorgere nitidamente il suo volto, ma da quello che riuscivo a vedere doveva essere bellissimo. I lunghi capelli biondi ondeggiavano ribelli al vento, catturando e riflettendo in mille scintille dorate la luce del sole. La divisa rossa brillava come un rubino, mentre in groppa al suo cavallo bianco impartiva deciso ordini che i suoi soldati eseguivano perfettamente e all’istante.
Sembrava uno degli eroi dipinti sui quadri che adornavano le pareti della reggia. Come potevano esistere uomini così affascinanti al mondo?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Altri, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: Doveheart
Autore: Taila
Serie: Lady Oscar
Genere: Romantico, introspettivo, sentimentale, malinconico
Tipo: Long – fic, shojo – ai
Raiting: Ero indecisa tra verde e giallo, ma ho optato per quest’ultimo per l’ultimo capitolo. La fine di Charlotte la conosciamo tutti, ma non si sa mai ^^’’
Pairing: Charlotte De Polignac x Oscar Françoise De Jarjayes
Parti: La fic sarà divisa in quattro capitoli
Disclaimers: I personaggi presenti in questa fic non appartengono a me, ma alla maestra Riyoko Ikeda e a tutti coloro che ne detengono i diritti. Io li ho presi in prestito solo per puro divertimento e senza scopo alcuno di lucro.
Note: Prima che mi sveniate davanti al pc per il pairing di questa fic, è meglio che specifichi le mie intenzioni ^^ Non voglio fare niente di scabroso o contro legge, credetemi. Nel manga Charlotte dichiara esplicitamente di essere innamorata di Oscar, quando la madre le comunica che, sebbene sia solo una bambina, presto andrà in sposa al duca di Guiche (io lo chiamerei in un altro modo, il bastardo >__< ma lasciamo perdere!) E quando il duca, nell’anima, trascina Charlotte in una stanza e la spaventa a morte, con la scusa di baciarle la mano, e lei dopo si rifugia lontano dalla regia dove c’è la fontana, fa a Oscar una bellissima dichiarazione d’amore. Ecco, io volevo solo raccontare il primo amore, impossibile tra l’altro, di Charlotte. Ci siamo passate tutte… come si sia innamorata di Oscar, i primi palpiti, la gelosia… Soltanto di questo volevo parlare, di una cotta innocente, per una persona speciale. Tutto qua. Questa è la mia prima fic su questo manga. Lady Oscar è il mio mito, sono cresciuta con le sue avventure e ancora oggi non manco di emozionarmi quando rileggo il manga o guardo gli episodi del cartone animano. Ma prima d’ora non mi ero mai cimentata in una fic per questo fandom, non so perché… forse per il timore di non fare bene… Di assicurato c’è tutto il mio amore per questo bellissimo manga e la mia buona volontà e la voglia di divertirmi ^__^ Spero quindi di aver fatto un lavoro decente.
Ringraziamenti: Un ringraziamento speciale va a Paperetta che ha gentilmente accettato di leggere la fic prima che la postassi e di indirizzarmi nella giusta direzione. Grazie mille davvero. Ringrazio tutti coloro che leggeranno e commenteranno.
Adesso vi lascio alla lettura, al prossimo capitolo gente \^O^/



Doveheart


Capitolo I: Il figlio di Marte

Un raggio di sole scivolò tra le tende del mio baldacchino e si fermò sul mio viso, costringendomi a svegliarmi. Protestai infastidita, nascondendomi ancora di più tra le coperte. Non ricordavo che sogno stessi facendo, ma avevo la sensazione che fosse bellissimo e volevo riprenderlo da dove ero stata costretta a interromperlo. Ma quella luce era ancora lì e non mi dava tregua. Una delle serve aveva dimenticato di chiudere gli scuri la sera prima e avrebbe pagato per questo.
