Ma quando arrivarono al campo d'allenamento, stranamente
– e Auren cercò di non notare che Jules fosse arrivata ben prima di lui – non
c'era nessuno.
«Il Maestro è in ritardo?» brontolò il ragazzo guardando
l'amica. «Poi dice a noi di fare attenzione...»
«Ma è strano.» protestò
Jules, seria. «Non è mai successo, prima d'ora!»
«Capita.» replicò
allegramente Auren. «Ma glielo farò notare, quando arriverà...»
«Non essere
stupido!» esclamò la ragazza afferrandolo per un braccio. «Dobbiamo andare a
cercarlo. Potrebbe essere accaduto qualcosa di grave!»
«Ti agiti troppo.» la
rimproverò duramente Auren. In effetti, però, Jules non aveva tutti i torti. E
poi, quello strano silenzio che aleggiava nei dintorni non era per nulla
rassicurante. Che si fosse veramente verificata una catastrofe? Forse era
successo qualcosa alle pattuglie che combattevano al fronte... I seguaci di
Azra, dopotutto, erano famosi per la loro crudeltà e per la loro straordinaria
abilità in battaglia. Si narrava – ricordò Auren con orrore – che sette di quei
soldati, guidati dal fervore che Azra in persona aveva infuso in loro, avessero
sconfitto un intero esercito in poco più di due ore. Cosa avrebbero potuto fare
dei semplici militari contro creature tanto potenti? Nulla. Quindi sì, doveva
essere così, doveva essere successo qualcosa al fronte. Il Maestro aveva
allenato molti dei soldati che ora combattevano, forse l'avevano chiamato per
informarlo della situazione, e magari tutti i suoi allievi erano stati uccisi!
Forse non era nella predisposizione d'animo adatta per allenarli...
«Auren!»
esclamò Jules all'improvviso, con voce strozzata, aggrappandosi al suo braccio e
poggiandosi completamente a lui. «Auren, guarda!» Puntò un dito tremante davanti
a sé e tacque.
Auren seguì con gli occhi la traiettoria che lei gli
indicava e si trovò a sua volta a rabbrividire.
La donna che camminava
velocemente verso di loro, con lunghi capelli scuri intrecciati con grande
maestria, e la lunga tunica ricamata d'oro che fluttuava attorno alle gambe che
si muovevano rapide, gonfiandosi e sgonfiandosi per l'effetto della leggera
brezza che si era alzata, era - Auren non aveva il minimo dubbio, nonostante non
l'avesse mai vista prima – la Sacerdotessa Tiala. Colei che custodiva la Sacra
Ampolla Creatrice, colei che per prima aveva servito il Creatore, che aveva
permesso l'esistenza del regno, proteggendolo dall'attacco delle divinità
esterne che tentavano di distruggere il Creatore. La nemica terrena del dio
Azra! E lei ora correva a piedi nudi sulla terra battuta, con il volto
arrossato, ma in cerca di chi, poi? Di cosa?
«Jules!» esclamò la Sacerdotessa
una volta che fu abbastanza vicina da farsi sentire dalla giovane consacrata.
«Jules, presto, fai ritorno al Sacro Palazzo. Non uscire, non avvicinarti a
nessuno! Oh, devo subito avvertire il Re. Vai, Jules, vai. Non fermarti. E tu,
ragazzo,» aggiunse rivolgendosi ad Auren «tu, vai con lei. Non uscire, non
fermatevi! Mai ci fu una disgrazia più terribile...»
Non diede loro il tempo
di porle delle domande, perché proseguì la sua corsa disperata fino all'ingresso
del Padiglione del Consiglio, senza curarsi di voltarsi a guardare cose stessero
facendo i due giovani.
«Andiamo, Auren!» lo spronò Jules tirandolo per la
manica. Il ragazzo si voltò a guardarla e annuì.
«Dev'essere accaduto
qualcosa di terribile, se la Sacerdotessa è uscita dal Tempio. Non è mai
successo, ne sono certa!»
«Credi che il regno sia in pericolo?» domandò Auren
precedendola nella corsa.
«È sicuramente così.» ansimò Jules. «Non possiamo
sperare che sia un falso allarme, non davanti a una situazione simile! Dobbiamo
essere preparati al peggio, Auren, al peggio!»
«Sei sempre melodrammatica.»
replicò Auren, ma anche lui si sentiva inquieto. Che motivo aveva, la
Sacerdotessa, di correre in quel modo? Non abbandonava mai il Tempio. Lei sola
poteva entrarvi, e il suo compito era quello di custodire con attenzione la
Sacra Ampolla Creatrice. Non avrebbe mai dovuto andarsene, lasciando quel
prezioso oggetto in balia degli eventi! La sacralità del Tempio era rispettata
da tutti, nel regno, ma con quella guerra in atto... Chi avrebbe potuto
garantire che un nemico non si sarebbe infiltrato nell'edificio, strappando
l'Ampolla alla sua custode, senza che nessuno fosse lì per fermarlo? Quella
donna... Quant'era stata imprudente!
