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Autore: Tenchi Malfoy    29/11/2005    1 recensioni
harry viene trasportato in un dimensione alternata. Qui, lui non è il ragazzo che visse, ma uno spettatore innocente con più misteri che un bambino, normalmente contiene...
Genere: Avventura, Azione, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
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A destiny I never wanted

A Destiny I Never Wanted

di Tenchi Malfoy

 

tradotto da fatafatale

 

Rinuncia: Evidentemente le cose che riconoscete, non sono le mie o io sarei ricco! Bene l'unica cosa che è mio sono alcuni caratteri scelti e manierismi così come la trama della storia.

 

cap.4-Trebel e Cena

 

Harry si sedette di nuovo sul divano, ripensando all’accaduto. Gli sembrò che fossero passati solo alcuni minuti, ma in realtà erano ore. Harry alzò lo sguardo puntato sui suoi piedi, quando avvertì un suono quasi impercettibile. Un piccolo elfo domestico, si trovava in piedi davanti a lui, in un abito di cotone bianco con l’emblema dei Potter. La testa era inarcata in rispetto, chiedendo silenziosamente il permesso per parlare. Harry guardò il piccolo elfo, curiosamente, prima che il capire si fece strada nella sua mente, ed accennò col capo la sua accettazione.

“Trebel pensa che Harry Master dovrebbe andare a prepararsi per la cena da sig. Black. Strillò Trebel. Il viso di Harry assunse un’occhiata pensierosa.

Che ore sono Trebel?” Chiese piano Harry, fissando l’elfo sorpreso.

“Manca un quarto d’ora alle sei, Master.” Rispose Trebel appena Harry finì. Harry accennò col capo assentemente, alzandosi poi dal divano.

“Sembra che abbia dimenticato dove si trova la mia stanza, mi mostreresti la via?” Chiese cortesemente Harry, porgendo la mano all’elfo impaurito.

“E’ troppo onore, Master, prendere la sua mano,” rispose Trebel, che quando si accorse di ciò che aveva appena detto, spalancò gli occhi per la paura. Harry ignorò quello che aveva detto, continuando a mantenere la mano tesa verso il piccolo essere, caparbiamente.

“Trebel, se per favore mi accompagnassi... Disse pazientemente Harry. Trebel alzò lentamente la sua mano, congiungendola a quella più grande di Harry. Con un grande e rassicurante sorriso, Harry accennò col capo a Trebel di muoversi. Un poco vacillante Trebel si avviò, conducendolo ad una grande scalinata che salirono insieme. Harry osservò come Trebel continuasse a guardarlo cautamente.

“E’ permesso a Trebel fare una domanda?” Chiese quietamente il piccolo folletto, aspettando una risposta.

“Certo, sentiti libero di chiedermi qualsiasi cosa Trebel. Disse fiduciosamente Harry, sorridendo di nuovo. Il piccolo folletto domestico pareva stesse dibattendo se davvero fare la domanda, anche se aveva avuto il permesso del suo Master. La curiosità vinse ed il piccolo folletto prese un gran respiro.

Master, Trebel stava chiedendosi perché Harry Master sta agendo così diverso?” Chiese timidamente Trebel a Harry, così piano che il ragazzo dovette tendere verso la piccola creatura, per riuscire a capirlo.

“Diverso come?” Chiese Harry, mentre giungevano in cima alla scala. Harry stava memorizzando la direzione presa da Trebel.

“Non posso dirlo, Master si arrabbierà e griderà al povero Trebel. Rispose il folletto, per poi tapparsi rapidamente la bocca e spalancare gli occhi con paura. “Trebel non avrebbe dovuto dirlo, Trebel cattivo cattivo folletto domestico.” Strillò paurosamente Trebel, avviando a colpire la testa su una tavola vicina. Per qualche secondo, Harry rimase immobile, poi si avvicinò al folletto isterico, allontanandolo dalla tavola.

Harry trattenne il folletto, mormorando parole calmanti. Trebel soffiò il naso nel fazzoletto offertogli da Harry silenziosamente. Harry rimise giù il folletto, riafferrandone la mano, lasciando che finisse di calmarsi.

“Trebel, ordino che non ti colpisca in mia presenza. Disse Harry serio, dando al piccolo folletto un’occhiata severa all’inizio delle proteste della creatura.

“Sono spiacente, Master, ma dovevo castigarmi per parlar male del mio Master. Fu la malinconica risposta di Trebel, iniziando ancora una volta a piangere. Harry aspettò calmo che Trebel si ricomponesse nuovamente, mentre continuavano a percorrere un lungo corridoio. Si fermarono davanti ad una grande porta di legno.

