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Autore: Grace kiwi    17/12/2010    0 recensioni
Volevo solo correre via da lì, non volevo più percorrere la solita strada deserta con il solito tabaccaio nascosto dalla cabina del gas, e soprattutto non volevo più vedere quelle facce cattive, che cercavano di spogliarti e farti vergognare di quello che eri.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cominciai a cercare lavoro,con l'assurda speranza di farmi una vita nuova.

Vagai per molto,spostandomi da un bar a un altro,fino a trovare un lavoro nell'asilo del posto.

Di certo non avrei fatto la maestra,ma almeno potevo pulire i piccoli banchi e la mensa.

Da quando scesi dall'aereo,non trovai niente di quello che mi aspettavo,anche se nemmeno le mie aspettative erano molto alte.

Trovare la casa fu un vero incubo: passai dalle topaie vere e proprie alle case di lusso,troppo di lusso.

Alla fine prenotai una settimana in un ostello del posto,in cui avrei potuto alloggiare in pace fin quando non avrei trovato una casa.

Il primo giorno di lavoro fu davvero una doccia di sale sulle mie ferite di infanzia.

Genitori emozionati per il primo giorno di “scuola” del figlio,le maestre che prendevano il caffè sbirciando le foglie arancioni che cadevano e si adagiavano su una qualsiasi superficie, bidelle che finivano di pulire i banchi..Insomma tutto quello che io non avevo potuto vedere da piccola.

Mentre attraversavo il vialetto che mi avrebbe portato al portone di ingresso,mi resi conto che tutto quello che in quel momento mi stava mancando,non era altro che la monotonia delle persone.

Prendere il caffè ogni mattina,accompagnare i propri figli a scuola ogni santo giorno,svolgere il proprio lavoro solo per avere qualche solo per vivere..Era tutto un giro monotono che io non avevo mai avuto,e forse ne avevo un disperato bisogno.

Nella mia infanzia non ebbi ma il modo di vedere mio padre con le lacrime agli occhi,o comunque non avrei mai potuto prenderlo per mano come quei fanciulletti facevano davanti i miei occhi,inconsapevoli del dolore che mi provocavano dentro.

 

Arrivai alla maniglia del portone e, inciampando allo zerbino sporco che in modo poco dolce invitava le persone ad entrare, aprii la porta.

Tutti si girarono a guardarmi grazie alla mia fantastica “gaff” ed io,per completare l'opera, salutai con un “ciao” strozzato dalla saliva che ingoiai e che mi fece tossire per un bel po'.

Tutti mi salutarono con un finto entusiasmo,usato solo per nascondere la noia che l'autunno portava con sé.

La giornata passò con qualche urla di bambini che non volevano lasciare le proprie madri e i giochi che di solito si facevano il primo giorno,per far conoscere i bambini tra di loro.

Tornata a casa,strimpellai un po' la chitarra classica e andai a dormire senza mangiare.

Devo dire che i primi mesi passarono con una monotonia impressionante e non come mi aspettavo nel profondo del mio cuore,cioè magari incontrando il vero amore facendo una figuraccia.

Non fraintendete,le figuracce le feci ed anche enormi,ma oltre ad occhi impressionati e a risate malefiche,non incontrai nessuno.

 

  
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