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Autore: Roberta87    06/12/2010    5 recensioni
Salve! mi chiamo Roberta e questa è la mia prima FF! La storia è un'alternativa a Twilight,e vede il suo inizio in una Forks dove Bella risiede da tre anni ed i Cullen non sono ancora arrivati. Troverete il resto della trama nel capitolo "trama ed introduzione". Spero che la mia storia vi coinvolga tanto quanto sta coinvolgendo me!
ESTRATTO DAL CAPITOLO 16 :
[..] Improvvisamente il rumore di un auto ci interruppe. Jacob mi lasciò un ultimo bacio a fior di labbra e tenendo ancora il mio viso tra le mani si voltò verso la strada. Sciolsi l’intreccio delle nostre dita e guardai anch’io. Una Volvo metallizzata aveva appena parcheggiato fuori il mio cortile. Sapevo bene a chi appartenesse quell’auto.
Rimasi un attimo sbigottita, cosa ci faceva lui qui? Cosa voleva?. Voltai ancora lo sguardo verso Jacob, giusto in tempo per vedergli serrare la mascella. Le sue mani sul mio volto furono percorse da una breve scarica di leggero tremore, mentre continuava a fissare l’auto.
« Vieni, Bells. E’ ora di andare. » [..]
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward, Bella/Jacob
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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CAPITOLO 17 – “Farsi da parte


Guardavo il punto in cui Jake era scomparso con la moto, gli occhi ancora lucidi di lacrime, sempre seduta nel prato del mio cortile. Sapevo benissimo che ciò che aveva fatto imbestialire Jacob potesse sembrare una cosa da nulla per il resto del mondo…appunto, per il resto del mondo, ma non per lui. Non per lui che diceva di provare un odio quasi viscerale nei confronti della famiglia Cullen. Poco importava se il resto del mondo avrebbe visto il mio gesto di accettare un semplice passaggio come una cosa da nulla…..per lui, per la sua vita, per il suo mondo, quello che era accaduto era molto pesante. La sua ragazza gli aveva nascosto di essersi fatta accompagnare a casa dall’unica persona al mondo che lui odiava con tutto se stesso.
Mi sentivo davvero una piccola sporca traditrice in quel momento…non avrei mai dovuto accettare quell’invito….non avrei mai dovuto nascondergli l’accaduto. Però c’era una cosa che mi faceva sentire ancora peggio: il ricordo del suo sguardo. Gli occhi che mi avevano sempre parlato, sempre sorriso, poco prima mi erano sembrati tanto diversi da non riconoscerli.
Da perfetta egoista quale ero, sarei voluta saltare sul mio pickup e raggiungere Jacob, dovunque egli fosse, per parlagli, per chiarire tutto, per sistemare ogni cosa. Ma sapevo che non sarebbe stata la scelta giusta, non questa volta. L’unica cosa che potessi fare in quel momento era lasciargli del tempo per starsene da solo, in santa pace, a calmarsi e riacquistare un po’ di lucidità. Quando sarebbe stato nuovamente pronto a parlarmi, allora si che avrei potuto far qualcosa….qualsiasi cosa per farmi perdonare.
Una mano fredda si poggiò delicatamente sulla mia spalla
« Bella, scusami, mi dispiace »
Qualcosa fece click nella mia testa.
Quel tocco freddo e quella voce avevano appena fatto scattare un interruttore nella mia testa, con un click talmente reale che fui quasi certa di averlo sentito. In un secondo mi sentii risucchiata a terra dal mondo delle idee nel quale mi ero persa, con una forza talmente magnetica da superare perfino quella della gravità. Sbattei più volte le palpebre, come se mi stessi svegliando in quel momento da un incubo e realizzai : io ero seduta lì per terra, sul prato freddo di casa mia, con gli occhi gonfi di lacrime dopo che il mio ragazzo era corso via imbestialito…..per colpa loro.
Per colpa di quel tocco freddo e di quella voce.
Per colpa di colui al quale essi appartenevano.
Per colpa di Edward Cullen.
Lentamente voltai la testa alle mie spalle e guardai in su, alla ricerca dei suoi occhi. Li trovai che mi fissavano corrucciati in una smorfia di sincero dispiacere. Certo! Era facilissimo innescare una bomba di proposito, e dopo pentirsene. Era facilissimo rovinare la vita delle persone e dopo piangere lacrime da coccodrillo! Ma quell’idiota avrebbe presto pianto altre lacrime per mano mia. Sentii l’ira esplodermi nel petto come un ordigno atomico, ed evidentemente l’onda d’urto dovette arrivare anche ai miei occhi, potente e fiammeggiante, perché vidi l’espressione di Edward mutare in pochi attimi.
« Bella…. » cercò di dire ritirando lentamente la mano.
« Bella? » ripetei incredula, e mentre la sua mano si allontanava lentamente, con la stessa lentezza io mi voltavo alzandomi in piedi « Bella ?! » ripetei ancora alzando la voce.
« Ti prego credimi, mi dispiace davvero tanto » indietreggiava, non mi ero nemmeno accorta che stessi muovendo qualche passo verso di lui.
