Capitolo XXIX
Ore 17.30 – Yaroslav, Hotel Pan
Irina guardò con
soddisfazione il foglio che veniva appeso in bacheca,
dove c’erano scritti i risultati finali della gara, e non poté che compiacersi
nel vedere scritto a chiare lettere al primo posto il suo nome e quello di
Dimitri, con il relativo tempo di percorrenza. Il russo dalla barba scura, che
aveva scoperto chiamarsi Samson, si voltò e prima di
andarsene le rivolse un cenno di saluto piuttosto freddo.
Attraversò
l’ingresso, la neve che cadeva oltre le vetrate imbiancando ulteriormente il
paesaggio, e gettò un’occhiata fuori, dimenticandosi per un momento che si
trovava nel bel mezzo di una missione.
Era stata brava,
poteva anche dirselo. Contro ogni previsione, era riuscita a staccare la sua
vita privata dal “lavoro”, e aveva ottenuto un ottimo risultato. Il dramma per
aver lasciato Xander non era riuscito a scalfire la
sua determinazione, non aveva intaccato la sua capacità di essere fredda pilota
clandestina quando serviva; non credeva di esserci riuscita, di aver
dimenticato per qualche ora il dolore che portava comunque dentro, e che la
gara aveva spento per un po’.
Tanto non lo
avrebbe mai negato, non avrebbe mai negato che amava
ancora Xander, anche se non si capivano più, anche se
lui sembrava diverso e il muro che c’era tra loro appariva sempre più spesso.
Non avrebbe negato che, fosse dipeso solo da lei, non lo avrebbe mai lasciato,
che voleva continuare a stare con lui, ma era chiaro che qualcosa non andava,
che entrambi avevano bisogno di tempo, di solitudine per capire cosa provavano
ancora.
Non sperava che le
cose tornassero come prima: aveva imparato nella vita che farsi illusioni non faceva altro che ferire e peggiorare le cose. Anzi, non ci
contava neanche: era sicura che se era arrivata a
quella decisione, aveva già il sentore che ormai il “loro tempo” era finito,
che non ci sarebbe stato un seguito, un ritorno. Xander
aveva dimostrato che condivideva la sua decisione, che non si opponeva, e ciò
significava che da parte sua pensava che andava bene così:
ognuno per la sua strada, liberi.
Appoggiò la mano
sul vetro freddo, la neve che cadeva oltre le vetrate, e trasse un sospiro. Ora
che le cose erano cambiate, aveva davanti molti scenari diversi, molte
possibilità… Cosa fare una volta tornata a Los
Angeles? Cosa fare dei ricordi che portava dentro, dei
progetti che aveva avuto fino a poco tempo prima? Cosa fare
delle pagine scritte fino a quel momento, in quel libro malandato che era la
sua vita?
“Niente, non ci devo fare niente. Rimarranno
dove sono, immobili, dentro la loro bella teca di vetro, senza farsi
scalfire dal tempo. Se serviranno ancora, usciranno fuori,
altrimenti faranno parte del passato… Non serve guardarsi troppo indietro, e
non serve guardarsi troppo avanti. I traguardi sono solo nuovi punti di
partenza, gli arrivi non sono altro che miraggi. Il presente
è quello che conta di più, quello su cui puntare la propria attenzione”.
Si sarebbe
concentrata solo sulla missione, d’ora in poi. Il suo obiettivo sarebbe stato
solo trovare e arrestare la Lince, fare quello per cui era partita,
dimenticando tutto il resto. Era quello che una brava agente dell’F.B.I.
avrebbe fatto, lasciandosi alle spalle tutti i problemi. Il mondo non girava
intorno a lei e alla sua vita, questo lo sapeva già.
Mise la mano in
tasca e si rigirò le chiavi della Punto tra le dita.
In quel momento, la sua auto era parcheggiata nel garage a pochi metri di distanza
da lì, insieme a tutte le altre macchine, a riposo dopo una lunga e difficile
gara.
Guardò l’orologio:
era presto per fare rapporto a McDonall, e Dimitri
doveva essere di sopra in camera sua, forse a parlare con Emilian
al telefono. Non si erano detti quasi niente, dopo la gara, perché lei era
rimasta tutto il tempo al bar, a felicitarsi del fatto che praticamente
lei, Xander e Vladimir erano in situazione di parità.
Anche se l’unica che sembrava entusiasta della cosa era lei, visto
che gli altri si erano già defilati.
Raggiunse l’uscita
incrociando un cameriere che le rivolse un’occhiata incuriosita e si avventurò
fuori, affondando i piedi nella neve. Entrò nel garage, si spolverò la testa
dai fiocchi e raggiunse la Punto.
Il garage era un
capannone prefabbricato dalle pareti sottili, illuminato da lampadari sparsi
qua e là, freddo e piuttosto anonimo. Sapeva che non avrebbe trovato nessuno,
perché tutti erano ancora a rifocillarsi dopo la gara, e poteva stare
tranquilla sola con sé stessa.
Rivolse uno sguardo
affettuoso alla sua Punto, rendendosi conto che quella era l’auto che non
l’aveva mai tradita e che l’aveva portata alla vittoria, nonostante tutti gli
anni che ormai erano passati da quando l’aveva scelta. Lo ricordava come il
primo giorno, quella “macchinina” vista su Internet, fatta importare e
modificare di fronte ai pregiudizi di tutti i piloti clandestini con cui aveva
avuto a che fare. Però si era rivelata una vera
“Belva”, come qualcuno l’aveva chiamata. Sorrise al pensiero di quel nomignolo.
Il paraurti bianco
era un po’ scheggiato per via degli urti e delle pietre che si sollevavano
sulle stradine della campagna russa, la fiancata rovinata e rigata, però non
aveva riportato danni che potevano comprometterne le prestazioni. Aveva resistito
meglio di altre auto di più alto “lignaggio”, come la Camaro
mezza sfasciata che era parcheggiata davanti a lei.
Passò una mano sul
cofano ancora tiepido, in netto contrasto con l’aria fredda del capannone poco
riscaldato.
“Povera piccola, ti faccio sgobbare come una matta, e
ti tratto anche così… Quando torniamo a Los Angeles ti
faccio fare un bel trattamento di bellezza da Max. Tornerai come nuova”.
Già, Max, il suo
meccanico. E tutti gli altri. La sua famiglia, suo fratello, Tommy, Jenny… Cosa stavano facendo? Cosa avrebbero
pensato quando avrebbero saputo di quello che stava facendo? E soprattutto, di
cosa era accaduto tra lei e Xander?
Scosse il capo: non
poteva farsi trasportare dalla malinconia proprio ora che aveva ripromesso di
mettere la missione davanti a tutto e a tutti. Quando fosse tornata a Los
Angeles, avrebbe affrontato il problema; non era il momento di pensarci. E
finché Jenny non l’avesse bombardata di telefonate dandole della matta, avrebbe potuto stare tranquilla e fare finta che tutto
andasse bene.
Aprì il baule della
Punto e tirò fuori un vecchio straccio che teneva sempre a portata di mano, e
iniziò a passarlo sulla carrozzeria dell’auto, lucidandola per bene, senza che il
suo sguardo raggiungesse nemmeno una volta la Ferrari 599 parcheggiata qualche
fila più in là, che brillava decisamente troppo per i
suoi gusti.
