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Autore: crissi    12/12/2010    12 recensioni
ATTENZIONE! QUESTA E' UNA FIC SCRITTA A 4 MANI TRA BABY80 E CRISSI "Alcuni momenti della vita dei nostri amati, scanditi dal tempo, dalle stagioni... e tenute insieme da scorpacciate, mal di pancia e insetti fastidiosi..."
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Formiche e ciliegie 4
Settembre 1795, Arras

Una piccola tavola di legno, sulla quale vi erano poggiati ogni genere di alimenti, pareva essere la protagonista di quel pomeriggio di metà Settembre, che non sembrava intenzionato ad abbandonare l'estate appena trascorsa, al contrario, il cielo terso e l'aria calda tenevano alla larga l'autunno ormai alle porte.

Un paio di mani, dalle dita lunghe e sottili, erano intente ad aggiungere e mescolare, impastare e tirar pasta sulla piccola tavola invasa dal cibo e suppellettili vari, mentre un altro paio di mani, piccole e cicciottelle, arrancavano verso il bordo, allungandosi nel tentativo di agguantare una grossa scodella bianca che sparì di lì a poco.
La porta di casa era aperta, una consuetudine che ci si poteva concedere in campagna,  un piacere cui non si poteva rinunciare quando il bel tempo lo permetteva, specie ora che il Terrore era ufficialmente finito e ci si poteva permettere uno sguardo di speranza al futuro; e fu proprio dall'uscio aperto che emerse una piccola figura; una bambina dell'età approssimativa di cinque anni correva a piedi scalzi fuori dalla casa senza produrre il benché minimo rumore, le mani strette contro il petto e la boccuccia rossa dischiusa, il chiaro segno dell'enorme sforzo che stava affrontando per sfuggire da chissà chi... o cosa...
-    Ceriselle! (1)
Una voce di uomo, dal tono forte e imperioso, immobilizzò la fuga della bambina che si arrestò e con un accenno di esitazione si voltò, facendo ondeggiare nel medesimo istante la stoffa leggera della vestina azzurra e gli innumerevoli boccoli scuri che le incorniciavano il volto, bianco come il latte, e sul quale nacque un enorme sorriso, un eloquente sorriso furbetto.
La bimba mise le mani dietro la schiena, in una posa deliberatamente disinvolta che richiamava un atteggiamento  militaresco, e attese in silenzio che l'uomo dinnanzi a lei parlasse ancora.

-    Dove stai correndo? Non è che per caso hai combinato qualche marachella?
-    No, no.- rispose la bambina scuotendo il capo.
-    Mamma sa che sei uscita?- le chiese André guardandola dall'alto e notando qualcosa di strano in lei, un rigonfiamento sospetto sul petto, là dove non vi sarebbe dovuto essere alcun accenno di seno, non ancora almeno...
-    Si, sono in missione!
-    Che missione? - domandò l'uomo soffocando il riso e cercando di rimaner serio.
-    Ho il compito di andare a prendere due uova nel pollaio! Posso andarci sai? Sono grande adesso e le galline non mi fanno più paura!
-    Mi accompagna zio Alain...- aggiunse, menzognera,  la bambina con fare autoritario, per dissipare i dubbi chiaramente ancora leggibili sul volto del genitore.
-    Va bene, guardiamo dove si è cacciato quel... aspetta qui un attimo, vado a chiamare lo zio così poi andrete al pollaio insieme. - disse André guardandosi attorno alla ricerca di Alain, azione che gli costò cara, perché proprio in quel momento, approfittando della distrazione del padre, la bambina scappò via, il più velocemente possibile, lasciando dietro di sé una scia di ciliegie scivolate lungo il vestitino e cadute a terra.

Alain giunse proprio in quel mentre nel cortile con la solita flemma, le mani intrecciate dietro il capo e un pezzetto di legno tra i denti.

-    Quella bambina mi ricorda qualcuno... ogni giorno di più...- disse Alain senza nemmeno tentare di trattenere le risa, al contrario, le risate si fecero così violente da fargli quasi andare di traverso il pezzetto di legno.
-    Ceriselle! - urlò André con tutto il fiato che aveva in corpo e con un tono che avrebbe fatto gelare il sangue a chiunque.
-    Amico non ti arrabbiare è una bambina, vado a vedere dove si è cacciata, stai tranquillo adesso ci pensa lo zio Alain.
Affermazione che non calmò affatto André, al contrario, l'idea che l'amico potesse fare “comunella” con la figlia lo preoccupò ancor di più.