« Ohh….ti dispiace….ma certo…. » inspirai profondamente in cerca di un po’ di calma, ma non ne trovai nemmeno un briciolo « Vaffanculo, Edward ! » gli gridai contro.
Lui indietreggiò ancora, stupito dalla mia reazione. Forse si aspettava che mi bevessi sul serio quelle scuse false ed insipide. Forse nella sua vita non aveva ancora incontrato nessuno disposto a passar sopra il suo magnifico aspetto e guardare realmente a ciò che faceva.
« Ma chi credi di essere? Come ti permetti di intrometterti nella mia vita e di giocare con i miei equilibri? » gridavo sempre più forte, mentre mi avvicinavo e lui si ritraeva « Ti conosco da appena un giorno e mi hai già incasinato la vita! E se non ti ho ancora messo le mani addosso è soltanto perché non so se è reato pestare un malato di mente! » presa dalla furia avevo anche iniziato a sbracciarmi come un’ossessa, incurante della sua faccia sempre più sbalordita
« Perché è questo che sei ! uno psicopatico ! tu sei uno psicopatico! Uno di quelli con le manie di persecuzione! E, anzi, sai cosa ti dico? Me ne sbatto se pestare uno come te sia reato o meno! Charlie è il capo della polizia, di certo non mi farebbe andare in gattabuia! » mi tirai su le maniche del giubbotto.
L’avrei pestato?
Oh si.
Certo che l’avrei fatto.
Non desideravo altro, mi prudevano le mani dal desiderio impellente di stampare il calco della mia mano su quelle guance pallide.
In meno di un secondo colmai la distanza tra noi, caricai il mio schiaffo e lo sferrai, pregustando già il rumore secco dell’impatto della mia mano sul suo bel visino. Inaspettatamente però quel rumore non giunse. Edward fu più rapido di me e afferrò il mio polso a pochi centimetri dalla sua faccia.
« Vuoi davvero schiaffeggiarmi, Bella?! » era incredulo eppure divertito.
« Schiaffeggiarti?! Io voglio pestarti, Cullen! Voglio vedere lo stampo rosso delle mie dita sulle tue guance esangui! Per la prima volta in vita mia voglio far sanguinare qualcuno! » con ancora la mano destra bloccata dalla sua, sferrai un pugno con la sinistra, mirando dritta al suo occhio.
Ma ancora una volta bloccò la mia mano nella sua. Che avesse studiato autodifesa? Forse da bravo psicopatico era abituato a persone che tentavano di liberarsi di lui.
« Andiamo! Vigliacco! Fatti colpire! Dammi la soddisfazione di farti un occhio nero! » Gli gridavo a tre centimetri dalla sua faccia, dimenandomi come se avessi le convulsioni, con i capelli che ormai mi coprivano completamente il volto.
Ero consapevole che in quel momento potevo sembrare uscita direttamente dal film “L’Esorcista” ma non me ne importava nulla. Ero completamente accecata dalla voglia di mettergli le mani addosso, di procurargli del dolore fisico, di lasciare un segno tangibile di violenza su quel corpo perfetto. Edward, con mio sommo stupore, iniziò a ridersela, fomentando ancora di più la mia furia
« Aaaahhh ! » gridai furiosa ed esasperata dimenandomi ancora di più, praticamente quasi non poggiavo i piedi per terra.
« Cosa diavolo sta succedendo?! » sentii urlare alle mie spalle « Tu! Toglile le mani di dosso, subito! » Charlie attraversò il cortile di corsa.
« Dammi la pistola, papà! » gridai nel momento in cui Edward mi liberò le mani dalla sua presa.
« Cosa ti ha fatto? » mi chiese allarmato Charlie mentre fulminava Edward con lo sguardo.
« Dammi quella dannata pistola, Charlie! Non l’hai mai usata, questa è la volta buona!! » feci per saltare addosso ad Edward ma lui con uno scatto iniziò a correre nel cortile, con me che lo inseguivo.
« Scappa, Cullen! Scappa! Anche se non ti servirà a nulla contro un proiettile! »
Charlie restò un attimo sbigottito a guardarci.
« Vuole fermarla, per favore?! » gli chiese Edward mentre sfuggiva alla mia presa.
« Okay, okay, adesso basta! » Charlie si precipitò fra noi bloccandomi tra le sue braccia.
« Lasciami papà! O mi dai la pistola o ti togli di mezzo! » gridavo ancora e mi dimenavo nella sua presa, senza staccare gli occhi di dosso a quella che volevo fosse la mia prima vittima per omicidio volontario.
« Bells adesso basta. Datti una calmata e dimmi cos’è successo. » Charlie sfoderò il suo tono autoritario.
Edward si avvicinò a noi, trattenendo a stento una risata.
Dovevo essergli sembrata ridicola, e questo mi faceva irritare ancora di più. Però di certo non potevo raccontare tutto a Charlie. Come gli avrei spiegato perché Jake lo odiasse tanto? Infondo nemmeno io ne capivo bene la ragione.
