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Autore: Exelle    06/12/2010    3 recensioni
La vita di Severus Piton è monotona e solitaria.
Quella di Luna Lovegood, incomprensibilmente folle.
E se venissero raccontate nella stessa storia?
_Finalmente il capitolo sedici_
Genere: Commedia, Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Lily Evans, Luna Lovegood, Severus Piton
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Più contesti
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Lily Evans amava tre cose nella vita.
I suoi genitori, le brioche alla crema e lo strato di neve  che ricopriva il giardino, quando arrivava Natale, benché quella festa non la catturasse particolarmente.
Viceversa, Lily Evans odiava moltissimo tre cose che, al contrario delle precedenti, e come appunto suggerisce la parola odiare, la piccola Lily temeva ed evitava come la peste.
Gli spioni, le camicette con i volant e i pipistrelli.
Fu per questo che, quando lo Strambo saltò fuori dal cespuglio, la prima sensazione della piccola Lily fu un’ostile, incontrollata e primordiale paura.
Lily Evan, seduta sotto al Grande Albero, rabbrividì, ripensando a quell’infausto incontro.
Era una ventosa giornata di giugno, e le grida lontane di alcuni bambini non intaccavano minimamente la solitudine di Lily, immersa nei suoi pensieri.
Immersa in un pensiero.
Piluccò ancora un po’ di pane dal cestino di latta, prima di alzarsi, spolverandosi energicamente i vestiti e raccogliendo le sue poche cose.
A passo svelto, seguendo il trillo di una campanella in lontananza, Lily Evans s’infilò nella stretta fessura dell’alto muro che delimitava il prato. Si ritrovò nel cortile polveroso della St. Bartleby, la scuola pubblica elementare del quartiere. Era deserto, soffocante e polveroso. Difficile dire che solo pochi istanti prima fosse animato da alunni impegnati a godersi l'intervallo.
Lily Evans non si preoccupò, andava bene così. Nessuno doveva vedere dove passava la sua pausa pranzo. Il Grande Albero era sua esclusiva proprietà, il suo segreto.
Dopotutto, era davvero piacevole avere qualcosa da nascondere alle sue sciocche compagne e ai bulli del St. Bartleby. Un posto dove esercitarsi in tranquillità, lontano da occhi indiscreti.
O dai pipistrelli.
Lily sospirò, camminando lentamente verso l’ingresso dell’istituto.
Era successo da meno di una settimana, forse anche meno.
Se Lily Evans ne avesse avuto il tempo, avrebbe contato il numero preciso di minuti trascorsi dall’incontro, ma dato che era già abbastanza grave riviverlo in sogno e pensarci ininterrottamente in ogni istante della giornata, Lily Evans aveva deciso di non farlo.
Lily Evans era una bambina matura, una piccola adulta che si faceva carico delle sue..
“Ciao.”
Lily Evans cacciò un urlo stridulo e fiondò per terra. I libri e il cestino di latta caddero con lei. L’astuccio si aprì, sputando tutte le matite e le penne che conteneva.
“Ti sei fatta male?”
“No” borbottò Lily con voce roca. Si rialzò piano, impiegando il più tempo possibile per radunare le sue cose. Non voleva alzare gli occhi. Ma quando l’ultima penna fu riposta nell’astuccio, non poté più cercare scuse.
Chissà perché, Lily era sicura che l’avrebbe incontrato ancora.
Forse era questa consapevolezza a renderla più determinata e sicura di sé. Ora poteva affrontarlo,e fargli rimangiare quell’insulto.
Strega..
Gli occhi verdi di Lily Evans incrociarono quelli neri del pipistrello.
E in quell’istante, tutto svanì in una nebbia azzurrina.


Il presente, Hogwarts, segrete del castello.

