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Autore: Akemichan    29/11/2005    3 recensioni
Un triangolo a tre fra una famosa regina, il suo più fedele servitore e una pittrice... Ai tempi dell'antico Egitto!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Antichità
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La porta dello studio del Faraone si aprì

 

La porta dello studio del Faraone si aprì. Senmut non aveva bisogno di bussare. Sepolta sotto un mucchio di papiri, Hatshepsut mordicchiava leggermente una pagnotta bianca, suo unico pranzo, mentre esaminava un foglio dipinto con colori vivaci.

«Dove sei stato?» chiese lei, senza alzare lo sguardo, sapendo di chi si trattava.

Senmut appoggiò le mani alla scrivania in ebano. «Al tempio funerario, per controllare i lavori»

«Non è compito tuo» replicò Hatshepsut calma, iniziando a scrivere geroglifici con la sua grafia chiara e precisa.

Lui la ignorò. «Perché hai cacciato via Teti?»

Lei alzò lo sguardo, fissandolo con odio. «Io non ho cacciato via nessuno» disse pericolosamente. «Sono il Faraone. Non farei mai qualcosa che possa danneggiare anche uno solo dei miei sudditi»

Spaventato da quello sguardo, Senmut si pose sulla difensiva. Gli faceva spesso paura, specie quando parlava dei suoi compiti di Faraone che, alla fine, metteva sempre sopra di tutto. «Al tempio… Mi hanno detto che se n’è andata»

«Esatto» convenne Hathsepsut. «Ha deciso di andarsene spontaneamente e io, da amica, non l’ho fermata» L’amicizia di pensare che, senza di lei, Senmut non sarebbe stato che suo, solo suo.

«Ma… ma perché?» Lui si ritrovò ad essere in preda all’ansia. Non era un atteggiamento di Teti lasciare un lavoro a metà. Doveva per forza essere successo qualcosa. «E… ha detto dove andava?!»

«Forse a Bast, o a Men Nefer… Non ne ho idea…» Alzò le spalle in un gesto di noncuranza. «Nella terra di Uadjet, comunque»

«Davvero non ti importa?» Senmut cercò di calmarsi, o, almeno, di dimostrarle che era tranquillo.

«Certo che mi importa!» sbottò lei. «Teti… Non mi ha voluto dire nulla…» Si morse il labbro. «Volevo essere ancora sua amica, ma lei… Ha rifiutato… Mi ha detto che… Ormai era troppo tardi…» Hatshepsut stava per fare qualcosa che nessuno avrebbe dovuto vedere: piangere.

«Quando parte?» chiese deglutendo lui.

«Oggi, quando Nut inghiottirà la barca di Ra» Senmut annuì e fece per andarsene. In quel momento, come spesso le accadeva, il forte sentimento che provava per Teti scomparve nuovamente, sostituito dall’invida e dalla rabbia che sentiva per non essere mai riuscita a fargliela dimenticare. «Se andrai da lei, sappi che non ti amerò mai più» Come se si potesse decidere una cosa del genere. Ma lei era così… così orgogliosa! Pur di rispettare quella parola rabbiosa, avrebbe rinunciato all’unica, vera gioia della sua vita.5

La barca solare di Ra si stava avvicinando sempre di più all’orizzonte, pronta ad essere nuovamente divorata, come ogni giorno, da Nut, quando Senmut giunse a Per-Maat. Lasciò il carro in custodia al soldato che l’aveva accompagnato e corse velocemente lungo l’unica via del villaggio, verso la solita casupola piccola e sporca dov’era cresciuto assieme a lei.

Teti era là davanti, coperta da una lunga veste bianca e da un mantello che la proteggevano dal freddo delle notti egiziane. Accanto a lei, un carro, di quelli in dotazione all’esercito regolare, con due cavalli marroni che scalpitavano leggermente, agitando le lunghe chiome e sollevando suggestive nuvolette di polvere. Sul carro, una persona, probabilmente un ragazzo, da quello che si poteva capire osservando le gambe, nude fino ai polpacci. Il resto del corpo, era coperto da un mantello rosso come il sangue, che teneva nascosto il viso come nella grotta di Hapy.6 «Temevo di non fare in tempo!» esclamò annaspando quando la raggiunse, cercando di riprendere fiato per la corsa disperata, con le mani appoggiate alla ginocchia leggermente piegate.