Inspirai a fondo e mi sforzai di togliere quell’espressione da pazza furiosa che sentivo incresparmi tutto il viso. Smisi di spingere contro le braccia di Charlie e mi raddrizzai, togliendomi i capelli dal viso e aggiustandoli dietro le orecchie. Mi schiarii la voce, alla ricerca di un tono, se non calmo, quantomeno normale, entro i limiti dei decibel consentiti.
« Niente, papà. » dissi fissando Edward, non avevo intenzione di aggiungere altro.
Charlie mi guardò stupito, per poco non gli cadde la mascella.
« Niente, Bells? E la scena apocalittica di poco fa? Non ti ho mai vista così infuriata con nessuno »
Santo cielo! Gli pareva giusto quello il momento di mettersi ad indagare nella mia vita? Non l’aveva mai fatto!...Certo, non gli avevo nemmeno mai chiesto la sua pistola per sparare ad un semi sconosciuto nel nostro cortile.
Ma una cosa era certa, non avevo davvero nessunissima intenzione di mettermi a discutere dell’accaduto con lui, così gli risposi con parte della verità, la parte che sapevo l’avrebbe messo in imbarazzo e gli avrebbe impedito di chiedere altro.
« Si, beh…ho litigato con Jake per colpa sua » lo indicai sprezzante e probabilmente con una smorfia incontrollata di disgusto.
Come previsto, Charlie arrossì leggermente.
« Oh… » si grattò la tempia con un pollice « Allora credo che possiate risolvere da soli. » fece due passi verso l’auto prima di voltarsi di nuovo verso di noi.
Il suo lato di capo della polizia evidentemente doveva avergli ricordato di impartire un paio d’ordini prima di andar via
« Tu » mi disse indicandomi con l’indice « Non minacciare più nessuno di sparargli con la mia pistola » poi volse lo stesso dito in direzione di Edward « E tu, ragazzo.. » esitò un istante, nel quale dovette probabilmente ricordarsi che non lo conosceva affatto e che per quel poco che sapeva non aveva combinato nulla di grave « ..tu fila a scuola. Tuo padre non sarà contento se salterai le lezioni»
« Si, signore » rispose subito Edward.
Poi entrambi guardarono me, come se si aspettassero anche da parte mia un cenno di assenso. Incrociai le braccia al petto e li guardai con un’espressione incredula. Davvero avevano pensato che potevo sparargli? I due non si mossero, a conferma della mia supposizione. Alzai gli occhi al cielo sbuffando
« Ridicoli » dissi a mezza voce, mentre voltavo le spalle ad entrambi e mi dirigevo a grandi passi verso casa.
Inciampai un paio di volte nel coprire quella breve distanza, e sentii Edward sghignazzare alle mie spalle. Entrai in casa e richiusi la porta sbattendola forte….in effetti non avevano pensato affatto male.


*****



« Ciao sono Jake, lasciate un messaggio. » richiusi il cellulare con uno scatto

« Nulla, Angie. Ancora la segreteria » mi lasciai cadere pesantemente sulla sedia della cucina che scricchiolò appena, con la cornetta attaccata all’orecchio per riuscire a sentire la voce di Angela che veniva sovrastata dalla partita di baseball a tutto volume.
Era domenica pomeriggio, e Jake era sparito dal venerdì mattina senza farsi più sentire. In realtà si faceva anche negare al telefono, da un Billy dai toni molto bruschi e sbrigativi. Chi sa se mi aveva giudicata male anche lui. Perfino al cellulare rispondeva sempre la segreteria, e per quanto mi riguardava quei tre giorni erano stati un inferno.
Non sapere nulla di Jake era già abbastanza frustrante, ed in più Edward non mi lasciava mai in pace, continuando a venire sotto casa mia con la sua auto. Il giorno prima l’avevo addirittura visto rimanere fermo in macchina per mezza giornata, sperando che scendessi a parlargli come mi aveva chiesto insistentemente per tutto il giorno e anche quello precedente.
« Bella io ti conosco, so quanto ti sia costato fino ad oggi lasciargli il suo spazio. Ed hai fatto benissimo. Però credo che adesso possa bastare. » la voce di Angie mi sembrò lievemente spazientita, e me la immaginai intenta ad aggiustare le ultime fotografie scattate in un bell’album dai toni del marrone, come sempre quando era infastidita. « Insomma, ti ha soltanto riaccompagnata a casa! » sbuffò sonoramente e lo feci anche io di rimando.
Per qualche minuto restammo entrambe in silenzio, mentre in me cresceva l’impulso di prendere le chiavi dello Chevy e guidare fino alla riserva. Angela interruppe lo scenario che andava formandosi nella mia mente
« Bella, so cosa stai pensando e sai cosa ti dico? »
« No, dimmi. »
« Salta su quel vecchio rottame che ti ostini a chiamare auto e và da lui. »
« Dici che posso? » mi passai nervosamente una mano tra i capelli.