Lucidare la Punto
era come accarezzare qualcuno a cui si voleva
profondamente bene: non si sarebbe mai stancata di farlo, visto che quell’auto
era quella che le aveva salvato la vita e che non l’aveva mai davvero
abbandonata. Non le interessava che iniziasse a diventare “vecchia”, che fosse
strana o inusuale, nemmeno che non fosse la più
potente in circolazione: era pur sempre la sua fedele compagna da più di
quattro anni, e lo sarebbe rimasta finché lei avesse ancora ricordato cos’erano
le corse clandestine.
<< A cosa
serve tirare a lucido un rottame? >> chiese qualcuno, la cui voce
rimbombò nel capannone deserto.
Irina alzò lo
sguardo mentre Dimitri si avvicinava con aria canzonatoria, ma non rispose alla
provocazione: aveva chiaramente percepito la nota divertita nella voce del
russo, e capì che la stava prendendo in giro. Continuò con il suo lavoro,
lasciando che lui si appoggiasse sul cofano della Camaro
mezza distrutta dall’altra parte. Era incredibile come riuscisse a trovarla
ovunque si trovasse…
<< Siamo
pari, giusto? >> fece lei, concentrandosi sulla carrozzeria della Punto,
<< Noi primi, Vladimir di nuovo secondo e… Xander
terzo. Abbiamo pareggiato i conti, quindi ci giochiamo tutto domani… >>.
Al pensiero le
venne un po’ di ansia, ma la controllò. Aveva già messo in conto che l’ultima
gara sarebbe stata un vero e proprio scontro aperto tra i migliori piloti, e
ringraziava il fatto di farne parte.
<< Sì, ci
giochiamo tutto domani >> rispose Dimitri, poi nel garage calò il
silenzio.
Irina trovò
qualcosa di strano in quell’atmosfera che sembrava carica di attesa, o aspettativa. Gettò di sbieco un’occhiata a Dimitri, per
capire cosa stesse pensando, ma lui teneva le braccia incrociate e la guardava,
gli occhi grigi imperscrutabili. Forse non aveva molta voglia di parlare, e non
era una novità…
Quando però si
accorse che Dimitri continuava a fissarla e sulla sua faccia sembrava aleggiare
un minuscolo sorrisetto, si chiese se per caso nella sua testa la stesse
prendendo in giro per qualcosa… Magari stava pensando ancora alla sua uscita
con il caffè e la sedia di poco prima, di cui non si era pentita, ma che in effetti poteva apparire un po’ sciocca…
<< Cosa c’è?
>> chiese alla fine, esasperata, sventolando lo straccio.
Dimitri rimase
fermo come una statua.
<< Non
credevo che avresti mai preso l’autostrada in contromano >> rispose,
neutro.
Irina tornò a
lucidare la sua Punto, per evitare di mostrargli che era un pochino…
imbarazzata? Sorpresa? Era pur sempre un complimento, il suo.
<< Tanto non
avevamo alternative >> rispose, secca, <<
Gli altri come hanno fatto a riprendere la gara? >>.
<< Hanno
pagato un tizio con un tir che ha sfondato il posto di blocco per loro >>
rispose il russo, << Ma hanno dovuto aspettare
molto prima di trovarne uno. Per quello sono arrivati tutti appaiati >>.
Irina annuì, poi
rimase in silenzio, continuando a insistere con lo straccio sul cofano della
Punto, anche se era perfettamente pulito.
<< Non
credevo ti fidassi di me a tal punto da spingermi a fare quella mossa… >>
disse alla fine, per sciogliere quel silenzio che stava diventando
imbarazzante, per lei.
Dimitri le rivolse
un’occhiata apparentemente distaccata.
<< Sarebbe da
idioti negare che facciamo un buon lavoro, insieme >> ribatté, poi inarcò
un sopracciglio. << O no? >>.
Irina si lasciò
andare a un mezzo sorriso. Secondo complimento della giornata… Forse si sarebbe
sbilanciato e avrebbe anche ammesso che era stata brava, a vincere la gara.
<< Già… Chi
lo avrebbe mai detto, eh? >>.
Si guardarono per
un momento, come a capacitarsi entrambi di quel fatto, sapendo che non erano
gli unici che la pensavano così. Prima di quella missione, nessuno avrebbe mai
puntato niente sulla coppia Irina/Dimitri, lei brava ragazza tirata fuori dalle
corse di auto da un agente dell’F.B.I. infiltrato, lui
pilota clandestino soprannominato “Mastino” conosciuto per la sua freddezza e
spietatezza. L’unica cosa che avevano in comune era il
fatto di essere stati membri della Black List, e nient’altro.
<< Non sei
quella che ricordo, Fenice >> sentenziò infine il russo, enigmatico,
alzandosi dal cofano della Camaro, come se avesse
detto quello che per cui era venuto fin lì.
<< Nemmeno
tu, Dimitri >> disse lei, guardandolo uscire con aria tranquilla, decisamente meno turbata della sua. Ma
tanto ormai lo conosceva abbastanza bene da sopportare anche quelle sue strane
frasi che sembravano non avere un senso, ma che in realtà lo avevano benissimo.
Con Dimitri bastava saper aspettare.
Ore 19.00 –
Mosca, Hotel Imperial
William guardava la
strada principale di Mosca addobbata a festa, oltre il vetro della sua stanza
d’albergo. Piccoli fiocchi di neve imbiancavano i cappelli pesanti della gente
che camminava allegra di qua e di là, alla disperata ricerca degli ultimi
regali di Natale, cosa di cui lui in quel momento non si preoccupava. Forse, il
massimo della sua festa sarebbe stato farsi servire un bel pranzo in camera e
bersi una bottiglia di champagne alla sua stessa salute, con unico compagno
Dan, che ormai stazionava perennemente dentro la sua
suite oppure nel bar dell’hotel.
Una volta aspettare
una telefonata importante come quella che aveva in programma di lì a poco lo
avrebbe snervato all’inverosimile, ma stava imparando l’arte dell’attesa.
Questa volta avrebbe finalmente capito qualcosa in quella storia che sembrava
particolarmente strana.
Aveva chiamato
Vladimir Buinov al numero che gli era stato fornito,
ma aveva risposto un certo Cyril che aveva detto che
in quel momento erano nel bel mezzo della Mosca-Cherepova e che quindi non potevano parlare. Quando
gli aveva detto che conosceva Dimitri e che gli stava dando la caccia, Cyril gli aveva rassicurato che l’avrebbero richiamato al
più presto, perché la cosa era di loro interesse. Ora aspettava, guardando
fuori dalla finestra, tranquillo.
Sicuramente doveva
studiare un piano, e capire come stavano le cose in quel momento a Mosca. Chi
mentiva, chi diceva la verità, e chi si limitava ad
assistere. Aveva un sacco di domande e un unico punto fisso: uccidere Dimitri e
trovare Irina.
Finalmente il suo
cellulare squillò, e si affrettò a rispondere.
<< William Challagher? >> fece una voce metallica dall’altra
parte, una voce piuttosto inquietante, secondo i suo
gusti.
<< Sì, sono
io >>.
