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Autore: nefert70    20/12/2010    2 recensioni
Il racconto della vita di Anna d'Este, duchessa di Guisa e di Nemours, che ha ispirato il personaggio della principessa di Cleves di M.me de La Fayette.
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Epoca moderna (1492/1789)
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- Questa storia fa parte della serie 'Anna'
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Dopo il funerale del re, il delfino e Maria di Scozia vennero incoronati dal cardinale di Lorena il 21 settembre nella cattedrale di Reims.
La cosa che sorprese la corte ma non me, fu il comportamento della regina Caterina nei confronti di Diana di Poitiers.
Tutti si aspettavano che la umiliasse come era stata umiliata lei per anni.
Invece la regina si mostrò molto clemente.
Pretese solo la restituzione del castello di Chenonceau  e i gioielli della corona ma in cambio le donò il castello di Chaumont.
Così finiva l’era di Diana e cominciava quella dei Guisa.
Cominciò anche l’era dei miei dolori .
Il 5 ottobre morì mio padre. I miei fratelli erano entrambi in Francia e nostra madre inviò immediatamente una missiva a mio fratello Alfonso per invitarlo a tornare al più presto a Ferrara e prendere il suo posto come duca.
Mia madre dopo il funerale decise di abbandonare Ferrara e tornare in Francia. Prima della fine dell’anno si era già stabilita con la sua piccola corte nel castello di Montargis.
Sarà stato il riavvicinamento con mia madre e quindi la sua influenza riformata ma il mio atteggiamento nei confronti dell’intransigenza cattolica di mio marito subì una svolta.
Io detti alla luce il mio sesto figlio,  avrei desiderato chiamarlo come mio padre, Ercole, ma mio marito si oppose, fu chiamato Francesco in onore del nuovo re.
Francesco II nonostante avesse quindici anni compiuti, quindi  l’età appropriata per regnare da solo, in realtà era totalmente impreparato al compito ed era terrorizzato dalle responsabilità che lo aspettavano.
La regina Caterina fu nominata reggente ma in realtà il regno veniva governato da mio marito e da suo fratello il cardinale di Lorena.
Francesco di Guisa si occupava della guerra mentre il cardinale dell’economia e della politica estera.
Il 1560 è un anno che non dimenticherò mai.
Nel febbraio l’intera corte lasciò Blois. Erano giunte numerose informazioni riguardo ad un complotto ma sul momento nessuno volle dargli peso, comunque il duca di Guisa insistette perché ci fermammo tutti ad Amboise, un castello facilmente difendibile.
Dal 22 febbraio al 16 marzo la corte visse nell’angoscia, ci sembrava di vivere assediati da un esercito straniero, infine il 16 marzo dei paggi mandati in avanscoperta ritornarono con la notizia che cinquecento o seicento uomini erano nascosti nella foresta. Fu il panico.
Il duca di Nemours decise di avanzare verso il nemico con i suoi uomini. I cospiratori scapparono ma cinquantasei di loro furono catturati.
I cospiratori erano tutti ugonotti. Per tutto il pomeriggio vennero catturati altri congiurati: interrogati, alcuni ebbero il coraggio di dichiarare che erano venuti ad uccidere il duca di Guisa e il cardinale di Lorena e ad imprigionare il re Francesco e Caterina de' Medici.
Era l’inizio della fine.
Il 17 marzo, all'alba, alcuni battaglioni, comandati da Bertrand de Chaudlieu, ci attaccarono.
Mio marito fu colto di sorpresa ma riuscì comunque a respingere l’attacco e a fare un gran numero di prigionieri.
A quel punto ne le mie suppliche ne la parola data dal duca di Nemours ai primi arrestati impedì a mio marito di cominciare le esecuzioni.
La maggior parte dei congiurati fu impiccata alle balaustre del castello, altri gettati nella Loira ed altri ancora linciati dalla folla.
Per la prima volta mi schierai contro mio marito e contro questo bagno di sangue fratricida.
Forse fu per questo motivo o forse per chè così facendo mi ero schierata dalla parte di Nemours, anche’esso contrario alle esecuzioni ma Francesco mi obbligò ad assistere alle esecuzioni.
Ad un certo punto non resistetti più e scappai via, in lacrime. Corsi tra le braccia della regina Caterina anche essa spaventata.
Ricordo ancora le parole che le dissi “Che tragedia, che spargimento di sangue innocente. Temo  che non passerà molto tempo prima che sulla mia famiglia cada una grande disgrazia”.
Così fu. Il regno era salvo. Il dominio dei Guisa era saldo ma la prima disgrazia si abbatté sulla nostra famiglia.
Mio figlio Antonio, di appena tre anni morì. Era sempre stato un bambino gracile e purtroppo una polmonite lo stappò al mio affetto.
Ero distrutta, accusai Francesco di essere la causa di questa disgrazia, di aver scatenato l’ira  di Dio contro di noi.
L’unico che comprendeva il mio stato d’animo era il duca di Nemours, anche lui temeva il futuro e le conseguenze delle esecuzioni di Amboise.
Il mio vecchio amico Michel de l’Hospital fu nominato cancelliere e nonostante la netta opposizione di mio marito riuscì a convincere il re della necessità di una maggiore tolleranza religiosa.
Ma nonostante tutte le misure adottare dal governo, i conflitti continuarono e in questo clima che venne arrestato il principe di Condè, Luigi di Borbone accusato di essere il mandate della congiura di Amboise.
