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Autore: Mattimeus    20/12/2010    3 recensioni
Riedita!
La morte arriva cantando una filastrocca infantile, vestita di nero e pallida in volto. Non te lo aspetti, che la morte abbia l'aspetto di una gracile ragazzina. Si fa vedere prima del decesso: assiste al trapasso senza battere ciglio; poi prende il cadavere e se ne va, come fosse venuta solo a buttare la spazzatura. Il suo volto non lascia mai sfuggire alcuna emozione.
Credits:
Fabrizio De Andrè - La ballata degli impiccati
Roberto Vecchioni - Samarcanda
Fabrizio De Andrè - Terzo intermezzo
Angelo Branduardi - Ballo in fa diesis minore
Rino Gaetano - Ma il cielo è sempre più blu
Genere: Drammatico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Atto secondo



Ridere, ridere, ridere ancora,
Ora la guerra paura non fa,
brucian le divise dentro il fuoco la sera,
brucia nella gola vino a sazietà,
musica di tamburelli fino all'aurora,
il soldato che tutta la notte ballò
vide tra la folla quella nera signora,
vide che cercava lui e si spaventò.

"Salvami, salvami, grande sovrano,
fammi fuggire, fuggire di qua,
alla parata lei mi stava vicino,
e mi guardava con malignità"
"Dategli, dategli un animale,
figlio del lampo, degno di un re,
presto, più presto perché possa scappare,
dategli la bestia più veloce che c'è

"corri cavallo, corri ti prego
fino a Samarcanda io ti guiderò,
non ti fermare, vola ti prego
corri come il vento che mi salverò
oh oh cavallo, oh, oh cavallo, oh oh cavallo, oh oh, cavallo, oh oh


(Samarcanda)


Scena uno

L'espressione pensosa del duca è indecifrabile. Io e il maestro siamo andati alla sua corte presentargli l'idea assurda che abbiamo avuto per convincere la morte. Almeno sembra che la stia prendendo in considerazione.

DUCA: Un ballo... in onore della morte?

BERNARDO: Sì, vostra signoria. Isidoro ha potuto constatare che omaggiare e lusingare la morte potrebbe essere il modo migliore per riuscire ad ottenere ciò che volete.

DUCA: Un ballo dunque. E di che genere?

BERNARDO: Impressionante. Grandioso, vostra signoria. La morte deve vedere quanto è bella l'umanità per convincersi a risparmiarvi.

DUCA: Potrei invitare la corte, magari anche tutta la nobiltà. Sarebbe un gran bel ballo.

BERNARDO: Sì, vostra signoria.

DUCA: D'accordo! Organizzeremo questo ballo, e sarà talmente maestoso che rimarrà nella memoria di Milano per i secoli a venire!



Scena due

L'idea del ballo me l'ha data la morte stessa, quando ha detto che l'umanità non smette mai di cantare. Tuttavia non credo che lei si farà convincere, mi è solo sembrato un modo per tenere occupato il duca e di fargli credere di poter ottenere quello che vuole. La sua consumata esperienza in questo genere di mondanità poi si dimostra all'altezza della sua fama: in pochi giorni vengono allertate tutte le famiglie nobili del ducato di Milano, sono messe a sgobbare dozzine di servi e sono reclutati i migliori musici nel ducato.

Il duca deve avermi preso in simpatia, oppure ha deciso di controllare da vicino quello che deve far realizzare il suo desiderio. Fatto sta che mi ha precettato come suo consigliere personale incaricato di stabilire cosa piacerà e cosa non piacerà alla Morte durante il ballo. Questo significa che sono costretto ad accompagnare lui e il suo seguito di servitori in ogni fase dell'organizzazione, anche se io di feste mondane non so assolutamente nulla.

Nel frattempo, tra l'invio di un messaggero al capo dei cuochi e la firma dell'accordo con i saltimbanchi, arriva la domenica, accompagnata dalla consueta esecuzione.

