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Autore: psychoKath    08/12/2010    0 recensioni
«“Mi chiamo Ashley Greenwitch, ho quasi 18 anni e non vedo l’ora di compierli, per poter sparire da questo posto. Molti vorrebbero essere al mio posto perché pensano che vivi in una casa perfetta, con la famiglia che tutti desiderano, ricca famosa e dove tutti si amano. Beh, grandi cazzate. La mia casa è un inferno, la mia famiglia fa schifo. Mi odiano eppure mi costringono a stare qui. Come se si divertissero a vedermi soffrire. E blablabla. Mmm, magari dirò questo al gran galà della settimana. Potrebbe darsi..” dissi guardando fuori dalla finestra.
La mia famiglia è una delle più prestigiose e antiche di Londra, e per di più una delle più amate dalla nostra Regina. Che gran squallore.
Spensi l’iMac, e m’incamminai per uscire dagl’“inferi”.»
Storia di una normale adolescente? Direi proprio di no.
Cosa succederà quando incontrerà la bella e lucente chioma di Roxanne?
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La sveglia suonò come tutte le mattine. Strimpellando le note di Annabel, degli Alesana.

The one you love is the one who's killing you. 
I trusted you too much. 
I know now that I should have kept my eyes wide open the first time that we kissed. 
I'll bury you for this. 

Queste parole mi entrarono nella pelle, arrivarono fino alle ossa. E dentro iniziarono a divorarmi. È così che sento le brutte sensazioni. E questa era davvero, davvero brutta.
Guardai l’orario erano le 21.OO precise. Come le 21.OO???? Merda! La scuola? Eh, cazzo! Ho dormito tutto il giorno!!
“Oh meine Scheiße stück Got. Cos’è successo?“ dissi ad alta voce.
“Come ‘cos’è successo?’? Sei piombata qui senza dir niente e facendo una scenata da Terza Guerra Mondiale.. e chiedi anche ‘Cos’è successo?’. Sei proprio strana, novellina.” Mi rispose una voce famigliare.
Mi voltai e scorsi il viso di una ragazza dalla lunga chioma bionda, indaffarata ad acconciarsi i capelli.
“Roxanne.” Esclamai esasperata “Cosa ci fai qui?”
“Di nuovo. Questa è la mia fottutissima camera. E stai dormendo nel mio cazzutissimo letto da ben 2O lunghissime ore! Ormai ti stavamo dando per morta.”
Perlustrai la stanza e con rammarico mi accorsi di non essere nel mio letto e nemmeno nella mia camera.
Scesi dal letto e mi diressi nel bagno, dando un’occhiata allo specchio. Avevo una faccia che poteva far concorrenza a miss Nondormodinotteperchèhoaltrodimegliodafare. I capelli arruffati erano una delle peggior cose che mi potessero capitare. Iniziai nervosamente a metterli in ordine, cercando di fare mente locale su come e perché ero finita da Yakome e la sua odiosissima nipote.
 
Roxy bussò alla porta in modo scorbutico e presuntuoso. “Sarebbe il mio bagno..”
“Sto gentilmente pisciando, posso cortesemente finire o vuole entrare?” enfatizzai con tutta la buona volontà del mondo.
“Cos’è un invito?”
Spalancai la porta urlando. Quella ragazza mi rendeva intrattabile. “Se non la finisci di darmi al nervoso io giuro su qualunque cosa che ti renderò la vita un inferno e morirai nella più atroce maniera per mano mia, chiaro?” strillai.
“Cristallino Ash.” Rispose sorridendomi. Sembrava proprio lo facesse apposta a farmi innervosire. Entrò nel bagno quasi scaraventandomi contro lo stipite della porta.
Quando ne uscì, io ero appollaiata sul suo letto, sfogliando le riviste che erano sulla sua scrivania.
“Chi ti ha dato il permesso?”
“Chi ti ha dato il permesso? Gne gne.” La imitai.
“Senti cara, non è colpa mia se sei arrivata qui non so come, sclerando in tedesco e ti sei magicamente spenta dopo un ora di continuo blaterio. Quindi, per piacere, stai zitta. Stai ferma. Questa è la mia camera, se proprio devi stare qui c’è la camera degli ospiti.”
Aveva perso le staffe. Molto bene. Piccola Roxanne il mio gioco è solo all’inizio.
“Roxy.. non ci sono venuta per scelta qui. Ho solamente pronunciato un incantesimo e puff.. mi sono svegliata qui. Non ricordo nulla di ciò che è avvenuto in mezzo.” Spiegai.
“Hai parlato con mia nonna e io non ci capivo nulla, il tedesco non l’ho mai studiato. Puoi andare a parlare con lei, è in negozio. Io ora devo andare a fare delle commissioni.”
La guardai negli occhi. Il viola indaco su di me faceva terrore, invece incorniciavano il suo viso in un etereo sentimento di tristezza e solitudine.
“Puoi usare dei miei vestiti, sono dentro l’armadio. Non ho idea di che taglia porti, ma all’incirca dovrebbero andare.”
Girò i tacchi e se ne andò.
“Grazie.” Sussurrai.
 