« Certo che puoi! Sono tre giorni che si dà alla macchia. E se necessita fagli anche una sonora tirata d’orecchie »
« Grazie, Angie »
« Figurati, Bells! Quando torni chiamami. »
« Certo» feci per riagganciare poi aggiunsi «Ah, Angela? »
« Dimmi »
« Il mio pickup non è un rottame! ».



Era quasi il tramonto ed io riuscivo ad intravedere la casa rossa di Jacob fare capolino tra un albero e l’altro. Per tutto il tragitto non avevo fatto altro che pensare a cosa gli avrei detto e a come lo avrei fatto, ma a pochi metri da casa sua ancora non avevo idea di cosa fare.
Parcheggiai lo Chevy e mentre spegnevo il motore vidi dallo specchietto retrovisore la porta di casa aprirsi. Quello era l’unico difetto che riuscivo a trovare al mio pickup: annunciava il mio arrivo sempre e comunque. Scesi dall’abitacolo e quando feci il giro del mio ingombrante mezzo di trasporto color ruggine mi bloccai.
Sam Uley si stagliava in tutta la sua imponenza sotto l’uscio di casa Black, mentre si richiudeva la porta alle spalle. Mi si strinse lo stomaco quando incrociai il suo sguardo. Camminava verso di me con l’espressione più dura che mi avesse mai riservato. In quel momento la smorfia di ostilità che gli corrugava il viso lo fece apparire ancora più scuro e minaccioso del solito. Fece gli ultimi passi con i pugni stretti lungo i fianchi e si fermò a due metri di distanza.
In altre circostanze, con chiunque altro, mi sarei sentita rassicurata da quella distanza di sicurezza. Ma con Sam tutto sembrava diverso, perfino quel gesto. Quei due metri con lui non apparivano come una gentile concessione del mio spazio privato, tutt’altro, mandavano un chiaro avvertimento. Quella era una distanza che indicava minaccia. Una separazione voluta appositamente per farmi notare che si sforzava di controllarsi, che in quel momento ero in pericolo, e che era meglio che mi impegnassi a mantenerla tale se non volevo provocarlo ed essere aggredita.
« Cosa ci fai qui? » mi chiese diretto, e contrariamente alla sua espressione, il suo tono era calmo.
« Sono venuta a parlare con Jake. E comunque non penso siano affari tuoi. » la mia risposta brusca parve scivolargli addosso come se lo avessi salutato nel più cordiale dei modi.
« Jacob non c’è, e anche se ci fosse stato non ha intenzione di parlarti. Ti consiglio di tornartene a casa e ritornare qui solo quando sarai stata invitata. » voltò il busto per andarsene
« Ehi aspetta! » gli dissi dietro, ma lui si fermò soltanto quando sentì che mossi un passo. Si voltò di scatto, come per ricordarmi che mi conveniva lasciare intatta la distanza fra noi, ed io mi fermai « Dimmi dov’è Jacob »
« Non hai sentito? Jacob non vuole vederti. »
« Beh che me lo dicesse in faccia allora. E sinceramente non capisco perché sia tu a fargli da portavoce » esitai un momento prima di continuare « Proprio tu che ci hai sempre odiati. »
Sul volto di Sam comparve un ghigno divertito e accorciò di qualche passo la distanza che ci separava.
« Io non vi ho mai odiati. Specialmente Jacob. Ed è proprio per questo che sono qui. Per aiutarlo e per proteggerlo. »
« Proteggerlo da me? » scoppiai in una risata incredula « ma se è sempre stato il contrario! »
« Bene, da oggi non più » disse a denti stretti « Jacob è partito, e non ti cercherà nemmeno al suo ritorno, fattene una ragione. »
Non capivo, ma cosa stava succedendo? Jake era partito? Quando? Per dove? E perché Sam si ergeva a suo protettore? Ma soprattutto, potevo credergli? Nessuno mi assicurava che non mi stesse semplicemente raccontando un mucchio di stupidaggini.
« Partito?! E chi mi dice che non mi stai soltanto riempiendo di bugie? »
Sam sospirò forte, ma mi sembrò che lo avesse fatto soltanto per me, soltanto per farmi credere che stesse perdendo la pazienza. Annullò la distanza fra noi in tre lunghi passi. Mi guardava dall’alto e io riuscivo a sentire il calore che emanava il suo corpo teso quasi a contatto con il mio.
« Ascoltami bene Isabella, perché non lo ripeterò due volte. » il suo tono era improvvisamente duro e severo, gridava pericolo e minaccia
« Jacob. non. vuole. più. vederti. » scandì così lentamente da sembrare a rallentatore « E non me ne frega niente se non mi credi. Fa quello che ti pare. Ma sappi che se tornerai ancora qui, se lo cercherai ancora senza che lui ti abbia chiamata, troverai sempre e solo me ad attenderti. E non sarò più così gentile. » strinse i pugni in una morsa ancor più stretta quando capì dalla mia espressione che non sarebbero state di certo le sue minacce a fermarmi.