Sul patibolo c'è un contadino che ha ammazzato l'esattore venuto a riscuotere le decime. È nato un diverbio sulla porta di casa quando il funzionario – come suo solito – ha preteso più del dovuto e il fattore ha deciso che questa volta non glie lo avrebbe dato; è rientrato in casa, ha preso il piccone e con quello gli ha sfondato il cranio. Se il funzionario avesse ucciso il contadino nessuno avrebbe saputo niente, ma dato che il funzionario era una persona abbastanza importante, l'esecuzione è trattata con solerzia.

All'arrivo dei gendarmi, il contadino si è giustificato dicendo che quello era venuto a prendergli la sua dignità. È stato questo disperato moto d'orgoglio a portarlo alla forca, ma adesso che alla forca ci è arrivato di orgoglio in lui non c'è traccia. Tiene la testa bassa, trema mentre il banditore urla l'accusa.

BERNARDO: Ultime parole?

Il condannato esita un po', poi parla con voce malferma.

CONTADINO: Io l'ho ammazzato perché... perché ho pensato che non è vita se non c'è la dignità e lui mi portava via ogni volta la dignità. Io non riuscivo più a mantenere i miei figli. Adesso però senza di me come faranno? Se io muoio, chi li sfamerà? No! Vi prego, non ammazzatemi! Ho dei figli da mantenere, ho una famiglia! Anche lui avrà avuto dei figli, volete che anche i miei muoiano di fame? No! Vi prego!

BERNARDO: Basta così.

Il maestro tappa la bocca al condannato, ponendo fine ai suoi strilli. Mentre lo assicura al cappio, io sussurro l'invito alla Morte.

ISIDORO: Ti piacerebbe partecipare ad un ballo?

La morte si gira e mi guarda con aria interrogativa.

MORTE: Un ballo?

ISIDORO: Sì, una di quelle feste dove...

MORTE: So cos'è un ballo. Solo mi sembra strano essere invitata.

ISIDORO: Quindi accetti l'invito?

MORTE: Davvero posso venire?

Nel frattempo si apre la botola sotto il condannato.

ISIDORO: Certo! È una festa in tuo onore, se non ci sei tu non c'è nemmeno il ballo.

MORTE: Allora sono felice di accettare.

ISIDORO: D'accordo, ti chiamerò quando sarà il momento.

La morte fa per andarsene saltellando sulle note della filastrocca, lasciando il condannato appeso alla forca.

ISIDORO: Ti sei dimenticata il condannato!

Senza smettere di canticchiare, la morte torna indietro, raccoglie il cadavere e se ne va.



Scena tre

Vedere la morte così contenta dell'invito al ballo mi ha sorpreso. Ripensandoci, data la sua attitudine a canticchiare non è poi così strano. Ora il duca, avendo osservato la grossolana distrazione della Morte, è sempre più convinto di poter ottenere l'immortalità.

Dato il numero spropositato di invitati, la festa non può essere tenuta nel castello. Le uniche sale disponibili infatti, sono disusate e piene di calcinacci di precedenti lavori di ampliamento. Poiché rimetterle in sesto richiederebbe troppo tempo e poiché il duca è sempre più impaziente, si è deciso di spostare il ballo a Villa d'Acqua, l'enorme tenuta di un caro amico del duca.

Per tutta la mattina il duca il duca mi trascina insieme al suo seguito per le varie ali della villa, saltellando in cerca del luogo migliore per accogliere la morte. Raggiunto da un'illuminazione, il duca comanda di spostarsi al cimitero della famiglia di casa.

DUCA: Isidoro! Cosa ne dici di chiamarla qui? Quale luogo migliore, in fondo?

Ogni volta che devo rispondere a domande di questo tipo non so se dire quello che penso o lusingare il duca per le sue trovate.

ISIDORO: È un'idea interessante, vostra signoria, tuttavia...