-    Alain, mi raccomando, niente parolacce, niente storielle sconce, niente...
-    André, dici che è ancora troppo piccola per raccontarle la storia della scrivania?
-    Alain!
-    Sto scherzando André, sto scherzando... magari tra qualche anno...- e si allontanò ignorando la sequela di insulti provenienti dall'amico.


André entrò in casa e trovò la moglie intenta a preparare quella che sembrava essere una torta. Sì, doveva essere una torta, in fin dei conti era il compleanno di Ceriselle e sicuramente Oscar voleva preparare qualcosa con le proprie mani.
Le si avvicinò con fare furtivo, lentamente, e senza farsi sorprendere le arrivò alle spalle cingendole la vita con le braccia e facendola sobbalzare.

-    Oh... ma...?
-    Hai visto quella ladruncola di tua figlia? - le sussurrò André all'orecchio.
-    No, non era con te? - rispose Oscar con un pizzico di sorpresa. - ...ladruncola? - aggiunse la donna, senza mai voltarsi verso l'uomo.
-    Oscar... Oscar... non sei capace di tenere d'occhio la ciurma. -  le sussurrò André, con tono di rimprovero, mostrandole la ciotola delle ciliegie completamente vuota.
-    Mi sembra di ricordare chiaramente di non averla concepita da sola, puoi seguirla anche tu! - rispose lei con fare rabbioso continuando a pasticciare con l'impasto che, chissà perché, non ricordava neppure lontanamente le soffici composte della cara Nanny.

L'uomo scostò di lato i lunghi capelli della donna, avvicinò le labbra alla pelle del collo e lo baciò, alternando baci lenti ed estenuanti a baci più appassionati, ma Oscar sembrava essere impassibile a tale assalto, rimaneva immobile, fredda, presa ancora dalla preparazione della torta.

-    Hai bisogno d'aiuto? - le chiese André in un sussurro quando lei rovesciò parecchia farina sul piano … No …Troppa farina sul piano di lavoro!
-    No. - fredda e lapidaria, lei.
-    Sei sicura? - le domandò di nuovo l'uomo, accostandosi ancora di più contro il corpo della donna e tirandole fuori dai pantaloni un lembo di stoffa della camicia , quel tanto da permettergli di insinuare una mano al di sotto e carezzarle il ventre, il seno...
Ad Oscar si piegarono le gambe, come fossero state di burro, e non poté evitarsi di gettare il capo all'indietro e cercare, con la mano ancora sporca di farina, il capo di André e spingerselo contro, invitandolo a perpetuare i baci che le tormentavano il collo.

-    André...”
-    Mmmmh...
-    André... c'è la porta aperta...
-    Uhmm... sono andati al pollaio...
-    Andati? Intendi che hai mandato Alain a tener d’occhio “mia “ figlia?
-    Ma … non era “nostra” figlia fino a un attimo fa?

Oscar si girò e tentò di liberarsi per andare dalla piccola, ma Andrè iniziò a rassicurarla, sorridendo serenamente.

-    Eddai, non succederà niente … Lo sai che Ceriselle è adulta abbastanza da poter badare ad Alain… - sussurrò ironico.
Oscar si divincolò, seccata, ed uscì per andare in cerca della bimba.



Nel frattempo la piccola generalessa stava prendendo per il naso lo zio Alain, comandandolo a bacchetta.
-    Tu vai a prendere due uova nel pollaio zio Alain...
-    Io cosa...? - chiese Alain alla piccola impertinente, chiaramente intenzionata a mangiar ciliegie tutta da sola.
-    Vai a prendere due uova, sei sordo zio Alain? - disse la bambina poggiando i palmi delle manine sulle terga dell'uomo, nel tentativo di spingerlo via, impresa che risultò piuttosto ardua nonostante lo sforzo impiegato; ma la monella non mollò la presa, al contrario, puntò i piedi a terra e fece leva per smuovere l'omone.
-    Perché devo andarci io nel pollaio? - domandò l'uomo ormai prossimo al riso notando il viso paonazzo della bambina.
-    Perché lo dico io!
-    Ah, giusto! E tu chi saresti?
-    Sono Ceriselle Victoire Grandier e... - esordì con timbro autoritario, ma si interruppe per concentrare tutte le sue forze nello spingere nuovamente l'uomo, il quale, ovviamente, non si mosse di un solo millimetro; al contrario i suoi piedini scivolavano all'indietro.
-    ...e tu devi fare quello che dico io! – riprese, dopo aver preso fiato.
-    Ah ah ah ah... degna figlia di tua madre!”
Alain posò una mano contro la fronte della bambina per allontanarla e arrestarne la corsa.
-    Sei cattivo. - mugugnò arresa Ceriselle dopo vari tentativi e un evidente segno rosso sulla fronte (le cinque dita di Alain).
-    Perché non vuoi andare nel pollaio? Hai ancora paura delle galline?
Alain si abbassò portandosi alla stesse altezza della bambina che gli puntò addosso i suoi occhioni azzurri.
-    No! - disse decisa.
-    Bene, allora vai tu a prendere le uova, io ti aspetto qui.