Mi stesi sull’altro fianco, sentendo le lenzuola di seta scivolare piacevolmente su di me. Nelle ultime settimane la mia vita era cambiata con una tale rapidità da darmi il capogiro. Mia madre era diventata una delle dame di compagnia della Regina, la sua favorita e la persona più influente a corte dopo le Loro Maestà. Pur essendo nobile, la famiglia dei Polignac non era mai stata particolarmente ricca e potente, non avevamo i mezzi per sostenere il tenore della vita che si teneva a Versailles e mia madre diceva spesso che la colpa era di mio padre, troppo debole e incapace per muoversi tra gli intrighi di corte. Io ero costretta a indossare gli abiti smessi delle mie parenti più abbienti e frequentavamo solo le case della bassa nobiltà, quella che non era ammessa a corte quotidianamente, ma solo durante le occasioni più importanti che imponevano la presenza di tutti i notabili di Francia.
Durante il regno di Luigi XV non avevamo avuto nessuna occasione per compiere quel salto di qualità che ci avrebbe portati direttamente a corte. Il Re aveva la sua favorita, la Contessa De Barry, che aveva il proprio entourage di nobildonne che lottavano tra loro per averne i favori e non c’era alcuno spazio per noi. Ma con l’incoronazione dei nuovi sovrani le cose erano cambiate e mia madre aveva deciso di prendere nelle sue mani le redini della famiglia e di portarla ai vertici della nobiltà.
La Regina Maria Antonietta era una donna straniera in un paese straniero, strappata dalla sua casa e dai suoi affetti, sola e priva di guida, e quindi facilmente influenzabile. Mia madre aveva deciso di rischiare il tutto per tutto. Si era presentata a corte e, con una piccola recita, era riuscita a conquistare la Regina. Ora i nostri servitori, i nostri abiti e gioielli, qualsiasi cosa desiderassimo era pagata dalla corona e mio padre era stato nominato ministro delle poste.
A corte si era iniziato a vociferare sulla rapida ascesa di mia madre, ma a lei non importava: più si parlava di lei e dei favori che le si accordava, più voleva dire che il livello che aveva raggiunto nella scala sociale era alto. Ma anch’io ero entusiasta della situazione. Avevo tutti gli abiti e i gioielli che desideravo, i più ricchi e sfarzosi, e per questo ero diventata il vanto delle dame di corte. Ora potevo camminare a testa alta per i corridoi di Versailles, seguita dai sussurri di apprezzamento delle altre nobildonne. Ora erano i miei parenti a presentarsi a casa nostra e a elemosinare favori e denaro, non più noi.
E ora potevo anche aspirare a un matrimonio eccellente. Quando avessi avuto l’età giusta, sarei andata in moglie a un duca oppure a un conte, facendo entrare di fatto la mia faglia nell’alta aristocrazia. Il mio futuro era già stato pianificato, ma a me non importava: le figlie della nobiltà venivano messe al mondo solo per stringere i rapporti tra le varie famiglie e continuare il sangue della propria. Erano solo matrimoni di convenienza, in cui non era nemmeno necessario innamorarsi. Niente di più di questo e a me stava bene, almeno fino a quel giorno che vide crollare tutte le mie convinzioni come se fossero state di sabbia.
Il morbido rumore di una porta che veniva aperta e richiusa mi annunciò l’arrivo delle cameriere. Una di loro attraversò la stanza, camminando piano sul soffice tappeto, e spalancò la finestra, lasciando che l’aria tiepida di metà mattinata entrasse nella stanza insieme a una doccia di luce dorata. L’altra cameriera si avvicinò al mio letto e, dopo aver scostato i veli del baldacchino fissandoli ai sostegni del tetto, mi si avvicinò.
- Mia signora svegliatevi, è ora di alzarsi.- mi disse piano, quasi temendo di disturbarmi.
Restai ancora immobile per qualche istante, godendomi a occhi chiusi il tepore delle coperte, ignorando la voce della donna. Ma alla fine fui costretta a svegliarmi: l’aria si era riempita del profumo dei dolci appena sfornati che le serve mi avevano portato per colazione e il mio stomaco protestò per essere soddisfatto. Scesi dal letto, lasciando che i miei lunghi capelli biondi scendessero liberi sulle spalle e la schiena, e a piedi nudi mi avvicinai al tavolino accanto alla finestra che era stato apparecchiato per la colazione.