«Per cosa?» sorrise dolcemente Teti. Il suo volto, in questo momento, risplendeva più di Ra, se questo fosse stato possibile.

«Perché parti?» le chiese lui disperato. «Resta! Voglio che resti!»

Lei scosse leggermente i capelli neri e ricci. «Ho deciso di vedere il mondo. Non ho più voglia di dipingere» Ignorò la seconda parte della frase.

«Ma... Ma dicevi che dipingere era tutta la tua vita!» Senmut era sempre più sconvolto. Forse un demone si era impadronito di lei! Era così diversa dal solito… Cos’era quel sorriso che sembrava impossibile da oscurare? Gli occhi brillavano come le sette figlie di Hathor7, resi ancora più affascinati dalla sottile linea nera del kohl che li incorniciavano. Proprio Teti, lei che aveva sempre odiato i trucchi!

«Si, è vero» assentì lei spandendo gioia accanto a sé. «Ma adesso mi sono ricreduta. La mia vita non può essere la pittura»

Lui era sicuro di non averla mai vista così felice. Fin da piccola, era stata sempre così seria e pacata… «Dove pensi di andare?»

Lei alzò le spalle. «Dovunque, non importa» Allargò ancora il suo sorriso. «Vagherò, come Iside»

«Resta, invece» ripetè dunque Senmut. «Io amo te… Me ne sono accorto solo adesso…»

Dolcemente, Teti gli accarezzò una guancia. «Forse lo credi» gli sussurrò, facendogli scivolare il fiato sulla pelle. «Ma non è così» Scuotendo leggermente il lungo mantello, salì delicatamente sul carro, appoggiandovi sopra anche una leggera sacca che conteneva tutta la sua poca roba. Ai piedi del conducente mascherato, Miu-Miu dormiva tranquillo. «Che Ptah ti protegga sempre, Senmut. Addio»

Il ragazzo tirò le briglie dei cavalli, che non aspettavano altro. Il carro partì in una corsa folle, allontanandosi prima che Senmut avesse il tempo di ribattere. Cosa avrebbe potuto dire, in fondo, se non ricambiare l’augurio di felicità? Tutto il resto, era già stato detto.

 

«Sei sicura di aver ingoiato una fava, vero?» le chiese lui, manovrando con abilità i due destrieri. La domanda attraversò dolcemente l’aria.

Teti osservava il paesaggio scorrere attraverso i suoi occhi, sfocato come il riflesso nell’acqua. «Si, ho fatto tutti i controlli» Dolcemente, si accarezzò il ventre. «Sarà un maschio»

Lui sospirò. «Allora, perché non sei rimasta con Senmut?» Formulare quell’interrogativo era una necessità che il suo cuore non desiderava fare. «Ha detto che ti ama»

«Per due motivi» rispose Teti annoiata. «Il primo è che, no, lui non mi ama affatto. Senmut ha sempre e solo amato ciò che non aveva. All’inizio, credevo che amasse la mia tranquillità, invece non è così. Se si fosse sposato con me, mi avrebbe tradita per Hatshepsut. Invece, è accaduto il contrario» Sorrise dentro sé stessa, debolmente: per la prima volta in vita sua, aveva mostrato apertamente un sentimento, la felicità, e l’aveva fatto unicamente per deludere un uomo, non perché volesse farlo davvero. Ironia della sorte.

«Amare ciò che non sia ha… Un po’ lo capisco…» Lui sorrise debolmente. «E il secondo?»

«Amo te, Tuthmosis»

Il reggente tirò forte le briglie dei cavalli, facendo fermare il carro.

«Cosa fai?» si stupì lei.