Ceriselle lo guardò esitante, mordicchiandosi il labbro inferiore. Evidentemente, la paura dei volatili e del loro tremendo becco era ancora ben presente nella sua testolina e lei aveva cercato di bleffare ma con la persona sbagliata.

-    Su!… – disse il gigante dal cuore d’oro, alzandosi e porgendole la mano – Andiamoci insieme nel pollaio. Io prenderò le uova, ma tu dovrai proteggermi…      Come si dice nell’esercito?
-    Guardarsi le spalle, si dice zio Alain! – rispose prontamente riprendendo il tono da gran ufficiale, stringendogli le grandi dita con la piccola mano.


***

Andrè seguì l’apprensiva moglie leggermente di malavoglia, visto l’appetito che le mani in pasta di lei gli avevano suscitato, quel genere di appetito per lei che con gli anni cresceva invece di scemare come accadeva a tante coppie. Ma poteva consolarsi aspettando la notte e fantasticando su quel corpo diventato ancor più bello dopo la gravidanza. Più morbido, accogliente e terribilmente eccitante.
Oscar cercava all’orizzonte tracce della piccola peste, con la mano posta sopra gli occhi a mo’ di visiera per ripararsi dal sole, ma riuscì solo a vedere quel carro arrivare tranquillo lungo il viale.
Sapeva chi erano quegli ospiti, erano attesi, anche se erano in ritardo sulle previsioni, ma la donna che si sbracciava vistosamente, non lasciava dubbi se mai ce ne fossero stati.
Il sorriso illuminò il viso di Oscar perché tra poco avrebbe finalmente rivisto colei che ormai considerava una sorella. Colei che l’aveva accolta dopo la loro fuga da palazzo Jarjaies, da quel generale furioso per il doppio tradimento della figlia: perché aveva sposato Andrè in segreto, perché aveva sposato la rivoluzione pubblicamente.
Con lei c’era il marito, che tanto male aveva recato ad Andrè, ma che aveva saputo farsi perdonare e che si era ampiamente sdebitato, proteggendoli e permettendo ad Oscar di conservare quella proprietà ad Arras, che altrimenti sarebbe finita tra i beni dell’Assemblea.
Il carro fermò a pochi passi da loro.
Come immaginato, Rosalie piangeva.
-    Madamigella Oscar …. – mormorò.
-    Cittadina Grandier! – la corresse la donna, allargando le braccia in segno di benvenuto.
Bernard balzò a terra e girò dietro il carro per andare ad aiutare la moglie a scendere.
-    Ben arrivati! – esclamò Andrè – eravamo quasi in pensiero per il vostro ritardo!
-    Colpa del carro – si giustificò Bernard – con una carrozza saremmo andati più veloci …
-    … e saremmo stati più comodi! – si lamentò la moglie stiracchiando la schiena, ponendo in evidenza una pancetta che non lasciava dubbi.
Bernard l’aiutò a scendere mentre due bambini identici cominciavano a far chiasso dal retro.
Andrè andò a farli scendere e quelli cominciarono a rincorrersi.
-    Così il n. 3 si fa sentire, eh? –  disse Andrè strizzando l’occhio ad una sbuffante Rosalie.
-    Dovresti portarne in giro uno prima di fare lo spiritoso. Anzi, l’Assemblea dovrebbe metterlo per legge: tutti i cittadini maschi sono obbligati a restare incinti      almeno una volta nella vita! - esclamò, sorreggendosi la schiena con la mano ed agitando minacciosamente un dito verso i due uomini.
-    Ehi! Siete arrivati! – gridò il vocione di Alain.
-    Eccolo, lui dovrebbero essere il primo!… - mormorò ghignando Rosalie.
Oscar le si fece appressò, l’abbracciò caldamente e la guidò verso una delle poltrone nel portico.
Gli uomini si scambiarono energiche pacche sulle spalle, gesto che indicava il massimo dell’espansività virile.
Bernard scoppiò a ridere ad una battuta di Alain; Andrè scosse il capo con una smorfia, espressione che indicava che la battuta era a sue spese.
Nel mezzo del caos, la bimbetta se ne stava là, col suo abitino azzurro chiazzato di rosso ciliegia.
Ceriselle, vieni a conoscere zia Rosalie – la chiamò Oscar.
La bimba, fingendo indifferenza nei confronti dei due maschietti urlanti che parevano avere suppergiù la sua età, si diresse nel portico ad incontrare la signora che mamma aveva definito “zia”.
Oscar la guardò malamente, vedendo come si era conciata l’abitino, ma non disse una parola.
Ceriselle resse lo sguardo della madre, e tirando su bene le spalle, sorrise alla grossa signora bionda piangente.
-    Oh…. Ma è un amore questa bimba!!!
-    Solo quando vuole … - rimarcò Oscar con tono duro - Come mai non siete venuti in carrozza? Nelle tue condizioni, poi…
-    Abbiamo una “cosa” da consegnarvi… - ridacchiò Rosalie.