<< Vladimir Buinov >> si presentò l’uomo dall’altra parte delle linea, << So già chi sei, Challagher,
non c’è bisogno che mi ricordi della Black List… Quello che mi interessa sapere è: come mai sei
libero? >>.
<< Sono
fuggito di prigione circa un mese fa >> rispose
William, << Sto dando la caccia a Dimitri Goryalef,
immagino tu lo conosca… >>.
<< Certo che
lo conosco >> disse Vladimir, << Ma permettimi un’altra domanda,
Scorpione… Perché la tua ragazza sta ancora cercando di liberarti, se tu sei
già fuori? >>.
<< Ti
riferisci a Irina Dwight? >> fece William, sentendo qualcosa che si
muoveva nel suo stomaco, nel pronunciare quel nome…
<< Lei. Sta
partecipando alla Mosca-Cherepova perché vuole
incontrare la Lince, e a detta sua lo fa perché vuole
il suo appoggio per farti fuggire… Ma se tu sei fuori da più di un mese, perché
non lo sa? >>.
William aggrottò la
fronte, perplesso. Anche volendo, non avrebbe potuto contattarla, perché non aveva nessun recapito telefonico, né
un indirizzo sicuro dove trovarla. E poi, in ogni caso, non l’avrebbe mai avvertita
della sua fuga, perché non voleva darle la possibilità di nascondersi, se
quello che si era messa in testa di fare era tutta una farsa… O si sarebbero
incontrati faccia a faccia, oppure non si sarebbero
mai rivisti.
<< Andrò
dritto al punto, Buinov >> ringhiò, con l’idea
di mettere bene in chiaro le cose, << Non mi interessa
capire perché Irina si trova in Russia, né cosa stia cercando di fare. Se non
l’ho ancora avvertita c’è un motivo, ma comunque sono qui perché voglio
trovarmi faccia a faccia con lei, e uccidere Dimitri Goryalef. Mi hanno detto che hai dei conti in sospeso con
lui… >>.
<< Lo voglio
più morto di te, Challagher >> ribatté
Vladimir, << Ma ci sono diversi problemi. Ha tutta la sua famiglia a
proteggerlo, e al momento sembra che vedersela con me sia l’ultimo dei suoi
pensieri… E poi non era il tuo braccio destro? >>. Aveva una nota di
sospetto nella voce.
<< Sono
finito dietro le sbarre per colpa sua >> rispose William, furioso al
pensiero, << Mi ha tradito nel momento del bisogno… Penso sia una buona
giustificazione per volerlo morto, non credi? Non mi interessa
che stia cercando di liberarmi, ormai il torto è fatto… Voglio solo sapere se
hai dei piani riguardo a Irina >>.
<< Irina?
>> fece Vladimir, canzonatorio, << Perché mi fai
questa domanda? >>.
<< Perché lei
è mia, e sei hai intenzione di usarla per far cadere in trappola Dimitri, come
qualcuno mi ha fatto intuire, dovrai pensarci due volte, perché se c’è qualcuno
che può e deve ucciderla sono io, chiaro? >>.
Ci fu un momento di
silenzio, poi Vladimir disse: << Perché dovresti volerla uccidere, se è
la tua ragazza? >>.
William fece una
smorfia.
“Dovrei ucciderla proprio perché ho sempre voluto che
fosse la mia ragazza”.
<< Sta
cercando di liberarmi, ma è stata lei a farmi arrestare, due anni fa >>
rispose, << Si era alleata con uno sbirro
dell’F.B.I., e lei e Goryalef hanno fatto di tutto
per farmi finire dietro le sbarre… >>.
Vladimir tacque
ancora, come se stesse assimilando le sue parole.
<< Ho l’impressione
che in questa storia ci sia qualcosa di molto strano, Challagher
>> disse lentamente, << Molto, molto strano.
Se è vero quello che dici, allora perché Irina e Goryalef
sono qui? >>.
<< Questa è
una domanda a cui possiamo trovare risposta, se
collaboriamo >> ribatté William, << Io mi trovo in territorio
straniero, in mezzo alla gente di Dimitri, e non posso rischiare di fare un
passo falso, perché anche se lui per me è un traditore, non lo è per loro. Lo
difenderanno, e sicuramente se lo uccidessi adesso mi
sarebbero addosso nel giro di poche ore per farmi fare la stessa identica fine.
L’unico che sembra non aver simpatia per Dimitri sei tu, che come me hai dei
conti in sospeso con lui. Mi hanno detto che gli hai dato la caccia per tanto
tempo, ma che non sei mai riuscito a catturarlo… Forse dandoci una mano a
vicenda, potremmo arrivare da qualche parte… >>.
Allearsi con
Vladimir poteva essere in effetti molto utile: era un
russo, conosceva la gente e il territorio, e sapeva come muoversi.
<< Tu cosa ci
guadagneresti, Challagher?
>> domandò Buinov, sospettoso.
<< Facciamo
così, ci dividiamo il bottino: tu Dimitri, io Irina >> rispose William,
sicuro, << Tra i due, quella che voglio di più è lei. Se poi vogliamo
trovare un diverso accordo, si può anche fare: ti basti sapere però che la
ragazza non si tocca, che me la gestirò io come più mi aggrada. Non la useremo
come esca, perché non sono intenzionato a cederla >>.
Vladimir rimuginò
sulle sue parole, ma William sapeva benissimo che non
avrebbe rinunciato volentieri nemmeno a Dimitri: lo aveva pur sempre tradito, e
non l’avrebbe passata liscia. Intanto, però, poteva fare buon viso a cattivo
gioco, e far credere a quel russo che gli avrebbe lasciato veramente il
Mastino. Una volta che li avessero catturati, avrebbe
studiato un piano per liberarsi anche di lui.
<< La cosa mi
alletta, Challagher >> disse Vladimir, e
sembrava ghignare, al di là del telefono, <<
Potremmo fare quattro chiacchere faccia a faccia, che
ne dici? Ci sono un sacco di cose che non mi
convincono, in questa storia, e credo che tu possa togliermi qualche curiosità
>>.
Ore 20.00 - Yaroslav, Hotel Pan
Xander gettò malamente il
cellulare sul letto, facendo una smorfia. Aveva appena comunicato a McDonall l’esito della gara, e si era accorto del fatto che
il suo capo non sembrava poi tanto scontento del fatto che fossero arrivati
terzi… Sembrava aver apprezzato maggiormente la vittoria di Irina, della quale
non era ancora stato informato personalmente da lei.
Sbuffò. Gli dava
fastidio aver perso, ma non poteva dare la colpa a
nessuno, nemmeno a sé stesso: aveva fatto partire Nina all’inizio proprio per
aver modo di rimontare verso la fine della gara, se ce ne fosse stato bisogno,
perché era convinto di potercela fare. L’inconveniente della polizia però non
lo aveva proprio preso in considerazione, e quando Nina si era rifiutata
categoricamente di percorrere l’autostrada in contromano, dicendo che il
rischio di rimetterci la pelle era troppo elevato, non aveva potuto far altro
che seguire Vladimir e tutti gli altri.
Ammetteva anche che
Irina era stata brava; molto brava e molto coraggiosa.
La vittoria l’aveva meritata più di loro, che si erano fatti
aprire la strada da un tir, pagandolo profumatamente.