DUCA: Cosa ti rende perplesso? Forza parla!

ISIDORO: Il fatto è che abbiamo un'idea sbagliata di lei, insomma...

ADELAIDE: Quello che il ragazzo sta cercando di dire è che un cimitero non è per nulla il luogo adatto ad accogliere una donna.

Il duca urla verso chi mi ha interrotto.

DUCA: Chi è che parla a sproposito? Oh, sei tu, Adelaide. Dov'è tuo padre?

ADELAIDE: In questo momento è occupato ad istruire i giardinieri, come voi gli avete raccomandato di fare. Ci raggiungerà quando avrà finito.

DUCA: Oh, bene. Che dicevi, Isidoro?

ISIDORO: Credo che la dama abbia ragione, vostra signoria.

DUCA: E perché mai?

ISIDORO: Perché per noi un cimitero è un posto adatto. Per lei, un cimitero non ha più significato di qualsiasi altro luogo. Suggerisco di proseguire il giro della villa, vostra signoria.

DUCA: Così sia! Forza, seguitemi!



Scena quattro

Il giro della villa viene interrotto per il pranzo, per poi essere portato a termine a sera inoltrata senza aver preso una decisione. Il duca non riesce a decidersi, io non riesco a consigliarlo.

Sono seduto nel cortile interno alla villa, attorno ad una fontana decorata con bizzarre statue. Mi raggiunge Adelaide, ostentano la casualità dell'incontro.

ISIDORO: Buonasera, mia signora. Vi sono molto grato dell'aiuto che mi avete dato questa mattina.

ADELAIDE: Di nulla. Siamo infine giunti ad una decisione a riguardo?

ISIDORO: No. Il duca vuole assicurarsi che ogni dettaglio sia perfetto e in questa cosa non riesce a scegliere.

ADELAIDE: Ehw, non ne capisce proprio niente di donne. Non ne sono sicura: potrebbe aver dimenticato la seduzione, oppure non averla mai appresa.

ISIDORO: Non saprei.

ADELAIDE: Posso permettermi di consigliarti nuovamente?

ISIDORO: Ne sarei onorato, mia signora.

ADELAIDE: Seppur tramite racconti e notizie, credo di conoscere la Morte, almeno un po'. A lei non interessa nulla di quello che pensiamo o vogliamo noi, hai detto bene. Lei è felice di partecipare ad una cosa a cui non è mai stata invitata. Fagliela vivere.

ISIDORO: Non capisco dove vogliate arrivare.

ADELAIDE: Non pensare ad accoglienze ossequiose e formali, a vane cerimonie che possiamo capire solo noi. Chiamala direttamente nella sala da ballo, e fai suonare l'orchestra direttamente sulla sua canzone. Falle aprire le danze.

ISIDORO: Mia signora, sento nelle vostre parole una rara convinzione. Posso chiedervi cosa le anima?

ADELAIDE: Sono una donna, prima di tutti gli altri titoli con cui posso essere chiamata. Mentre ormai, le dame e i messeri si dimenticano di esserlo. E sono innamorata.

Le le sue parole risuonarono nel silenzio successivo, accompagnato dal quieto scroscio della fontana.

ADELAIDE: Ora devo andare. Fa' tesoro dei miei consigli.

ISIDORO: Posso chiedervi chi siete?

ADELAIDE: Solo la figlia del tenutario di Villa d'Acqua.



Scena cinque

Il giorno successivo, tutti i musici stanno provando le varie danze nella sala che ospiterà il ballo. Il duca, accettata la proposta di chiamare là la morte, vi si dirige a grandi passi e urla disposizioni a gran voce, euforico. Tanto euforico che si spazientisce immediatamente nell'istruire il direttore dei musicisti.

DIRETTORE: Vostra maestà, suonare direttamente sulla filastrocca della Morte... occorreranno molte prove.

DUCA: Non mi interessa! Vedete di essere pronti per il ballo.

