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Autore: Jales    12/12/2010    19 recensioni
E proprio quel giorno vide per la prima volta la ragazza vestita di bianco, seduta davanti a quella tomba sul ciglio del sentiero. Lei, quasi avesse sentito il suo sguardo posato su di sé, si voltò di scatto e lo fissò con insistenza: Keiji sobbalzò e si rimise a camminare velocemente, cercando di allontanarsi il più rapidamente possibile da quegli occhi e da quello sguardo che sentiva penetrare come una lama nella schiena.
Quando quel giorno di Luglio era avvenuto il primo incontro con Keiji, Ayako inizialmente non si era nemmeno accorta della presenza del ragazzo: era stata Misaki ad indicarglielo con un cenno, per spiegare il perché aveva smesso di parlare così all'improvviso e quando il giovane si era voltato, non sapeva di essere scrutato da due paia di identici occhi neri.
[Terza Classificata al contest "L'immagine parla di... viali innevati (1^Edizione)" di AudreyConnell]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La ragazza vestita di bianco
[Terza Classificata al contest "L'immagine parla di... viali innevati (1^Edizione)" di AudreyConnell]
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A volte i ricordi fanno male.

Tuttavia ci rimaniamo attaccati, incuranti delle ferite, perché è l'unica cosa che abbiamo.

Luglio
Fu un giorno di Luglio che Keiji si trovò a passare vicino a quel cimitero, percorrendo il sentiero che portava al tempio: si potevano udire il fruscio del vento fra le foglie del bosco che circondava il sentiero, il canto degli uccelli oppure qualche verso che il giovane non sapeva riconoscere.
E proprio quel giorno vide per la prima volta la ragazza vestita di bianco, seduta davanti a quella tomba sul ciglio del sentiero. Lei, quasi avesse sentito il suo sguardo posato su di sé, si voltò di scatto e lo fissò con insistenza: Keiji sobbalzò e si rimise a camminare velocemente, cercando di allontanarsi il più rapidamente possibile da quello sguardo che sentiva penetrare come una lama nella schiena.

La seconda volta accadde pochi giorni dopo.
Non appena rivide quella sagoma lo colse subito la sensazione di déjà vu, come se avesse visto quella scena per una vita intera: la giovane, accucciata accanto alla lapide, sembrava essere lì da sempre. Ma era solo una sua impressione, si disse, perciò continuò a camminare verso il tempio ignorando ancora lo sguardo dell'altra puntato su di lui.

Agosto
Il terzo incontro fu quello decisivo.
Quando Keiji raggiunse di nuovo il cimitero la scorse nello stesso identico punto, come se non si fosse mai mossa da lì, come se stesse facendo qualcosa che le impediva di andarsene. Di nuovo lei si voltò e i suoi occhi scuri si fissarono in quelli verdi di lui: il ragazzo si fermò sostenendo lo sguardo con decisione.
D'un tratto la maschera di gelida freddezza che sembrava ricoprire il suo volto si sciolse come neve al sole e sulle sue labbra si disegnò un sorriso, mentre Keiji le si avvicinava lentamente.
«Buongiorno» Salutò cordialmente, gettando una veloce occhiata alla lapide davanti a loro.
Misaki Fujiwara.
«Lei era Misaki, mia sorella maggiore» Mormorò la giovane facendolo sobbalzare, gli occhi fissi sulla fotografia sbiadita incollata sulla pietra scura: continuava a sorridere dolcemente, ma i suoi occhi erano puntati su un passato che Keiji non poteva vedere.
E lui si sentì un estraneo, un intruso in un dolore che non gli apparteneva: dopotutto non conosceva nemmeno quella persona, non capiva come avrebbe potuto avere il diritto di stare lì - di intromettersi nella sua vita.
Fece per alzarsi, quando qualcosa lo trattenne e gli impedì di muoversi: le dita della ragazza vestita di bianco stringevano con forza il suo avambraccio, le iridi scure fisse ancora una volta nelle sue.
E una parola, quella che lo inchiodò.
«Resta»

Settembre
Il pallido sole di Settembre sembrava aver portato qualcosa di diverso sul volto di Ayako, qualcosa che Keiji non sapeva ancora identificare.
Aveva osservato i suoi occhi per mesi, sotto la chioma di quegli alberi che sembravano osservarli, davanti a quella lapide con inciso il nome di sua sorella: non aveva avuto il coraggio di chiederle di incontrarsi altrove perché, in qualche maniera, gli sembrava sbagliato che vi si allontanasse e perché ogni volta che la vedeva, davanti a quella tomba, gli sembrava che da lì non si sarebbe mai potuta muovere, causa una forza invisibile ed indistruttibile che la teneva legata a quel luogo.

