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Autore: Doralice    12/12/2010    4 recensioni
Una cacciatrice di licantropi in crisi esistenziale, un prete poco ortodosso che dispensa consigli sottoforma di bustine di the, un vampiro dandy che non si fa mai gli affari suoi, un'insospettabile infermiera dalla doppia vita, un armaiolo vegetariano-animalista-pacifista e un licantropo di sani principi ma dalla mente perversa... cosa volete di pi๙??
Genere: Commedia, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Teresa Lisbon, Un po' tutti | Coppie: Cho/Lisbon
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Tess ti presento Kim


Ne ho fatte di cose strane nella mia vita, credetemi... ma entrare nel mio appartamento armata fino ai denti come se stessi facendo irruzione in un covo di mafiosi, be', mi mancava.

C'่ Coso che non miagola come fa di solito, il che non fa che aumentare la mia ansia. Potrebbe essere sul divano a fare un pisolino... s์... devo autoconvicermi sia cos์. Intanto fai come se niente fosse, Tess... naturale, sciolta, come sempre. Se la Hightower voleva suggerirti quello che immagino, in realtเ non hai niente da temere lเ dentro. Non ancora almeno. E tu non devi dare l'impressione che sia cos์.

La serratura fa un rumore assordate. Appena apro la porta Coso mi viene incontro facendo le fusa e questo un po' mi rincuora. Gli faccio una coccola veloce, mollo la lupara e il cappotto sul baule, e avanzo con la sola pistola in pugno.

Banana Yoshimoto

Plafoniera

Notte stellata

Mi guardo intorno circospetta. Il primo obbiettivo sarebbe alla mia destra, ma le scarpe sono in camera da letto. Salto la libreria e vado di sopra.

Pur di non mollare la pistola, mi sfilo gli stivali coi piedi e infilo le scarpe con una mano sola. Fatto: l'alibi ่ perfetto.

Adesso girati. ศ proprio l์, dietro di te. La Notte stellata di Van Gogh.

Mi metto in ginocchio sul letto e la osservo sospettosa, le mani sui fianchi e la pistola sempre in pugno. Quella stampa l'ho comprata ai tempi del liceo, ่ stata la prima cosa che ho appeso in questa casa, prima ancora dell'orologio in cucina.

Trattengo il fiato e mi avvicino, la scruto da ogni angolazione. Sopra, sotto, di lato: niente. Allungo una mano e, cominciando a sentirmi un po' scema, la sollevo delicatamente dal muro. Non si vede un cazzo, ovviamente. Apro il cassetto del comodino e ne estraggo una pila, l'accendo e me la stringo tra i denti, puntandola sotto il quadro.

Non ho pi๙ bisogno di ricordarmi di trattenere il respiro. Io non lo so che diavolo ่ quella roba l์, non ho mai visto una cosa del genere in vita mia. Ma qualcosa mi dice che quella ่ proprio una cimice.

Mi tremano le mani quando riappoggio il quadro alla parete. Chiudo gli occhi e faccio un bel respiro. C'era da immaginarlo, no? Con quegli stronzi dei federali, che si fanno la guerra anche tra di loro e ti incriminano se prendi il decaffeinato...

E adesso che cazzo faccio? Mi sta venendo la nausea... inspira ed espira, inspira ed espira...

Quanto rumore che fa il mio respiro. Non c'่ un po' troppo silenzio? Spalanco gli occhi e stringo la presa sulla pistola.

Mi butto all'indietro sul materasso e gli punto la pistola contro. Non si muove. Sono stata in situazioni ben pi๙ svantaggiose, ma mirare a testa in gi๙ non ่ affatto comodo.

E lui continua a non muoversi. Le braccia lungo i fianchi, mi osserva in silenzio. E non posso parlare e se lui parla so che saremo fregati e io non sapr๒ un cazzo di quello che sta succedendo.

Che situazione di merda!

Comincio a sentire le braccia intorpidite, quando finalmente si muove. Fa un passo e io aggiusto la mira. Un altro passo, tolgo la sicura. Si china su di me e sento il materasso inclinarsi ai lati, dove poggia le mani.

Gli punto la canna al centro del petto. Inclina la testa di lato e mi guarda. Non ho mai visto occhi cos์ neri. Mi sforzo di non battere ciglio, come se potesse servire a congelarlo sul posto.