Lui non era nessuno per impedirmi di cercare il mio ragazzo. Ma allora non conoscevo bene Sam, non immaginavo il colpo che stava per infliggermi per proteggere Jacob a modo suo
« Tu lo hai ferito, Bella. Profondamente. Si fidava di te. Tu eri l’unica cosa che lo teneva ancora legato alla sua umanit… » si morse la lingua e si corresse « alla sua infanzia. Eri l’unica capace di ferirlo e lo hai fatto. Non sottovalutare il tuo gesto, per lui è stato come una coltellata. E peggio ancora è stato scoprire che glielo hai tenuto nascosto, è stato come girare con cattiveria la lama già affondata nella sua carne. Me lo ha detto, Bella. Si è confidato con me. E’ cambiato tutto adesso. Non si fida più di te e tutto quello che ti chiede è di lasciarlo in pace, di smetterla di torturarlo aggiungendo sale alle sue ferite. Ogni volta che sentiva che lo cercavi, che lo chiamavi, ogni volta che sentiva la tua voce per lui era un pugno dritto allo stomaco. Per questo è partito. Per non doverti più sentire in nessun modo, per non permetterti di farlo soffrire ancora. »
Per un momento mi parve che volesse continuare, ma la mia espressione dovette convincerlo che bastava così. Mi sentivo stritolare il cuore dalle sue parole, e singhiozzavo silenziosamente senza nemmeno accorgermene. Sam aveva ragione, era stata tutta colpa mia. Avevo rovinato tutto e non immaginavo nemmeno quanto dolore potevo aver causato a Jacob fino a quel momento. Sentire tutta la sofferenza che gli avevo fatto patire mi fece mancare l’aria. Volevo tanto poter rimediare, non potevo accettare che dovesse finire tutto così. Non potevo lasciare che la nostra storia si distruggesse senza nemmeno lottare.
« Ma io… » tentai di dire tra i singhiozzi, e Sam parve capire anche senza che finissi.
« Se tu l’hai mai amato Bella, devi farti da parte. Non c’è più niente che tu possa fare, quindi se mai hai provato qualcosa per lui, vattene. Vattene adesso e non tornare più. Lascialo libero di curarsi le ferite che gli hai procurato, smettila di farlo soffrire, smettila di torturarlo. » alzai gli occhi nei suoi e quel contatto con ciò che aggiunse subito dopo, fu fatale per il mio cuore « Non se lo merita, Bella. Jacob non merita tutto questo. »
Iniziò a piovere. I singhiozzi silenziosi di poco prima lasciarono il posto a un pianto sofferto che mi scuoteva tutta da capo a piedi. Ecco dove mi aveva portata il mio egoismo, ecco dove mi aveva portata la mia meschinità : avevo ferito Jacob in tanti modi diversi, ogni volta più in profondità della precedente. E lui non meritava davvero tutto il dolore che gli avevo inflitto, non Jacob, non il mio Jake. Anche solo l’idea di avergli fatto tanto del male bastava a farmi odiare tutto di me stessa. Era soltanto colpa mia se lui aveva dovuto lasciare perfino suo padre, per fuggire via dalle torture che gli procuravo. E ancora una volta, avevo pensato soltanto a me stessa, senza curarmi di ciò che stesse succedendo a lui. Credevo davvero che il tempestarlo di telefonate avrebbe potuto aiutarci in qualche modo? Non mi era passato nemmeno per l’anticamera del cervello che forse anche il solo sentire la mia voce poteva fargli male. A malincuore dovetti dare ragione a Sam, se fino a quel momento avevo sbagliato tutto, ora potevo davvero fare qualcosa di buono. Dovevo smettere di cercarlo, smettere di torturarlo. Sperai almeno che avesse mantenuto qualche contatto con Billy o con Sam stesso.
« Io.. » cercai di parlare ma un singhiozzo ancora più forte mi soffocò le parole in gola.
Abbassai lo sguardo sulle mie scarpe ormai fradice e sentii una mano rovente posarsi sulla mia spalla. Per un attimo il mio cervello sperò inconsciamente che quel contatto tanto familiare appartenesse a Jacob.
« Mi dispiace così tanto! » quasi gridai tra i singhiozzi ormai soffocanti e poggiai la fronte al petto nudo di Sam.
Era incredibile che mi stessi aggrappando all’unica persona che pensavo di odiare in assoluto. Eppure in quel momento il suo calore scottante sotto la pioggia era troppo confortante per rinunciarvi, troppo familiare per non rifugiarmici. E inoltre sapevo bene che non era con lui che dovevo sentirmi arrabbiata. Sapevo per certo che quella maschera dura di ostilità che aveva indossato prima era soltanto per proteggere Jacob. Lo sentivo. E per questo lo apprezzai.
Apprezzai anche il dolore lancinante che le sue parole mi avevano provocato, perché erano servite nel suo scopo: non avrei più inflitto altro dolore al mio sole personale. Il mio amato sole che in quel momento non sapevo nemmeno dove fosse o con chi, in balia di chissà quali tormenti interiori, con il cuore rotto in mille pezzettini ancora più piccoli di quelli che ormai erano i resti del mio.