Ayako era ancorata a qualcosa di inesistente, lei stessa ne era consapevole, ma ormai non ricordava di aver visto altro che quella fredda pietra, fin da bambina. Veniva spesso in quel viale, accucciandosi vicino alla fotografia della sorella e parlando per ore intere, convinta che qualcuno la stesse ascoltando; quando poi iniziò a vedere Misaki, il suo viso, il suo sorriso... Nessuno potè più dissuaderla dal passare le sue giornate accanto a lei.
Sentiva di nuovo la voce della sua amata sorella maggiore, la sua risata cristallina e i suoi respiri lievi come battiti d'ali: ma non poteva condividere questa sua gioia, poiché Misaki le aveva detto di non rivelare a nessuno la sua presenza.
«Non ti crederebbero» Aveva sussurrato, con aria malinconica «Ti direbbero che stai solo sognando. Ma io sono qui, vedi? Sono qui veramente, ma solo tu puoi vedermi!» E Ayako aveva udito una nota di disperazione e una supplica, quasi feroce, che pareva venirle scagliata contro.
"Non dimenticarmi, non lasciarmi!" sembravano urlare gli occhi di Misaki.
Così, giorno dopo giorno, notte dopo notte, la ragazza vestita di bianco tornava davanti a quella pietra senza mai mancare un appuntamento.

Ottobre
Keiji aveva notato che lo sguardo di Ayako, ogni tanto, si puntava in un punto preciso senza nessun motivo apparente. Inclinava la testa, come se fosse in ascolto di qualcosa che Keiji non poteva cogliere: dove lui udiva il frusciare delle foglie al vento, Ayako pareva ascoltare qualcosa di molto più che un semplice rumore.
Che solo lei poteva capire.

Quando quel giorno di Luglio era avvenuto il primo incontro con Keiji, Ayako inizialmente non si era nemmeno accorta della presenza del ragazzo: era stata Misaki ad indicarglielo con un cenno, per spiegare il perché aveva smesso di parlare così all'improvviso e quando il giovane si era voltato, non sapeva di essere scrutato da due paia di occhi neri.
Misaki aveva già dato dimostrazione di non gradire la presenza di quel giovane più volte da quando Ayako ne era diventata amica: stava seduta su una lapide poco lontana da loro, gli occhi che scrutavano truci i due che parlavano tra loro. Covava risentimento, Misaki, ma Ayako non ne sapeva il motivo: ormai non contava più le volte che, in quei tre mesi, aveva tentato di spiegare alla sorella quanto fosse carino e gentile Keiji.
Ma ogni giorno quando Keiji la raggiungeva, Ayako osservava il volto di Misaki rabbuiarsi e i suoi occhi diventare cattivi: all'inizio, forse, poteva essere solo antipatia ma ben presto quello che provava Misaki nei confronti di Keiji si era evoluto.
Era diventato odio puro.

Novembre
Da parte sua, a Keiji piaceva stare con la sua amica: seduti davanti alla lapide, con lo sguardo di Misaki che dalla foto sembrava osservarli, parlavano di molte cose. Aveva scoperto che lei aveva vissuto da sua zia fino alla maggiore età, a causa della prematura scomparsa dei genitori e della sorella in un incidente d'auto avvenuto quando era molto piccola. Tutto sommato, però, Ayako non non si lamentava della vita che aveva condotto fino ad allora: aveva una zia che la amava e che si era presa cura di lei con tanto affetto finché, compiuta la maggiore età, aveva deciso di trasferirsi e vivere da sola.
Aveva notato che rideva spesso, lei, ma ogni tanto si interrompeva di colpo e faceva saettare lo sguardo da un'altra parte, l'espressione pentita come se avesse fatto qualcosa di sbagliato; oppure interrompeva le frasi a metà, lasciando cadere il silenzio fra di loro e rompendolo con un'affermazione o una domanda che nulla avevano a che fare con il discorso che stavano facendo.
I giorni passavano, e le stranezze aumentavano sempre più.

Misaki tremava, rabbiosa.
Ayako la vedeva fremere quando qualche battuta di Keiji la faceva ridere, quando gli parlava del suo passato, ma anche solo quando discutevano di argomenti di cui tutte le persone normali parlano - come il tempo, per esempio. L'espressione di Misaki le faceva paura: allora interrompeva tutto e puntava gli occhi verso la sorella, un'espressione colpevole dipinta in volto e lo sguardo di Keiji che, interrogativo, insisteva nel fissarla.
E l'impossibilità dello spiegare il suo comportamento che le bloccava la gola, vedendo le parole che Misaki pronunciava.
Tanto non ti crederebbe.