O forse no.
Il pensiero passò
attraverso la mente di Auren nello stesso modo in cui l'ago passa attraverso la
stoffa.
L'unico motivo per cui la Sacerdotessa potesse uscire dal Tempio
senza il pericolo che l'Ampolla venisse trafugata... Era anche il peggiore a cui
si potesse pensare. Non poteva, non poteva essere accaduto davvero! No, senza
dubbio c'era stato un equivoco. Aveva capito male, ovviamente, aveva lasciato
correre troppo i pensieri... Sì, era andata così.
Quando giunsero nel Sacro
Palazzo Auren vide che anche le altre apprendiste erano lì. Tutte quelle future
sacerdotesse, che si stringevano con terrore nelle loro impalpabili tuniche
chiare e si guardavano negli occhi, consapevoli del pericolo che correvano pur
senza sapere da cosa fosse causato, lo mettevano in ansia.
La Sacerdotessa
doveva avvertito tutte le sue discepole. Ma se l'aveva fatto... Significava che
c'era ancora una speranza? Altrimenti, perché perdere tempo, se tanto non
sarebbe servito a nulla? Certo, rifletté Auren, il fatto che fossero tutte
riunite lì doveva essere segno che non tutto era perduto. Non sapeva nemmeno che
cosa stesse accadendo, ma quella visione lo rassicurò e gli diede la speranza
che non fosse finita.
«Non riesco a capire.» mormorò Jules avvicinandosi a
una delle compagne. Auren la guardò. Non aveva mai visto la maggior parte di
quelle ragazze, eppure vivevano a stretto contatto con lui, in un Padiglione
separato del Sacro Palazzo. Quella a cui si stava rivolgendo Jules, poi, non
sembrava nemmeno venire da quelle terre. Aveva la pelle di un biancore
opalescente che la faceva sembrare simile a uno spettro, un'illusione della
mente creata in un giorno di nebbia, e i grandi – troppo grandi – occhi grigi
erano i più strani che Auren avesse mai visto. Istintivamente, non appena si
accorse che anche la giovanissima ragazza lo stava fissando, si sentì
minacciato. Quale strano potere nascondeva quella strana creatura?
«Ysaye,»
disse Jules attirando la sua attenzione «Ysaye, sorella, sai che cosa sta
succedendo? Qual è il motivo per cui siamo tutte qui? La Sacerdotessa è uscita
dal Tempio, e non ha spiegato il motivo per cui l'ha fatto. O almeno, non a
noi.»
«Infatti.» confermò Ysaye con la voce dolcissima che aveva il suono di
un campanello di vetro «Nemmeno io so molto. Ma sono certa d'aver sentito degli
intrusi! Non ho avuto il coraggio di confessarlo, perché sai bene che per me è
rischioso parlare di queste cose, ma, Jules, te l'assicuro: qualcuno delle terre
di Azra è stato qui. Lo so per certo, non l'ho immaginato!»
Auren, che non
aveva capito bene quale fosse il rischio né come avesse fatto quella ragazza ad
avvertire la presenza degli intrusi, quando nemmeno le Sentinelle avevano dato
l'allarme, si limitò a guardare Jules. E si stupì nel vedere che l'amica aveva
perso il colorito abbronzato che la caratterizzava, e ora lo fissava, pallida
come cenere, con le labbra socchiuse e gli occhi sgranati.
«Auren!» esclamò.
«Tutto questo...» Non completò la frase e si voltò verso l'amica. «Ysaye! Non
hai davvero detto nulla? Non hai avvertito nessuno?»
«No.» replicò debolmente
la ragazza. «Non ne ho avuto il coraggio. Cerca di comprendere le mie ragioni!
Avrei rischiato troppo!»
«Ma così metti in pericolo l'intero regno!» tuonò
Jules, adirata. «Non ti rendi conto che la tua codardia nasconde informazioni
preziose? Se parlassi, potresti aiutare a risolvere i problemi! Pensa a questo,
e se necessario, sacrificati per il regno! Non sei disposta a farlo?»
«Non ho
il coraggio che mi attribuisci, sorella.» mormorò Ysaye in risposta. «Io non
sono in grado di fare ciò che chiedi. Non ho mai voluto essere una sacerdotessa,
non ho il carattere adatto. A dire la verità, non ho il carattere adatto a fare
nulla. Ma ho accettato di restare nel Sacro Palazzo, perché qui non devo
prendere decisioni e non ha importanza quello che sono. Il mio compito è quello
di ascoltare la Sacerdotessa Tiala e fare ciò che lei mi chiede. Non è tra i
miei desideri rischiare la vita per il regno, non lo è mai stato!»
«Bene.»
sibilò Jules, furente. «Auren, dobbiamo subito andare dal Re. Troveremo lì anche
la Sacerdotessa, ne sono sicura. Dobbiamo avvertirli di ciò che ci ha detto
Ysaye.»