“Questa è la sua stanza Harry Master. Se Harry Master mi scusa, Trebel deve andare e castigarsi. Disse deciso il folletto domestico.

“Oh no Trebel.” Fu la risposta di Harry, carpendo fermamente la mano del piccolo folletto. “Vuoi venire dentro?” Chiese Harry. Il folletto si voltò fissandolo, addirittura, ancora più paurosamente. Harry lo guardò e sospirando, tirò il piccolo folletto riluttante nella sua stanza.

Harry rimase stupito dalla bellezza pura e semplice della stanza. Un grande, enorme letto in acero luccicante, troneggiava maestosamente nel fondo della stanza. Un gran divano, in seta nera, con grandi e morbidosi cuscini bianchi. Due comodini, su entrambi i lati del letto. Un grande armadio intonato con uno specchio appeso sul muro sinistro. Un molle tappeto nero che gli massaggiò i piedi come entrò nella stanza. Articoli per birichinate erano allineati ai muri, grazie a fascini che li trattenevano li, ed una porta che probabilmente conduceva ad un bagno. C’era un’altra porta, che sembrava essere un armadio. Harry fece cenno a Trebel di seguirlo, quando andò a sedersi sul letto.

“Vieni e siediti, Trebel. Parliamo.” Gli disse Harry, accarezzando il lenzuolo vicino a se. Trebel poteva solo accennare, mentre restava lì in piedi, impaurito per trovarsi nella stanza del Master. Cosa che era considerato un gran privilegio. Ridacchiando, Harry si alzò, e preso il piccolo folletto, lo fece sedere sul letto.

“Ora che siamo comodi, perché non mi spieghi quello che vuoi dire con diverso, Trebel?” Chiese calmo Harry, prima di aggiungere, “Ed io t’impedisco di mentire. Voglio che tu sia onesto e non puoi danneggiarti in qualsiasi modo. Finì, gesticolando verso Trebel per iniziare a parlare.

“Bene Harry Master.” Avviò quietamente Trebel quasi sottovoce ma ancora abbastanza perchè Harry Potesse sentirlo.

“Solo Harry Trebel, solo Harry.” Mormorò lui, scuotendo pensieroso il capo. Harry diede a Trebel un’altra occhiata austera ai nuovi commenti di protesta.

“Bene H-Harry, lei sta agendo molto diversamente dal solito. Abitualmente lei è m-molto cattivo.” Disse il folletto, incerto alla reazione di Harry. “Solitamente, lei colpisce il povero Trebel e poi ride, e grida agli altri Master, quando le è conveniente. Finì Trebel, scuotendo al pronunciare tali parole.

“Mi comporto davvero così?” Chiese Harry, che non si aspettava realmente una risposta. Iniziava a sentirsi realmente preoccupato. Non c’è modo che un folletto domestico accettasse di partecipare in una birichinata.’  Fu il suo pensiero silenzioso.

“Harry Master è arrabbiato?” Chiese paurosamente il folletto. Perso nei suoi pensieri, Harry scosse semplicemente il capo. Uscì dai suoi pensieri quando fissò assentemente un grande orologio.

“No, non sono arrabbiato. Ma lo saranno mamma e papà se non sarò pronto in cinque minuti. Fu la risposta di Harry, saltando giù dal letto e correndo all’armadio. Alla vista dell’impressionante numero d’abiti presente in lui, lo bloccò sul posto. L’armadio era enorme, ed era pieno fino all’orlo d’abiti.

Se Trebel può, Master, potrei suggerire l’abbigliamento.” Disse Trebel, avvicinandosi al ragazzo. Disperato, accettò l’aiuto dell’ora energico folletto.

Con uno schiocco delle dita di Trebel, gli abiti apparirono, per poi posarsi sul letto. Harry corse al letto, guardandoli. Rimase sorpreso della scelta di Trebel; sembrava qualcosa che porterebbe normalmente. Un paio di jeans scuri e una camicia con un paio di belle scarpe da sera. Rapidamente si vestì, dimenticandosi della presenza di Trebel, per poi dirigersi al bagno per cercare di dare una parvenza di ordine ai propri capelli. Spazzolandoli, notò che non erano, molto lunghi, solamente poco oltre le sue orecchie. Uscì dal bagno per poi dirigersi alla porta. Dopo un secondo, rientrò.

“Grazie Trebel, di tutto.” Disse Harry, sinceramente, abbracciando il folletto sorpreso prima di correre di nuovo fuori della porta. Se fosse rimasto alcuni altri secondi, avrebbe sentito le parole bisbigliate di Trebel.

“Davvero, giovane Master, posso sentire che lei non è quello che sembra. Disse a bassa voce Trebel, poi schioccando le dita, svanì dalla stanza.

