13.
A malincuore Usagi salutò le donne appena conosciute e, dopo un’ultima occhiata
verso la bambina dai capelli rosa, raggiunse il fidanzato.
«Quando sarà possibile vedere i provini delle foto?» chiese Keiji, interrompendo
bruscamente la conversazione, appena Usagi si avvicinò.
«Quando saranno pronti» ribatté Mamoru stringendosi leggermente nelle spalle.
«Mi è stato detto che sono già pronti» aggiunse Keiji guardando intensamente
Usagi.
«Saranno pronti quando il risultato mi soddisferà!»
«Vediamo di fare presto» bofonchiò Keiji irritato rivolgendo lo sguardo alle
coppie che danzavano.
Fra i tre cadde un profondo silenzio, rotto solo dalla voce di Mamoru quando si
alzò in piedi confare galante.
«Mi permette questo ballo, signorina Tsukino?» chiese lui con un leggero
inchino.
«No!» disse Usagi con voce decisa, ma poi ricordandosi che Mamoru era un ospite
ufficiale di Hiro Sakage e che quindi doveva essere trattato con ogni riguardo
in pubblico, aggiunse evitando lo sguardo di Mamoru: «Mi scusi, ma sono stanca.»
«Tesoro!” esclamò Keiji sorridendo, «Ti lamenti sempre che io non ballo mai.
Sfrutta questa occasione e divertiti un po’!”
«La prego» aggiunse Mamoru porgendole una mano.
Usagi balzò in piedi e si affrettò ad allontanarsi da Keiji, rossa in volto. La
tranquillità di pochi minuti prima era completamente svanita…
«Non capisco perché io debba ballare con te» sibilò Usagi appena si trovò sulla
pista fra le braccia di Mamoru. «Credevo che tu preferissi la compagnia di Rei
Hino» si affrettò ad aggiungere per mascherare l’imbarazzo che provava alla
terribile vicinanza dei loro corpi.
«Sei gelosa, Usagi?» chiese Mamoru con voce suadente, nascondendo le labbra fra
i suoi capelli.
«Perché mai dovrei essere gelosa?» sibilò lei cercando di allontanarsi un po’
con una leggera pressione delle mani, «non mi interessa affatto con chi vai a
letto… perché suppongo che tu ci vada a letto con Rei…?»
«Tu cosa pensi?» ribatté Mamoru con aria disarmante, «non ho fatto voto di
castità, Usagi. Perché prendersela se Rei mi concede quello che non mi concedi
tu? »
«Prendermela?!» disse Usagi con amaro sarcasmo, «spero che tu sia felice con
lei! Non dice nulla se balli con me?»
«Rei è molto occupata» disse lui scuotendo il capo e lanciando un’occhiata
fugace alla coppia che danzava a pochi passi da loro.
«Non si lascia sfuggire nessuna occasione?» commentò Usagi.
«Almeno lei non finge di essere quello che non è.»
Usagi si fermò in mezzo alla pista colpita dalla sottile accusa che si celava
dietro quella frase.
«Cosa vorresti insinuare?» sibilò a denti stretti.
«Pensaci, Usagi» aggiunse Mamoru guardandola negli occhi, «sono sicuro che
troverai una risposta, ma continua a ballare altrimenti intralciamo gli altri.»
«Mi è passata la voglia. Lasciami andare.» Cercò di divincolarsi dall’abbraccio
di quell’uomo, mentre con lo sguardo cercava disperatamente Ami e le altre
ragazze, in modo da avere una scusa per allontanarsi, ma sembravano
letteralmente sparite tutte e sei…
«Non adesso» ribatté lui stringendola a sé e sfiorandole l’orecchio con le
labbra, «non fare scenate: sono sicuro che Keiji non ne sarebbe contento.»
Usagi non oppose resistenza. Anche se avesse voluto, il fascino e la forza che
sprigionavano dal corpo di Mamoru le avevano annullato la forza di volontà. Non
poté resistere alla gentile pressione delle sue braccia. Una mano si era
appoggiata a un fianco, mentre l’altra, nascosta dalla folla che li circondava,
le accarezzava sensualmente la schiena.
«Così va meglio» disse Mamoru con voce suadente.