Oscar ne fu sorpresa. Ormai mancavano da un bel po’ da Parigi. Dall’inizio del 1790.  Chi poteva mandarle qualcosa dalla capitale?
Dopo la presa della Bastiglia, le cose si erano complicate.
Rosalie e Bernard li avevano ospitati volentieri e loro avevano preso posto accanto a Lafayette nella Guardia Nazionale.
Ma i dubbi su Oscar e la sua fedeltà alla causa rivoluzionaria erano lì, serpeggiavano fra le fila dei rivoluzionari, strisciavano nell’ombra, bisbigliati alle sue spalle; specie perché suo padre, il generale Jarjaies, si era rivelato un fedele realista, che col tempo aveva dovuto darsi alla macchia. Tutta la famiglia era espatriata, portandosi dietro Nanny. Le notizie si erano fatte sempre più rade, fino ad azzerarsi durante quel lungo incubo che era stato chiamato “il terrore”, che fortunatamente sembrava finito.
Inoltre, complice il freddo inverno del 1789, le effusioni represse troppo a lungo avevano finito col mettere in cantiere ciò che non era in programma. Andrè non aveva voluto sentir storie. Parigi era troppo pericolosa ora che Oscar non era più solo un soldato, ma la madre del loro bambino.
Così avevano raggiunto un accordo: niente situazioni pericolose. Ed era saltata fuori Arras.
Con tutto quello che era seguito, gli orrori e le violenze di una rivoluzione indecisa sul cammino da percorrere, nessuno dei due aveva rimpianti per non aver partecipato in prima linea all’evolversi del conflitto.
Avevano ciò che mai avrebbero sperato: una famiglia, una vita relativamente serena in campagna.
Rosalie le allungò una busta.
Oscar impallidì riconoscendo nella lettera la calligrafia del genitore.
Il tono era stranamente cordiale e … paterno, sì.
La informava su quanto accaduto negli ultimi anni.
Madre, sorelle e relative famiglie, fortunatamente stavano bene, in salvo all’estero.
Nanny, purtroppo, se ne era andata l’inverno prima, ma serenamente, felice di sapere che i suoi bambini erano sicuri e finalmente felici ad Arras.
E anche lui, sì, incredibile, anche lui era felice di saperli insieme. Aveva sempre pensato ad Andrè come all’uomo perfetto per lei, se solo … Beh, la Rivoluzione aveva annullato quel “se”.
La sola cosa positiva di quella catastrofe e di tutto quel sangue, per il generale, era saperli insieme.

“Incredibile …”, pensava Oscar… Ma, quindi, cosa poteva esserci sul carro?
Alzò lo sguardo proprio nel momento in cui Andrè levava il telo che copriva l’oggetto e uno sguardo di sorpresa corse tra di loro, mentre le guance di Oscar si arrossavano.