Ad esser sincera, mi sento un po' cretina. Se avesse voluto uccidermi ci avrebbe giเ provato. Non che ci riuscirebbe, ma mi farebbe un sacco di male. Ci faremmo un sacco di male a vicenda, garantito al limone.

Ok, sembra che siamo finiti in una specie di mexican standoff in pieno stile pulp. Mi verrebbe da ridere, se non fosse che mi sto cagando sotto dalla fifa. Alzo le sopracciglia e lui risponde con una buffa smorfia. Stacco la canna dal suo petto e allontano piano la pistola, tenendolo comunque sotto tiro.

Osservo i suoi movimenti cauti. Si siede ai piedi del letto e mi guarda curioso dall'alto. Prima che possa parlare, mi porto un dito alle labbra. Batte la palpebre e resta in attesa.

Ok, fantastico... e adesso che ci faccio con un ricercato federale in camera da letto? E niente battute, grazie.

Mi metto a sedere e gli faccio cenno con la pistola. Lui si alza e mi precede in soggiorno. Cerco con gli occhi qualcosa – qualsiasi cosa – che ci permetta di comunicare. Alla fine afferro un post-it e una penna.

ci sono delle cimici

Glielo passo.

non mi dire

Uh, fa anche lo spiritoso!

Glielo strappo dalle mani e scrivo stizzita: vuoi parlare o preferisci una pallottola in fronte?

Per tutta risposta, lo vedo accartocciare il post-it e lanciarlo nel cestino. Si alza e se ne va, e io non posso fare altro che afferrare il cappotto e andargli dietro. Si prospetta una bella seratina.


Fuori fa freddo e tira vento. Mi stringo nel cappotto e rabbrividisco a vederlo in maglietta. Lo guardo scotendo la testa: non ่ un comportamento da alfa, cos์ attira l'attenzione.

– Cosa? – fa lui atono.

– Siamo a dicembre. – borbotto lanciandogli un'occhiata critica.

– Tu hai una pistola. – mi fa notare.

Giเ, be'... non ha tutti i torti. La metto via ed entriamo in un locale. Non ่ che sia molto a mio agio a girare in mezzo a dei civili con una bestia del genere, per cui resto in piedi e lo guardo palesemente scettica. Lui si siede e resta in muta attesa.

Ok, se continuiamo cos์ non ne usciamo.

Mi siedo davanti a lui con un sospiro. Segue un interminabile momento di silenzio, interrotto solo dalla cameriera. Le diamo le ordinazioni continuando a fissarci in cagnesco e quando se ne va torna il silenzio.

– Alle medie vincevo sempre. –

Batto le palpebre: – Scusa? –

– Al gioco di chi ride prima guardandosi. – precisa – Vincevo sempre. –

Alzo gli occhi al cielo.

– Tu non te ne rendi conto della merda in cui sei finito, eh? – sbuffo.

– Dimmelo tu. – dice lui con aria sfrontata.

La cameriera ci porta i caff่ e io stringo la mascella, trattenendo l'impulso di estrarre di nuovo la pistola.

– Sei entrato in casa mia. – gli sibilo sporgendomi appena sopra le tazze – Due volte. –

– Tecnicamente la prima volta eravamo fuori. – ribatte versandosi lo zucchero nel caff่.

– Era il mio cornicione. – ribatto seccata – E comunque che diavolo ci facevi l์? I federali... –

– Lo so. – m'interrompe tutto tranquillo.

– Oh, e saprai anche che io lavoro per loro. – aggiungo acida.

Scrolla le spalle e io lo prendo come un s์.

– Allora che vuoi da me? – faccio esasperata – Mi piombi in casa e guardacaso il giorno dopo mi dicono che devo portagli la tua pelliccia. –

– No, – mi corregge – loro mi voglio vivo. –

Stringo gli occhi: – E tu come fai a saperlo? –

– Sono la loro cavia. – dice laconico, sorseggiando il suo caff่.

– Di cosa stai parlando? La cavia di chi? –

Alza gli occhi e li pianta nei miei: – Tu non sai niente. –

Lo dice come se l'avesse appena constatato. E sembra quasi... triste? ศ difficile interpretare qualcosa in quella sua faccia di pietra. Non ne ho mai visto uno cos์: non sembra in grado di perdere il controllo come fanno di solito le bestiacce. Mi manda ai matti! Non lo capisco e sinceramente non ho alcuna voglia di cercare di interpretarlo.