Sapeva bene anche
ciò che era passato nella testa di Irina in quelle ore trascorse al volante,
mentre combatteva con le unghie e con i denti per accaparrarsi la prima
posizione: doveva essere stata determinata come ai giorni di Challagher, se non di più, quando la sua intenzione era
stata di arrestarlo, o ucciderlo. Totalmente diversa dall’Irina
che aveva vissuto con lui per due anni.
Non ci aveva
pensato fino a quel momento, fino a gara terminata; aveva tenuto staccati
lavoro e privato, ma ora che aveva dieci minuti per
stare con sé stesso, si rendeva conto che forse quella era davvero la scelta
migliore… Che quell’Irina era troppo diversa da colei che aveva amato fino a
quel momento; troppo lontana da quella che conosceva lui. Se non la riconosceva
più, perché continuare quel tira e molla che faceva male a tutti
e due?
Si sedette sul
letto, stranamente stanco, e lasciò vagare lo sguardo intorno, nella stanza
sontuosamente arredata, ma fredda e poco familiare. Distante come tutto il
resto del mondo, in quel momento.
Ora era libero,
come lo era stato fino a prima di incontrare lei. Non doveva pensare alle
conseguenze delle sue azioni; non doveva pensare a una giustificazione per
quello che voleva fare… Si tornava come ai vecchi tempi, quando era uno dei
migliori agenti dell’F.B.I. pronto a partire per una
nuova missione, con addosso l’eccitazione dell’avventura e del rischio.
Per un attimo sentì
montargli addosso una certa euforia, che però si
spense quasi subito: era troppo strano, troppo diverso da come si era abituato
a comportarsi… Libero sì, ma lo voleva davvero? Davvero stava meglio senza
Irina?
“Per saperlo deve passare del tempo… In questo momento,
l’unica cosa che so e che sicuramente non riesco più a riconoscerla”.
Bussarono alla
porta e lui andò ad aprire, trovandosi davanti Nina con la sua faccia d’angelo
e gli occhi scintillanti, quasi fosse venuta a ricordargli che non esitava solo
Irina, nel mondo. Lo guardò di sottecchi come se si sentisse in colpa, il
profumo dei suoi capelli biondi che gli arrivava dritto dritto alle narici, dolce e forte al tempo stesso. Però forse lui non aveva voglia di vederla, in quel momento…
Preferiva stare da solo, almeno per un po’.
<< Mi
dispiace per oggi, Mark >> disse lei, tutta zucchero,
<< Ci ho pensato… In effetti, se avessimo seguito la tua…idea, saremmo
arrivati primi. Ma davvero, andare in contromano in autostrada è da veri folli,
non potevamo rischiare così tanto… >>. Lo guardò
producendosi in un’espressione di puro dispiacere.
“Non è da folli, è da veri piloti clandestini” pensò Xander, cogliendo chiaramente la falsità nel tono di voce
della ragazza. “Se lo fossimo veramente,
non ci avremmo pensato due volte, questa è la verità”.
Di fronte al suo
silenzio, Nina sbattè le ciglia e si fece avanti, come
se non volesse stazionare troppo nel corridoio, e
magari incontrare qualcuno.
<< Posso
entrare? >> chiese.
Xander le rivolse
un’occhiata, chiedendosi se facesse bene o male a farla
entrare. Alla fine la lasciò mettere piede in camera, richiudendo delicatamente
la porta. Guardò Nina incedere tranquilla e sicura fino alla poltrona che dava
sulla finestra, e poi la vide voltarsi verso di lui.
<< Sei
arrabbiato con me? >> chiese, a metà tra il serio e il dispiaciuto.
Xander trattenne
l’irritazione: non era stupido. Nina non l’avrebbe fregato fingendo di sentirsi
in colpa e facendo la faccia da cucciolo bastonato; lo sapeva benissimo che non
era la santarellina che voleva mostrarsi in quel momento. Forse non gliene
importava nemmeno niente della gara, forse partecipava solo perché aveva un
secondo fine che lui non aveva scoperto.
<< Non
avremmo vinto comunque >> disse rapidamente, sapendo di mentire
esattamente come lo sapeva lei, << Saremmo
arrivati secondi, come massimo. E comunque ci rimane ancora la gara di domani…
Ormai è fatta, non possiamo tornare indietro. Avevi tutte le ragioni per
rifiutarti: non posso pretendere di farti rischiare la vita >>.
La sua ultima frase
però rispecchiava la realtà: non poteva davvero costringere nessuno a mettere
in pericolo la propria esistenza per vincere una gara, nemmeno se si trattava
di un pilota clandestino.
Nina però sembrava
intenzionata a continuare con la sua farsa da bambina dispiaciuta per il guaio
che aveva combinato. Si avvicinò e iniziò a solleticargli la spalla con le
dita, quasi per attirarlo a sé.
<< Avanti,
dimmi come posso farmi perdonare… >> sussurrò. << Se non fossi
arrabbiato, non saresti così scontroso con me… >>.
Xander abbassò lo sguardo
su di lei, e si rese conto che sarebbe stata dura resistere
a quegli occhi azzurri come l’acqua gelata dell’oceano… A quel profumo che
improvvisamente gli arrivò alle narici, fragrante, sensuale…
Nina era bella,
troppo bella, inutile negarlo. Lo sarebbe stata per
chiunque, in fondo. Per quanto fosse insopportabile, la sua faccia d’angelo e
il suo corpo perfetto facevano dimenticare tutti gli altri suoi difetti… E
soprattutto, sapeva di rappresentare una tentazione per chiunque gli stesse
davanti.
Xander rimase paralizzato
di fronte alle sue labbra rosse e carnose, ricordando in quel momento che era
di nuovo libero, che poteva fare quello che voleva… Irina non faceva più parte della sua vita…
Tuttavia, fece un
passo indietro. Indietreggiò perché era spaventato dal fatto di essere attirato
da Nina, che non era altro che una ragazza senza morale, senza inibizioni,
bellissima e vuota. Una che era diventata una criminale di sua volontà, non
come Irina… Una che dimostrava molti più anni di quelli che aveva perché voleva
che fosse così, non come Fenice… Una che aveva scelto di essere quello che era
perché era quello il suo desiderio.
Ma forse era quello
che lo attirava di lei; forse era la sua palese consapevolezza di essere bella
e di poter aver tutto a rendergliela appetibile… Forse era il
fatto che lei, nonostante tutto, sapesse meglio di tutti dove stava
andando e dove voleva arrivare…
<< Su, non
fare il difficile… >> sussurrò nuovamente lei, avvicinandosi al suo
volto, << Non hai più la tua… ragazza a cui
essere fedele, no? >>. Ghignò, dimostrando di sapere dove fare leva…
Xander fece una smorfia,
che doveva essere di disgusto. “Stronza…
Non gliene frega di niente e di nessuno. Vuole solo avere la soddisfazione di
tentarmi, non gli importa di nient’altro”.
Nina si avvicinò ancora,
indugiò un momento sulla sua bocca, poi disse, tranquilla: << Posso farti
una domanda, Mark? >>.
<< Cosa vuoi sapere? >> fece Xander,
rigido come una statua.
<< Perché
cerchi la Lince? >> chiese Nina, mettendogli una mano sul petto.