«Ci fermiamo qui, ormai è notte» sorrise Tuthmosis. «Riprenderemo domani la strada per Men Nefer»

«Qui?» Teti guardò la sabbia soffice e rossastra che li circondava. Poi emise un piccolo sbuffo dolce. «Sei un demone dispettoso…» Scese dal carro, stiracchiandosi. Le stelle, in cielo, piovevano forte, luminose come non mai.

Tuthmosis si tolse il mantello, gettandolo a terra. Anche lui non aveva voglia di dormire. «L’amore di Hatshepsut è passione» trasse le conclusioni, infine. «L’amore di Senmut è cambiamento. Il nostro amore, invece, com’è?»

Teti si sedette a terra, incrociando le gambe. «Il nostro amore è eterno» rispose. «Perché sarà il dolce ricordo di ciò che è stato, ed il triste rimpianto di ciò che non sarà mai»

Tuthmosis si grattò la testa in cui era ormai ricresciuta una soffice capigliatura corvina. «Almeno per stanotte, allora» sorrise. «Facciamolo diventare un ricordo e non un rimpianto» Sdraiandosi accanto a lei, sapeva che sarebbe stata l’ultima volta. Valeva allora la pena trovare un amore eterno, che si potesse vivere solo nel cuore? Tuthmosis non sapeva rispondere. Teti nemmeno.

Il loro destino, però, decisero di non cambiarlo. Entrambi preferivano l’eternità all’amore.

 

Hatshepsut, invece, non sapeva esattamente cosa preferire, o cosa sarebbe stato giusto preferire. Seguiva il suo carattere impulsivo, e l’istinto divino di figlia di Amon. Sembrava che non esistessero più né passato né ricordi, ma solo il presente delle ultime ore. E queste, le avevano appena portato via Senmut. Eppure, non capiva precisamente il motivo, non era arrabbiata con la persona che gliel’aveva rubato, no, perché non era, non del tutto, colpa sua. Se Senmut si fosse opposto… Ma lui non desiderava farlo.

«Maestà?» Hebi, inchinata a terra davanti a lei, all’entrata del tempio, alzò leggermente la testa, guardandola incuriosita. Cosa stava guardando in quella stanza, non ancora dipinta, di tanto importante da farle inumidire gli occhi?

Solo al suono di una voce totalmente estranea, il filo dei suoi pensieri venne tranciato. «Mostrami i disegni di Teti» ordinò allora, facendo alla donna segno di alzarsi.

«Si» Hebi annuì vagamente, quindi precedette la regina lungo i corridoi, fino alle ultime stanze, elencando, come se fosse stata un mercante della Fenicia, tutti i dipinti della sua rivale, e descrivendo, senza che ce ne fosse alcun bisogno, il significato e la scena che rappresentavano.

«Sono molto belli…» sussurrò Hatshepsut. «Anzi, sono bellissimi…» Teti aveva superato se stessa, per quell’opera, eppure aveva deciso di lasciarla incompiuta. Perché? La pittura aveva sempre superato l’affetto per chiunque, o almeno così credeva… Ma Senmut era andato a salutarla… Che ci fosse qualcosa che lei, il faraone d’Egitto, ignorava? Non poteva sopportarlo.

Hebi, in un angolo, si limitò ad annuire, a disagio. Sentiva di trovarsi alla presenza degli dei dipinti sulle pareti, e ne aveva timore.

Hatshepsut si spostò lentamente, senza più seguire le istruzioni della sua guida, anzi iniziando a dare consigli su come proseguire l’opera nei punti in cui non era ancora stata completata. Giunse infine davanti ad un’entrata, l’unica del tempio che possedeva già una porta, chiusa. «Cos’è?» domandò stupita.

«N-Non lo so…» balbettò Hebi, sentendosi mancare. Era vero: non conosceva assolutamente il contenuto di quella stanza e questo avrebbe potuto comportare una brutta figura, non conoscendo nemmeno la situazione all’interno dell’edificio dove lavorava. Ma avrebbe dovuto rassicurarsi: non era ancora caposquadra, ai tempi in cui la stanza era stata chiusa. «Nebamon e Senmut non mi hanno dato istruzioni in merito…» si giustificò.