Mi distaccai dall’ampio torace di Sam e indietreggiai di un passo, prima di andarmene dovevo almeno tentare di lasciargli un messaggio, che sapevo che forse non gli sarebbe mai arrivato, ma era il minimo che potessi fare in quel momento.
« Ti prego, digli che mi dispiace tanto. Che è stata tutta colpa mia, che sono un mostro! Che avrei dovuto lasciarlo libero di vivere la sua vita molto prima, ma non ci sono mai riuscita per puro egoismo e… » mi morsi le labbra maledicendomi per non riuscire a trovare parole migliori, tutto questo lui lo sapeva già. C’era soltanto una cosa che non sapeva, che non aveva avuto il tempo di conoscere « …e che era e rimarrà sempre tutta la mia anima. Avrà per sempre il mio cuore e resterà per sempre il mio Jacob. Anche se non sarò mai abbastanza per lui. » Sospirai afflitta e addolorata
« Se solo avessimo avuto un po’ più di tempo…io avrei potuto rimediare. A tutto. E renderci felici. Insieme. » alzai per l’ultima volta lo sguardo negli occhi di Sam, avevo bisogno che mi credesse, e che capisse cosa intendevo dire « Rendere felice lui. Nel modo in cui aveva sempre sperato. »
Sentii una nuova ondata di dolore in arrivo, così mi voltai e salii a bordo dello Chevy, senza più guardarmi indietro. Non diedi nemmeno un ultimo sguardo alla casa rossa che si allontanava alle mie spalle, ero certa di non poter reggere alla vista della mia anima che rimaneva lì.




Pov Jacob


Non sentivo niente.
Miracolosamente.
Non avevo idea di quali santi ringraziare per quella breve tregua. Dopo tre lunghi, infiniti, orribili giorni, immerso in una febbre che mi bruciava perfino il cervello, e quando non ardevo, esplodevo in un corpo che non riconoscevo, quel momento mi parve davvero miracoloso.
Riuscivo perfino a rimanere in uno stato di dormiveglia così umano che mi sorprese. Se non fosse stato per il bagno di sudore in cui ero immerso, e di cui era impregnato ogni millimetro del letto…beh, avrei quasi potuto pensare che fosse stato tutto un terribile incubo.
Sé…..magari! ti piacerebbe, ragazzo!
Dannazione. Certo che mi sarebbe piaciuto!
Mi sarebbe piaciuto da morire scoprire che era stato soltanto un incubo tutto il dolore che si può provare quando il tuo corpo sembra avvolto dalle fiamme. Oppure scoprire che era sempre per lo stesso, meschino, incubo che quando il fuoco raggiungeva l’apice del suo bruciante dolore il tuo corpo esplodeva in quello di un animale…..un animale! Dio santo!
Mi sarebbe piaciuto eccome avere a che fare con un incubo, invece di pensare di essere impazzito! Perché è stata questa la prima cosa che ho pensato. Credevo di essere completamente uscito di testa. Insomma, un conto è ascoltare delle antiche leggende sulla discendenza del proprio popolo, e un altro è trovarsi immersi in un dolore bruciante che ti porta a ritrovarti nel corpo di un lupo.
Sant’iddio credetemi, se quello non è frutto della tua pazzia…allora pazzo ci diventi comunque, nello stesso istante in cui ti ritrovi su quattro zampe e ricoperto di pelliccia!
Emisi un grugnito infastidito a quei pensieri che stavano lentamente portandomi fuori da quel bellissimo stato di dormiveglia e mi voltai su di un fianco, con la faccia al muro poco sotto la finestra della mia stanza. Era incredibile come mi sentissi bene quella sera. Non bene nel senso che fossi sereno o felice…bene nel senso strettamente collegato all’assenza di dolore.
Tsè… “felice”…..femminuccia!
Stesi una gamba infastidito e sentii un crack. Non ebbi bisogno di sollevare la testa per vedere cosa fosse successo, lo sapevo già. Avevo appena rotto l’ultimo pezzo di pediera in legno del mio letto che era rimasto.
Ormai Billy aveva anche smesso di ricordarmi che quello era l’unico letto che avevo e che non aveva intenzione di cambiarlo. Merda, fra poco non ci sarei entrato per intero nemmeno in diagonale!
Sbuffai afflitto. In un altro contesto sarei stato orgoglioso di una tale prestanza fisica, ma sapere a cosa fosse dovuto il mio dimostrare qualche anno in più mi faceva salire l’amaro in bocca.
Felice” ripensai…no, non sarei mai più stato felice nella mia vita.
Non si può essere felici se si è dei mostri, se si è uno scherzo della natura degno del peggior film horror! Non si può essere felici se non si è nemmeno in grado di stare accanto ad una persona qualsiasi sperando di non perdere la pazienza e di non trasformarsi in un animale in grado di ucciderla anche solo con una spinta!
Strinsi il lenzuolo in un pugno, ormai sveglio, e lo sentii strapparsi sotto le mie dita come se fosse zucchero filato. Un ringhio basso e cupo mi nacque spontaneo dal petto.