C’era uno strano odio-amore tra di noi, non era comprensibile ancora.
Mi misi a rovistare dentro a un armadio pieno zeppo di pantaloni aderenti e maglie di gruppi punk, giubbotti di pelle e tantissimi collant strappati. Molti erano anche leopardati. Minigonne inesistenti e calze a rete. Canottiere sgualcite. E altri vestiti che non mi sarei mai degnata di mettere.
Poi infondo all’armadio tra cose dimenticate, trovai una gonna di tulle nero fatta da tantissimi strati. Ovviamente era corta, con sotto uno strato rosso cremisi. Era spettacolare, assomigliava a un tutù. Poi ci misi sopra la maglia dei Sex Pistols, quella che aveva usato la prima volta che ci incontrammo. Abbinamento perfetto.
 
Scesi in negozio e incontrai Yakome.
Dapprima mi guardò in modo assolutamente inquietante, poi mi sorrise. La fissai dubbiosa prima di aprir bocca.
“Salve Yakome. Ho preso in prestito questi vestiti da Roxy, mi ha dato il permesso. Tranquilla. “ dissi, cercando di sembrare simpatica. Almeno ci provavo.
“Strano, non fa toccare a nessuno i suoi vestiti. E quella gonna l’aveva cacciata via per non vederla mai più.”
“Ahn, ehm.. ops. Non lo sapevo. Io l’ho trovata nell’armadio.” Merda. Che figura. Cazzo ora Roxanne andrà su tutte le furie… mmm, allettante.
“Beh ma stai tranquilla mia cara, si vede che non le importa poi più di tanto. Bene, sei qui perché vuoi sapere cos’è successo ieri?”
Annuii, un po’ stupita per il fatto che sapesse già che le avrei voluto chiedere. Infondo è una strega, non dovrebbe spaventarmi o stupirmi.
Indicandomi il divanetto vicino la libreria, ci sedemmo a prendere un thè al gelsomino.
 
“Hai sempre studiato tedesco?” mi chiese gentilmente la donna.
“Beh, in verità.. non l’ho mai fatto. Ho studiato solamente l’inglese e lo spagnolo, ma mai il tedesco.” Risposi.
Accavallai le gambe e sistemai la gonna con noncuranza.
Guardai gli occhi profondi della nonna e ci vidi immense distese di fiori ed erbe. Erano così enormemente dispersivi e verdi. Era un miscuglio di varie tonalità di verde. Passavano dallo smeraldo al trifoglio. Dal mirto al verde primavera.
“È parecchio strano, ma può essere una dote innata che ti ha tramandato tua madre Seiko. Sinceramente Ashley, non ne ho idea. Tornando a noi.. sei piombata in salotto con un incantesimo di almeno terzo livello. La proiezione fisica è un incantesimo molto difficile da compiere senza una buona base di stregoneria. Tu ne sei sprovvista e questo mi incuriosice molto, hai usato il libro delle ombre di Seiko?”
“Mnh, si. “ annuii.
La donna mi guardò dolcemente, indicandomi le scarpe.
“Ti sta per squillare. È meglio che risponda, o vuoi fare preoccupare Jack?” mi chiese sorridendo.
La fissai inorridita, mentre la mia gamba prese a tremare. Tirai fuori il cellulare dalla scarpa, il mio nascondiglio segreto.
Era un messaggio di Jack, naturalmente. << Ma si può sapere dove cazzo sei finita? È due giorni che non ti fai sentire, non rispondi ai messaggi, nemmeno alle chiamate. È successo qualcosa? Se non sei da me entro un ora, giuro che vengo sotto casa tua a cercarti. E se non sei lì, ti cercherò per tutta Londra. Mi manchi porca vacca, sei una stupida incosciente. TI AMO.”
 
