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Autore: Glance    07/12/2010    5 recensioni
Sei mesi, la conoscevo da soli sei mesi. Eppure potevo dire di esistere veramente solo da quando il battito del suo cuore scandiva ogni momento che passavo con lei. Sei mesi e oggi sarebbe stata la ricorrenza della sua nascita, il suo compleanno. Il fatto che fosse nata era qualcosa per cui festeggiare, qualcosa che bastava a giustificare la creazione dell’intero mondo.(Quello che di Edward non é stato scritto in NEW MOON)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
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Restò in silenzio.
Il silenzio tra di noi era sempre qualcosa che mi stupiva e mi faceva sentire più simile a lei.
-C'è qualcun altro che verrà a cercarmi.- Disse in un sussurro e sentii pungente il senso di colpa. Ormai per me era la normalità sentirmi in colpa nei suoi confronti per la maggior parte del tempo. C'era sempre qualcosa che dicevo o facevo per la quale dovermi scusare o farmi perdonare. L'averla esposta con James e permesso che fosse diventata l'ossessione di Victoria o aver fatto si che i Volturi venissero a conoscenza del fatto che un'umana frequentasse una famiglia di vampiri e, cosa inammissibile, aver dovuto promettere di farla diventare una di noi. Non lo avrei mai fatto, avrei preso tempo in qualche modo. Non era così difficile depistare la stirpe reale. La loro percezione del trascorrere del tempo era del tutto diversa da quella che potevo avere io o Bella. Ma a sentirla parlare con quel filo di voce nel pronunciare quelle parole non mi permise di trattenere un sospiro rassegnato. Non poteva vedere il fatto di dover essere trasformata in qualcosa di mostruoso e inumano come un problema secondario. Il secondo in ordine d'importanza. Era vero che anche per me la priorità in quel momento era Vittoria, ma per lei entrambe le situazioni dovevano essere pericolose.
-I volturi sono soltanto secondi?- Dissi rassegnato.
-Non mi sembri così sconvolto.- Lo ero sconvolto, ma consideravo il fatto che con loro avevo molto più tempo per pianificare una soluzione che con Vittoria che, invece, si aggirava indisturbata nei dintorni.
-Be', abbiamo un sacco di tempo per pensarci.- Risposi.- La loro percezione del tempo è molto particolare, diversissima dalla tua, e anche dalla mia. Un loro anno pesa quanto un tuo giorno. Non mi sorprenderei che si facessero vivi per il tuo trentesimo compleanno.- Risposi ironico. Scherzavo, cercavo di alleggerire la tensione e l'ansia, ma vidi la sua espressione terrorizzata come quando eravamo al loro cospetto. Rimasi spiazzato.- Non devi avere paura.-Dissi in ansia mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime. Aveva paura, come poteva non averne e la capivo, ma volevo fosse chiaro per lei che non avrei mai permesso a niente e a nessuno di metterla in pericolo o farla diventare qualcosa di diverso da ciò che era.- Non permetterei che ti facciano del male.- Allungai una mano e sfiorandole il viso cercai di arginare le lacrime che le rigavano le guance.
-Finché ci sei.- Ci sarei sempre stato, sempre. Non l'avrei lasciata mai più e doveva rendersi conto di questo. Era la verità, l'unica. La guardai negli occhi prendendole il viso tra le mani attirandola a me cercando il suo sguardo scuro. La fissai intensamente. Avrei voluto prestarle le mie capacità per permettergli di leggere i miei pensieri.
-Non ti lascerò mai più.- Mi guardò tenendo i suoi occhi fissi nei miei come se annegasse in me. Sospirò mentre le lacrime cominciarono a scorrere più copiose.
-Ma hai detto trentesimo.- Disse con un filo di voce.- Perciò...vuoi restare e lasciare che io invecchi? Va bene.- A quelle parole mi irrigidii. Ma i miei occhi non smisero di rimanere immersi nei suoi.
