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Autore: YuXiaoLong    21/12/2010    2 recensioni
Capita di rado, ma le storie di due mondi possono intrecciarsi.
Yulannath dell'Accademia dei Due Draghi (salvo in casi formali, Yu) è un giovane bizzarro: sognatore, distante, distratto, irrilevante per i Terrestri, che lo conoscono con un altro nome. Ma egli è un Viaggiatore, capace di attraversare il Confine, la barriera che separa la Terra dall'Inframondo: il mondo gemello che alberga ogni sorta di creatura fantastica. Ma ben presto il suo destino lo porterà al di là di entrambi, fra rancori e ambizioni senza tempo.
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ars Arcana, Capitolo III

La spia riluttante

 

 

Issare il nano svenuto fu solo l’inizio delle fatiche, per Yu. Pur essendo esausto, si rendeva perfettamente conto che non poteva lasciarlo sul pavimento, e che doveva farsi venire un’idea per scaldarlo.

Incrociò le braccia sul petto e alzò lo sguardo al soffitto, pensoso. L’unico modo per riscaldare la stanza era accendere un fuoco, cosa che puntualmente cercava di evitare; d’altra parte, il temerario aviatore era fradicio e ferito, e pur sapendo che i Nani erano creature straordinariamente resistenti, non se la sentiva di lasciarlo lì al freddo.

Alla fine, stringendosi nelle spalle, decise che tutto sommato, un fuoco lo poteva accendere. La tormenta sarebbe andata avanti per un pezzo, e di certo gli Euxeliani, ammesso che fossero là fuori con quel tempaccio, non avrebbero notato il fumo.

Così, dopo aver sistemato il camino, scese al piano terra, caricò un po’ di legna nel montacarichi nel vano delle scale e salì nella sua stanza a recuperare un po’ di zolfo dalla credenza degli ingredienti, un grosso mobile rettangolare che copriva un’intera parete, suddiviso in tanti cassetti quadrati, ognuno abbinato ad un diverso tipo di ingrediente necessario per gli incantesimi.

“Oh, non preoccuparti per me” sbottò il Compendium, acido, quando il mago entrò nella stanza. “Me ne starò a qui, a prendere polvere come un pamphlet qualsiasi, mentre tu pensi ai fatti tuoi”.

“Oh, chiudi il becco, ho da fare” lo zittì Yu, gesticolando seccato mentre cercava il cassetto e recuperava il suo zolfo.

Ignorando le indignate proteste del libro, scese poi al primo piano, issò su la legna, la pose nel camino e, recitando velocemente qualche parola magica, vi gettò sopra lo zolfo. Il fuoco divampò all’istante, con uno sbuffo di fumo giallo, e prese subito a scoppiettare allegramente.

“Ohi ohi” lamentò, sentendosi la schiena indolenzita. Era stanco morto e non era neanche a metà dell’opera!

Sbuffando, trascinò il nano svenuto fino ad un divanetto su cui, ad occhio e croce, sarebbe stato abbastanza comodo, e con fatica ce lo caricò sopra. Di nuovo, la sua schiena protestò.

Ignorando la crescente irritazione, chiuse gli occhi e passò una mano sul viso rugoso e arcigno del nano, recitando un incantesimo che avrebbe reso il suo sonno ancor più profondo, poi si fece coraggio e gli tolse i vestiti fradici, appendendoli a delle sedie per farli asciugare. Benché l’umanoide dormisse della grossa, Yu si sentì arrossire ogni volta che rimuoveva un indumento: non era abituato a quel genere di cosa, e lui stesso non amava essere visto senza i vestiti piuttosto larghi che era solito portare, anche sulla Terra. Lo sconosciuto aveva con sé alcune armi (un’ascia e qualche pugnale), che confermarono i sospetti del giovane: la regione presentava pochissimi pericoli, e praticamente nessuno aveva bisogno di girare armato. “Queste, finché non so che ci fai qui, penso che le terrò in custodia” borbottò, circospetto.

Terminata l’operazione, tornò nella sua camera-studio, dove l’indignato Compendium proseguiva il suo soliloquio, e dalla cassapanca ai piedi del letto prelevò delle coperte per l’ospite. Poi scese nella stanza da bagno, recuperò la bacinella poggiata sulla specchiera, la riempì d’acqua e prese una pezzuola per pulire la ferita. Non avendo del disinfettante, dovette sciogliere un po’ di sale nell’acqua, per cercare di ripulire un po’ il taglio che il nano si era procurato nello schianto.

Quindi procedette con estrema lentezza ad un’improvvisata medicazione, al colmo del disagio: sapeva un paio di nozioni di pronto soccorso, ma soccorrere qualcuno che si era appena schiantato contro una parete di pietra era un tantino oltre le sue competenze in materia.

