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Autore: EffieSamadhi    10/12/2010    1 recensioni
[Dirty Dancing II]
Con la salita al potere di Fidel Castro, Katie e la sua famiglia sono costretti a lasciare Cuba. Nonostante le promesse, Katie e Javier vanno avanti con le loro vite. E così, mentre Katie si sposa e ha una figlia, Javier apre un'officina e diventa il re della 'Rosa Negra'.
Passano gli anni (diciannove, per l'esattezza), e il destino gioca le sue carte, riportando Katie a L'Avana. Accompagnata dalla sorella Lucy e dalla figlia, Isabella, che rivela un inaspettato talento per la danza, e sembra dimostrare una certa simpatia per il fattorino dell'hotel, tale Ricardo Suarez...
***
La ff presenta alcune "incongruenze" rispetto al film, e inoltre ho sbagliato nell'inserire il nome della sorella di Katie, che nel film si chiama Susie: lo so, dovrei cambiarlo, ma ormai per me il personaggio si chiama Lucy. =)
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’Avana, Cuba, 1977

Agosto

 

            “Isabella e Ricardo non… non sono cugini?” ripeté Katie, senza riuscire a credere alle proprie orecchie.

            Javier scosse la testa. “No, non sono cugini, perché Ricardo non è figlio di Carlos. Sua madre aveva mentito.” Fece una pausa, e si lasciò andare ad un piccolo sorriso sarcastico. “Certo, chi l’avrebbe mai detto che dopo vent’anni avrei scoperto di avere una figlia? Quand’è nata?”

            “Metà settembre.”

            “Lucy mi aveva mentito. Dovevo immaginarlo.”

            “Hai parlato con Lucy di Isabella?”

            “Diciamo piuttosto che non me ne ha parlato. Mi aveva detto che era nata a gennaio. Immagino volesse scongiurare il pericolo che io dubitassi della sua paternità.”

            “Mi dispiace di avertelo detto così.”

            “Non importa. Certo, avresti potuto avvertirmi di essere rimasta incinta. Sarebbe stato… carino, da parte tua.”

            “E come? Con una telefonata? Con una lettera? Avrei voluto dirtelo, Javier, ma i miei genitori credevano…”

            “Lascia fuori da questa storia i tuoi genitori, Katie! Eri abbastanza grande per avere un figlio, avresti dovuto esserlo anche per prenderti le tue responsabilità.”

“Non parlarmi di responsabilità! Non ho fatto altro che prendermi delle responsabilità, in questi anni!”

“Beh, avresti potuto trovare un attimo di tempo per dirmi che avevo una figlia, non credi? Ma forse non potevo essere un buon padre. Forse ero solo un povero cubano straccione buono soltanto come amante…”

            Durante la discussione si erano avvicinati. A quell’ultima frase, sputata fuori con incredibile rabbia, Katie reagì colpendo Javier sul viso, con una forza di cui non si sarebbe mai creduta capace.

            “Io ti amavo, Javier. Dio solo sa quanto ti amavo. Ho dovuto quasi implorare il figlio dei nostri vicini di casa perché mi sposasse. Per non disonorare la mia famiglia, per evitare che quel bambino fosse additato come un figlio illegittimo. Mi è costato più di quanto credi, mantenere questo segreto per diciannove anni.”

            Javier la guardò fare dietrofront e lasciare l’officina. Quando se ne fu andata, si portò una mano alla guancia offesa. Aveva una figlia. Isabella, quella ragazza americana che aveva fatto ballare poche sere prima alla Rosa Negra, era sua figlia. Non riusciva a crederci. Ripensò a lei. Il vestito rosso, così simile a quello di Katie. Gli occhi scurissimi, quasi neri, che sicuramente non aveva preso dal ramo materno della famiglia. Il talento per la danza, quell’abilità naturale di seguire la musica, nonostante la totale inesperienza. L’età. Come aveva potuto non prestare attenzione a tutti quei dettagli?

            E poi, c’era quello che Lucy gli aveva detto, o meglio, quello che Lucy non gli aveva detto. La perdoneresti anche se ti avesse mentito? Anche se ti avesse nascosto una cosa importante? Soltanto in quel momento Javier capì di che cosa stesse parlando Lucy. Parlava di Isabella. Parlava di Katie. Parlava di lui. Parlava di un passato che mai, come la sera prima, gli era sembrato così nitido e vicino.

            So solo che le perdonerei qualunque cosa, aveva risposto lui. E allora perché l’aveva aggredita a quel modo, accusandola di avergli tenuta nascosta la verità? Perché non era stato capace di perdonarla? Katie gli aveva mentito, gli aveva tenuto nascosta la verità. Lui aveva fatto la stessa cosa con Lucy. E probabilmente Lucy aveva fatto la stessa cosa con Katie: era il solo modo in cui riuscisse a spiegarsi perché Katie non sapesse che Ricardo non era davvero suo nipote.

            No, Katie, non posso perdonarti. Non ora, non così facilmente. Perché se mi avessi detto la verità, se mi avessi detto di essere incinta, non avresti dovuto sposare il figlio dei vicini. Avresti potuto sposare me.

 

            Ricardo Suarez si fermò a pochi metri dall’hotel. “E’ meglio che mi fermi qui.”

            “Conoscendo mia madre, è un miracolo che non abbia ancora chiamato la polizia.”

            “Preferirei essere arrestato, piuttosto che finire tra le grinfie di tua madre.”

            Isabella strinse più forte la sua mano. “Spero di poterti vedere ancora” sussurrò. “Spero che mia madre non mi faccia salire sul primo aereo per New York.”

            “Non lo farà. O almeno lo spero. Deve avere un po’ di cuore, no?”

            Isabella annuì.

            “Comunque, stasera io sarò alla Rosa Negra. E ti vedrò” fu l’ultima risposta del ragazzo, prima di salutarla con un bacio.

 

            Isabella salì le scale con circospezione, sperando di non incappare nella furia della madre. Perché sapeva che sarebbe stata furiosa. Aprì lentamente la porta della propria stanza, guardandosi in giro con fare sospetto. Per fortuna, ad aspettarla in camera c’era soltanto Lucy. La ragazza si concesse un profondo sospiro di sollievo.

            “Isabella, tesoro! Come stai?” la accolse la zia, abbracciandola.

            “Sto bene, zia. Scusa se vi ho fatte preoccupare. So di aver fatto una cosa molto stupida, ma il fatto è che Ricardo è venuto qui, e io ero arrabbiata con la mamma, e…”

            “Calma, calma tesoro” la interruppe Lucy. “Capisco perfettamente le tue ragioni.”

            “Dov’è la mamma?”

            “Beh, lei… sarà di ritorno tra poco.”

            “E’ arrabbiata, vero?”

            “Un po’, forse. Ma prima di tutto era preoccupata.”

            “Zia, perché mi ha trascinata via dalla Rosa Negra a quel modo, ieri sera?”

            “Beh, credo di saperlo. Ma non posso spiegartelo io. Sono cose personali. Ma piuttosto” aggiunse in fretta, “perché non mi racconti che cosa hai combinato stanotte?”

            Isabella arrossì. “Non ho fatto niente di cui la mamma potrebbe rimproverarmi. Abbiamo fatto una lunga passeggiata, ci siamo sdraiati sulla spiaggia e ci siamo addormentati. Ma se non sbaglio, anche tu hai qualcosa da raccontare.”

   
 
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