– Senti, non so nemmeno perch้ sto qui a parlare con te. – mi alzo e frugo nelle tasche in cerca degli spicci per il caff่ – Vattene. La prossima volta che ti vedo ti porto da loro. –

– ศ una minaccia? –

Sbaglio o si sta trattenendo dal ridere?

Sbatto le mani sul tavolo e mi chino su di lui.

– Non provocarmi, sacco di pulci. – sputo tra i denti – Con quelli come te mi ci pulisco gli stivali. –

Mi guarda impassibile: – L'ultima volta non ่ andata esattamente cos์. –

– Cristo! – impreco e mi allontano – Non ci credo... –

Non riesco a credere che non abbia il minimo timore di me. Non mi ่ mai piaciuto vantarmi dei miei successi, ma modestamente sono la cacciatrice di licantropi pi๙ famosa della costa ovest, ho all'attivo il maggior numero di bestie fatte fuori del nord America e non c'่ un singolo mostro in tutta la California che non abbia sentito parlare di Little Red Cap. Come diavolo fa a non conoscermi? Dov'era questo coglione negli ultimi sette anni?

E come si permette adesso di rivolgersi a me con quel sorrisino di scherno?!

– Qualcosa mi dice che dovrei conoscerti. –

– Vattene. – gli ripeto uscendo dal locale – Scappa finch้ sei in tempo. –

– Mi dispiace, – dice alle mie spalle – ma non ci riesco proprio ad avere paura di te. –

– E fai male. – mugugno camminando a grandi passi per allontanarmi il pi๙ possibile da lui.

– Non la vuoi sentire la mia storia? –

– No. –

– Peccato, ่ piena di colpi di scena e ha un finale a sorpresa. –

Mi fermo in mezzo al marciapiede e mi volto. ศ l์, a un paio di metri da me, appoggiato al muro con le mani in tasca.

– Chi ่ il regista? – faccio ironica.

Sogghigna e si stacca dal muro per avvicinarsi. E io arretro. Quei denti... sono abituata a vedere certe cose nei licantropi trasformati, ma da umani dovrebbero avere un aspetto, be', umano. E quella roba ่ tutt'altro che umana.

– Ti piacciono? – si passa la lingua sul bordo affilato dei canini – Io mi ci devo ancora abituare. –

Mi acciglio: – Si pu๒ sapere cosa sei? –

– Sono come te. –

Ancora quella frase. Non la sopporto. Non ha senso.

– No, tu non sei come me. – scandisco con una smorfia – Tu sei un fottuto mostro, io sono umana. –

– I fottuti mostri che conosci non sono cos์ – ribatte indicandosi – E tu lo sai. –

– Ti avranno selezionato. – faccio sarcastica – Come i cani. –

Adesso ha l'aria divertita: – Ci sei quasi. Vuoi sapere com'่ andata o no? –

Alzo le braccia esasperata: – Ho scelta? –

– Puoi sempre piantarmi una pallottola in fronte. –

Ci guardiamo. E mio malgrado sorrido. C'่ questa… cosa... tra di noi. L'ho percepita fin dal primo momento che l'ho visto, sotterrata da tutto lo schifo della paura e del desiderio di vendetta. Non voglio darle un nome, per ora mi limiter๒ a dire che ่ una specie di intesa.

– Prego. – lo invito.

– Grazie. –

Riprendiamo a camminare. Non so nemmeno dove stiamo andando, ma non possiamo tornare a casa, quindi prendiamo a girovagare.

– Cosa ti hanno detto di me? –

– Non eri tu che dovevi raccontare? – faccio guardandolo storto, ma poi gli sciorino le stesse cose che mi hanno detto i federali.

– Per lo meno ti hanno dato il mio nome vero. – commenta lui sarcastico – Ma non sono un alfa. Non come intendi tu, per lo meno. –

Inarco un sopracciglio: – E come lo intendo io? Sentiamo. –

– Come un capo branco, la guida indiscussa, l'unico che ha la facoltเ di creare altri licantropi. – spiega concisamente.