“Sono padre di sei figlie, Oscar… Non sono tanto ottuso quanto credi”, terminava la lettera del generale. “Spero che potrete utilizzarla al meglio. Porgo ad entrambi i miei migliori auguri, un bacio a mia nipote, con la speranza di poterci rivedere tutti in tempi migliori”

***


Era una sera splendida.
L’aria era ancora tiepida, così la tavolata era stata preparata nel cortile, illuminato da torce.
Rosalie continuava ad offrirsi per servire in tavola e Oscar continuava a farla sedere a forza.
La Francia era ancora in miseria, ma la fame non era  un problema che toccava la loro tenuta. Riuscivano a produrre quanto bastava alla loro famiglia e ai lavoranti; alla fine, questo era l’importante.
Alain li aveva raggiunti da un paio d’anni, dopo che, schifato dal clima creatosi a Parigi, dalle pugnalate alle spalle tra fratelli, dalla delazione come quotidianità,  aveva mollato il suo posto da ufficiale della Guardia Nazionale ed aveva accettato la proposta di Andrè di aiutarlo nella conduzione della fattoria.
Inutile precisare che, dopo l’arrivo di Alain, il consumo di vino era sensibilmente aumentato.
Ma anche l’allegria.
Ceriselle poi adorava il gigante e, purtroppo, aveva cominciato ad assorbirne qualche lato negativo.
Ma nell’insieme, nessuno poteva lamentarsi.

-    Come è possibile che tutti sappiate della faccenda della scrivania! – esplose Oscar dopo l’ennesima battuta piccante sul dono del generale.
-    Io l’ho detto solo ad Alain, perché me lo ha estorto … - ammise Andrè ridendo.
-    E lui ha fatto le pubblicazioni! – esclamò Rosalie, dando voce al pensiero comune.
-    Ehi, di sicuro non l’ho spifferato io il “grande segreto” al signor generale! – si difese Alain.
-    No, mi ha confidato di essersene accorto da solo vedendo Oscar chiedere ad Andrè di riporre la polvere di piretro che “lui sapeva dove”… Ha solo fatto          due più due … O, meglio … uno più uno … - rise Rosalie.
-    Però … è stato un bel pensiero, no… - azzardò Bernard.
-    Sì, davvero … divertente… - ringhiò Oscar. – Ma, come … - chiese a Rosalie, diventando seria.
La donna volse il capo, perdendo lo sguardo nel buio della notte che ormai era calata.
-    Sapete che mi sono occupata di Sua Maestà La Regina alla Conciergerie, vero?
Oscar annuì. Sì, glielo aveva scritto.
-    Vostro padre era l’unico che riusciva a farle faceva visita. Ovviamente, con generalità false e mettendo a serio rischio la sua vita. Naturalmente, mi ha             riconosciuta e l’ho aiutato per quel che potevo. Non ho mai digerito come trattarono Maria Antonietta. Bernard sa come la penso e non ne discutiamo             neppure. Un giorno vostro padre mi chiese di voi ed Andrè. Io gli raccontai tutto, perché nel suo sguardo, nella sua voce, nei suoi gesti, non v’era altro che        amore per voi. Ha sempre cercato di tenersi in contatto con me. Bernard lo ha saputo solo quando ci siamo visti recapitare quella scrivania, altrimenti mi             avrebbe impedito di mettere a rischio la mia vita a quel modo. – lanciò uno sguardo affettuoso al marito – Voleva solo la mia sicurezza …- precisò.
Allungò una mano verso la sua borsa e ne tirò fuori una rosa di tela.
-    Oscar … non ve ne ho mai accenato nelle nostre lettere ma,… Maria Antonietta mi chiese di portarvi questa rosa fatta da lei e di augurarvi ogni bene.
Oscar la prese e non potè trattenere una lacrima. Era d’accordo con Rosalie, ma il tribunale rivoluzionario aveva deciso diversamente; e lei ormai non contava  nulla a Parigi.

Il botto di una bottiglia stappata le riportò alla realtà: basta, quella non doveva essere serata di malinconie e dolori!
Una forchettata dopo l’altra e parecchi brindisi dopo, Alain aveva sfidato Bernard a braccio di ferro ed Andrè scuoteva il capo, constatando quanto fosse facile menare per il naso l’ex cavaliere nero, quando un paio di bicchieri ne allentavano la vigilanza.
Averlo saputo anni prima, avrebbe potuto offrirgli da bere, invece di battersi e farsi cavare un occhio.

Oscar portò in tavola la torta alle ciliegie, terminata nel pomeriggio grazie all’intervento di Rosalie.
Seguirono auguri alla piccola festeggiata ed un generale battimani.
I bambini si avventarono sulla torta, divorandola fino all’ultima briciola, quindi, con la pancia ben piena e gli occhi assai pesanti, vennero accompagnati alle loro stanze dalle madri esauste, che ne approfittarono per ritirarsi, lasciando gli uomini a finire gli ultimi fondi di bottiglia ed a raccontarsele pesanti.