Mentre continuavano a ballare, Usagi ebbe la sensazione di volteggiare tra le
nuvole tanto si sentiva leggera… improvvisamente ebbe come l’impressione che
danzare con Mamoru fosse la cosa più naturale del mondo…
Dopo alcuni minuti Mamoru ruppe quel silenzio incantato. «Keiji non può aver
scelto questo vestito. Si sarà limitato a pagarlo, ma è stata la vera Usagi a
sceglierlo.»
«Lui mi ha aiutata a decidere» protestò Usagi debolmente. Un leggero
intorpidimento l’aveva avvolta e la sua mente era rimasta nuovamente ipnotizzata
dal ritmo della musica. Usagi si abbandonò completamente alla beatitudine che
provava in quell’attimo sospeso nel tempo e le parve di trovarsi rinchiusa in
una bolla di sapone, incurante dei pericoli che potevano celarsi oltre
quell’immaginaria linea di gesso bianca che ancora li divideva.
«Usagi» le sussurrò Mamoru all’orecchio stringendola a sé, «perché hai scelto un
luogo pubblico per turbarmi in questa maniera? Perché non lo hai fatto quando
eravamo da soli?»
«Vieni con me» le mormorò dopo qualche secondo, «vieni via con me, adesso!
Lontano da Keiji e da tutta la sua dannata famiglia.»
Mamoru le strinse una mano e la trascinò lontano dalla pista. Usagi lo seguì
barcollando, consapevole che il suo corpo, non la sua mente, l’aveva
irrimediabilmente tradita.
«Non posso» sussurrò lei fermandosi in un angolo buoi del corridoio, evitando il
suo sguardo indagatore, «non voglio, Mamoru!»
«Bugiarda!»sibilò lui, «una volta hai detto di amarmi.»
“Avevo solo diciassette anni!» esclamò Usagi con la voce rotta dal pianto, «ti
sei forse dimenticato?»
«E tu?» ribatté lui con tono minaccioso.
«No» rispose lei guardandolo negli occhi, «non ho dimenticato. Non potrò mai
dimenticare quello che mi hai fatto. Parli tanto della vera Usagi, ma tu non
l’hai mai conosciuta e non hai fatto nessuno sforzo per farlo. L’hai
semplicemente distrutta.”
«Usagi!” tuonò Mamoru, «ti sei buttata fra le mie braccia, cosa ti aspettavi che
facessi? Che ti allontanassi con un buffetto sulla guancia?»
«Ritorna dal tuo Keiji» disse con sarcasmo dopo un attimo di esitazione, «lui è
l’uomo di cui hai bisogno. Ma che preghi che tu non decida di maturare,
altrimenti non riuscirà a tenerti…! E non venire da me se cambi idea! » aggiunse
con cattiveria allontanandosi.
Usagi lo intravide di sfuggita un’altra volta quella sera: Mamoru se ne stava
seduto accanto a Rei con un bicchiere di whisky in mano. I loro sguardi si
incontrarono per la frazione di un secondo e Usagi provò un brivido.
Con lo sguardo fisso sul suo volto, Mamoru alzò il bicchiere in modo
impercettibile e con un sorriso diabolico, quasi volesse fare un triste
brindisi, e Usagi non poté fare a meno di sentirsi ferita.
Fu anche grazie a quel gesto che Usagi capì che non avrebbe mai potuto sposare
Keiji. Il sentimento che provava per lui non assomigliava affatto al vero amore
che provava per Mamoru. Il bisogno di sicurezza le aveva fatto credere di
amarlo, ma quello che finora aveva chiamato amore si era sgretolato come un
castello di sabbia eroso dal monotono infrangersi delle onde.
Avrebbe voluto dirlo a Keiji, ma non quella sera. Dopo le festività avrebbe
raccolto tutto il coraggio che aveva per affrontare la tempesta della reazione
di Keiji e della sua famiglia, gli annullamenti e le recriminazioni.
Quella terribile decisione la tenne occupata per il resto della serata e Usagi
rimase in silenzio in un angolo, scusandosi per la terribile emicrania quando
Keiji più volte le aveva chiesto cosa aveva.
Gli ospiti se ne andarono e dato che Keiji aveva bevuto un paio di bicchieri di
troppo fu l’autista della famiglia Sakage ad accompagnarla a casa.
Ma l’emicrania che aveva finto di avere durante la festa era diventata una
terribile realtà quando Usagi si distese a letto. Aveva preso un paio di
aspirine che, combinate con lo champagne, la fecero assopire subito.