DIRETTORE: Vostra maestà, più prove significa più lavoro. Rammentate che abbiamo preso servizio per pochi spiccioli...

DUCA: Sapevo dove volevi arrivare, carogna! Bene, quando avrò ottenuto quello che voglio vi raddoppierò la paga. Basta che suoniate quella filastrocca.

DIRETTORE: Ma certo, vostra maestà, certo. Sapevo che ci saremmo venuti incontro.

DUCA: Sì, bene, ora vai a lavorare. Isidoro? Vieni con me.

ISIDORO: Eccomi, vostra maestà.

DUCA: Stai facendo un buon lavoro. Hai già pensato a come porre la richiesta?

ISIDORO: Ehm, no, vostra maestà, non ci ho ancora riflettuto.

DUCA: Beh, fallo. Quello sarà il momento cruciale, è fondamentale che tu la convinca. Se fallirai, ti farò aprire la cassa toracica da Bernardo e ti farò appendere ad un trabicolo per farti mangiare le budella dai corvi. Ma tu sei un ragazzo in gamba e confido che questo non succederà. Dammi quello che voglio, e potrai chiedermi qualunque cosa vorrai. Ti ricoprirò d'oro ad un cenno del capo.

ISIDORO: Vostra maestà, non desidero che si pensi che stia agendo per interesse. Non desidero alcuna ricompensa.

Il duca prorompe in una risata sguaiata.

DUCA: E allora perché lo stai facendo, ragazzo? Oltre che per obbedire ad un mio ordine, s'intende.

ISIDORO: Io... io non...

DUCA: Mi raccomando ragazzo, pensa a quello che ti ho detto. Ora vado a cercare qualcosa da mangiare, dato che sto morendo di fame.

Rimango lì in piedi, attonito. Nauseato.

LEONORA: Perché lo stai facendo, Isidoro?

Trasalisco e mi volto verso Leonora. Non sapevo che fosse qui. È chiaramente in attesa di una risposta.

ISIDORO: Ho solo avuto un'idea. È solo un ballo.

LEONORA: Non è solo un ballo, e tu lo sai. Cosa è cambiato da qualche giorno fa? Hai anche organizzato l'inizio delle danze.

ISIDORO: Quella non è stata una mia idea.

LEONORA: Ma l'hai suggerita tu al duca, o sbaglio?

ISIDORO: Sto facendo quello che mi avevi detto! Cosa c'è che non va?

LEONORA: Non va il fatto che non c'è un motivo per cui tu lo stia facendo. Ti stai facendo usare dal duca come fossi uno dei suoi servetti. Davvero stai agendo solo di buon cuore, solo per far felice il duca? Davvero sei spinto solo da generosità?

Rimango ancora silenzioso.

Sì, la risposta è sì. La domanda del duca mi ha colto alla sprovvista: non avevo pensato al perché lo stessi facendo. Così ho iniziato affannosamente a cercare un motivo, anche solo plausibile, per cui stessi adempiendo al comando del duca. Non ne ho trovati, tranne uno. Ho organizzato il ballo solo perché sapevo che avrebbe fatto felice la Morte. Sì, la risposta è quella, Leonora, ma non te la dirò.

LEONORA: Il duca ti ha promesso l'oro. Cosa vale più di quello?

ISIDORO: Non mi importa cosa dirà Bernardo. Ma adesso vattene e lasciami in pace.

LEONORA: Bernardo non lo saprà. Non sa che sono qui.

ISIDORO: Vattene!

Rimango ancora una volta solo, mentre sento la canzone della Morte in lontananza. Sono i musici che stanno provando nella sala da ballo.