Mi odiavo. Odiavo ciò che ero, più precisamente odiavo non essere più quello di prima. Odiavo sapere di non essere più la persona che tutti conoscevano…che Lei conosceva.
Iniziarono a tremarmi leggermente le mani a quel pensiero. Cercavo di evitare quanto più possibile tutto quanto riguardasse Lei proprio per questo motivo. Istantaneamente montava in me una rabbia che non ero ancora capace di controllare e in un batter d’occhio mi ritrovavo nei panni di un lupo inarrestabile e furioso. Era ancora impensabile per me ricordare di noi.
Quell’ira che esplodeva incontrollabile nasceva dallo stesso odio che provavo verso me stesso. Nasceva dalla consapevolezza che mai più avrei potuto starle accanto come prima, che mai più avrebbe saputo qualsiasi cosa di me, che forse…Lei non mi avrebbe voluto mai più.
Sam stava cercando in tutti i modi di farmi capire che almeno un piccolo risvolto positivo di tutta questa maledizione c’era : ora sapevo che le leggende sui “freddi” non erano più solo leggende, ma pura verità, e grazie alla mia nuova forma avrei potuto vegliare e proteggere chiunque amassi….compresa Lei.
Ma a me non bastava! Non mi sarebbe mai bastato poterla soltanto proteggere.
Lei era mia.
Lo era sempre stata e fino a qualche giorno prima avrei scommesso la testa che sarei stato capace di tenerla al mio fianco per sempre. Ed ora invece? Ora ero diventato un mostro.
Un essere mutante che non è nemmeno padrone del suo corpo. Perché quando il tremore iniziava, quando il calore arrivava e mi ardeva dentro in un lampo, io non ero capace di controllare me stesso. Non ero in grado di arrestare quell’iniziale formicolio che mi pizzicava tutto il corpo, dalle dita dei piedi alla cute del cranio, che pochissimi istanti dopo diveniva dolore bruciante esplodendo alla fine nella forma di lupo.
Dovevo ammettere che più volte mi succedeva di trasformarmi, meno durava la sofferenza. In poche parole, ad ogni trasformazione gli stadi di transizione tra una forma e l’altra mi facevano sempre meno male. L’ultimo paio di trasformazioni, ad esempio, avevo sentito sì ardermi in ogni cellula ma il dolore era quasi del tutto sparito.
Un pizzicore alla spalla destra mi distolse da quei pensieri. Mi grattai con il pollice sinistro il punto in cui ora faceva bella mostra di sè il tatuaggio della mia tribù.
Che presa per il culo!
Era davvero una presa per il culo quella lì! Come se servisse anche un marchio per indicare la nostra diversità. La nostra appartenenza al “branco”.
Come se non si notasse già abbastanza quanto eravamo diversi. Ognuno di noi mostrava fisicamente almeno otto o dieci anni più del dovuto e avrei potuto dire che io ero l’emblema vivente di quanto si potesse cambiare una volta entrati nel branco. Per un secondo immaginai di guardarmi in quel momento con gli occhi di un’altra persona. Cosa avrebbe visto?
Un ragazzo enorme, forse di 24 anni, con un tatuaggio tribale alla spalla destra, un taglio di capelli corto decisamente rozzo e povero, e con indosso soltanto dei calzoncini di felpa grigia lunghi fino al ginocchio.
Chi era quel ragazzo?
Chi diavolo era??
Di certo non io….di certo non l’io che ero fino a qualche giorno prima! Al Jacob Black che conoscevo io non sarebbe passato nemmeno per la testa di tagliarsi i capelli o di farsi un tatuaggio, così come non sarebbe mai andato in giro mezzo nudo per i boschi della riserva!
Ma ormai ero costretto ad accettare tutto questo, ero costretto ad essere tutto questo.
Dovevo portare i capelli corti, per i problemi che mi causava il pelo troppo lungo dopo la trasformazione.
Dovevo andarmene in giro semi nudo a rischio di passare per il pervertito esibizionista di turno per una questione di praticità, di esigenza, per cercare di disintegrare quanti meno vestiti possibile nel passaggio da una forma all’altra.
Dovevo essere un membro del branco, e questo non sarebbe mai cambiato.
Improvvisamente sentii un rombo ed uno scoppiettio familiari…troppo familiari.
« Ma porca…. » saltai a sedere nel bel mezzo del letto, rompendo una doga.
Non era possibile, non poteva essere lì. Non così vicino, non così all’improvviso.
Non mi ero preparato ad una cosa simile. Non potevo incontrarla! Non adesso! Non ora che non sapevo nemmeno cosa fosse l’autocontrollo!
Istintivamente saltai fuori dalla finestra con un balzo, dovevo andare via di lì al più presto. Non avevo nemmeno fatto tre passi di corsa quando sentii la sua voce.
« Sono venuta a parlare con Jake. E comunque non penso siano affari tuoi. »
La mia Bella…
Quella era la tua Bella, illuso!
Già, era vero, ma non m’importava. O almeno non era abbastanza.