Le tende ondeggiavano pigre sotto il sospiro del vento, svelando a tratti il pezzetto del giardino del palazzo che si poteva vedere dalla mia stanza. Una farfalla scivolò tra le pieghe del tendaggio ed entrò nella stanza, dopo aver volteggiato per un po’, si posò sulla mia testa.
- Oggi vi accadrà qualcosa di bello, contessina.- disse una delle mie cameriere, sorridendo.
- Davvero?- domandai stupita da quell’affermazione e nel voltarmi verso di le, la farfalla volò via.
- Certo. Si dice che porti fortuna quando una farfalla si poggia su una persona.- mi spiegò, sempre con quel sorriso.
- Non lo sapevo…- mormorai mentre guardavo l’insetto volare leggero ed elegante contro il soffitto della stanza.
Qualcosa di bello. Mi piacevano le leggende, mi piaceva crederci, soprattutto quando promettevano sorprese speciali. Pensai che forse mia madre mi aveva comprato un nuovo abito, oppure quella spilla di diamanti che avevo visto la settimana precedente e che desideravo ardentemente avere.
Qualsiasi cosa fosse, sperai che accadesse presto e sentii il mio cuore battere più velocemente in risposta a quel pensiero.

Era il primo pomeriggio e ancora non era accaduto niente. Il mio senso di aspettativa cresceva e, benché cercassi di mantenere il mio solito aspetto distaccato davanti alle due nobildonne che erano con me, mi sentivo fremere. Per ingannare il tempo avevo deciso di passeggiare attraverso i corridoi della reggia, esplorandola stanza per stanza, senza mai essere stanca di meravigliarmi degli stucchi e dei marmi pregiati, degli arazzi e dei quadri.
Stavamo passando davanti una vetrata che dava sulla piazza d’armi dove la Guardia Reale si stava addestrando, quando le mie due compagne si fermarono.
- Oh, monsieur Oscar è tornato.- esclamò una delle due estasiata, guardando in basso.
- Finalmente, non vedevo l’ora che il periodo di punizione terminasse.- le fece eco l’altra.
Io le fissai aspettando che mi spiegassero cosa stesse accadendo, ma sembravano perse del tutto dietro la loro contemplazione.
- Chi è questo monsieur Oscar?- domandai alla fine e il mio tono seccato ebbe il potere di risvegliarle.
- Perdonateci contessina Charlotte, non volevamo mancarvi di rispetto.- iniziò a parlare la prima, temendo forse di perdere il suo posto privilegiato a corte.
- Monsieur Oscar è il Colonnello della Guardia Reale. È quel giovane ufficiale in groppa al cavallo bianco.- mi spiegò indicandomi la piazza d’armi.
Io seguii il suo cenno annoiata, aspettandomi uno di quei pomposi soldati con la parrucca arricciata che ero solita vedere sorvegliare le varie sale della reggia. Invece quello che vidi ebbe il potere di mandare in frantumi tutto quanto attorno a me.
È troppo giovane per ricoprire la carica di colonnello, fu la prima cosa che pensai. Era abbastanza distante da me per impedirmi di scorgere nitidamente il suo volto, ma da quello che riuscivo a vedere doveva essere bellissimo. I lunghi capelli biondi ondeggiavano ribelli al vento, catturando e riflettendo in mille scintille dorate la luce del sole. La divisa rossa brillava come un rubino, mentre in groppa al suo cavallo bianco impartiva deciso ordini che i suoi soldati eseguivano perfettamente e all’istante.
Sembrava uno degli eroi dipinti sui quadri che adornavano le pareti della reggia. Come potevano esistere uomini così affascinanti al mondo?
Sentii il mio corpo tremare dall’emozione come se avessi la febbre alta, una soffusa sensazione di calore risalirmi al volto, mentre il mio cuore si contraeva dolorosamente nel petto. Cos’era quella sensazione? Non l’avevo mai provata prima. Era un’emozione sconosciuta che mi pervadeva il corpo e sembrava crescere ogni istante di più che osservavo quel giovane ufficiale. Mi spaventava, ma quella sensazione di leggerezza dall’altro lato mi piaceva.