Appena letto il messaggio mi precipitai a casa sua.
Nel cortiletto interno padroneggiava la sua fiammante “pantera”, ciò significava che Jack era in casa.
Usai le chiavi di scorta per entrare nella villetta del ‘9OO, ovviamente ultra moderna all’interno.
Perlustrai la casa e di Jack non c’era traccia.. né in salotto, né in cucina.
Corsi in camera, sperando di trovare il suo corpo delicato riposare nel letto. Mentre correvo per i corridoi mi immaginai di sentire il sapore della sua pelle tra le braccia. Era passato troppo tempo dall’ultimo nostro incontro. Mi mancavano i suoi baci, mi mancavano le sue carezze, mi mancava l’aria fredda dei suoi respiri.
Ero ossessionata da lui, ero come attaccata a un doppio filo tra il mio cuore e ogni suoi atomo. I recenti e numerosi fatti che avevano incasinato la mia vita, mi avevano allontanata dal mondo reale.
Ero una ragazza. Avevo un fidanzato. Non importava se avevo scoperto di essere una tra le streghe più potenti di tutti i secoli; non mi importava in quel momento.
Io volevo Jack. Volevo le sue mani fredde sul mio corpo, volevo i suoi sospiri sul collo, così gelidi da provocarmi i brividi. Avevo bisogno del batticuore che mi provocavano i suoi occhi nei miei.
Valicai la porta e intravidi una figura scura nel bagno. Appena feci capolino nella stanza, Jack spuntò fuori.
Si era appena fatto un bagno, ciò dimostrava le goccioline che percorrevano il suo corpo, dai capelli corvini ai piedi. L’asciugamano bianco cadde mentre Jack corse ad abbracciarmi.
Il mondo si fermò, lo giuro. Sentii ogni singola goccia asciugarsi contro il mio corpo. Percepii tutti i muscoli irrigidirsi nell’abbraccio. Gli arruffai i capelli, Jack alzò il viso in modo da potermi specchiare nei suoi occhi verde acqua.
“Mi sei mancata. Anzi sei scomparsa senza dirmi niente. Ero preoccupato, cazzo.” mi disse, riprendendo l’asciugamano per coprirsi.
Ma che fortuna, pensai ironicamente. Uff, che patetica. No, che pervertita!! Sono una cazzo di pervertita di merda.. ma che ci posso fare se ho per fidanzato uno che farebbe invidia ai modelli di Calvin Klein o Abercrombie?
“Perdonami!” risposi sospirando “ho avuto dei casini per casa. Però, beh, non ho fatto niente di diverso da quello che fai tu. Sempre.”
Prevedevo una lite cosmica, dove Jack si sarebbe difeso dicendo che era il suo lavoro e bla bla bla.
Invece non successe.
“Hai ragione Ash. Ti chiedo scusa.” I suoi occhi brillarono di una luce triste.
Niente era più doloroso che vederlo star male. Vedere i suoi occhi spegnersi, morire sotto una coltre di tristezza. Mi ero sempre ripromessa di porre fine a quegli sguardi.
Gli presi il viso tra le mani, ancora bagnaticcio. Incomincia a baciargli gli occhi, uno ad uno per farli chiudere. Poi scesi alle gote, all’incavo del collo, le spalle, la clavicola. Poi mi fermai. Fissai le goccioline che scendevano giù, giù, giù..
Spinsi Jack sul letto, togliendomi le scarpe e parte dei vestiti.
Assaporai la sua pelle, fredda e liscia, paradisiaca. Asciugai l’acqua, baciando ogni centimetro del suo corpo da urlo. Era un insieme tra un giocatore di football e un angelo. Le nostre labbra si incontrarono in una danza leggiadra. Man mano che il tempo passava, i battiti dei cuori riempivano la stanza; le lingue giocavano a rincorrersi, quasi ballando.
La camera era il palcoscenico e noi gli attori, recitando il nostro musical preferito.
In pochi fanno l’amore, non serve solo amare davvero per farlo, bisogna che anche le proprie anime siano disposte ad unirsi. Non so dire se la sua anima lo fosse, ma una cosa era sicura: la mia certamente lo era.
I baci dolci e sublimi furono sostituiti da quelli crudi, lunghi e pieni di passione.
