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Autore: Jaded_Mars    13/12/2010    4 recensioni
Due ragazze inglesi nella Los Angeles del 1985,l'incrocio delle loro vite con quelle di cinque ragazzi e musicisti fuori dal comune, i Guns n' Roses,e una valigia da preparare per seguire il tour di una delle più oltraggiose band del momento, i Motley Crue.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Andy si sedette alla sua scrivania. Diede un’occhiata all’angolo dei messaggi di redazione, e vi trovò una busta con “Motley Crue” scritto a penna nera. La famosa busta. Quella che solo i fortunati che partivano in  tour per una copertina ricevevano. Conteneva la serie di indicazioni che avrebbe dovuto seguire per fare l’intervista. Ovvero una rigida lista di ordini da rispettare recapitate dal management della band, quando partire, dove trovarsi, con chi parlare, quando parlare, di cosa parlare addirittura (ah come se  con quelle parole scritte avessero potuto impedirle di fare domande, proprio non la conoscevano!) e un sacco di altri punti che non si diede nemmeno la pena di leggere. Ciò che bastava era sapere l’orario e il luogo di partenza e se le avrebbero dato un letto un cui dormire. Fino a quel momento si era divisa tra recensire dischi in ufficio e assistere a live in città. Aveva anche viaggiato per quel lavoro e sapeva che non sempre si poteva sperare in tanti agi. La maggior parte delle volte da quando era lì aveva dovuto arrangiarsi a trovarsi una stanza in un alberghetto decente, se non addirittura stare sveglia tutta notte in attesa del volo di ritorno a casa. Come quella volta che era andata a Phoenix al concerto di apertura del tour dei Metallica, aveva passato la notte passando di bar in bar con Paul, il fotografo che la accompagnava. Sarebbe anche stata una serata decente se non per la compagnia di quel ragazzo insopportabile che oltretutto continuava a blaterare a vanvera. Per tutte quelle sei interminabili ore che la separavano dall’aereo di ritorno avrebbe desiderato di ficcargli un calzino in bocca o spaccagli direttamente una bottiglia di birra in testa per farlo tacere del tutto per un po’. Sembra strano un trattamento del genere? Beh non ci si poteva aspettare molto da quei pidocchiosi del giornale, se scucivano i soldi per il viaggio era già tanto. “Tutte le spese extra sono a carico personale”, spese extra, così si chiamavano ora il cibo e l’alloggio. Quando sentì per la prima volta quelle parole uscire dalla bocca di Warner, gli scoppiò a ridere in faccia pensando che scherzasse. Non era abituata così. In Inghilterra era diverso, il Melody se ti spediva sulla strada a seguire qualche evento ti offriva il pacchetto completo,tranne per i festival, ma francamente, ai festival inglesi dormire in albergo è una cosa molto da perdenti. “Abituatici Meister, siamo al Rolling Stone, siamo in America qui.”. Ma a lei stava bene così, in fondo aveva vent’anni e a vent’anni che ti frega delle comodità? Prendi e vai all’avventura! E tutto sommato se aveva trovato il modo di fare interviste ben riuscite è stato anche grazie all’arte di arrangiarsi, cosa che aveva imparato ancora meglio da quando aveva conosciuto il suo ragazzo del piano di sopra. Sì era Duff quel ragazzo, abitava nell’appartamento al piano sopra quello di Andy e Bea, a West Hollywood. Era in un palazzetto in un quartiere non proprio benestante, ma era decente e fatto per le necessità delle due ragazze. Era perfino non troppo distante dall’università e quindi quando stavano a casa dal lavoro potevano andare a seguire le lezioni. Già, perché le due ragazze erano a Los Angeles non per lavoro ma per studiare alla UCLA. Quello di giornalista e fotografa erano i “lavoretti” con cui dovevano mantenersi, era il patto fatto coi loro genitori  “Noi accettiamo che andiate in America a studiare e vi paghiamo le tasse universitarie a patto che per tutte le altre spese vi arrangiate”. Non erano molto contenti quei quattro genitori quando le figlie annunciarono l’intenzione di lasciarli e andare a studiare fuori casa. In principio avevano