“Lei è strano, lo sa?”
“Taci e fila a sederti signorina Lovegood. Con il tuo voto – osceno- sul tema della pozione Frastagliante, è già tanto se ti permetto di stare in questa classe.”
Saltellando e canticchiando beata, Luna Lovegood riprese posto, scrutando con occhi estasiati la ‘T’ rattrappita che ornava il suo compito. ‘T’ come Tortoratto della Turingia, il nuovo, sensazionale animaletto scovato dal Cavillo. Non poteva sentirsi più realizzata. Si aggiustò gli Spettrocoli sulla faccia, ignorando le risate silenziose dei compagni.
Quel voto era un segno, c’era sicuramente un Tortoratto in giro per l’aula!
Severus Piton, esimio insegnante di Pozioni, rimase impassibile osservando la giovane e svampita Corvonero, fissare il soffitto con i suoi mostruosi occhiali psichedelici.
Un insegnante normale, avrebbe scosso la testa e richiamato all’ordine la ragazzina, affibbiandole una giusta punizione.
Lui no.
Severus Piton infatti, si limitava ad accettare la brillante abilità di pozionista di miss Lovegood, chiaramente senza mai lodarla né incoraggiarla, rovinata da una media disastrosa su temi e compiti scritti, ed evitando accuratamente, durante le lezioni in cui se la ritrovava in classe, di guardare in direzione della testolina platinata,.
Il mondo, secondo Severus Piton, assumeva sfumature più gradevoli se si ignoriava ciò che  lo rendeva detestabile.
E così, Severus Piton ignorava Luna Lovegood e i suoi pazzi occhiali, così come ignorava le patetiche frasi fatte del Preside, le accuse di un certo canide nero e la faccia, priva di naso, del Signore Oscuro. Non elencò Potter, perché il giovane Harry, il Prescelto-che-è- Sopravvissuto, aveva un posto tutto speciale anche nella mente dell’insegnante di Pozioni.
Una zona recondita della mente, a cui Piton accedeva solo quando aveva veramente voglia di farsi del male.
La lezione riprese.
Piton tracciò con la bacchetta gli ingredienti per il nuovo lavoro sulla lavagna- Pozione Soporifera-, dopodiché si sedette alla cattedra, dove rimase immobile a fissare minacciosamente gli studenti indaffarati.
Per i ragazzi, il riecheggiare della campanella tra le mura della segreta, fu un vero sollievo.
Uno ad uno uscirono tutti lasciando l’aula vuota… O quasi.
“Lovegood, sparisci. Non ti sei accorta che la campana è suonata?”
Luna puntò i suoi occhi, o meglio gli spettrocoli, in quelli neri e gelidi dell’insegnante.
“Non ho terminato la mia pozione, signore” rispose con un sorriso ebete. Piton notò una certa familiarità con il sorriso tipico del Preside. Forse era anche questo che gli rendeva la signorina Lovegood così odiosa.
“Allora cerca di finire alla svelta.”
“E’ quello che sto cercando di fare” replicò Luna in tono dolce. “Lei mi ha interrotto.”
Piton la ignorò. Si allontanò nella piccola dispensa degli studenti, afferrò un vasetto a caso e si mise a leggere l’etichetta. Quando si rese conto di quanto fosse stupido, tornò nell’aula. La Lovegood, era ancora lì, a tagliuzzare radici e a respirare i fumi scintillanti che si levavano dal piccolo calderone di bronzo e peltro.
Con quegli occhiali inquietanti, ricordava un Mangiamorte ubriaco.
Piton scosse la testa. Che diavolo stava succedendo? Aveva appena pensato ad una battuta?
Orribile, tra l’altro.
Con un’occhiata sospettosa alla Lovegood –quella piccola Stramba c’entrava qualcosa, ne era sicuro-, tornò alla cattedra. Ostentando un’indifferenza pari a quella di un golem pietrificato, Severus Piton si mise a pensare.
Il dono, o meglio prestito, che Silente gli aveva fatto, era un’opportunità meravigliosa. Non vedeva l’ora di tornarsene nel suo ufficio, dove poter stare in pace con i suoi ricordi e riviverli da spettatore.
Un Pensatoio. Il Pensatoio.
Cosa avrebbe dato per averne uno tutto suo. Era così…utile…No, non utile. Che parola orribile!
Era più qualcosa di poetico, per quanto Piton odiasse certe sciocchezze.
Rivivere i suoi ricordi era una cosa senza prezzo, che lo rendeva immensamente felice. Lo faceva sentire vivo.
Doveva solo aspettare qualche ora, e poi avrebbe potuto immergersi nel vortice argenteo, dimenticando tutti e tutto. Tranne il passato.
Con un’espressione insolitamente rilassata per lui, Severus Piton alzò lo sguardo sulla classe.
I suoi progetti per la serata, si disintegrarono all’istante, cancellati dallo spettacolo che gli si presentava davanti.
Luna Lovegood giaceva a terra priva di sensi, gli Spettrocoli immersi nella pozza viola di ciò che rimaneva della sua pozione.

  
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