«No!» esclamò la ragazza sporgendosi in avanti e afferrando la mano
di Jules. «Ti prego, non farlo! Non mettermi in pericolo!»
«Non sarai in
pericolo se ciò che hai detto è vero e se non hai aiutato gli intrusi a entrare
nel regno.» replicò seccamente Jules.
«Disobbedirai agli ordini della
Sacerdotessa, quindi?» le domandò Auren inarcando le sopracciglia.
«È
un'informazione che deve avere. Ysaye, come hai saputo che c'erano questi
intrusi?»
«Li ho sentiti parlare.» piagnucolò la ragazza. «Parlavano la
lingua delle terre di Azra. Dicevano di essere vicini. Non so a cosa, non ho
sentito altro!»
«Jules, è pericoloso.» l'ammonì Auren.
«Non ho scelta.»
sospirò Jules. «So bene che la punizione per aver disobbedito agli ordini della
Sacerdotessa è terribile, ma quest'informazione potrebbe aiutare! Potrebbe far
capire... Non so, non ho nemmeno idea del perché siamo in pericolo. Quindi
aiuterò come posso. Se non vuoi accompagnarmi, sta bene, andrò da sola.»
«Tu
sei pazza.» sospirò Auren scuotendo la testa. Non credeva che fosse una buona
idea, ma non avrebbe lasciato che la sua amica si avventurasse da sola in giro
per il regno quando questo le era stato espressamente proibito proprio dalla
Sacerdotessa Tiala. «Ma vengo con te.»
Jules annuì, rassicurata, prima di
prendere coraggio e correre all'esterno. Auren, seguendola, non poté fare a meno
di chiedersi se la sua presenza avrebbe potuto salvarla dall'ira di suo padre,
che non aveva mai tollerato che qualcuno ignorasse gli ordini della
Sacerdotessa. Probabilmente no, anzi, forse lui stesso sarebbe stato vittima
della furia del genitore, ma poco importava. Lasciare che Jules l'affrontasse da
sola sarebbe stato quanto meno da vigliacchi.
Il silenzio e la calma che
regnavano nel paese erano sconvolgenti. Non c'era nessuno in giro, nemmeno un
cane o una zanzara. Sembrava che il mondo di fosse improvvisamente paralizzato.
Quale funesto avvenimento aveva potuto causare una simile paralisi? Che speranze
avevano di salvarsi?
«Eccoci.» sussurrò Jules quando furono davanti alla
porta del Padiglione del Re. «Andiamo.»
«Aspetta.» la bloccò Auren tenendola
per un braccio. «Entrando rischi la vita. Sei almeno sicura che quella ragazza
abbia detto la verità? Come può aver riconosciuto gli intrusi? Nessuno di noi ha
mai visto il popolo della terra di Azra. Potrebbe essersi confusa. Ha
addirittura detto d'averli sentiti parlare! Ma com'è possibile? Pensaci, Jules.
Se fosse tutto falso, allora potresti morire per nulla. Il Re disapproverebbe la
tua disobbedienza, e in più gli porteresti informazioni fasulle.
«Ysaye è una
ragazza molto fedele.» replicò Jules senza scomporsi. «Ha fatto giuramento
davanti al nostro Re, come tutte noi, e alle sacerdotesse e a Tiala. Ma alcuni
pensano che sia pazza, che sia lei stessa un'infiltrata, che sia venuta qui con
l'intento preciso di far crollare il regno. Questo è il motivo per cui è tanto
riluttante a raccontare ciò che ha visto. Ma io la conosco, e le credo.
Nonostante non abbia il coraggio di affrontare le cose, Ysaye non ci tradirebbe,
ne sono certa.»
«Ancora non capisco...»
«Ma non hai visto quanto è strana?
Quanto è diversa da noi? Auren, Ysaye è nata nelle terre di Azra, e se n'è
allontanata solo da pochi anni. Se dice d'aver sentito qualcuno parlare nella
lingua di quei luoghi, io le credo. Lei la capisce, e sa quanto questo sia
rischioso, soprattutto qui. Non mentirebbe su un argomento simile. Se pure è
pazza, non si può dire che sia stupida.»
Auren fece per replicare, ma l'urlo
che giunse dall'interno del Padiglione gli fece bloccare le parole in gola.
«Non è possibile!» tuonò la voce del Re. «Sacerdotessa, tu menti! Non può
essere la verità, o saremmo perduti.»
«Ma, Sire,» replicò la debole voce
della Sacerdotessa Tiala, appena udibile da dietro alla porta chiusa «non
mentirei su una simile tragedia. Vi assicuro che ho cercato di impedirlo, ma non
ho nemmeno visto il mio nemico. La sua velocità non era umana, i miei occhi non
hanno colto la sua figura, ma solo la sua ombra.»
«E quindi?» urlò ancora il
Re. «Cosa stai cercando di dirmi, donna?»
«Mio Signore,» rispose Tiala con
voce vibrante «mio Signore, la Sacra Ampolla Creatrice... è stata rubata.»