***

Andrè entrò traballando impercettibilmente nella camera da letto e, appena a tiro, si sedette sul bordo del letto.
-    Hai bevuto troppo – mormorò la moglie con voce un po’ impastata, ma evidentemente ancora sveglia, mentre lui si spogliava di stivali e pantaloni.
-    Non così tanto, stai tranquilla… - ridacchiò lui, sdraiandosi e facendolesi appresso, chiaramente intenzionato a riprendere il “discorso” interrotto in cucina quel pomeriggio.
-    Ci avete dato dentro col rosso, eh? – lo canzonò lei sopportando pazientemente baci e palpeggi elargiti in ordine sparso e un po’ confuso.
-    Mhmmm… Bernard non lo regge proprio…
-    Tu invece sì? – lo canzonò.
-    Vieni qua che te lo dimostro… - disse tirando sul loro capo le lenzuola, stringendola a sé.
-    Andréee… - sospirò lei, sulla via del cedimento.
-    … mhmmm…Profumi ancora di torta …Sai di buono…
-    Sei determinato oggi, Grandier – constatò lei, iniziando a ricambiare le carezze ed i baci.
-    … mhmm… Il pensiero di quella scrivania, poi … - sospirò ammiccando - Non  mi sarei aspettato tanto umorismo da parte del generale - ammise sbirciandole con soddisfazione nello scollo della camicia, prima di ritornare a succhiarle il collo.

In quel mentre, senza che i due se ne accorgessero poiché in faccende affaccendati, la porta si dischiuse piano e un esserino scalzo guadagnò il centro della stanza; come una talpina scavò il suo tunnel partendo dai piedi verso la cima del letto dei genitori e, con una spinta decisa e forte, per la ranocchietta che era, si infilò tra loro separandoli.

-    Basta! Basta baciare la mamma, Andrè!!!
-    Oh.. cosa sono queste confidenze? – chiese lui tra il seccato e lo sbalordito.
-    Sei noioso! Non lasci mai stare la mamma! La mamma è mia! Ho il mal di pancia e lei me lo fa passare, tu invece no! – esclamò secca, aggrappandosi al collo di Oscar.
-    Come sarebbe?!
-    Caspita! – esclamò la bionda – Pare che tu abbia perso il tuo primato come guaritore, mio caro! Ma, in fondo, io ti ho sempre battuto, su tutto!
Andrè si abbandonò sulla schiena, sbuffando.
-    Solo perché baravo… - mormorò.
Oscar cominciò a massaggiare la pancia della bimba, comodamente allargata fra di loro.
-    Hai capito perché ti diciamo sempre di non mangiare troppe  ciliegie? Poi ti fa male la pancia e non riesci a dormire…
-    … e papà…
-    Andrè! – lo zittì in tempo.
Nella stanza calò il silenzio.
-    Si è già addormentata? – chiese in un sussurro lui, dopo pochi minuti.
-    Sembra di sì…
-    Questa bimba è troppo lunga … - constatò lui in un bisbiglio, cercando di raddrizzare Ceriselle che aveva preso una bizzarra posizione diagonale, puntando i piedini nelle sue costole, ed allontanandoli ancor di più.
-    Sì, è decisamente figlia nostra. – convenne Oscar, sorridendo.

In quel momento si udì un tremendo colpo provenire dal cortile.
Velocemente, Andrè corse alla finestra.
-    Ma, cavolo … - ringhiò vedendo la causa del rumore rialzarsi dal ghiaietto e raddrizzare la carriola capovolta.
Aprì la finestra.
-    Alain! – esclamò con tono il più possibile contenuto. – Hai deciso di svegliare tutti! Stai attendo a dove cammini!
L’amico, gli fece un cenno scoordinato con la mano e si portò davanti ad un albero per orinare.
-    Alain! – ringhiò ancora Andrè – Ti costa così tanto andare alla latrina?
-    Sai qual è il bello della campagna? Che è una latrina gigante! (2) – biascicò il gigante.
Andrè si arrese e richiuse la finestra.
Si volto di nuovo verso il letto.
Oscar pareva quasi assopita ed era indicibilmente bella, così scomposta.
La debole luce della candela ancora accesa la illuminava quel tanto che bastava da creare ombre intriganti fra le pieghe della sua camicia.
Si avvicinò e le si sdraiò alle spalle, seguendo la sua posizione.
-    Cos’ è?
-    Cos’ è cosa?
-    Quello che stai facendo?
-    Non ti sembra chiaro?
-    Non scherzare! – e indicò la bimba, ricordandogli la sua presenza - Piuttosto…Vai giù, che sicuramente Alain dimenticherà di chiudere col catenaccio la         porta. Poi riporterai la piccola nella sua cameretta.