Per la prima volta dopo molto tempo, Usagi si svegliò tardi, ma venne subito
colta da un senso di solitudine e di sconforto. Uscì dal letto e rimase ad
ascoltare se c’era qualcuno in casa. Non udì nulla. Mamoru le aveva detto che
sarebbe partito il giorno della vigilia e molto probabilmente Usagi era sola.
Le ore trascorsero lente. Gli anni precedenti, Marta e lei avevano vissuto quel
giorno come una vera festa. Passavano l’intera giornata a decorare la casa fra
risate allegre e scherzi, sorseggiando qualche bicchiere di buon spumante. Ma
adesso era tutto diverso…
Stringendo una tazza di caffè bollente Usagi analizzò la situazione: si sentiva
come sei anni prima, con l’unica differenza che ora non era ancora tutto
completamente perduto.
Il fruscio delle lettere che cadevano nella buca la distrasse. Usagi andò a
prenderle e fra i cartoncini augurali vide una busta con un francobollo strano.
La scrittura era quella di Minako e Usagi aprì la busta con trepidazione.
Passerò il Natale qui a New York, ma sarò di ritorno il 27.
Ma... Che pasticcio ho combinato! Mamoru Endou è il fantomatico amico con cui
dividi casa! Oddio... Keiji dovrà stare molto attento. Da parte mia sono molto
gelosa… cerca di trattenerlo fino al mio ritorno! Ci vediamo martedì. Aspettami
per i festeggiamenti!!!
La lettera di Minako le dette l’impulso di cui aveva bisogno. Si preparò per
uscire e alcune ore più tardi ritornò a casa carica di pacchi e con l’ultimo
albero di Natale che era riuscita a trovare in tutta Tokyo. La neve aveva
cominciato a ascendere e aveva ammantato l’intera città con il suo candido velo.
Usagi si mise al lavoro subito. Decorò l’albero, addobbò la stanza e appese un
ramoscello di vischio sopra la porta d’entrata.
Osservò per qualche minuto il risultato e, soddisfatta, si accinse ad accendere
un bel fuoco nel caminetto. Provò un senso di nostalgia al pensiero che Diana
non si sarebbe messa a pisolare davanti al caminetto, ma cercò di convincersi
che non doveva guardare al passato, ma al futuro.
Si preparò la cena e, mentre il cibo coceva, decise di farsi un bagno.
Usagi si era immersa da poco quando sentì un debole fruscio. Uscì dalla vasca e
si avvolse con un asciugamano. Rimase ad ascoltare, ma non sentì più nulla. Si
vestì in fretta e andò in salotto dove la tavola preparata per uno le causò un
profondo senso di sconforto. Per quanto si sforzasse non riuscì a fare a meno di
pensare che Mamoru a quell’ora era arrivato a Yokoama e forse stava cenando con
la sua amica, oppure…
«No!» urlò disperata coprendosi il viso con le mani. Per un attimo contemplò
l’idea di telefonare a Shingo e Hotaru e implorarli di invitarla a cena.
Il cuor suo però sapeva che la compagnia non avrebbe risolto il suo vero
problema. Doveva affrontare quella solitudine con coraggio. Si sforzò di
mangiare, ma il cibo non aveva alcun sapore. Con il calare della notte i
propositi che l’avevano animata l’intera giornata erano svaniti.
Aveva un disperato bisogno di sentire una voce amica, ma dopo una veloce
occhiata all’orologio vide che era troppo tardi. Forse, se avesse fatto in
fretta, sarebbe riuscita ad arrivare in chiesa per la messa di mezzanotte.
Protetta da una calda giacca e un paio di stivali imbottiti, Usagi si incamminò
lentamente lungo le vie di Tokyo imbiancate dalla neve.
La cerimonia ebbe un effetto calmante sul suo animo agitato, ma al termine della
messa, quando sul piazzale antistante la chiesa si formarono allegri gruppi di
persone che si scambiavano gli auguri, Usagi ripiombò nel più cupo sconforto.
Ritornò a casa in fretta e a capo chino. Appena si tolse la giacca rimase ad
osservare quell’assurda linea bianca sul pavimento: in alcuni punti era
sbiadita, in altri quasi invisibile.
