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Autore: miseichan    12/12/2010    6 recensioni
C'è chi sente la pioggia e chi si bagna.
Danilo non riesce a pensare coerentemente. Sa che tutto sta per finire.
Danilo vede la pioggia. La sente, la sogna.
E pensa a lui...
Una storia che non è niente più di un racconto.
Un racconto che vive attraverso le lacrime di pioggia.
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Lacrime di cristallo'
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Drops

 

 

I need you by my side 
Don't know how I'll survive 
A day without you is like a year without rain
 

 

C’è chi sente la pioggia e chi si bagna.

 

Danilo serrò le labbra, spingendo più a fondo le mani nelle tasche.

Sospirò, smettendo di camminare. Avrebbe voluto annullarsi, mettere fine a tutto. Smettere finalmente di pensare. Non desiderava altro.

Sapeva però, di dover aspettare. Il momento giusto non era ancora arrivato.

Si guardò attorno, lasciando che lo sguardo indugiasse sul paesaggio da sogno: i colori quel giorno avevano deciso di giocare, fondendosi e amalgamandosi. I colori tetri del cielo, quelli scuri degli uomini. Le diverse tonalità di grigio erano riservate alle nubi, minaccianti tempesta; le sfumature di nero, invece, erano tutte per loro. Loro che erano lì, pronti a rendere omaggio al defunto.

« Ed ora, diamo la parola ad un caro amico di Mauro. Si conoscevano ormai da, spero di non sbagliare, molto più di vent’anni. Danilo, se vuoi raggiungermi… »

Danilo annuì, lisciandosi i pantaloni con una mano. Era nervoso. Sentiva gli occhi lucidi dei presenti puntati su di sé. L’ansia che saliva, impossibile da trattenersi.

Superò le fila di sedie nere, le persone vestite a lutto, i fasci di crisantemi.

Si fermò solo quando ebbe raggiunto l’uomo che lo aveva chiamato: alle spalle della bara, proprio di fronte a tutti. Si aspettava che di lì a poco gli sarebbe comparso un microfono fra le mani, mentre la sua voce, giuliva, avrebbe commentato divertita, rivolgendosi ilare agli spettatori.

Quel giorno però, era diverso. Non era uno dei tanti. Non era a teatro, sul palco.

Era a un funerale.

« Direi che non so da dove cominciare, ma temo sarebbe scontato come inizio » mormorò allora, schiarendosi a disagio la voce.

« Questo è il mio terzo funerale » disse, allentando il nodo della cravatta « Il primo, di mio padre, risale ormai a troppi anni fa. Ero appena un bambino, non è altro che un ricordo indefinito. Il secondo, invece, è ben radicato nella mia memoria. Non volevo andarci, se proprio vogliamo essere sinceri. A convincermi fu Mauro. Venne a svegliarmi, già vestito di nero, minacciandomi di gravi ripercussioni se non mi fossi alzato. Questa volta, il funerale era di mia madre. Non dovete biasimarmi. Ero un diciassettenne traumatizzato allora, che se non avesse avuto la fortuna di avere un amico come Mauro, sarebbe stato assente al funerale della propria madre. »

Danilo si tolse la cravatta, un gesto nervoso ed esasperato.

« Dopo la morte della mamma, non mi vergogno di dire che caddi in un pozzo senza fondo. Non riuscivo più a risollevarmi. Sono convinto che sarei ancora lì: a raschiare in un cumulo di droga, alcol e depravazione, se non ci fosse stato lui. »

Danilo sorrise, sentendo una goccia di pioggia scendergli lungo la guancia.

« Per chi ancora non lo avesse capito, il lui in questione è sempre Mauro. Il giovane uomo per cui siamo qui. Il ragazzo che ora, so che non suona bene, è nella bara davanti ai nostri occhi »

Danilo ghignò, sollevando felice il viso verso il cielo.

« Penserete che sia pazzo. Sono sicuro vi starete tutti chiedendo per quale assurdo motivo sono vestito di bianco, o perché mai sia contento del temporale che sta per infuriare. Vi domanderete come mi sia permesso di mettermi a parlare con così tanta insolenza di una povera anima che… »

Danilo si bloccò, la voce che gli moriva in gola.

La cravatta gli cadde dalle mani, scivolando pigramente sulla bara in ebano ai suoi piedi.

Quando ricominciò a parlare, la voce era spezzata, fievole al punto da risultare eterea.

« Mauro per me è stato molto più di un amico » cominciò, il respiro affaticato « Ora ho, quanti anni? Trentasei. Sì, trentasei in giugno. Conosco Mauro da quando ne avevo cinque »

Sorrise, scuotendo impercettibilmente la testa.

« Abbiamo fatto le stesse scuole, vissuto le stesse avventure. Patito gli stessi dolori ed esultato per le stesse vittorie. Ero sempre io, tuttavia, quello più fragile. Così com’è sempre stato Mauro a risollevarmi, a riportarmi a galla. Il suo sorriso, le sue parole, non mi abbandoneranno mai »

Danilo non ricordava più dov’era. Non vedeva le persone davanti a sé.

Sentiva le gocce farsi sempre più insistenti, scendergli addosso e carezzarlo.