<< Perché
voglio diventare un Referente >> fu la risposta secca di Xander.
Nina sorrise.
<< Giusto… Ma sai, forse non è necessario che tu
vinca questa gara per aspirare a diventare un Referente >> disse,
sorniona, spingendolo verso il muro, << Conosco qualcuno che potrebbe
aiutarci… >>.
Poi lo baciò sulle
labbra, e per quanto il cervello di Xander gli
gridasse di staccarsi, non ci riuscì. E forse nemmeno volle. Perché quelle
labbra avevano un sapore piccante, irresistibile, che gli fece perdere del
tutto il senso delle cose, fino a portarlo a fregarsene di tutto e di tutti…
Tanto ormai era
solo.
Tanto ormai le cose
non potevano andare peggio di così.
Tanto era chiaro
che Nina gli piacesse.
Tanto valeva
svagarsi un po’.
E mentre Nina si
spogliava e prendeva possesso del suo letto, si disse che non poteva cadere più
in basso di così… Che si faceva schifo da solo, perché andava a letto con una
ragazza da cui non avrebbe mai avuto niente… Che era diventato come gli tutti
altri, che finiva a letto con la prima che capitava…
Quando anche
l’ultimo indumento di Nina cadde sul pavimento, lasciando completamente
spogliato il suo corpo perfetto, Xander si accorse di
qualcosa che gli riportò alla mente Irina.
Sulla schiena di Nina
c’era un tatuaggio, un segno che come molti piloti clandestini si era fatta incidere per sempre sulla pelle: un grosso gatto
scuro dalle orecchie a punta.
Niente fenici, per
lei.
Ore 21.30 - Yaroslav, Hotel Pan
<< La gara è
rimandata >> disse Dan, neutro, mentre condivideva con Irina il bancone
del bar, sorseggiando il suo drink con aria annoiata, una musica a basso volume
come sottofondo, << Rimandata a dopodomani per via del tempo >>.
Irina guardò fuori
dalla finestra, dove infuriava la più violenta tempesta di neve che aveva mai
visto, e capì che forse era davvero meglio aspettare una giornata. Nel giro di
un’ora erano caduti almeno venti centimetri di neve, e stando alle previsioni
doveva continuare così per tutta la nottata. Sarebbe stato difficile persino
far uscire le auto dal garage.
<< D’accordo
>> disse lei, << Non credevo potesse
accadere alla Mosca-Cherepova, ma non è un problema
>>.
Dan si strinse
nelle spalle. << La gara di domani è difficile, e
i Referenti pensano che non avrebbe senso farla disputare in queste condizioni.
Un giorno in più non cambia la vita a nessuno >>.
Irina gettò
un’occhiata intorno, dove la maggior parte dei piloti clandestini stava
commentando l’ultima novità. Nessuno sembrava quindi interessato a lei, ma si
accorse che mancavano Xander e Nina, oltre che
Vladimir e il suo co-pilota Cyril. Dovevano essere
ancora di sopra, a riposarsi.
Dimitri era in
camera, lo sapeva. Lo aveva visto parlare al telefono con McDonall,
quindi lo aveva lasciato stare ed era scesa di sotto a bere qualcosa, anche se
si sentiva piuttosto stanca. Aveva le gambe indolenzite e i muscoli delle
braccia un po’ rigidi. Però non poteva far finta di
non essere contenta di aver vinto la gara, e da brava “provocatrice” doveva
farsi vedere in giro a festeggiare.
All’improvviso,
entrarono Vladimir e Cyril, un borsone in mano e
l’espressione truce. Raggiunsero rapidamente i Referenti seduti a un tavolo, e
il russo dal collo sfregiato disse chiaramente: << Abbandoniamo la corsa.
Ce ne andiamo >>.
Irina strabuzzò gli
occhi, esattamente come metà della sala, rimasta in silenzio. Perché ritirarsi
proprio ora? Non aveva senso!
<< Va bene
>> disse solo Konstantin, << Non sei
tenuto a dare una giustificazione… Sappi che non potrai tornare indietro, però
>>.
Vladimir mosse
impercettibilmente la testa. << Lo so. Affari urgenti mi costringono a
tornare a Mosca >>. Fece cenno a Cyril di
seguirlo, e si avviarono verso l’uscita. Prima di varcare la porta, però,
Vladimir si voltò verso di lei, la guardò divertito e disse, canzonatorio:
<< Buona fortuna, Fenice. Spero proprio che tu vinca questa gara… A
presto >>.
Poi uscì,
lasciandoli tutti basiti, senza sapere che cosa dire. Irina guardò Dan, perplessa, senza capire perché Vladimir si fosse ritirato:
poteva avere tutti gli affari del mondo, ma chiunque ci avrebbe pensato due
volte prima di lasciare la Mosca-Cherepova, contando
anche il piazzamento che era riuscito a guadagnare… Non aveva assolutamente
senso.
“Devo dirlo a Dimitri… La cosa puzza di bruciato”.
Sorseggiò
lentamente quello che rimaneva nel suo bicchiere, cercando di capire cosa
avesse spinto Vladimir a lasciare la gara… Forse credeva di non poter vincere?
Forse non poteva aspettare un giorno in più per i suoi affari?
L’unica nota
positiva era che, tolto Vladimir, avevano un
avversario davvero temibile in meno, sia lei che tutti gli altri. In effetti, i
piloti clandestini che avevano assistito alla scena in quel momento sembravano
solo interessati al fatto che nella gara c’era un partecipante in meno.
Chiaramente la presenza di Buinov non era molto
gradita, e a nessuno interessava il vero motivo per cui
se n’era andato.
<< Perché se
n’è andato, secondo te? >> domandò, rivolta a Dan, curiosa di sentire il
suo parere.
L’italiano si
strinse nelle spalle. << Deve aver capito che anche se avesse vinto la
gara, la Lince non gli avrebbe mai permesso di incontrarlo per davvero >>
rispose, << Nessuno si fida di lui, figuriamoci se i Referenti gli
avrebbero mai permesso di avvicinarsi troppo… L’hanno lasciato partecipare solo
per vedere cosa sarebbe successo, e lo hanno tenuto
d’occhio fin dall’inizio. Deve averlo capito e ha preferito usare il suo tempo
per qualcosa di più utile per lui >>.
Irina annuì, ma era
convinta che sotto ci fosse qualcos’altro. Vladimir non avrebbe sprecato quella
possibilità di stare fianco a fianco a Dimitri in quel
modo, anche perché la prossima Mosca-Cherepova
sarebbe stata tra un anno… Forse aveva qualcosa in mente, e per mettere in pratica
il suo piano aveva bisogno di stare lontano dai Referenti e da Dimitri stesso…
Un gruppetto di
russi entrò nel bar ridacchiando sonoramente, e Irina fu riscossa dai suoi
pensieri. Li osservò poco interessata mentre raggiungevano un tavolo con altri due
russi e iniziavano a raccontare qualcosa con l’aria estremamente
divertita, gesticolando qualcosa. Non riuscì a capire cosa avevano da ridere
perché erano troppo lontani, ma qualcuno di loro percorreva con gli occhi la
sala come se cercasse una persona in particolare.