Allora, Hatshepsut si ricordò di una proposta che il suo amante le aveva fatto, anni prima. “Vorrei essere sepolto assieme a te, e vorrei che i miei dipinti affiancassero i tuoi, per essere insieme anche nel regno di Osiride”. Lei ne aveva riso, con la spensieratezza di una giovane innamorata, e gli aveva dato uno scherzoso consenso: che lui non lo avesse interpretato nello stesso modo suo? Eppure avrebbe dovuto sapere che nessun Faraone avrebbe mai permesso una cosa del genere… Per quanto amore avesse potuto esserci, si trattava sempre del prestigio del sangue divino. «Aprila»

Hebi, un poco curiosa anch’essa di scoprire cosa Teti avesse segretamente dipinto, spinse lentamente la porta, scoprendola niente affatto sigillata. Si trattava di una piccola stanza sepolcrale, con tanto di sepolcro in pietra, con le pareti meravigliosamente dipinte a giardini fioriti, nei quali Senmut offriva dono agli dei. Impossibile non riconoscere i suoi lineamenti in quelle figure.

Hatshepsut si accigliò vagamente, dimostrando anche ad Hebi quanta fosse la sua indignazione. A palazzo, Senmut non aveva mai accennato ad una simile cosa. In fretta, corse a verificare anche nelle altre stanze, scoprendo immagini di Senmut nei luoghi più nascosti, o, almeno, in quelli che, a tempio finito, nessuno avrebbe mai visto, essendo coperti dalle ante delle porte che, durante il cerimoniale, nemmeno lei avrebbe potuto chiudere per verificare cosa nascondessero. Guardando quella figura, che tante volte aveva stretto fra le braccia, sorridere offrendo doni ad Amon, il suo dio più caro, venne assalita da un moto di disgusto.

Non aveva mai dubitato, neppure per un istante, dell’amore che Senmut provava per lei, che fosse regina oppure no. Per la prima volta, però, osservando il meraviglioso dipinto di Teti, ebbe il dubbio di essersi sbagliata, di aver consegnato tutto quello che aveva all’uomo sbagliato. Lei lo amava ancora profondamente, mentre lui era appena andato a salutare un’altra donna, una che non l’aveva mai voluto o che, almeno, non gliel’aveva mai fatto sapere. Non pensò nemmeno che quei ritratti potessero essere opera solo della mente di Teti: quando si trattava di dipingere, lei obbediva al suo cuore per quanto riguardava la disposizione e i colori, agli dei per quanto riguardava il tratto e agli ordini per quanto riguardava il soggetto. Mai avrebbe dipinto qualcosa per conto suo in un luogo sacro.

Ecco perché se n’era andata! Pensò Hatshepsut. Doveva aver scoperto che lei era contraria a questi dipinti, mentre Senmut le aveva fatto credere il contrario, e aver pensato di non poter rimanere più a Waseb dopo quella che lei aveva probabilmente considerato quasi una profanazione. Si capiva che aveva dubitato di quel soggetto dall’inizio, a causa del tratto leggermente tremolante. Quel disegno sembrava vivo nel riflesso del Nilo. «Sciocca» mormorò sottovoce. «Non sai che il Faraone parla per Maat e tu non saresti stata accusata di nulla?»

«Ce ne sono veramente tanti…» commentò leggermente Hebi, che l’aveva seguita a ritmo più lento. Rabbrividì, quando Hatshepsut le scoccò un’occhiata furente.