« Potrei raccontare tante di quelle cose su di lui, da scriverci poi un libro. E sono convinto che scalerebbe tutte le classifiche, posizionandosi al primo posto nel cuore di tutti. Perché è questo che faceva Mauro. Con i suoi occhioni marroni, da cucciolo smarrito e in cerca di coccole. Lui che poi era sempre il primo a regalare tutto il suo affetto »

Danilo s’interruppe un attimo, le labbra che tremavano.

« La pioggia poi, è sempre stata una costante » mormorò di colpo, sollevando gli occhi al cielo. « Sì, pioveva quando ci siamo incontrati, pioveva quando siamo diventati amici, piove adesso. Pioveva la prima volta che ci siamo ubriacati, il giorno della laurea, quando abbiamo trovato un lavoro. Le prime delusioni amorose, i primi veri amori. Pioveva. »

Danilo sospirò, chiedendosi perché mai stesse dicendo tutte quelle cose.

Perché non stesse semplicemente facendo quello che sapeva di dover fare.

Perché stesse perdendo tempo.

« Mauro diceva sempre una cosa: diceva “ C’è chi sente la pioggia e chi si bagna ” » Un sorriso incurvò le sue labbra, mentre con espressione assente continuava « Intendeva che… non credo ci sia bisogno di dirvi cosa intendesse. Probabilmente nemmeno v’interessa. Voglio solo aggiungere un’altra cosa. Io lo… »

Danilo non terminò, allontanandosi di corsa.

Si allontanò dalla bara, dalle persone, dal dolore. Corse, sotto la pioggia.

Si fermò solo quando ebbe raggiunto il luogo che gli interessava.

Nel punto esatto in cui si vedeva il mare.

A Posillipo, ecco dove Mauro voleva essere sepolto. A Posillipo, a strapiombo sul mare. E Danilo aveva fatto il diavolo a quattro affinché la sua volontà fosse eseguita.

Fino a due settimane prima, Danilo era stato il debole. Mauro il forte.

Meno di quattordici giorni prima, invece, i ruoli si erano invertiti.

Dall’istante in cui Mauro aveva pronunciato quella parola, tutto era cambiato.

Cancro.

Stadio avanzato. Dolore, paura, sofferenza. Solo quello si prospettava nel suo futuro. E sotto un acquazzone, Mauro, aveva finalmente trovato il coraggio di dirglielo. Danilo si era sentito mancare, mentre per la prima volta quegli occhioni da cucciolo non erano pronti a sorreggerlo.

Qualcosa era cambiato. Vedendo che la luce si spegneva negli occhi disperati dell’amico, il fuoco aveva iniziato a bruciare in quelli di Danilo.

Come se tutta la forza si fosse trasferita in lui. Come se avesse potuto affrontare ogni cosa.

Persino la morte.

Danilo non lo aveva lasciato. Lo aveva fatto sorridere, era riuscito a farlo ridere. Lo aveva portato sulla neve, a fare jumpi-bunjing. Erano andati a New York e si erano fatti un tatuaggio.

Tutte le cose che avevano sempre voluto fare.

Tutti i sogni che Mauro aveva visto distruggersi davanti agli occhi.

E Danilo era arrivato fino alla fine. Lo aveva accompagnato fino alla punta del precipizio.

Mano nella mano.

Perché?

Perché lo amava.

Non lo sapeva nessuno, non lo avrebbe mai saputo nessuno.

Neanche Mauro lo sapeva, ed era giusto così.

Danilo strinse i pugni fino a farsi impallidire le nocche. Guardò il mare sotto di sé, sempre più agitato. Le onde che s’infrangevano sugli scogli. La schiuma che montava senza estinguersi mai.

La voce che lo chiamava proveniva da lontano. Gli giunse attutita, smorzata.

Danilo non si girò. Con la coda dell’occhio lo aveva visto: un poliziotto che a passi rapidi si affrettava a raggiungerlo. Vestito di blu, una mano sulla fondina. Se lo aspettava, Danilo.

Sorrise, ripensando al momento in cui infilava la siringa nel braccio dell’amico.

Sorrise, ricordando lo sguardo di gratitudine che Mauro gli aveva riservato.

Un sorriso amaro, il sorriso di chi sa di aver ucciso il proprio amore.

Danilo aveva adempiuto le volontà dell’amico.

Ora gli rimaneva solo da realizzare le proprie.

Sorrideva, lo sguardo fisso sul vuoto sotto di sé. Lo stesso sorriso, solo più sincero.

Era giunto il momento.

Chiuse gli occhi, allargando le braccia, spingendosi fino al bordo della scogliera…

Sorrideva, una lacrima che gli rigava la guancia.

Sorrideva agli occhioni marroni che lo guardavano. Ne era sicuro, presto li avrebbe raggiunti.

Ignorò le grida dietro di sé. Semplicemente, si lasciò andare.

Il vento che lo investiva appieno, impedendogli di sentire ancora la pioggia.

Tutti i pensieri erano concentrati su di un’unica domanda.

Chissà se anche lassù esiste la pioggia.

La risposta gli giunse prima dell’impatto.

Sì.

E Danilo, per l’ultima volta, sorrise.

 

§

 

 

 

 

 



   
 
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