Rosso
Tremò,
gettata a terra, su quel freddo pavimento.
Doveva ammetterlo, era completamente immobilizzata dalla paura, non
sarebbe
riuscita mai a farlo. Era troppo codarda. Delle calde lacrime
iniziarono a
sgorgare dai suoi occhi vitrei, e sul volto le si dipinse una smorfia
di
disgusto. Disgusto che provava per se stessa, perché si
sentiva incapace,
insulsa, indegna… esattamente come suo padre
l’aveva sempre chiamata,
ricordandole ogni volta che la sua esistenza era solo un peso per lui e
per il
suo amatissimo clan. Al pensiero del padre, la ragazza
digrignò i denti e si
fece forza. Aveva deciso una volta per tutte, non poteva svenire o
tirarsi
indietro come aveva sempre fatto; stava per dimostrare a tutti che lei
era
capace di qualunque cosa. Le sue labbra si distorsero in un sorriso
privo della
benché minima gioia, e Hinata, arrabbiata come mai era stata
in vita sua, si
alzò in piedi con fierezza e strinse entrambe le mani
attorno ad una bellissima
ed affilatissima katana cerimoniale, custodita gelosamente dal suo clan
da
generazioni, e, senza indugiare ancora, se la conficcò con
un unico e
precisissimo affondo nel petto, facendola riaffiorare da dietro la sua
schiena.
Macchie vermiglie di sangue fiorirono sulle ferite, macchiando il
candore del
suo kimono, indossato apposta per quella specialissima occasione.
Tossì, ed un
rivoletto rosso le scese da un angolo della bocca, mescolandosi alle
lacrime
che ancora le solcavano il volto. Lo aveva fatto, alla fine. E la
smorfia di
dolore e rabbia e disgusto, che fino a quel momento le aveva occupato
il viso,
si ritirò piano, lasciandosi dietro un’espressione
completamente vuota e priva
di emozioni. Hinata lasciando la presa sulla katana si
guardò le mani sporche
del suo sangue, che continuava ad allargarsi sul suo abito e a colare
sul
pavimento, e a quel punto iniziò a ridacchiare. Prima un
risolino timido,
incerto, poi pian piano divenne una risata, folle, completamente priva
di
senso. Sghignazzava e sputava sangue, e probabilmente avrebbe dovuto
rivolgere
i suoi ultimi pensieri a sua sorella, ai suoi amici, alla persona che
amava, ma
non fu così; lei riuscì a pensare ad una sola
cosa: l’unica azione coraggiosa
che aveva compiuto nella sua intera vita era stata morire. Quel
pensiero le
rimbombava nella mente, rumoroso e ingombrante, e la intontiva ancor
più della
perdita continua di sangue. In quel momento la porta scorrevole della
stanza si
aprì, ed entrò un ansante Neji, che alla vista di
Hinata ricoperta di sangue,
completamente dissennata, si bloccò sulla soglia. La
ragazza, guardandolo, gli
rivolse un macabro sorriso insanguinato, si prostrò in un
inchino, e cadde a
terra. Da quell’inchino non si rialzò mai
più. Il suo sangue continuò a sgorgare
e ad inondare il pavimento, saturando la stanza col suo acceso colore
rosso.
BabiSmile