Lasciata la stanza, corse verso la sala. Scesa la scala, si trovò nella sala d’ingresso dove la sua famiglia stava aspettandolo.

“Sei qui, finalmente. E’ quasi ora di andare via.” Disse Lily, sistemando il bambino ai primi passi. Harry notò che il bambino aveva capelli neri e occhi color nocciola. “Deve essere Zykye.” Pensò.

“Stai molto bene, figliolo, ma dove sono i tuoi occhiali?” Chiese James, curioso, tenendo Cyzelena per mano. Harry notò che non aveva gli occhiali, ma che poteva vedere perfettamente.

Uhmm, vedi papà, credo di non averne più bisogno. Rispose zoppamente Harry alle occhiate diffidenti dei suoi genitori, ma cercando di ridere.

“Certo, sarà meglio andare. Zykye, alzati.” Disse Lily, mettendo dolcemente in giù il piccolo bambino. James si avvicinò con Cyzelena in rimorchio, estraendo un pezzo di carta.

“Toccate la carta, useremo un portkey per giungere a Grimmauld Place. Disse James, mentre tutta la sua famiglia allungò un dito sopra di esso. Harry tese al sentire la parola Grimmauld Place, ma non ebbe tempo per ritrarre il dito, sentendo immediatamente la famigliare tirata all’ombellico.

La prossima cosa che conosceva, era che stava sbarcando sul pavimento duro, gli occhi chiusi. Harry li aprì, lentamente, alzandosi dal pavimento. Osservò i dintorni, notando che questo non era il Grimmauld Place che conosceva. Ricordava, al contrario, una vera casa. Al sentire delle voci, si voltò.

Alla vista di Sirius e Remus, trattenne il respiro. I due si stavano avvicinando alla sua famiglia, entrambi con grandi sorrisi sui visi. Harry, per primo, guardò Sirius. Sembrava così molto più giovane della persona che era nei suoi ricordi; e gli occhi, non erano infestati dagli spettri d’Azkaban. Un brillante scintillio di danno, era invece in loro, mentre i suoi capelli neri, incorniciavano il viso. Poi, si volse verso Remus; questo non era il suo Remus. Questo Remus aveva capelli dorati con poco grigio e poche rughe di preoccupazione, sul suo viso. I suoi grandi occhi color ambra non mostravano disperazione e crepacuore, ma solo felicità.

Fu allora che si accorse di un altro uomo, eretto vicino Sirius. Era leggermente sovrappeso, con capelli castani. Un sorriso sul viso, guardando ai suoi unici amici. “Pettigrew, che cosa ci fa lui qui!” Gridò, cercando istintivamente alla sua bacchetta, per accorgersi che non c’era. ‘Non c’è problema, lo farò nel modo dei muggle.” Si disse, sorridendo ferocemente. Si fiondò verso il piccolo uomo. Colpì ovunque le sue mani potessero giungere. Calciò dappertutto le sue gambe arrivarono, sorridendo ai gemiti che provenivano dall’uomo frignante. Improvvisamente sentì due forti braccia che l’avvolsero, tirandolo via dal ratto. Harry guardò il colpevole con un’occhiata alienata negli occhi, ma gli permise di farlo con un sospiro. Sirius lo mise dolcemente a terra, mentre Remus aiutò Peter a rialzarsi dal pavimento.

“Harry James Potter, che cosa significa tutto questo!” Esclamò Lily, arrivando accanto a Harry in un attimo. Harry guardò negli occhi di sua madre, e si accovacciò alla vista della furia contenuta in loro. Voldemort era pauroso, ma una madre furiosa era qualcosa di molto più spaventoso!

“E’ stato un attacco di panico.” Disse zoppamente Harry, non riuscendo a pensare ad una migliore scusa. Lily gli diede un’occhiataccia, ma accettò la scusa. Poi si diresse verso di James, intento a ridere. James gli fece l’occhiolino, prima di seguire Sirius alla sala da pranzo dove era pronta la cena.

Remus tornò un momento dopo, seguito da un Pettigrew impaurito di Harry. Tutti si sedettero all’apparire del cibo sulla tavola. Harry era tra una donna alta, che non aveva notato prima, e sua madre.

“Harry, caro, puoi passarmi il burro?” Chiese la donna, cortesemente, mentre lei passava le patate a James. Harry accennò col capo assentemente, passando il burro ed ascoltando la conversazione quieta che sua madre stava avendo con la donna.

“Roma, non puoi essere seria, abbiamo già abbastanza pazienti così com’è ora. Disse incredulamente Lily, scuotendo la testa.