Il tempo non sembrava farci caso, per noi era invisibile. Bastano poche cose per essere felice e in quel momento io avevo tutto.
Ad un tratto Jack mi fu sopra, ammanettandomi alla tastiera del letto. Il suo gioco preferito era “stupratore omicida”, si divertiva un sacco a legarmi e minacciarmi di morte. Lo eccitava. Era.. strano e inquietante, ma divertente. In un certo senso anche perverso. Non lo prendeva mai sul serio, rideva sempre. Rideva con gli occhi e non potevo farci niente, avrei fatto di tutto per quei sorrisi.
“Io ti ucciderò stanotte. Questo, il tuo coltello preferito, sarà l’ultimo tuo ricordo, assieme alla mia immagine che ti pugnalerà fino a vedere ogni goccia del tuo sangue per terra. Poi lo berrò.  Lo berrò tutto e diventerò più potente. Non si mente, Ashley. Nono. E’ sbagliato. E soprattutto non puoi mentire a me.”
I suoi occhi cambiarono improvvisamente, si fecero profondi e seri. Erano diventati quasi neri e la sua stretta era sempre più salda.
“Jack? Smettila mi fai male così!” esclamai, cercando di liberarmi.
Alzò il braccio, puntò il coltello e mi guardò. Rimase in silenzio per non so quanto tempo, credo fosse un’eternità.
“Io ti amo Ashley, dimmi che sono solo sbagli. Dimmi che non devo ucciderti!” disse con aria disperata.
“Jack! Ma che cazzo dici?! Basta, non voglio più giocare. Slegami da qui, toglimi queste cazzo di manette!! Sei uno psicopatico! Fatti curare, cazzo!” urlai in preda al panico.
Non è il mio Jack. No, non è lui. Lui non farebbe mai così. Non mi torcerebbe un capello, pensai.
Vidi un lampo nei suoi occhi e mi spostai appena in tempo per mancare il tiro del coltello. Era affondato nel materasso a meno di 5 cm da me.
“Jack! Jack! Torna in te! Che cazzo stai facendo?”
“Te l’ho detto. Devo ucciderti.” mi rispose pacatamente.
Estrasse il coltello dal materasso e colpì ancora. Quella volta non mi mancò. La lama affondò dritto nel mio avambraccio sinistro. Fortunatamente non lo perforò, ma me ne accorsi in un secondo momento. L’adrenalina non era abbastanza, perché sentii il dolore più acuto in tutta la mia vita.
Bruciava, bruciava come se mi avessero buttato dell’alcool sopra una ferita aperta.
Mi slegai dal letto e scivolai per terra. Cercai di proteggermi usando un incantesimo.
“Terra, forte e temeraria, imprigiona Jack nelle tue grinfie. E tu fuoco, caldo e ribelle, brucia il suo rancore.” pronunciai.
Dal pavimento spuntarono delle vecchie radici, che cercarono di immobilizzarlo. Con l’aiuto del coltello si liberò facilmente dei miei rami. Si avvicinò sempre di più, mentre io cercavo anche solo una stupida via d’uscita.
Avevo la porta alle spalle, ma le gambe non volevano alzarsi. Ero immobilizzata a terra, mente Jack si faceva sempre più vicino.
“Sento le pulsazione del tuo sangue sempre più veloci, ad ogni passo sento il tuo sapore sotto la lingua. La tua essenza è così potente, così vivace. Sei sempre stata una preda divertente.” dichiarò Jack, avvicinando il coltello al mio collo.
Sentivo le lacrime spingere dagli occhi, ma non volevo farle scendere. Era come dargliela vinta, era come perdere senza lottare.
Sfiorò la giugulare con la lama, così affilata da lasciarmi un rigolino di sangue. Le gocce scendevano forte, come se zampillassero.
Si preparò per sferrare l’attacco, allontanò il coltello di colpo.
All’improvviso la porta si spalancò. Un mini uragano lo trascinò via, lontano da me. Il pugnale cadde a terra, risuonando nella stanza.
Non c’era bisogno di voltarmi per sapere che fosse Roxanne.
Quella stronza mi aveva salvato la vita.
 
   
 
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