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Autore: EffieSamadhi    10/12/2010    3 recensioni
“Ne faccia quello che crede. Allora, intende arrestarmi, adesso?”
“Lei ha ucciso un uomo.”
“Questo non risponde alla domanda che le ho fatto.”
Questa volta fu lui a distogliere lo sguardo. “Non l’arresterò, sergente Harrison. Non oggi.” Si alzò, infilando la pen drive nel taschino interno della giacca. “Si costituisca.”

Prima Classficata al contest "Presidente" indetto da NonnaPapera! sul forum di EFP.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Leroy Jethro Gibbs
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Talk About The Passion

Sei mesi dopo

 

Il processo al sergente Diane Harrison per l’omicidio del colonnello Albert Gatwick si era concluso in fretta. Nel giro di tre settimane l’imputata era stata riconosciuta colpevole e condannata in primo grado a vent’anni di carcere. Successivamente, il suo contributo nel processo a chi aveva permesso il massacro di un intero villaggio a dieci chilometri da Kandahar aveva convinto i giudici a ridurre la sua pena. Per tutto il tempo, Gibbs aveva evitato il tribunale, come se stesse cercando di dimenticare quel caso.

Ma non c’era riuscito, e ora si trovava nel parlatorio del carcere femminile di Gladesville*. Una guardia scortò il sergente nella stanza. Gibbs notò che aveva tagliato i capelli. Gli dispiacque: gli piacevano i capelli del sergente.

“Buongiorno, sergente Harrison.”

“Buongiorno, agente Gibbs. Mi chiami solo Diane, per favore.”

“E allora mi chiami solo Jethro.”

“Perché è qui, Jethro?”

Gibbs esitò. “Volevo sapere come… come stai.”

Diane sorrise. “Sto bene. Nessuno ha ancora cercato di accoltellarmi, e mi lasciano frequentare la biblioteca. Direi che è quasi meglio della marina. Perché è qui?”

“Te l’ho detto, per vedere come stai. E credevo avessimo stabilito di darci del tu.”

“Voglio il vero motivo, Jethro.”

Gibbs abbassò gli occhi, poi li rialzò e li puntò in quelli della donna. “Sai che cosa dicono dei sogni?”

Lei scosse la testa.

“Dicono che chi non sogna non sta bene. Beh, io non sogno mai.”

“Non capisco.”

“Ho iniziato a sognare soltanto negli ultimi sei mesi.”

Rimasero in silenzio per qualche minuto. “E che cosa sogni?”

“Un sorriso.”

Diane cercò di reprimerne uno, abbassando gli occhi.

“Ho visto le fotografie sulla pen drive. La password era molto semplice.”

“Lo so.”

“Ma immagino l’avessi fatto apposta.”

“Non avrei caricato quelle fotografie, se non avessi voluto fartele vedere.”

Gibbs si guardò le mani. “Era una bella bambina.”

“Non sbagliavo sul suo sorriso, vero?”

“No, non sbagliavi. Non mi meraviglio che continui a sognarlo.”

“Lo sogni anche tu?”

Gibbs evitò la domanda. “Sai qual è la frase che mi ha colpito di più, nella tua deposizione riguardo il massacro?”

Diane scosse la testa.

Rubi un rossetto e ti becchi trent’anni, fai a pezzi il mondo e ti danno la medaglia.” Fece una pausa. “Sei quella che ci ha rimesso di più, lo sai?”

Diane annuì. “L’ho fatto per il mio Paese” aggiunse, con un sorriso beffardo. “Semper fidelis, no?”

“Già. Semper fidelis.” Un’altra, lunghissima pausa. “Potresti uscire con tre anni d’anticipo per buona condotta.”

“Lo so. Non ti fidi di me, per caso?”

“No, non è questo. E’ solo che… beh, volevo solo dirti che non sarai sola, quando uscirai.”

“Ti ringrazio, ma…”

“No, niente ma. Condivido quello che hai fatto. Hai avuto il coraggio di denunciare un’ingiustizia, anche se prima hai dovuto uccidere. Hai la mia ammirazione.”

Diane annuì. “Quello che mi servirebbe è un amico.”

“Non vorrai farmi credere che non hai amici?”

“Quei pochi che ho non hanno alcuna intenzione di venire a trovarmi.”

Una lunga pausa. “Lo farò io. Verrò a trovarti” rispose lui. D’istinto, allungò le mani sul tavolo, posandole su quelle di Diane. Erano morbide e calde. Fece scorrere i polpastrelli sulla pelle liscia del sergente, poi le strinse le dita tra le sue.

Lei non si tirò indietro, ma lo fissò con curiosità. “Che cosa significa questo, Jethro?”

Gibbs sorrise e scosse la testa, senza lasciarle le mani. La guardò. “Non è il sorriso di Samira, quello che ho sognato negli ultimi sei mesi.”

 

 

*Gladesville – purtroppo (o per fortuna?) non conosco molti nomi di carceri statunitensi, quindi ho inventato.

   
 
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