Andrè sospirò rassegnato. Non era giornata, decisamente.. Non solo Oscar aveva ripreso a comandarlo peggio di quando era il suo attendente
Doveva pure rassegnarsi a finire in bianco!
Lo aveva fatto per venti anni, una notte in più…, pensò reinfilandosi i pantaloni.


Andrè scese da basso e trovò, ancor prima di Alain, il rumore che lo precedeva.
-    Dov’eri finito?
-    In paese, avevo un appuntamento – rispose quello prontamente, grattandosi la nuca e strizzando l’occhio.
Andrè si avvicinò al portone che ovviamente Alain non aveva chiuso.
-    Sta attento a non far chiasso. Ceriselle si è appena riaddormentata e vorrei avere un “appuntamento” con  mia moglie, se non ti spiace.

Alain si diresse verso la cucina farfugliando qualcosa sulle pietanze troppo saporite cucinate da Rosalie e sulla sete tremenda che non riusciva a placare.
André ignorò le parole dell'amico: era difficile stare ad ascoltarlo di giorno, figuriamoci in piena notte, così si affrettò a chiudere il portone che però aveva deciso di dargli contro come ogni cosa quel giorno.
Forzò il catenaccio, spinse i battenti, colpì i cardini, tentò il tutto e per tutto pur di riuscire a chiudere il prima possibile quella maledetta porta; tanto era preso nel compiere tale impresa che non si accorse dell'arrivo della moglie.
Oscar si fermò sulla soglia, lanciò uno sguardo divertito nella direzione di André e trattenne una risata, si guardò attorno e vide il regalo di suo padre, quella scrivania che anni addietro era stata la causa di tutto, di tutto quello che possedeva ora: un marito, una figlia, un'esistenza finalmente libera.
In un attimo si avvicinò al mobile carezzandolo come fosse stato vivo, le dita scorrevano delicate sugli intagli che ne adornavano i bordi, e la mente volse al passato, quando il padre vi sedeva al di là concentrato a scrivere qualche rapporto, o pieno di rabbia vi sbatteva i pugni al di sopra. Quante volte aveva toccato quel legno? Legno che le era sempre sembrato freddo come ghiaccio, fino al giorno in cui lei e André... Oh, no quel giorno il legno era caldo, complice di quel fuoco che sarebbe divampato di li a poco, e che ancora oggi, dopo tanti anni, non dava segno di volersi estinguere.
Un rumore improvviso distolse Oscar dai propri pensieri, giusto il tempo di capire che quel suono sordo, ovattato, proveniva da una calzata e la donna di ritrovò a ridosso della scrivania, spinta dal peso di un corpo che ormai riconosceva senza bisogno di alcun sguardo.

-    André... - tentò di pronunciare, ma lui le premette una mano sulle labbra, impedendole qualsiasi possibilità di replica, spingendosi ancora di più contro il suo corpo, con una tale forza che Oscar dovette puntare le mani sul mobile per non cadere, e quando sentì le gambe di André dischiudere le proprie e la mano libera di lui farsi strada al di sotto della camicia da notte, ringraziò dio d'avere la bocca serrata.
L'uomo si fece sempre più vicino, poggiandosi sulla schiena di lei mentre le dita avevano ormai scoperto le lunghe cosce della donna, le labbra a pochi centimetri dal suo orecchio.

-    Non fiatare... non dire una parola Oscar... - sussurrò André al suo orecchio poco prima di liberarle la bocca dalla morsa della sua mano, e ancor prima che lei potesse anche solo respirare la voltò verso di lui; la guardò per qualche istante, come fosse la prima volta e senza proferir parola mise le mani al di sotto delle cosce sollevandola a sedere sulla scrivania.
-    And...
Oscar non riuscì a portare a termine ciò che la lingua aveva cominciato a pronunciare, le mani di lui erano state più veloci: una si posò, con un moto di violenta passione, sulla sua bocca, l'altra si insinuò al di sotto del ginocchio e la trascinò verso si sé, sul bordo del mobile.
In un attimo André sciolse il suo essere uomo, denudando quell'eccitazione che ormai era più che palese, e non vi fu ostacolo alla lussuria; al contrario, le gambe di Oscar si schiusero dinnanzi all'uomo, accogliendolo con la medesima voglia che accompagnava le spinte decise dei fianchi di lui.