-Proprio così. Quali alternative ho? Non posso fare a meno di te, ma non distruggerò la tua anima.- Si sciolse dalla mia presa e sfuggì dal mio sguardo e una fitta sorda di dolore mi lambì il petto. Non sopportavo neanche quei brevi momenti di distacco tra di noi, non riuscivo a fare a meno dei suoi occhi dove specchiarmi perché ogni volta che mi rimandavano la mia immagine mi vedevo diverso da ciò che ero. Mi vedevo come lei mi vedeva. Era in collera lo sapevo, ma ero pronto ad affrontare le sue recriminazioni sicuro che qualsiasi argomento avesse portato a suo favore non mi sarei lasciato convincere. Quello che voleva era ciò da cui io cercavo di fuggire da sempre. Non l'avrei condannata all'oscurità. Lei era luce, la mia luce personale, la sua anima il mio sole e avrebbe continuato a brillare, non vi avrei mai posto fine. Avrei fatto tutto per lei, anche andare via se un giorno me lo avesse chiesto. Tranne questo; farla diventare come me.
-Ma sei davvero...- Disse spazientita.
-Si?- Chiesi in attesa della domanda che sicuramente sarebbe arrivata.
-E quando sarò troppo vecchia che tutti mi scambieranno per tua madre? O tua nonna?- Sentivo l'amarezza nella sua voce, ma niente mi avrebbe convinto. Odiavo vederla piangere, ma questa volta avrebbe pianto e non mi sarei sentito in colpa. Questa volta non mi sarei dovuto rimproverare nulla. Ciò che voleva era improponibile. Non capiva le conseguenze di ciò che chiedeva. Al contrario io le conoscevo benissimo. Certo per me sarebbe stato facile averla accanto uguale a me, ma sarebbe stato il gesto più egoista e sconsiderato a cui avrei mai potuto cedere. Mi rilassai. Sapevo che anche se avesse protestato o pianto all'infinito non avrei ceduto. Per me non aveva importanza il suo aspetto, io l'avrei vista sempre per come era in quel momento, splendente e bellissima. Asciugai con le labbra quelle lacrime.
-Per me non significa nulla.- Le dissi con tenerezza.- Ai miei occhi resterai la cosa più bella di tutte. Ovviamente...- Non potevo non prendere in considerazione il fatto che crescendo avrebbe magari voluto di più e qualcosa di diverso per se. Quel pensiero al solo sfiorare la mia mente mi gettava nella disperazione, ma avrei assecondato qualsiasi suo desiderio. Se non mi avesse voluto più accanto crescendo, se avesse avuto bisogno di qualcos'altro sarei andato via.- Se tu diventassi troppo grande, se tu desiderassi qualcosa di più... lo capirei, Bella. Prometto che non ti sarò mai di intralcio se deciderai di lasciarmi.- La guardai cercando di farle capire che non parlavo con leggerezza, ciò che dicevo era frutto di una lunga meditazione.
-Ti rendi conto che un giorno o l'altro morirò, vero?- Chiese. Era ovvio che ci avevo pensato. L'avrei seguita.
-Ti seguirò appena possibile.- La vidi sobbalzare contrariata.
-Questa è davvero...- era seccata, mentre cercava le parole per ribattere a quella mia affermazione.- ...un'assurdità.- Era testarda non si sarebbe arresa, ma neanche io.
-Bella, è l'unica via che mi è rimasta...- La guardai deciso.
-Facciamo un piccolo passo indietro.- Disse.- Ricordi i Volturi, vero? Non resterò umana per sempre. Mi uccideranno. Anche se non dovessero più pensare a me fino al mio trentesimo compleanno.- La sua voce aveva assunto la tonalità di un sibilo.- Pensi davvero che possano dimenticare.- La guardai e lentamente feci cenno di no.
-Non dimenticheranno. Però...- Sorrisi di fronte alla sua preoccupazione.
-Però?- Aggiunse irritata.
-Ho un piano.- Mi guardò scettica.
-E questo piano, parte dal presupposto che resterò umana.- Disse sarcastica, e sapevo che non avrebbe indietreggiato di un passo. Questa certezza mi fece irrigidire. Quando Bella si metteva in mente qualcosa era difficile spuntarla.
-Naturalmente.- Risposi brusco e questa volta non feci nulla per non farle arrivare il mio disappunto. E per quello che mi sembrò un minuto interminabile restammo a guardarci in cagnesco. Poi riprese fiato si tolse da dosso le mie braccia e si mise a sedere.
-Vuoi che me ne vada?- Le domandai con un moto di sofferenza nella voce. Non potevo pensare di allontanarmi da lei specialmente quella sera, la prima che ci vedeva insieme dopo essere stati separati tanto tempo. E sentii il suo cuore inciampare.
