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Autore: crimsontriforce    09/12/2010    2 recensioni
I nomi degli eroi che sconfissero Sin sono scavati come un mantra nella pietra dei templi: Yunalesca, Gandof, Ohalland, Yocun, Braska, Yuna. Degli altri pellegrini restano solo orme erose dal tempo.
Ultima tappa per un evocatore e il suo guardiano, una possibilità inesplorata fra tante.
Le storie di Spira finiscono sempre allo stesso modo.
3.3: Sotto una coltre di stelle. Così finisce.
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Yuna, Yunalesca
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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...your mileage may vary ma questo capitoletto mi garba assai. :3 Un grosso grazie a Ros e Aufhebung per il sostegno!







La fiamma che brucia la ragione


Venne anche il buio e, col buio, la neve.
Gli sembrò di essere di fronte a un'unica scelta razionale (o istintiva o anche solo ovvia, ma 'razionale' suonava confortante ed era la parola che avrebbe scelto un tempo), dato che il fuoco gli pulsava già nelle tempie, nei polmoni, nelle mani intirizzite che faticavano a serrare la presa sull'asta e a rispondere ai suoi ordini.
Doveva sopravvivere alla notte e chiamò a sé il sogno di Ifrit, che lo avvolse in una vampata violenta prima di tremolare fra i fiocchi sempre più fitti. Sert boccheggiò per la sorpresa. Credeva di aver mantenuto una presa salda sull'evocazione, ma il fondo di tutti i suoi pensieri colava verso il precipizio e vide la forma abbozzata dell'Eone farsi sempre più fragile, sempre più sottile.
“Resta”, mugugnò a denti stretti. “Almeno tu, restami vicino.”
Raccolse le sue angosce con una spazzata circolare dell'asta e le ricondusse al centro abbassandola di punta. Doveva riuscire ad escludere Grion dal suo mondo per qualche istante. Doveva e sapeva che ci sarebbe riuscito, si disse, per il suo viaggio e la sua meta. Privilegio da evocatore.
“Tu che per primo mi hai concesso il tuo sogno”, lo invocò, sfruttando una qualunque litania per spingere la concentrazione, “vieni a me nell'ora più buia.”
E fu la luce.
Il corpo massiccio di Ifrit si formò infine di fronte ai suoi occhi, tutto corna e artigli e manto fiammeggiante, e allargò un braccio per riscaldarlo nel suo fuoco eterno, tenendo a freno il ghiaccio e la tempesta. Sert cadde in ginocchio, scosso da tremiti per lo sforzo, infradiciandosi le ginocchia sul ghiaccio sciolto, ma con la mente era già altrove. La sua scommessa aveva pagato.

Si abbandonò al sogno senza ritegno e il fuoco divenne tutto il suo mondo. Non c'era più freddo nelle ossa e nella testa, non c'era più ristagno. Poteva pensare in volute dorate. C'era un mondo ribollente e magmatico ed era casa, ricoperta di cerchi e di raggi come un sole splendente. Era casa e non era solo. Si aggrappò come un naufrago al sogno millenario di Ifrit, vide Kilika negli anni, vide una saggezza inumana costruita col tempo, a volte infranta come palizzate di legno sotto un attacco di Sin ma sempre solida nei suoi pilastri che traevano energia dalla terra incandescente. E se anche la Fede lo guardava con la comprensione che si concede a un bambino non gli negava il suo sostegno, aprendogli i suoi sensi eterni finché non ne fu ebbro.

Sert ne colse un'idea. Faceva fatica a girarci tutto attorno con la testa – non era un'idea prevista dalle Scritture e in piena onestà doveva ammettere che tutto quello che la sua testa desiderasse era tornare ad abbandonarsi sotto quella trapunta di immagini calde di braci. Il punto era... c'era un punto da qualche parte, non solo quello in fondo a “e, perso l'unico guardiano, il suo pellegrinaggio fallì”. No, c'era un punto guizzante ed era: in questo momento sono protetto. Si immaginò l'indomani discendere il sentiero, proseguendo il giorno dopo ancora, e si vide arrivare vivo e illeso fino alle terre dei Ronso seguendo la scia del suo Eone come una fiaccola nella notte fonda.

Si fermò a riflettere, aggrottando le ciglia e scostando per abitudine la treccia di capelli dall'orecchio. Era difficile pensare diritto: pensava in fiamme. Si abbandonò allora ad altre immagini fino a che il pensiero effimero che gli serviva guizzò e lo colse: perché tornare indietro?, recitava. Davvero, che idea graziosa. Perché? Finché fosse stato abbastanza lucido (heh, lucido. Il vetro caldo fuso è opaco, poi diventa lucido) da mantenere concreto il contatto con la Fede e al contempo mettere un piede davanti all'altro, avrebbe potuto continuare lungo la strada per Zanarkand senza venire meno ai suoi doveri. Dietro a Ifrit o sulla sua spalla; al passo con Shiva che l'avrebbe riconciliato col ghiaccio, insensibile sotto il suo scialle; stretto alla criniera di Ixion in un galoppo terso sul rombo del temporale. Planando su ali spesse e sacre fino alla città al confine estremo del mondo. Perché no? Sapeva di averne le capacità. Poteva farlo, si diceva, senza rendersi conto che già quelle poche ore lo stavano bruciando come cera.
Sarebbero potuti avanzare come una lenta processione fantastica e nessuna fiera avrebbe osato disturbarli; i suoi sogni lucidi avrebbero avuto tutti i colori delle luci fatue e avrebbero tenuto a bada i sensi di colpa durante quel poco che gli restava da vivere, permettendogli di proseguire. Alla fine del viaggio sarebbe caduto esausto al primo contatto con dell'erba fresca – portando con sé Sin. Perché no?

È per questo che esistono i guardiani?, ragionò. Per accompagnare i deboli di spirito? Ma il pensiero lo rese immediatamente più sobrio: non si era mai sentito così vicino ad aver bestemmiato e lo stomaco si chiuse in una morsa. E si era fatto silenzio d'improvviso in quell'angolo di coscienza dove era solito trovare i sogni delle Fedi. Va bene, si scusò con loro, con se stesso, con i ricordi che tornavano a gelarlo. Era onesto nel cercare il loro perdono; non altrettanto con se stesso. Non è un'idea prevista dalle Scritture, ne prendo atto, anche se Yevon solo sa perché non si possa attuare. Non che mi rimanga molto altro da fare. Se potessi diventare più saggio forse un giorno lo capirei, ma l'unico tramite per la conoscenza è Zanarkand, che non lascia tempo per far maturare i suoi frutti. Datemi voi le vostre risposte.
Tutto taceva. Come sempre: sentiva la loro presenza, la compagnia e ricordava le parole scambiate nell'intimità dei templi, ma non si erano mai espressi da allora. L'Eone davanti a lui lo squadrava con un'espressione di pietà dipinta sulle zanne: fece spazio affinché l'evocatore potesse accoccolarsi sotto il suo calore e ancora una volta gli concesse i suoi sogni, proteggendolo dalle immagini della sua coscienza. Distillò per lui dei sogni di ceneri tiepide che lo accompagnassero nel riposo. Sert chiuse gli occhi prima ancora di aver poggiato la testa sulle ginocchia raccolte e precipitò in un dormiveglia di pace artificiale.



















...perché l'atto dell'evocazione com'è spiegato in FFX mi affascina da sempre, ma purtroppo il pov è di Tidus e non di Yuna quindi resta un narrato poco mostrato. Volevo scriverne da un po'.
   
 
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