creduto che si trattasse di posti vicino a Londra, magari a Cambridge, dove entrambe erano state ammesse, o a Birmigham o Edimburgo. Ma no, loro volevano andare in America! Questo sogno di partire e andare in California, in quella terra di cui tanto avevano tanto letto,lo portavano dentro da quando avevano finito il liceo e si erano prese un anno per decidere che cosa fare della loro vita. Era così che avevano iniziato a lavorare come giornalista e fotografa e il loro sogno era diventato sempre più una convinzione. Dovevano assolutamente andare in quella città degli angeli che era diventata la nuova culla della musica. Si sentivano strette a Londra, che conoscevano come le loro tasche e che si stava riempiendo di band e cantanti pseudo pop. Loro volevano i grandi spazi e l’effervescenza dei nuovi ambienti losangelini che tutti i loro colleghi che rientravano da visite in quella città decantavano. Era il 1985 e Andy e Bea sentivano che era giunto il momento per avventurarsi in quel nuovo ed allettante universo.  Così entrambe animate da tanta determinazione e buona volontà iniziarono a proporre e ribadire ai loro genitori le loro intenzioni. Ancora non si capacitavano, ma convinsero i loro genitori a lasciarle andare. Quei quattro poveretti in realtà furono presi a sfinimento, ma essendo bravi genitori avevano capito le motivazioni che spingevano le loro figlie a insistere per partire, e decisero di assecondare il loro cammino, convinti che stavano facendo la cosa giusta.  Quando pensava ai primi giorni in quella mega città che era Los Angeles le sembrava ancora tutto surreale. Eppure era successo davvero. E lei ora era lì a quella scrivania piena di post-it colorati con appunti scribacchiati, vecchie copie della rivista, qualche disco ammucchiato da recensire entro la fine della settimana e un paio di foto. Una raffigurava lei, Bea e i loro amici di Londra seduti disordinatamente sotto un grande cartellone pubblicitario di una linea aerea commerciale in centro città. “American Dream” era lo slogan ed era estremamente appropriato per il momento, era uno scatto fatto pochi giorni prima della loro partenza. Un paio di giubbotti di pelle, jeans stretti, tante spalline e giacche colorate e camicie con rouches e fiocchi, grandi cotonature, qualche cresta, e soprattutto facce allegre, scherzose e anche un po’ goliardiche. Ecco come erano in quella foto, quella banda di ventenni inglesi.  L’altra foto era ben diversa. Erano raffigurate solo due persone, un ragazzo e una ragazza davanti a un locale di Los Angeles, Trubadour si chiamava. Lui era posto dietro di lei, leggermente chino e le cingeva una spalla con un braccio che le passava dolcemente davanti al collo, nell’altra mano aveva una bottiglia di birra. Il suo viso era poggiato sulla spalla libera di lei. Portava un paio di stretti pantaloni di pelle neri, stivali neri da cowboy e t-shirt dei Sex Pistols. Lei aveva una mano sul braccio di lui, all’altezza del collo che le stringeva, e nell’altra, stretta al petto, una rosa rossa. Indossava un vestito leggero giallo, corto e svasato. Al loro lato c’erano un ragazzo riccio e uno coi capelli rossi che ghignavano tra di loro. Era la prima foto che Duff e Andrea avevano fatto insieme, la prima volta che si sono visti, o forse sarebbe meglio dire la seconda. Entrambi sorridevano al fotografo,evidentemente felici, ma non era una foto in posa, come quelle da studio, era stata fatta per caso, mentre uscivano dal locale. Duff aveva visto un suo amico con la macchina fotografica e si era lanciato verso Andy, che intanto parlava con il riccio,  per farsi fare una foto con lei. L’aveva presa di sorpresa alle spalle e girata verso il fotografo facendola ridere. Era stata una bella serata quella.  Lo sguardo di Andy passò da quella foto che tanto le piaceva alla sua macchina da scrivere. Era tempo di scrivere il suo articolo su Tyler e finire gli arretrati prima di partire, non c’era tempo  da perdere. Si infilò le cuffie  e iniziò a battere sui tasti al ritmo di Land.
 

   
 
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