“Lo so, ma hanno insistito che li prendessimo. Fu la risposta della donna chiamata Roma, che concordando con l’amica, scosse la testa anche lei. Harry volse lo sguardo verso suo James, intento a conversare piano con Sirius ed un ragazzo di approssimativamente 9 anni.

“Figliolo, quando andrai a Hogwarts, devi continuare il lavoro di famiglia, diventando un padrone nelle birichinate.” Stava dicendo Sirius al ragazzo, che accennava col capo energicamente. Harry stava sentendosi più confuso ogni momento. Sirius non ha mai avuto un figlio.’ Fu il suo pensiero.

“Si, tu e Harry sarete i nuovi Marauder, portando rovina e devastazione nella scuola. Aggiunse James, gettando un pugno in aria.

“Oh no, non lo saranno!” Esclamarono in unisono, scuotendo la testa, le donne.

“Il mio Harry non prenderà parte nelle vostre fantasie su birichinate. Fu l’affermazione caparbia di Lily, scuotendo un dito ai due uomini.

“Neanche il mio Jake, Sirius, così è meglio che fermi immediatamente questa sciocchezza, o stasera dormirai sul divano. Dichiarò seriamente Roma, fissando un Sirius che mormorava.

“Ti auguro un buon sonno sul tuo divano, Sirius, mentre io dormirò in un conforte—” Iniziò James, ma fu prontamente interrotto da Lily.

“Oh no, James. Se non la pianti immediatamente con queste ridicole fantasie, anche tu dormirai sul divano. Ridacchiò Lily, sorridendo perfidamente ad un Sirius ghignante.

Che cosa ridi, tu sei messo come me!” Esclamò James ridendo ad un Sirius con una faccia solenne.

Harry ridacchiò alle buffonate dei due, guardando Remus ridere dei suoi due migliori amici. Poi, volse lo sguardo verso Pettigrew, intento a mangiare. Harry ingoiò la sua rabbia, continuandosi a ripetere che questo non era il suo Pettigrew, ma un impostore...o lo era? Scosse la testa, come per liberarlo di tali pensieri e finì di mangiare.

Il resto della cena andò piuttosto bene, e presto fu ora per lasciare Grimmauld. Mentre tutti si scambiavano i saluti, Harry si guardò attorno curiosamente. Ricordi invasero la sua mente...Sirius che ride mentre cantano canzoni di Natale durante il suo quinto anno...parlare a Sirius e Remus nel fuoco...Kreacher e quell’orrendo dipinto della madre di Sirius...dove sono Kreacher e il ritratto?

“Sirius, dov’è il vecchio dipinto di tua madre?” Chiese, prima di potersi fermare. Sirius sembrò sorpreso ad esser interpellato dal giovane erede dei Potter. Cosa che Harry immagazzinò per pensarci su più tardi.

“Ce ne siamo liberati non molto tempo fa, non ricordi?” Chiese curioso Sirius, fissando malinconicamente Harry. Harry scosse la sua testa, per poi fare un’ulteriore domanda.

E Kreacher?” chiese un poco assentemente, guardando la stanza.

“Come conosci Kreacher?” Chiese Sirius con tono indagatore. Harry guardò nuovamente verso Sirius, un poco pensieroso, prima di capire di aver fatto un passo falso.

“Non l’hai menzionato prima?” Mentì Harry, sgridandosi silenziosamente per non pensare prima di parlare.

“No, credo di non averlo fatto.” Disse Sirius con sospetto, continuando a guardare fissamente il figlioccio.

“E’ ora che andiamo.” Intervenne James, prima che Harry potesse pensare ad una risposta.

James estrasse lo stesso pezzo di carta e gesticolò verso loro di afferrarlo. Come Harry avvertì la familiare tirata dietro all’ombellico, volse un nuovo sguardo agli occhi blu scuri e diffidenti di Sirius.

Harry sbarcò assentemente nella magione dei Potter. Incominciò a camminare sui gradini, non curandosi del fatto che i suoi genitori stessero gridandogli di ritornare. Harry andò nella sua stanza, dove rapidamente si cambiò in un pigiama nero di seta e si stese sul letto.

Harry ripensò a tutto ciò che era accaduto quel giorno. “Domani devo svegliarmi presto, e cominciare a cercare informazioni su questo posto. Pensò Harry tra se. Non poteva spiegarlo, ma per un qualche motivo, profondo in se stesso, sapeva che queste persone non erano impostori e che poteva avere fiducia in loro. il suo ultimo pensiero coerente, prima di precipitare in un sonno felice, fu: “Come posso avere fiducia in qualcuno quando la mia fiducia è stata tradita così molte volte?” E poi, si addormentò, non sapendo che qualcuno aveva sentito quel pensiero e sospirò in accordo a giovane.

  
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