Lo guardo esterrefatta. Queste cose le so da una vita, mio padre mi ha insegnato i rudimenti delle dinamiche sociali dei licantropi quando ero ancora una pivellina. Ma mai – mai – uno di loro me ne ha parlato. ศ pur vero che fino ad ora, se si eccettuano insulti e imprecazioni varie, non avevo mai parlato con uno di loro – ma sono dettagli.

– Io non ho un branco. Non sono mai stato morso e non ho mai morso qualcuno. – lo sento aggiungere.

– Stronzate! – sbotto – Diamo anche per vero che non hai mai morso qualcuno... non ci credo, ma non ่ impossibile. Quello che ่ impossibile ่ che nessuno abbia morso te, caro mio. –

Lui annuisce con aria pensierosa. Resta un momento in silenzio, come a valutare qualcosa.

– Ok. – fa d'un tratto.

E si toglie la maglietta.

– Ma che cazzo stai facendo?! –

Lo afferro per un braccio e lo trascino dietro un vicolo.

– Ti faccio vedere. – dice semplicemente, sfilandosi le scarpe e sbottonandosi i jeans.

– No, senti... – balbetto inspiegabilmente imbarazzata – non ce n'่ bisogno... davvero... –

Lui m'ignora.

– Me li tieni? – fa passandomi un grumo di vestiti.

– Basta! – strillo – Mi stai mettendo... a disagio... porca puttana, ma non ce l'ha un po' di decenza?! –

– Ascoltami bene. –

Come ho fatto ad abbassare la guardia in questo modo? Non so quand'่ che mi ha afferrato per il collo, n้ come abbia fatto a passare cos์ velocemente dal tizio quasi amichevole di prima alla bestia letale che ่ adesso... ma il risultato ่ che sono nella merda.

– Tieniti i tuoi cazzo di pudori. – ringhia – Sono stato rinchiuso in una vasca di plasma per mesi, sedato, nudo come un verme, con tubi infilati ovunque. I medici parlavano di me come se non fossi l์. Quando mi hanno tatuato, ero in fila come le vacche che vanno a farsi marchiare. Secondo te me ne frega qualcosa della decenza? –

Se capisco la metเ di quello che sta dicendo ่ giเ tanto. Anche perch้ al momento la mia pi๙ grossa preoccupazione riguarda quella mano stretta intorno al mio collo e a seguire quei denti cos์ vicini alla mia pelle. La presa di un licantropo ่ in grado di fratturare le ossa, il suo morso pu๒ spezzare di netto la carotide di un individuo adulto, l'infezione portata dalla sua saliva ่ contagiosa per gli uomini e letale per le donne e i bambini... ่ utile ripassare mentalmente le lezioni, sopratutto per mantenere la calma.

Oh, al diavolo! Sto per farmela sotto!

– Adesso la pianti di fare la stronzetta acida e controlli. – mi ordina.

Annuisco. Mi lascia andare bruscamente e si allontana di molti passi da me. E per un po' ci guardiamo diffidenti, immobili, ognuno preso da paure diverse.


– Tu vedi morsi? –

Scuoto la testa. Poi mi ricordo che al momento ่ di spalle.

– No. – faccio con voce flebile, mi schiarisco la voce – No. –

Gli porgo i suoi vestiti: non mi piace che resti cos์ nudo. Cio่, non mi piace l'effetto che mi fa vederlo cos์ nudo... oh, porca miseria!

– Come hanno fatto? – gli chiedo, strizzando gli occhi e sviando i pensieri.

– Un'iniezione. Veloce e pulita. – dice secco, rivestendosi – Poi ci hanno messi in quarantena in quelle specie di vasche per cyloni. –

– Parli al plurale. – noto – Quanti eravate? –

– Non conosco il numero totale, nella mia stanza eravamo una dozzina, suppongo che nelle altre ne fossero contenuti altrettanti. – spiega – Ho contato venti stanze nel piano dove mi trovavo. Sette piani in totale, escluso l'ingresso al pianterreno. All'ultimo gli uffici. –

– Parli come un militare. –

– Perch้ lo sono. –

Trattengo il fiato.

– No... non dirmi... – annaspo – vi siete offerti volontari? –

Lui annuisce, le braccia conserte e lo sguardo lontano. Sembra quasi vergognarsi.