-No.- Rispose, ma non feci in tempo a rilassarmi che aggiunse determinata,- sono io che me ne vado.- La vidi scivolare nell'oscurità ed avanzare a tentoni cercando qualcosa.
-E potrei sapere dove?- Chiesi tentando di capire cosa stesse cercando.
-A casa tua.- Rispose tastando il pavimento. Mi alzai e la raggiunsi porgendole le scarpe che avevo capito stava inutilmente cercando di trovare al buio.
-Eccoti le scarpe. Come pensi di andarci?- Era ostinata come nessuno.
-Con il pick-up.- Rispose con noncuranza.
-Finirai per svegliare Charlie.- provai a ribattere per scoraggiarla, ma fu inutile ed in fondo lo sapevo.
-Lo so. Ma, sinceramente, dopo quel che ho combinato mi terrà sotto chiave per settimane. In quali altri guai posso cacciarmi?- In quali altri guai, domandava. Lei non ne aveva neanche idea in quali guai l'avrebbe potuta mettere quella richiesta assurda quanto improponibile per me. E poi se fosse uscita e suo padre se ne fosse accorto avrebbe ritenuto me responsabile di un ennesimo colpo di testa, non lei.
-Nessuno.- Risposi con rassegnazione, tanto capii, era inutile cercare di farle comprendere il mio punto di vista.- Ma darà la colpa a me, non a te.- Alzò le spalle.
-Se hai un'idea migliore, sono tutta orecchi.- Attesi un attimo prima di parlare.
-Resta qui.- Proposi senza speranza di essere preso in considerazione.
-Nemmeno per idea. Se vuoi, precedimi, fa come se fossi a casa tua.- Continuava a mantenere un tono sarcastico mentre si avvicinava alla porta. La precedetti sbarrandole la strada e la vidi puntare verso la finestra.
-Va bene,- sospirai- ti do un passaggio.- La osservai stringersi nelle spalle.
-Fa come credi, ma ti consiglio di essere presente.- La sua mente muta mi aveva sempre affascinato, ma in quel momento me ne sentivo irritato e frustrato. Non capivo dove volesse arrivare.
-E perché mai?- Chiesi sospettoso.
-Perché sei straordinariamente testardo e sono sicura che ti sentirai in dovere di esporre la tua opinione.- Lei dava a me del testardo, non riuscivo a crederci anche se la trovavo bellissima mentre determinata a non cedere mi teneva testa tenendomi in scacco.
-A proposito di cosa?- Chiesi a denti stretti.
-La questione non riguarda più soltanto te. Sai non sei il centro dell'universo. Se la tua stupida ostinazione a non volermi trasformare finirà per metterci contro i Volturi, è giusto che a decidere sia la tua famiglia al completo.- Lei era il centro del mio universo e anche se avrei assecondato quell'uscita continuavo a non avere chiaro cosa c'entrasse la mia famiglia in tutto questo.
-A decidere cosa?- Scandii le parole una a una.
-Della mia mortalità. Voglio metterla ai voti.- Tutto quello non mi rendeva certo felice, ma l'assecondai ugualmente. La mia famiglia si poteva esprimere come meglio credeva, ma l'ultima parola sarebbe spettata a me ed io non avrei mai accettato che lei entrasse a far parte del mio mondo.







Salve a tutti coloro che hanno seguito questa storia commentandola o solo leggendola, preferendola o ricordandola.
Mi scuso per essere mancata per così tanto, ma come già mi è capitato di dire l'avevo conclusa da tempo, ma un inconveniente con il pc mi ha fatto perdere ciò che avevo scritto e riprendere è stata dura. Ci sto riprovando a ricreare la medesima atmosfera anche se non mi soddisfa come i capitoli persi. Questo è il primo di quelli riscritti. Spero vi possa piacere e che questa storia ormai giunta alle sue battute finali vi appassioni come all'inizio. Avevo anche pensato di non finirla, ma ormai ero giunta fin qui e ho deciso che comunque ne valesse la pena terminarla anche se il risultato non sarebbe stato altrettanto bello ed intenso come i capitoli persi.
Vogliate, se vi va ancora, ricominciare la lettura da questo punto. Anche se corto, spero, dopo tanto tempo vi soddisfi almeno un po'.
Buona lettura. Un saluto.
Glance.
  
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