Si rinchiuse in camera dove si preparò per la notte e con sua enorme sorpresa si
addormentò subito. Si svegliò la mattina dopo alla luce abbagliante del sole. La
neve aveva ricoperto il giardino che circondava la casa e Usagi decise che dopo
colazione avrebbe fatto una bella corsa su quel tappeto immacolato.
Indossò un maglione azzurro e un paio di jeans; si diresse in cucina, ma quando
passò davanti alla porta del salotto sentì in rumore familiare. Si mise ad
ascoltare e dopo un attimo di esitazione aprì la porta: sotto l’albero di Natale
vide un cesto di vimini e appoggiata al bordo la perfetta miniatura di Diana.
«Piccolo tesoro!» esclamò estasiata, prendendolo in braccio. «Come sei arrivato
fin qui?»
«Mamoru!» mormorò fra sé stringendo il micino al petto.
Quello era un piccolo regalo da parte sua, forse una richiesta di pace, pensò…
dopotutto Mamoru aveva ancora le chiavi e mentre era a messa lui doveva essere
ritornato…
Usagi preparò una ciotola di latte che il gattino bevve con avidità. La
sensazione do solitudine e di perdita diventava ogni secondo più insopportabile
e come un automa si diresse nella camera di Mamoru.
Le tende erano tirate, la stanza nella più assoluta oscurità. Con gesto energico
Usagi aprì le tende e alzò gli oscuranti.
Un mormorio soffocato e un fruscio di lenzuola la fecero voltare di scatto e
rimane paralizzata alla vista dell’uomo che stava ancora dormendo.
Vide Mamoru a torso nudo, quel suo corpo asciutto abbandonato in un placido
sonno. I capelli arruffati, la leggera barba e gli occhi chiusi gli conferivano
un’aria vulnerabile che trafisse il cuore di Usagi.
Mamoru si mosse ancora e, quasi fosse consapevole della presenza di una persona
nella sua stanza, aprì lentamente gli occhi e sorrise.
«Buongiorno, Usagi” disse con voce impastata dal sonno, «che ore sono?”
«Quasi… le nove» balbettò lei esterrefatta.
«Buon Natale, Usagi» mormorò lui guardandola negli occhi.
«Io… io credevo che fossi a Yokoama» mormorò Usagi in preda a una disperata
confusione.
«Ho cambiato idea» ribatté Mamoru tranquillo.
«E cosa ne sarà della tua amica?»
Mamoru scollò distratto le spalle: «credo che si sia stancata di aspettare.»
La tenerezza che Usagi aveva provato quando lo aveva visto addormentato e
indifeso scomparve appena notò che l’espressione del volto di Mamoru si era
fatta improvvisamente dura.
«Hai infranto le regole» disse lui puntando un dito verso la porta, «questa è la
mia parte di casa.»
«Ti credevo a Yokoama» protestò Usagi, «e se avessi saputo che eri in casa non
sarei nemmeno entrata. Comunque le ostilità sono sospese il giorno di Natale.»
«Davvero?» chiese lui con voce maliziosa.
«Vado a preparare la colazione» si affrettò ad aggiungere Usagi, «ti vanno bene
uova e pancetta?»
«Preferirei qualcos’altro» disse lui con fare equivoco, «ma credo che possano
andare bene.»
Il suo gesto improvviso le fece capire che Mamoru si stava per alzare e molto
probabilmente sotto quelle coperte lui non indossava nulla.
«Farò in un attimo» disse lei precipitandosi fuori dalla porta.
Mentre si dirigeva in cucina Usagi sentì che in Mamoru non era presente
quell’aggressività distruttiva che aveva caratterizzato ogni sua frase fino a
quel momento e una profonda felicità le inondò improvvisamente il cuore.
Dopotutto, e contro ogni sua previsione, avrebbe trascorso il Natale con l’uomo
che amava!
Chiedo umilmente perdono per il ritardo!
Per quanto ci provi, la puntualità non è il mio forte in questi ultimi tempi...
lo so che ogni volta dico che proverò a darmi una mossa, ma è tutto inutile =_=
Spero lo stesso che questo regalo di Natale anticipato sia per voi gradito =)
Un grazie immenso a chi ha letto e a chi ha lasciato scritto cosa pensa della
storia: mi fate felice *.*
Spero davvero di poter concludere questa fic prima del 2012... anche perché
ormai manca poco, davvero XD
Un bacio e buone feste a tutti!
Bax, Kla