«Troppi» disse, sistemandosi la parrucca mentre si allontanava da lei. «Distruggili tutti, dal primo all’ultimo»

Hebi rabbrividì ancora. Poi, molto lentamente, esalò: «N-Non posso farlo…» Deglutì. «Anche io sono una pittrice, e non posso distruggere il lavoro di Teti» Lei odiava quella donna o, almeno, aveva sempre creduto che fosse così. In realtà, la invidiava soltanto per una capacità che gli dei non avevano concesso ad entrambe nello stesso modo. Avrebbe tanto voluto che Teti gli insegnasse come operare, ma la sua indifferenza verso tutto le aveva sempre impedito di chiederglielo, facendole forse credere che la disprezzasse, mentre era tutto il contrario. Anche quando aveva sposato Nehesy, tutti aveva pensato che l’avesse fatto per ottenere il ruolo di caposquadra da Deil-er Bahari. Non era così, perché se fosse davvero accaduto, sarebbe stata Hebi stessa a rifiutare in favore di Teti. «I suoi disegni sono vivi e io non posso ucciderli»

Hatshepsut sorrise. «Hai ragione» Fu in quel momento che qualcosa cambiò nel suo spirito. Si, aveva sacrificato tutto a Senmut, anche la cosa che aveva più cara al mondo, l’amicizia di Teti, eppure, nonostante questo, lui non aveva mai pensato solo a lei, perché la pittrice finiva sempre al centro del suo pensiero. E all’amore, in quell’istante, venne sostituito un leggero disprezzo per un uomo che non aveva avuto nemmeno il coraggio di ripetere a quella che avrebbe dovuto essere la donna della sua vita il suo desiderio segreto di riposare per l’eternità con lei. «Troverò qualcun altro» disse poi. Quello stesso uomo, aveva appena costretto l’altra donna della sua vita a lavorare per lui controvoglia, forse per un suo capriccio personale, e avrebbe finito per far commettere ad una persona totalmente estranea alla vicenda un reato di cui si sarebbe pentita tutta la vita. «Continua pure il tuo lavoro» E lasciò il tempio e la pittrice dietro le spalle.

Poteva ingannarsi quanto voleva, ma non c’era via di scampo. Era colpa sua se aveva perso l’amicizia di Teti, perché era stata lei a litigare per prima. Certo, Senmut aveva le sue colpe, ed erano aumentate in quel frangente, ma era innegabile che anche lei ne avesse, forse proprio quanto lui. Cercò, debolmente, di immaginarli felici assieme, ma non vi riuscì. Nonostante il disprezzo che provava ora per Senmut, gli stracci del suo precedente amore continuavano a tormentarla, forse più per avergli dato fiducia che per altro, per non parlare del ricordo della lontananza di Teti, ormai incolmabile. Alzò lo sguardo verso il sole, sapendo che non avrebbe cambiato idea rispetto a ciò che aveva deciso di fare con lui, e pianse.

 

Note di Akemichan:
Mi dispiace!! Mi dispiace tantissimo! Avevo promesso di aggiornare in tempi brevi, e invece è passata una vita! Chiedo venia, ma purtroppo ho poca ispirazione per finirla, nonostante mi manchi poco, e perciò sono anche poco motivata a proseguire la pubblicazione... E se non sono ispirata non potrei mai fare un bel capitolo, soddisfacente, e quindi non posso faci nulla. Chiedo ancora perdono, e cercherò di pubblicare il prossimo prima di natale ù_ù. Ancora tante scuse. Bye ^^


Tiger Eyes: Ciao ^^ Si, lo so che lo scoppio di amore fra Teti e Tuthmosis è improvviso e forse anche un poco azzardato, ma bisogna pensare che lui, che per diciotto anni non ha praticamente pensato all'amore, più concentrato al diventare faraone, trovandosi di fronte una donna che invece per amore ha perso troppo, bè, "non ci ha visto più"... E poi, ho troppo amato questa coppia ^///^ Spero che sia piaciuta anche a te ^^ Bye

Ayu chan: Ciao ^^ Sai, il fatto che Teti ti somigli mi fa pensare che io sia riuscita a non farla stereotipata... O almeno lo spero! Grazie per aver riletto tutti i capitoli mancanti. ^^ Bye

   
 
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