– Ce l'hanno venduta come un farmaco sperimentale. – accenna – Un modo per renderci pi๙ forti e reattivi in combattimento. –

– Ma che idioti! – sbotto – Non vi insegnano niente i film? Non ci si deve mai fidare dei federali! –

– Disse quella che lavorava per loro. – sogghigna – Comunque non hanno mentito: non c'่ paragone con quello che ero prima. –

– Giเ. – sbuffo – Allora qual'่ il problema? Perch้ sei scappato? E i tuoi colleghi che fine hanno fatto? E che diavolo c'entro io? –

Alza le mani, vagamente divertito: – All'ultima ti ho giเ risposto. –

– S์, e non me la bevo. – ribatto dura – Ok, sei un esperimento di laboratorio. Ok, non sei un licantropo come gli altri. Resta il fatto che sei un mostro e io non mi fido. Sopratutto se mi vieni a dire che sono come te, quando ่ evidente che... –

– Tu sei orfana di madre, lei ่ stata uccisa da un licantropo. –

Scatto all'indietro, sentendo il gelo salirmi su per le vene.

– Questo non c'entra niente con... come diavolo sai queste cose di me? –

– Nel centro avevano un dossier su di te. ศ cos์ che ti ho trovata. Cos์... – s'interrompe e mi lancia un'occhiata penetrante – e con il tuo odore. Tuo padre ti ha mai detto esattamente quando ่ morta? –

– Ero molto piccola. – taglio corto, arretrando ancora e stringendomi la braccia al petto.

Che voleva dire con quella cosa dell'odore?

– ศ vero. – annuisce, come se conoscesse perfettamente la storia – Non eri nemmeno nata. –

– Questo non ha senso! –

– Eri ancora nel suo grembo quando lei venne attaccata dal licantropo. – insiste lui – Il virus ่ stato assorbito da te e tu sei mutata. Tua madre non mor์ per l'attacco, ma per il parto. –

Mi rendo conto che sono in iperventilazione solo quando cerco di parlare e non ci riesco. Ha senso: con i vampiri pu๒ succedere e ci๒ che nasce ่ un dampiro, una creatura a metเ strada tra i succhiasangue e gli essere umani.

– Tu sei un ibrido umano-licantropo. –

– Stronzate! – balbetto pateticamente, mentre la testa inizia a lavorarmi contro.

– Hai sempre avuto un sesto senso per i licantropi: li riconosci anche nella loro forma umana e prevedi un attacco anche senza vedere il tuo avversario. –

– ศ un talento di famiglia. –

– La tua dieta si basa quasi del tutto sulla carne, arrivi a stare male se non la mangi tutti i giorni. –

– Ho un metabolismo particolare. –

– Il tuo ciclo... –

– E tu come cazzo...?! –

– Il tuo ciclo – m'interrompe – ่ perfettamente tarato sulle fasi lunari. –

– Questo non... prova niente... e tu sei un maledetto stalker! Adesso basta! –

Sta dicendo esattamente le cose che sto elaborando e l'inutilitเ delle mie risposte mi ่ chiara ancora prima di darle. Man mano che tutto viene a galla mi sento sprofondare nel panico.

– Tess... –

– Oh, sai anche il mio soprannome? – rido istericamente – Adesso mi dirai che marca di carta igienica uso?! –

– Non ti sei chiesta perch้ non mi hai sparato? –

Sfilo la pistola dalla fondina e gliela punto contro.

– Sono sempre in tempo. – sibilo.

Lo vedo scattare via. ศ velocissimo, molto pi๙ di quanto sono abituata a vedere. A stento seguo i suoi movimenti. E ancora una volta mi ritrovo immobilizzata.

– Con il tuo sangue hanno creato un virus in grado di riprodurre la tua mutazione genetica. – sussurra minaccioso all'orecchio – Io sono il risultato di questo. –

Faceva meno male una sprangata sui denti. La vista mi si offusca.

– Ti ho cercata per ucciderti. –

Serro gli occhi, facendo scorrere gi๙ le lacrime.

– Allora fallo. –

La sola idea che mi abbiano usata per fare questo... mi sparerei io stessa, ma sono una smidollata.

– No. Tu mi aiuterai a fermarli. –

Mi lascia andare. Crollo a terra e lo guardo dal basso, esterrefatta.

– Muovi il culo. – mi fa un cenno – Ci serve un piano. –

   
 
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