Scena sei

La vigilia del ballo è arrivata. Secondo la volontà del duca, siamo tutti riuniti nella sala da ballo, per la prova generale. Un eviro canterà al posto della Morte, mentre tutti gli invitati, i ballerini e i musicisti sono al loro posto. Io ho una daga con cui chiamerò la morte. Ad un cenno del duca, l'eviro comincia a cantare. Subito, i musicisti prendono a suonare e tutti si muovono come concordato. Trovo che sia triste provare un ballo. Triste e terribilmente noioso. Tutti sanno che non è questo il momento di divertirsi, anche se per la farsa di cui stiamo facendo le prove non è necessariamente previsto divertirsi. La folla ondeggia, la musica scorre.

??? IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIHHHHHHHHHHHHHHHH

Un grido all'improvviso copre la musica. Imperterriti, i musicisti non interrompono la danza, anche se qualcuno è uscito dalla sua posizione e incomincia a chiedersi cosa sia successo.

DUCA: Proseguite, forza! Non è successo niente!

Mentre altri cercano di capire cosa sia accaduto, una sguattera imbrattata di sangue spalanca le porte della sala incespicando.

SGUATTERA: Maestà! Oh, maestà, che cosa terribile...

La sguattera crolla in ginocchio singhiozzando, senza riuscire a proseguire di parlare. Il duca, con aria infastidita, si fa largo tra i presenti e si avvicina alla serva.

DUCA: Su, che c'è? Parla, forza!

SGUATTERA: La signora... la signora è...

DUCA: La signora è cosa?

SGUATTERA: La padrona è stata assassinata!



Scena sette

Il duca è molto arrabbiato per questa vicenda. L'imminente ballo l'aveva rianimato dalla sua solita apatia. Ma ora che è stato costretto a rimandare il ballo di una settimana è su tutte le furie. Rimandato, per giunta, per un'idiozia!

Dama Adelaide ha ucciso sua madre. Anche se il duca pensa il contrario, per la nobiltà presente a Villa d'Acqua si tratta di un terrificante scandalo. Il fatto che la figlia della tenutaria della Villa sia scappata con un servo della Villa stessa, invece, è considerato anche vergognoso.

Dama Adelaide infatti coltivava una relazione segreta con un certo servo, con cui aveva organizzato di scappare nella Repubblica Veneta in gran segreto. La fuga era stata architettata approfittando del fatto che tutti nella Villa dovessero essere nella sala da ballo. Sfortunatamente per la coppia di fuggiaschi, la madre di Adelaide, non si sa per quale ragione, si trovava negli appartamenti proprio mentre Adelaide e il suo amante si preparavano a lasciare la Villa. Adelaide pugnalò sette volte al torace sua madre, con uno dei coltelli rubati dalla cucina.

Durante la fuga erano stati costretti ad uccidere anche un servo che li aveva casualmente scoperti e uno dei gendarmi che li hanno fermati al confine.

Il funerale della nobildonna è stato venerdì. Come ogni domenica, oggi è in corso l'esecuzione.

Il duca, tremendamente incattivito, ha deciso di interloquire con il condannato, cosa per lui inusuale. Il banditore gli presta la voce, molto più adatta all'occasione della sua.

BANDITORE: Servo! Il duca vuole ardentemente conoscere il motivo che ti ha spinto ad uccidere un gendarme, un servo tuo pari e la signora sotto la quale avevi preso servizio, a sedurre sua figlia, seviziarla e rapirla, tentando di portarla in un paese straniero. Parla, servo!

A questo punto la Morte mi si avvicina e mi sussurra:

MORTE: Perché dice quelle cose? Non è andata così.

ISIDORO: Questa è la versione ufficiale. La fuga d'amore di quei due ha creato un'enorme scandalo nell'alta società che conosce i fatti come sono realmente. Non vogliono che lo scandalo raggiunga anche il popolino e ricopra ancor di più di vergogna la famiglia di Adelaide.

Il servo era stato immediatamente destinato alla pena capitale, mentre come punizione per Adelaide era stato giudicato sufficiente farle assistere alla morte del suo aguzzino. Siede infatti con il padre vicino al duca e non appena il suo amato prende a parlare lei incomincia a singhiozzare.