<< Ah, ancora
con questa storia… >> disse Dan, divertito alla vista del gruppo, << Tanto
domani mattina potranno fargli tutte le battutine che vogliono… >>.
Irina lo guardò, un
sopracciglio inarcato, senza capire a cosa si riferisse.
Dan sorrise e posò
il suo bicchiere vuoto sul bancone. << Poco fa sono andato ad avvertire
gli altri piloti che la gara veniva rimandata >>
spiegò, << E ho beccato Nina e il suo amico pilota in palese… intimità
>>. Ridacchiò, come se il pensiero fosse decisamente
divertente.
Irina fissò Dan, il
sangue gelato all’istante nelle vene, ed ebbe una fitta così forte al cuore che
avrebbe potuto piegarla in due. Se poco prima non avesse abbandonato il
bicchiere sul tavolo, le sarebbe sicuramente caduto a terra, spaccandosi in
mille pezzi e attirando l’attenzione su di lei…
Non seppe
esattamente cosa riuscì a filtrare dalla sua espressione, quanto fu brava o
meno a rimanere di ghiaccio, perché non le interessò nemmeno. Strinse il bordo
del bancone, le nocche bianche, e deglutì per impedirsi di gridare…
“Xander… Xander
è andato… Non può averlo fatto… Non già adesso… Non…”.
Dan non sembrò
notare niente di strano in lei, forse perché abbassò subito lo sguardo e guardò
l’orologio, come se la cosa non la scalfisse nemmeno un po’. In realtà cercava
solo una scusa per lasciare il bar il prima possibile…
<< Scusa un
momento, mi sono dimenticata di una cosa… >>.
Senza guardarsi
indietro, lasciò la sala e andò nell’ingresso, riuscendo a sentire ancora per
un attimo le risate del gruppetto di russi. Non c’era nessuno, perché la hall
con il banco informazioni era nella stanza di fianco, e lei lo sapeva bene. Le
due poltrone vicino alla vetrata, oltre la quale la neve cadeva
incessantemente, sembravano quasi aspettarla.
Lei però si
appoggiò al muro gelido, paralizzata.
Forse una
coltellata al cuore sarebbe stata meno dolorosa…
Forse non vedere
più Xander per un bel po’ sarebbe stato meglio…
Ma così…
“Non può essere andato con Nina… Non può
averlo già fatto…”.
Rimase a fissare
fuori, senza vedere né la notte né la neve, senza riuscire a riscuotersi, senza
riuscire a tornare a respirare…
Si era già
consolato con un’altra… Non si era preso nemmeno il tempo di digerire la nuova
situazione, di ragionare un momento con calma… Lei lo aveva lasciato, aveva messo fine a una storia durata due anni e cominciata
in maniera drammatica ma bellissima, e lui la prima cosa che faceva era andare
a letto con Nina.
Allora era davvero
cambiato anche lui. Allora davvero non gliene importava
più niente di loro due. Allora era giusto pensare che in qualche modo si fosse
stancato di lei.
Pensava di aver
finito le lacrime la sera prima, ma non era così, perché tornarono
a scenderle lungo le guancie, silenziose, salate e soprattutto fredde.
“Stupida”.
Perché piangere? Lo
aveva già sospettato, no? E poi, era stata lei a lasciarlo, giusto? Cosa pretendeva, che Xander si
prendesse un periodo di pausa e pensasse alla loro storia? Gli aveva fatto solo
un favore, lasciandolo…
Ma tanto lo sapeva
che stava male perché lo amava ancora, perché soffriva nel capire che se non
fosse stata lei a troncare quel rapporto, lui con Nina ci sarebbe andato lo
stesso. In fondo, lei era così perfetta, così bella, brava al volante, furba…
Una donna adulta, non come lei.
Si sedette su una
poltroncina, il volto tra le mani, controllando i singhiozzi che volevano
uscirle dalla gola. Non avrebbe pianto come una disperata, anche se avrebbe
tanto voluto farlo. Era l’unica a soffrire davvero in quella situazione, a non
essere in grado di superare quegli avvenimenti, ma aveva ancora un po’ di
orgoglio, un po’ di rispetto per sé stessa. Non
avrebbe fatto scenate, non avrebbe gridato tutto il suo dolore… Era Fenice, non
poteva dimenticarlo.
Lasciò scendere
tutte le lacrime, nel silenzio più assoluto, sentendo solo le voci che
provenivano dal bar, e guardando i fiocchi di neve cadere sul terreno bianco,
il cuore che sanguinava, gli occhi che bruciavano.
“Entrambi hanno avuto quello che si meritano. Si sono
trovati, in fondo. Meglio questo, che prendersi ancora
in giro”.
Se superava questo,
nient’altro l’avrebbe fermata. Ormai aveva toccato il fondo, e niente sarebbe
stato peggio di quello. Adesso cominciava la faticosa
risalita, in solitaria, verso una nuova vita a cui
proprio lei aveva dato il via, con le sue scelte inaspettate.
Si alzò e si passò
una mano sul volto, traendo un respiro profondo. Improvvisamente le piombò
addosso tutta la stanchezza della giornata, e decise di andarsi a chiudere in
camera sua, sperando di riuscire a dimenticare tutto, sperando
di trovare un modo per fermare quel dolore che aveva dentro.
Raggiunse le scale
e salì i gradini due a due, per evitare di incrociare qualcuno, e si ritrovò
nel corridoio. Dimitri stava venendo dalla sua parte, probabilmente con
l’intenzione di andare al bar.
La guardò passare
in silenzio, forse perplesso dal fatto che lei non gli rivolgesse la parola ma si limitasse a un cenno di saluto rapido e piuttosto
distaccato, e non la fermò quando lei si chiuse la porta alle spalle,
barricandosi dentro la sua camera. Doveva aver intuito che volesse stare da
sola.
Solo quando fu
dentro, Irina si concesse un respiro, e si guardò intorno, sentendosi estranea
persino nella sua stanza. In quel momento avrebbe
voluto essere a casa sua, nella sua camera con la sua musica, le sue cose,
l’affetto delle persone che le volevano ancora bene…
Si sedette sul
letto, poi sentì bussare alla porta. Sbuffò e andò ad aprire, anche se non ne
aveva voglia.
Era Dimitri, che
evidentemente aveva sentito il bisogno di essere presente, e aveva scelto
l’unica volta in cui Irina voleva stare veramente da sola.
Si guardarono in
faccia per un momento, in silenzio, con Irina che cercava invano di non
sbattere troppo le palpebre per dare l’idea di aver appena versato fiumi di
lacrime.
<< Cosa è successo? >> chiese Dimitri, impietoso, come se
sapesse benissimo che era l’unica domanda che non doveva fare.
<< Niente
>>.
Il russo fece una
smorfia. << Non me la dai a bere >> disse, secco, << Se
davvero non fosse successo nulla di importante, non
avresti risposto “Niente”. Avresti detto di cosa si trattava >>.
Irina sostenne il
suo sguardo, poi si ricordò di quello che era successo prima che venisse a
sapere di quello che le aveva rovinato la serata.
<< Vladimir
ha abbandonato la gara >> rispose.
Dimitri inarcò un
sopracciglio.
<< Bene,
ottima notizia >> commentò, << Ma non sapevo
gli fossi così affezionata da metterti a piangere… >>.