Non era abbastanza sapere che non era più la mia Bella, perché la sua voce fu al contempo aceto e balsamo per le mie ferite profonde. Sapevo benissimo di dover andar via, di fuggire il più lontano possibile da lei e dal mostro che era in me. Ma non ci riuscivo. I miei piedi, le mie gambe, tutto il mio corpo si rifiutava di compiere un altro passo in avanti….ma non indietro.
Lentamente, e del tutto istintivamente, ripercorsi all’indietro i pochi passi fatti, senza voltarmi, fermandomi solo quando sentii la parete in legno di casa mia toccarmi la schiena.
Ti sei bevuto il cervello, ragazzo?! Solo un’idiota rischierebbe tanto! Corri! Allontanati da qui!
Come se fosse possibile!
Come se riuscissi sul serio a muovermi di lì e a non ascoltare più la sua voce! Era già lo sforzo più grande di tutta la mia vita non voltarmi per guardarla oltre la parete di legno rosso! Per un po’ restai lì ad ascoltare senza capire cosa stesse dicendo a Sam. Mi beavo semplicemente del suono della sua voce, riempiendomi completamente di quel dolce suono, facendomi invadere fin nel profondo del cervello e del mio povero cuore.
« Mi dispiace così tanto! » quasi urlò soffocata dai singhiozzi.
Mi sentii letteralmente pugnalare in pieno petto da quelle parole, da quel pianto. Anche se non avevo ascoltato nulla prima di quelle semplici parole, sapevo con sicurezza ciò che stava accadendo.
Sam mi aveva avvertito : se davvero intendevo tornare da lei un giorno, avrei dovuto aspettare di possedere l’autocontrollo migliore di tutta la storia del branco affinchè non scoprisse mai il nostro segreto. Ma se prima di allora lei mi avesse cercato…sarebbe stato compito suo allontanarla.
Ed io avevo capito da subito che non avrebbero avuto spazio modi gentili o parole confortevoli, ma avevo accettato comunque.
In quel momento però, sentire la sua voce sommersa dai singhiozzi, mi strappò l’ultimo pezzo di anima che mi era rimasto attaccato addosso per sbaglio.
Cosa le stavo facendo? Perché l’amore della mia vita doveva subire tutto questo? Iniziai a tremare forte sotto la fredda pioggia battente, che creava un piccolissimo alone di vapore intorno a tutto il mio corpo rovente, e capii che non mi restava ancora molto tempo.
Così cercai di concentrarmi, di combattere contro la furia e il rogo che crescevano dentro di me, per ascoltarla ancora un po’, ancora per qualche secondo, ne avevo un disperato bisogno. Deglutii forte, spingendo via quel nodo che mi stringeva la gola sempre più forte.
Non vorrai piangere, spero!
Io volevo soltanto sentirla ancora.
« Ti prego, digli che mi dispiace tanto. Che è stata tutta colpa mia, che sono un mostro! Che avrei dovuto lasciarlo libero di vivere la sua vita molto prima, ma non ci sono mai riuscita per puro egoismo e… » si interruppe ed io annaspai.
Annaspai in cerca d’aria, mentre i contorni delle mie mani mi apparivano già sfocati dal tremore.
Ma non vedi, amore?! Sono io! Sono io il Mostro!
« …e che era e rimarrà sempre tutta la mia anima. Avrà per sempre il mio cuore e resterà per sempre il mio Jacob. Anche se non sarò mai abbastanza per lui. »
Oh Dio, anima mia! Tu! Tu! Tu! Sei TU la mia anima, non il contrario! E io non sono più il tuo Jacob…non lo sarò mai più.
Una fitta al cuore mi tolse completamente il respiro. Come poteva anche solo pensare di non essere abbastanza per me? Lei era perfetta! Assolutamente perfetta.
« Se solo avessimo avuto un po’ più di tempo…io avrei potuto rimediare. A tutto. E renderci felici. Insieme. »
Fece un’ultima breve pausa, mentre il nodo alla mia gola si stringeva, e il mio corpo esplose in quello di un lupo in meno di qualche secondo. Non ce la facevo! Non potevo più trattenermi! Con un balzo scattai in avanti ed iniziai a correre, a fuggire via lontano dal dolore che le stavo procurando ancora una volta, ma alle mie orecchie giunsero le sue ultime parole, che scandirono il ritmo della mia corsa furente e straziante
« Rendere felice lui. Nel modo in cui aveva sempre sperato. »
Il dolore ormai mi dilaniava in ogni molecola del mio essere, bloccai la mia corsa in un unico movimento, scivolando sul tappeto di foglie, slittando con le zampe posteriori per la brusca frenata, gettai il capo all’indietro e guidato da una forza più grande di me ululai.
Ululai forte, come mai avevo fatto prima, tanto da spaccarmi il petto, tanto che credetti fosse sangue quel leggero rivolo caldo che sentivo scorrermi lungo il muso, prima di riaprire gli occhi, e vedere soltanto lacrime.




Angolo autrice : PER FAVORE recensite !!
   
 
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