STEFANIO: Negli ambienti che ho frequentato, la fama di puttaniere del duca era abbastanza affermata.

La folla mormora, lui riprende.

STEFANIO: Come potrebbe vostra signoria quindi comprendere quello che ho fatto, se non ha mai amato davvero una donna?

Per quanto l'insinuazione sia veritiera, per il duca ora si tratta ancor di più di un fatto personale.

BANDITORE: Sua signoria dice che se l'avessi amata meno, ora, forse, saresti un uomo libero, non un cadavere che respira ancora.

STEFANIO: Non si può amare meno! L'amore è tutto. L'innamorato non conosce maggiore o minore, rivendica l'eternità di ogni suo istante. E se l'amore rende eterna ogni piccola frazione della sua vita, perché dovrebbe l'innamorato temere la Morte?

A queste parole il pianto di lei si fa sempre più forte, finché si alza in piedi e grida:

ADELAIDE: Fatemi morire con lui, vi imploro! Sono colpevole quanto lui, più di lui! Stefanio, amore mio, diglielo tu...

STEFANIO: No, mia cara, loro vogliono che tu viva, e anch'io. Vivi per me, vivi la vita che avremmo dovuto vivere insieme.

ADELAIDE: Ma che vita devo fare io senza di te? Fammi morire con te, così la Morte sarà gioiosa!

Nessuno può più sentirla: due guardia l'hanno rimessa a sedere e ricondotta la pianto sommesso. La voce di lui però si sente benissimo.

STEFANIO: Duca! La tua miserabile vita fatta di agi, lussi e ricchezze non ti porterà a nulla, mentre io ho trovato qualcosa qualcosa per cui morire, e per questo muoio sereno.

BANDITORE: Il duca afferma che allora ti sarà indifferente la commutazione della condanna. Sarai appeso per le braccia sopra la pubblica piazza e lasciato morire al cospetto della città, da infame assassino quale sei.

Di tutte le condanne capitali, questa è seconda per crudeltà soltanto al rogo. La cassa toracica collassa su se stessa, le spalle si lussano e i polsi si tagliano, grondando sangue lungo tutto il corpo; si muore per deperimento.

Io e il maestro ci guardiamo negli occhi. È nostra abitudine drogare o avvelenare i condannati destinati a soffrire in modo atroce, come le ragazze e le donne spesso scambiate per streghe e bruciate vive. Di solito ci prepariamo prima con una boccetta in tasca, ma questa è la prima volta che il duca si comporta così: non possiamo fare nulla. Lo leghiamo, assicuriamo la corda e gli mettiamo uno straccio in bocca, in modo che non possa urlare. Il maestro quindi lo issa all'altezza massima e la folla inizia a bersagliarlo di insulti, sputi e sassi.

La morte nel frattempo se ne è andata, tornerà al momento opportuno. Chissà come farà a staccarlo di lì.



Sipario



Fiumi poi campi, poi l'alba era viola,
bianche le torri che infine toccò,
ma c'era tra la folla quella nera signora
stanco di fuggire la sua testa chinò:
"Eri fra la gente nella capitale,
so che mi guardavi con malignità,
son scappato in mezzo ai grilli e alle cicale,
son scappato via ma ti ritrovo qua!"

"Sbagli, t'inganni, ti sbagli soldato
io non ti guardavo con malignità,
era solamente uno sguardo stupito,
cosa ci facevi l'altro ieri là?
T'aspettavo qui per oggi a Samarcanda
eri lontanissimo due giorni fa,
ho temuto che per ascoltar la banda
non facessi in tempo ad arrivare qua.

Non è poi così lontana Samarcanda,
corri cavallo, corri di là...
ho cantato insieme a te tutta la notte
corri come il vento che ci arriverà
oh oh cavallo, oh, oh cavallo, oh oh cavallo, oh oh cavallo oh oh


(Samarcanda)



   
 
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