- Mademoiselle Charlotte vi sentite bene? State tremando.- mi richiamò la voce di una delle dame che erano con me.
E, così com’ero stata gettata nel mondo di sogno, altrettanto immediatamente ritornai cosciente di tutto ciò che mi circondava. E per un attimo mi parve di cogliere qualcosa nello sguardo delle due donne che erano con me, come se avessero capito cosa mi stava accadendo.
- Sto bene, non preoccupatevi.- risposi cercando di mantenere il mio contegno.
Ma il mio sguardo tornava alla finestra, al giovane ufficiale dai capelli biondi e la divisa scarlatta che ora stava galoppando in testa al plotone, urlando ordini con il braccio puntato verso il cielo come se lo stesse sfidando a fermarlo. Non riuscivo a staccare lo sguardo da lui così bello e così irreale, e più lo guardavo più una sensazione di calore si concentrava nel mio volto.
Quello era la sorpresa che mi aveva predetto la serva quando, la mattina, una farfalla mi si era posata in testa? In quel momento, troppo scossa dall’ondata si sentimenti che mi aveva sommerso, non seppi come classificare quell’episodio. E in fin dei conti che rilevanza avrebbe avuto nella mia vita? In quel momento ancora lo ignoravo, ma quel giovane ufficiale sarebbe diventato importantissimo per me.
Deglutii a fatica e, non senza un certo sforzo, invitai le dame che erano con me a proseguire la nostra passeggiata. Dovevo allontanarmi da quel posto. Non avevo mai perso il controllo di me stessa prima di quel momento ed era una sensazione bellissima e terrificante insieme. Fin dalla più tenera infanzia mi era stato insegnato a rimanere sempre distaccata, a non mostrare mai i miei sentimenti. Solo la gente del popolo si abbandonava ai sentimenti che provava, abbruttendo la loro natura umana. I nobili invece dovevano mantenere un contegno apollineo, come se vivessero su un altro piano d’esistenza, più vicini a Dio di quanto non lo fossero i plebei.
E quel giorno avevo compreso il perché di quella imposizione. I sentimenti sono troppo potenti, sconvolgono chi li prova fino a fargli perdere la ragione. Ma, nonostante ciò, provavo il desiderio inconfessabile di abbandonarmi a loro ancora una volta. Desideravo rivedere quel Colonnello e scoprire se era veramente bello come sembrava da così lontano. Magari avrei potuto chiedere a mia madre di presentarmelo. Accantonai subito quell’idea, perché irrealizzabile. Mia madre doveva già avere qualche progetto per me e di sicuro non contemplava quel giovane ufficiale. Per un istante mi sentii male al pensiero di dovermi sposare con un uomo che non conoscevo, solo per rimpinguare il patrimonio di famiglia. E non mi era mai accaduto prima.
Le altre due dame camminavano due passi dietro di me e stavano spettegolando sulla vita di corte. Le loro parole giungevano alle mie orecchie come un basso mormorio che non riusciva a sovrastare il rumore dei pensieri che si erano stipati nella mia mente e soprattutto l’immagine del Colonnello della Guardia Reale, era come se avesse occupato tutto lo spazio dentro di me.
- Voi cosa ne pensate Contessina?- mi domandò una della due donne.
E io non sapevo cosa risponderle, perché non avevo prestato attenzione al loro discorso. Ma non volevo darlo a vedere, far capire loro che stavo pensando ad altro e magari dare adito ai loro sospetti. L’ultima cosa che desideravo era che si diffondessero pettegolezzi sul mio conto. Non potevo permetterlo, non con una madre come la mia.
Nascosi il volto dietro il ventaglio e diedi una risposta a caso. Sospirai sollevata quando le due nobildonne ripresero a parlare, apparentemente soddisfatte della mia risposta. Mi costrinsi a restare concentrata su quanto stavano dicendo, per non farmi cogliere di nuovo impreparata, e sembrò che l’immagine del giovane ufficiale si allontanasse da me, rimpicciolisse fino a nascondersi da qualche parte dentro di me.
E mai come in quel momento fui contenta di avere come compagne due pettegole come quelle dame.

  
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