Irina rimase
interdetta, soprattutto per la battuta. Che si fosse accorto che aveva pianto,
non era strano: sicuramente aveva gli occhi rossi. Ma
che gli interessasse il perché, era una novità.
<< Non…
Vladimir non centra >> borbottò, evitando il suo sguardo, << E poi…
Non voglio perdere tempo per qualcosa che non ha… importanza >>.
Dimitri la trapassò
con gli occhi, e si produsse in un sorrisetto ironico.
<< Certo…
Quando imparerai a mentire? Non riesci a ingannare nemmeno te
stessa… >>.
Di solito Dimitri
non era insistente né invadente, ma in quel caso sembrava particolarmente e
odiosamente interessato a quello che le era successo. O credeva si trattasse di
qualcosa riguardo al loro lavoro, oppure di qualcosa che aveva a che fare con
lui. Niente di più sbagliato.
<< Non
c’entra con la missione, perché lo vuoi sapere? >> lo aggredì Irina.
Voleva solo chiudere quella porta e quella conversazione ed essere lasciata in
pace.
<< Perché lo
so già >> ribatté Dimitri, secco.
Irina lo guardò, e comprese
che il Mastino era a conoscenza della storiella tra Xander
e Nina; storiella che doveva aver già fatto il giro di tutto l’hotel.ù
“Ma che bravi, lo sanno già
tutti…”.
<< Bene,
allora posso anche tornare alle mie occupazioni… >> disse, e fece per
chiudere la porta.
Dimitri glielo
impedì. Mise un braccio sullo stipite e digrignò i denti, arrabbiato.
<< Non farlo
>> ringhiò, << Odio quando mi chiudono le porte in faccia >>.
Irina si innervosì.
<< E io odio chi mi impedisce di farmi gli affari miei >>
disse, arrabbiata. << Cosa vuoi, ancora?
>>.
<< Sapere se
devo aspettarmi un tentativo di suicidio da parte tua, oppure se hai intenzione
di ammazzare qualcuno prima di domani mattina >> rispose Dimitri, e aveva
un che di ironico nella voce, << Vorrei essere
informato prima, perché non ho intenzione di finire da solo la gara con quel
macinino della tua auto >>.
<< Non ho in
mente nessuna delle due opzioni >> rispose
Irina, seccata, << E adesso, le cose sono due: o te ne vai, oppure entri.
Non mi piace stare sulla porta >>.
Dimitri le scoccò
un’occhiata, poi la aggirò ed entrò nella stanza come se il suo fosse stato un
invito. Irina chiuse la porta e si sedette sulla poltrona, senza dirgli di fare
altrettanto. Non capiva cosa volesse, visto che lei
aveva decisamente l’aria di una che desiderava starsene in pace…
<< Se hai
intenzione di fare qualche commento su quello che sta succedendo a qualche
stanza da qui, ti prego di astenerti >> disse Irina, lanciandogli
un’occhiata eloquente. Per quanto volesse risultare
tagliente, però, dalla sua voce trasparì comunque una nota di tristezza e di
dolore.
<< Fingere di
non vedere è la cosa peggiore da fare >> ribattè
Dimitri.
Irina lo guardò,
basita. Forse lui non capiva…
<< Xander è andato a letto con Nina dopo appena un giorno che
ci siamo lasciati >> ringhiò, infuriata con sé stessa
e con Dimitri, << Non… Non mi ha nemmeno dato il tempo di… di elaborare
la cosa. Faceva tanto l’apprensivo, ma mi ha appena dimostrato che non gliene
fregava un cazzo di me, visto che ha trovato subito un’altra
con cui consolarsi… E io ingenua che speravo anche che tra loro non fosse mai
successo niente… Chissà quante altre volte sono stati insieme. Tanto Irina la bambina non se ne sarebbe mai accorta, no? E’
sempre stata abituata a fare la bambola, in fondo… E tu mi
adesso mi vieni a dire che dovrei accettare le cose così come stanno? Io… Io
voglio sono dimenticarmi di tutto questo, non accettare… >>.
Forse stava per
perdere il controllo, forse stava per impazzire… Quello sfogo
però non riuscì a toglierle di dosso la sensazione di avere qualcosa di
sbagliato, e se ne fregò altamente della reazione che avrebbe potuto avere
Dimitri in quel momento… Non si preoccupò nemmeno di guardare la sua faccia. Aveva
una rabbia addosso che forse non aveva mai provato.
E poi,
inspiegabilmente, le venne di nuovo da piangere. Le
ripiombò addosso tutto il dolore che aveva provato fino a poco prima, e che si
era ripromessa di controllare… Qualcosa di freddo le si
attorcigliò nello stomaco, facendole quasi male.
“E’ andato con lei! E’ andato con
lei!”.
Sospettarlo era una
cosa, averne la certezza era un'altra. Prendere atto che era così facile da
sostituire era difficile; accettare di non valere più nulla per Xander faceva male, troppo male…
Si alzò di scatto e
raggiunse la porta, spalancandola. Guardò Dimitri in faccia e disse, atona:
<< Per favore, va via >>.
Voleva rimanere da
sola e scoppiare a piangere in santa pace fino ad addormentarsi; voleva trovare
solo un momento per sfogare tutto quel dolore che aveva nel cuore, magari
spaccare qualcosa, eliminare tutto quello che le ricordava Xander…
Fare quello che lui era riuscito a fare con lei: cancellarla dalla sua vita con
la facilità con cui si dimenticano i brutti sogni.
Dimitri si alzò e raggiunse
la porta, ma non uscì. Rimase in piedi, a fissarla con quegli occhi grigi come
se volesse dire qualcosa, e Irina ebbe una strana sensazione, come un
formicolio allo stomaco. Abbassò lo sguardo, imbarazzata, senza sapere cosa
dire. In fondo lui non aveva nessuna colpa, e non aveva il diritto di trattarlo
male…
Poi, fu un attimo.
Prima che avesse
anche solo il tempo di rendersi conto che di quello che stava succedendo, si
ritrovò incollata alla porta, chiusa dietro le sue spalle, e Dimitri davanti a
lei, la bocca sulla sua.
Non fu in grado né
di spostarsi né di chiedersi il perché.
Ma tanto non lo
voleva nemmeno fare.
Perché anche se era
da pazzi, Dimitri la stava baciando, e a lei piaceva.
Perché anche se non
se lo aspettava, ringraziò che lo avesse fatto.
Ora la sua testa
era vuota, completamente vuota, e l’unica cosa che
sentiva era il calore assurdo di quel bacio, come un fuoco che divampava dopo
che qualcuno aveva cercato di soffocarlo… Potente, forte, quasi prepotente. In
grado di far evaporare in un attimo tutte le lacrime che le avevano inondato
gli occhi, in grado di strapparla violentemente dal suo dolore prima che ne
morisse soffocata…
Lo sapeva che non
aveva senso, che non c’era nessuna ragione per cui Dimitri
volesse o dovesse baciarla… Eppure era come se fosse scritto da qualche parte,
che doveva accadere… Era come se le loro due anime piene di cicatrici si
fossero chiamate insistentemente, finché uno dei due non aveva ceduto e le
aveva fatte ricongiungere, nonostante l’enorme sbaglio che rappresentava…
Poi Dimitri si
staccò, e Irina riprese a respirare, gli occhi completamente asciutti che le
permettevano di vedere ben nitido il volto di Dimitri a pochi centimetri dal
suo. Ma era l’unica parte del suo corpo che aveva
vicino, perché tutto il resto si teneva a debita distanza: teneva le braccia
appoggiate sopra la porta, ma in alto, sulla sua testa, senza bloccarla, come
se volesse darle il modo di spostarsi, scappare, fuggire, allontanarsi da quel
corpo muscoloso e pieno di cicatrici, che metteva timore a chiunque…
Dimitri la guardò
dritta negli occhi e disse, a bassa voce, come il sussurro di un fantasma:
<< Non piangere per qualcuno che non ha ancora capito niente di te
>>.