Dicembre
Quel giorno Ayako era arrivata più tardi del solito e, giunta dalla sorella, fece un inchino profondendosi in mille scuse.
«Ho dormito troppo e...» Tentò di spiegare, la voce che tremolava intimorita.
«Silenzio». Le intimò l'altra. «So cosa stavi facendo, e tu non dovevi farlo. Preferisci forse quell'estraneo a me, alla tua nee-san?» Era arrabbiata... No, era furiosa.
Ayako arretrò di un passo, cadendo nella neve fresca.
«Io...»
«Zitta!» Misaki le si avvicinò, scrutandola dall'alto: avvicinò i loro volti, fino a che ad Ayako parve di sentire il suo respiro sulla pelle. «Sai cosa ti dico?» Sussurrò Misaki, un lampo di odio negli occhi. «È colpa tua. Tu dovresti essere morta al posto mio».
Ayako si bloccò di colpo, trattenendo il respiro e sgranando gli occhi.
«N-non...» Balbettò, le dita che stringevano spasmodicamente la neve inutilmente in cerca di qualcosa a cui aggrapparsi.
«Tu dovevi andare con mamma e papà dalla zia, tu dovevi essere su quell'auto e tu dovevi morire!» Sputò fra i denti Misaki, nel modo più velenoso possibile.
Poi si allontanò svanendo come fumo: «Ti tormenterò per il resto della tua vita, sorellina mia, non avrai un solo secondo di pace... Se io non ho potuto vivere, nemmeno tu lo farai.»
E Ayako urlò con quanto fiato aveva in gola, la testa fra le mani e le lacrime che scorrevano sul suo volto.

Tornò con sguardo assente poche ore dopo, finite le lacrime da versare.
E si diede della stupida, perché non aveva capito prima cosa covasse Misaki.
"Tu dovevi essere morta al posto mio"
Il coltello che scintillò alla debole luce dell'ultimo sole invernale si avvicinava al braccio di Ayako sempre più velocemente: un colpo secco, e la neve non era più bianca ma del colore rosso del sangue.
Ayako chiuse le palpebre, e l'ultima cosa che vide fu la macchia vermiglia che si allargava sul candido manto nevoso.

Nevicava, quando Keiji salutò per l'ultima volta Ayako.
Sulla bara di legno chiaro posò una rosa bianca e chiuse gli occhi, sfiorandola e ricordando il volto sorridente dell'amica. Voleva cancellare la scena che aveva visto quando era andata a cercarla al cimitero, il sangue sulla neve... Ma sapeva che non ci sarebbe mai riuscito, neanche sforzandosi.
Si allontanò, gli occhi persi nel malinconico ricordo della sua giovane amica.
«Mi dispiace, Ayako» Sussurrò, consapevole che quel luogo sarebbe diventato frequente meta del suo cammino.
Il vento frusciò fra le foglie, mentre a Keiji sembrava di vedere ancora seduta lì la figura bianca, gli occhi neri fissi su di lui in attesa.
«Tornerò» Disse lui voltandosi e correndo.
E quella semplice parola aveva il sapore di una promessa.

***

Giudizio
_BlackRose_: Terza Classificata
Punteggio: 83/100
Commento: Ammetto che in principio avevo avuto non pochi pregiudizi sulla tua storia, avendo un fratello della tua stessa età e incapace di mettere in successione più di due parole, mi ero aspettata un agglomerato informe.
Non puoi immaginare il mio stupore nel trovarmi di fronte ad uno stile fluido e piacevole. Mai pesante e musicale, capace di creare l’atmosfera perfetta per il realizzarsi della storia.
E’ questo che ho adorato del tuo testo, la capacità inattesa, ma disarmante e infine estremamente piacevole di animare le descrizioni con la rotondità della tua scrittura che nella sua semplicità ha molto da raccontare.
I personaggi, allo stesso modo, sono presentati sin dal principio nella loro pienezza, dici ciò che è necessario ai fini della storia e questo ha contribuito all’infondersi di una forte emozione.
Peccato per qualche errorino, sicuramente di distrazione e per la trama non troppo originale che ti hanno penalizzato nel punteggio finale.
Se non avessi dovuto attenermi ai parametri di giudizio e quindi non mi fossi ritrovata nella posizione di giudice, sicuramente questa storia sarebbe stata di mio completo gradimento, perché ha tutto ciò che serve per poter colpire, per animare un racconto e trasmetterlo.

  
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