***

Alain trangugiò un bel bicchiere d'acqua per placare l’arsura dovuta alla sostanziosa cena, all’abbondante vino e … sì, beh, anche ai baci della moglie del falegname, già! …
Prese la candela con la quale si era accompagnato in cucina, quindi si diresse strascicando i piedi stanchi fino alle scale che lo avrebbero condotto alla sua stanza, senza far caso ai rumori provenienti dal salottino a lato dell'ingresso.
Ma ancora prima di "pestare" il quinto scalino, incrociò una figurina tremante.
-    Hey, formichina, cosa ci fai ancora sveglia?
-    Non trovo più la mamma e il papà – balbettò la piccola con il labbro inferiore tremolante ed il tono di una che non voleva piangere.
“Proprio figlia di Oscar”, pensò Alain, “doveva far la dura a tutti i costi…”

-    Oh, accidenti, dove saranno mai finiti? bisogna sempre sorvegliarli, eh?
La bimba annuì.
-    Vieni qui, dai la manina a zio Alain che andiamo a cercarli – disse per tranquillizzarla porgendole la mano.- Sicura non siano saliti?
La piccola lasciò che l’uomo chiudesse nella sua la piccola mano e scosse il capo, con decisione.
-    Suvvia… saranno qui vicino… Ho parlato col tuo papà pochi minuti fa … Vediamo se sono qui … - disse affacciandosi al salottino del pianterreno. E…
-    Oh, porc…!
-    Mamma…? – mormorò Ceriselle, perplessa più che altro perché a lei era sempre stato vietato sedersi sui mobili.
-    Caspita, non c’è stato bisogno di raccontarle della scrivania! – esclamò fra sè Alain, in un sussurro, dalla porta che provvedeva  velocemente a chiudere, prendendo nel contempo in braccio la piccola, inconsapevole, dall’aria solo seccata perché i genitori neppure si erano accorti di lei.
Ma lei oh, sì, Ceriselle Victoire Grandier glielo avrebbe fatto notare che il regolamento non poteva valere solo per lei!

“Bravo, Grandier! hai fatto la tipica figuraccia da genitore e tocca a me mettere una pezza perchè tu sei troppo impegnato”, pensò Alain cominciando a salire le scale con la piccola al collo.
-    Andiamo, Ceriselle, vieni con zio Alain che mamma e papà devono controllare se il regalo del nonno può ancora essere utile…- le disse - Tu intanto,                 comincia a cercare un nome per il fratellino…
-    Fratellino!? – esclamò la piccola, inarcando un sopracciglio, mentre meditava se la cosa potesse essere positiva o no per lei..
-    Sì, credo che tra un po’ ne avrai uno … Sai, penso che il fratellino verrà chiamato Auguste, come il nonno… Già, ho paura che stavolta la responsabilità sia      anche sua, formichina …


EPILOGO
 
Le autrici vogliono tranquillizzare le gentili lettrici su un paio di punti: innanzitutto, Andrè non avrebbe fatto “cose” con la piccola nel lettone, voleva soltanto provocare la moglie; inoltre, Ceriselle non riportò traumi per il fatto cui assistette, poiché non capì neppure velatamente la situazione.
A confonderla ulteriormente contribuirono poi le roboanti spiegazioni di zio Alain.

Il giorno seguente, i suoi genitori dovettero subire in silenzio la ramanzina sul fatto che se lei non poteva sedersi sui mobili, neppure loro potevano, perché in Francia c’erano “liberté”, ma anche “égalité” e solo per il fatto che era piccola non dovevano prenderla in giro (ebbene sì, questa era un’ arringa imparata da zio Bernard!).
Naturalmente, Ceriselle ebbe un fratellino che venne chiamato Auguste Alain e che lei adorò, specialmente quando poteva maltrattarlo e schiavizzarlo.
Rosalie ebbe un altro maschio, così Ceriselle restò l’unica reginetta incontrastata tra tutti quei maschietti.
Una volta cresciuta, entrambi i gemelli di Rosalie si innamorarono di lei. Dopo averli sapientemente messi uno contro l’altro, Ceriselle scelse un ragazzo di Arras, che piaceva tanto anche a papà (e pure al nonno!), e si dedicò con lui a coltivare mele e, ovviamente, ciliegie.
Che altro … Oh, sì! Alain sta ancora con la moglie del falegname, che però è scappato in America con una fanciulla molto più giovane e perfino più disinibita della moglie…


fine –

note:
1)    Ceriselle, da cerise=ciliegia
2)    “E’ una latrina gigante” : Frase “rubata” al film “Il grande freddo”
   
 
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