Irina non si mosse,
rimase inchiodata a guardarlo, completamente rapita dalla sua espressione. Forse avrebbe dovuto averne paura; forse
avrebbe dovuto temere quello che poteva succedere dopo…
Ma non aveva paura, non di quel russo dagli occhi di ghiaccio, spietato,
distaccato, freddo, pieno di fantasmi e di ferite nell’anima, fino a renderlo
un assassino… Non aveva paura di lui, perché lo conosceva, forse meglio e di
più rispetto a chi aveva sempre creduto vicino.
<< E adesso
>> continuò lui, senza staccarle gli occhi di dosso, senza spostarsi di
un millimetro, << Puoi decidere se darmi uno schiaffo e farmi uscire da
questa stanza, oppure no. Puoi anche odiarmi, per quello che ho appena fatto.
Puoi fare quello che vuoi. Non ti biasimerò >>.
Irina rimase
impalata dov’era, cogliendo chiaramente la domanda che c’era in quella frase:
vuoi rischiare con me? Vuoi rischiare sapendo chi sono, cosa sono e cosa ho
fatto?
Si guardarono, e
nonostante lei si trovasse tra la porta e Dimitri, non si sentì prigioniera,
anzi. Era libera di scegliere, di prendere una decisione da sola, perché qualunque
fosse stata, lui l’avrebbe accettata.
“Potrebbe aiutarmi a dimenticare…”.
Non disse no, e non
disse sì. Gli lanciò solo un’occhiata, e Dimitri
sembrò comprendere quello che le passava nella testa.
Perché lei, così
all’improvviso? Perché quella ragazza che aveva sempre disprezzato, in fondo? Perché
Fenice, quella che lo aveva fatto arrestare, che aveva tradito Challagher, che si era innamorata di uno sbirro?
Dimitri non
rispose, perché forse non c’era una risposta. Forse non esisteva un vero e
proprio perché. Forse perché le cose a volte vanno così, nascono dal niente e
muoiono nel niente…
E la baciò di
nuovo, questa volta così prepotentemente da darle l’idea di volerlo fare da
quanto più tempo era legittimo aspettarsi, ma lasciandole sempre una via fuga
aperta…
Ma tanto non sarebbe
scappata, non voleva farlo…
E poi ci volle un
attimo a farla ritrovare nel letto, avvinghiata a quel corpo scolpito e pieno
di cicatrici, bollente, senza nemmeno rendersi conto di tutto quello che ciò
significava…
Perché tanto erano solo due persone sole alla ricerca di qualcosa che
forse non esisteva…
Perché tanto il
fondo lo avevano toccato tutti e due.
Spazio Autrice
Vedo i cori da
stadio che si sono scatenati laggiù… Su, ragazze, contenetevi, eh.
Allora, giudizi
spaccati, immagino. Ma è
successo quello che molti speravano, e forse non si aspettavano. Ditemi un po’ che
ne pensate, e soprattutto se la cosa vi fa piacere
oppure no. Siete anche liberi di insultarmi, se volete.
Sinceramente,
nemmeno io so cosa dire: rischierei di sbilanciarmi troppo, quindi rimando in
silenzio e spero di leggere le vostre reazioni. Ci vediamo al prossimo cap, eh!
Isabellina: prima di tutto, spero che tu sia arrivata
viva anche a questo cap, visto che
mi hai lasciato dicendomi che andavi a farti un bel viaggetto a 180 in
contromano… Mi raccomando, allaccia la cintura che non ti voglio mica avere
sulla coscienza, eh! Naturalmente scherzo, ma sono contenta che tu abbia deciso
di recensire, e non ti preoccupare, non sei l’unica che ha adorato William:
molto probabilmente è il miglior “cattivo” che io sia riuscita e riuscirò mai a creare! Dimitri è Dimitri, in questa fic è uscito fuori e naturalmente
ha raccolto schiere di fan. Come vedi, quello che desideravi è accaduto, ma non
dare niente per scontato, eh! Un bacio!
Darkrainbow: madooo, tutte le tue ipotesi
sulla Lince sono molto verosimili, ma ti toccherà attendere, la cosa si fa
ancora lunga. E lo so che adori Dimitri, quindi immagino la tua faccia ora, a
fine cap… Come quella di Xander,
se mai sapesse… Ma Xander tanto al momento è occupato
in altro. Eh già, le coppie scoppiano e mi mescolano. Si vedrà, si vedrà. Bacio!
Supermimmina: NOOOOOOOOO, SONO FELICISSIMA PER TEEEE!!!!!!!!!! Allora il nick ora
bisognerebbe cambiarlo in “Supermammina”!!! Dai,
veramente, sono troppo contenta! L’unica cosa che spero è che questa storia non
influenzi minimamente il carattere del pargolo, altrimenti finisce che ci troviamo
in giro un William o un’Irina che fanno i pazzi per
strada veramente! Ah ah ah, bè, dai, a parte gli scherzi, cercherò di non farti
aspettare troppo, che già devi aspettare di tuo, e tienimi aggiornata su questo
(o questa) aspirante mini pilota clandestino. Magari finita RR
mi lancio in una serie di favole per bambini! Un bacione enorme
enorme enorme!
Danu: visto la nostra Irina? Tira fuori le unghie e fa mangiare la polvere a tutti quanti. Definire gentile
Dimitri sembra un po’ strano, ma in fondo un po’ lo è.
Vediamo cosa succederà quando Vladimir metterà in atto il suo piano, qualunque
esso sia… Oltretutto, ora sembra allearsi anche con William: nascerà la coppia
dei perfetti attivi… Bacio!
Neverwinter Night: sono onorata di ricevere la tua prima
recensione, sai? Non capita spesso! E sono altrettanto contenta che sia
riuscita a prenderti anche con il seguito del Gioco dello Scorpione: i seguiti non sono mai visti di buon occhio! Lo so, lo so, che la fine della storia tra Irina e Xander
lascia un po’ tutti con l’amaro in bocca, soprattutto se si hanno freschi in
mente i ricordi di come si sono trovati, ma penso che nel loro caso sia quasi “fisiologico”
un allontanamento del genere: hanno vissuto sospesi per due anni, ma è chiaro
che il passato non si dimentica, e molto più spesso è lui a non dimenticarsi di
noi. Come vedi, il tanto incontro ravvicinato del terzo tipo tra Irina e
Dimitri è avvenuto, ma consiglio di non farsi troppe idee e di vedere come
andranno le cose, perché ne devono succedere ancora tante… No problem per gli accenti! Un bacio!