Il principe venne condannato a morte e l’esecuzione prefissata per il  13 dicembre.
Mio marito pensava di aver vinto, il suo  nemico stava per essere ucciso, ma il destino ci riservava altre sorprese.
A novembre il re si ammalò. Un ascesso dietro l’orecchio. La sua agonia durò quasi un mese. La regina madre Caterina lo vegliava notte e giorno. Quando mi era permesso le facevo compagnia, sapevo cosa stava provando.
Mio marito e suo fratello cercarono di tenere nascosta la notizia della malattia ma il 5 dicembre Francesco II cadde in coma, verso mezzogiorno ricevette l’estrema unzione e verso sera spirò.
Io ero fuori dalla stanza, sentii solo l’urlo disperato della regina Caterina e inginocchiandomi sul freddo pavimento cominciai a piangere.
La regina Maria, indossò il lutto bianco delle regine di Francia. Per quaranta giorni visse isolata nella nostra residenza di Joinville poi fece ritorno a corte.
La regina madre Caterina, ora reggente per il figlio Carlo IX, riteneva che due regine vedove erano troppe a corte e le ordinò di tornare in Scozia.
La regina Caterina era sempre stata contraria allo scontro con le fazioni ugonotte e al clima di terrore imposto dalla mia famiglia e appena ne ebbe la possibilità fece liberare il principe di Condè come segno di pace.
Il regno dei Guisa era durato poco più di un anno.
Francesca di Rohan, approfittando della perdita di potere dei Guisa e il clima di rappacificazione indetto dalla reggente riprese il processo intentato contro il duca di Nemours.
Per un momento il duca temette il peggio, più di una volta mi confidò che temeva di essere obbligato a sposare mademoiselle de Rohan.
Per fortuna non accadde mai nulla del genere. Il processo durò molti anni senza giungere mai alla fine.
Nel frattempo i conflitti tra cattolici e ugonotti continuarono . La Francia e il suo cattolicissimo re avevano bisogno di essere difesi.
Il duca di Nemours fu inviato nel  Dauphiné e in  Languedoc.
Mio marito aveva il suo quartier generale a Rouen ed è li che io lo raggiunsi poco dopo aver dato alla luce il mio settimo figlio, Massimiliano.
Il 10 marzo 1562 mio marito dette il via al massacro di Vassy. Ero nuovamente contraria a questo spargimento di sangue innocente ma potei fare poco, ottenni solo che fossero risparmiate le donne incinte, ma ciò non diminuì l'odio contro i Guisa.
Continuavo ad avere brutti presentimenti, temevo la reazione ugonotta, ma mio marito continuava a ripetermi che  stava compiendo soltanto il proprio dovere.
Purtroppo i miei presentimenti si avverarono, a febbraio del 1563 i Guisa dovettero subire la vendetta avversaria.
Il 18 febbraio mio marito stava preparando l’assalto ad Orleans e passando in rassegna le truppe fu colpito da un colpo di archibugio alla schiena.
Io era a Blois con la corte quando ci giunse la notizia. La regina Caterina mi fu vicina e mi promise vendetta, poi insieme raggiungemmo mio marito.
Per fortuna il colpo non era stato letale e rimanendo al suo capezzale pregavo per la sua guarigione, purtroppo le mie preghiere furono vane.
Sei giorni dopo, Francesco di Lorena duca di Guisa, mio marito morì.
Mi sono giunte all’orecchio molte dicerie su quei giorni e su cosa mio marito mi disse. Solo io posso dirvi la verità.
Appena giungemmo all’accampamento mi indirizzai alla tenda di mio marito, lo trovai disteso sulla branda da campo, il petto nudo fasciato.
Mi inginocchiai accanto a lui sulla nuda terra e presagli la mano gli e la baciai.
Francesco si ridestò dal torpore che lo aveva colto e voltò il viso nella mia direzione.
Mi sorrise e poi cominciò a parlare con fatica.
Io lo imploravo di tacere e riposare ma lui fu irremovibile, mi disse che doveva confessarsi e chiedere perdono a me, a Dio e alla Francia.
Cominciò chiedendomi perdono per i suoi tradimenti, che sapeva mi avevano fatto soffrire.
Mi disse anche che sapeva del sentimento che provavo per il duca. A quel punto io cominciai a negare assicurandogli che tra me e il duca di Nemours non vi era mai stato nulla tranne che una sincera amicizia.
Francesco allungò la mano e accarezzandomi la guancia mi disse “Lo so. Ma ho visto i vostri occhi brillare guardando Nemours, come mai hanno brillato guardando me. Ma non vi accuso di nulla, siete stata una moglie esemplare. So che non mi avete mai tradito. Vi ringrazio per questo. Vi affido i nostri figli. Non fategli mai mancare l’affetto di una madre.”
Mi chiese anche perdono per non aver ascoltato le mie parole di mediazione e di aver scatenato quest’odio che ora temeva sarebbe caduto sui nostri figli.
Prima di morire volle parlare anche con la regina Caterina, le chiese perdono e la  supplicò di ripristinare la pace.
Io che l’avevo supplicato tante volte di porre fine a questo bagno di sangue ora era sorda alle sue preghiere. Il mio cuore era colmo d’odio contro colui che aveva armato la mano di Poltrot de Mere, l’assassino di mio marito. 
  
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