Quando finalmente ebbe finito, era esausto. Sentendosi la testa pesante, chiamò uno dei famigli dell’accademia, un gatto nero dai vivaci occhi verdi, e lo mise a guardia dell’ospite, che, in ogni caso, non si sarebbe svegliato se non verso mezzogiorno. Dopo di che, si trascinò su per le scale, fino alla sua stanza e, senza nemmeno spogliarsi, si gettò sul letto e si addormentò all’istante.

 

Si svegliò tardi la mattina dopo, tutto indolenzito, ma, se non altro, meno stanco. Le dieci e mezza erano passate da poco, e fuori la bufera continuava ad imperversare.

La giornata che si prospettava gli metteva una gran voglia di ignorare la pendola, girarsi dall’altra parte e ronfare della grossa fino alle tre del pomeriggio, ma, si ricordò aveva un ospite a cui pensare. Quindi controvoglia, e con estrema lentezza, si mise a sedere sul letto, si alzò in piedi, si stiracchiò e si avviò ingobbito e imbronciato giù per le scale. Con uno sbadiglio più simile, in effetti, ad un ululato, congedò il gatto da guardia e andò a verificare le condizioni del suo bizzarro paziente.

Lo trovò, come si aspettava, profondamente addormentato, l’espressione sul viso, segnato dal vento e dal sole, burbera, nonostante il sonno. Non aveva perso altro sangue durante la notte, né sembrava essersi agitato troppo, e il respiro lento e regolare gli fece pensare che le ferite quantomeno non dovevano essere così dolorose. E il fatto che fosse ancora vivo escludeva grosse lesioni interne.

Sospirando, Yu si passò una mano davanti al viso per togliere le ciocche di capelli che erano sfuggite dalla sua coda. Il risveglio non sarebbe stato facile, quindi tanto valeva destare subito il nano: non avrebbe gradito svegliarsi in quel modo, di questo il mago era sicuro.

Per prima cosa, era opportuno assicurarsi che fosse possibile comunicare, perciò, toccandosi la fronte con l’indice sinistro, toccò l’aviatore nello stesso punto con la destra, chiuse gli occhi e recitò un breve incantesimo. Qualunque lingua avessero parlato, ora, si sarebbero intesi, almeno fino al calar del sole.

Poi, tratto un profondo respiro, passò una mano sul volto del nano, sussurrando un controincantesimo che l’avrebbe ridestato.

 

Il risveglio del nano fu lento, accompagnato da brontolii, smorfie, e versi che Yu aveva famigliari ma a cui non avrebbe saputo dare un nome. Ma una volta aperti gli occhi, lo strano ospite fu del tutto desto: in un lampo gettò via le coperte, balzò in piedi e impugnò le armi… che, realizzò solo in quel momento, non aveva più.

Come il mago si era aspettato, il nano non fu affatto contento di svegliarsi nudo, in casa di uno sconosciuto e privo delle sue armi, e il successivo quarto d’ora fu tutto un saltellare, sbracciarsi e sgolarsi da parte di un furibondo ometto nudo. Yu si limitò a stringersi nelle spalle e a fissare genericamente un punto dietro al suo oltraggiato ospite, lasciandosi scivolare addosso le atroci minacce di morte e di vendetta mentre aspettava che si stancasse; era risaputo che i Nani erano fuochi di paglia.

Quando, come previsto, lo sconosciuto si fu calmato ed ebbe i capelli e la barba tutti arruffati per l’agitazione, il mago gli rivolse la parola: “Al tuo posto mi ringrazierei. Credo che la bufera sarebbe stata assai più inospitale del sottoscritto” lo redarguì, inarcando un sopracciglio. “Comunque sia”, proseguì, soffiandosi i capelli via dalla faccia, “io sono Yulannath. Ma preferisco semplicemente Yu. Perché non mi spieghi che ci facevi a bordo di un pallone nel cuore della notte?”

Fu evidente che il nano non gradì essere apostrofato in quel tono a metà fra il supponente e il condiscendente, perché il suo viso si fece paonazzo.

“Giusto, il tatto” lo smorzò il mago prima che scoppiasse in un’altra scenata. “Rivestiti, poi parleremo. Le tue armi le ho prese io… sai com’è, con gli sconosciuti” mise subito in chiaro. Non amava troppo comportarsi in quel modo, ma era opportuno che lo sconosciuto non pensasse di poterlo ingannare o di mettergli i piedi in testa.

Per qualche secondo il nano non rispose, rimanendo ritto dov’era, il petto gonfio d’indignazione, ma poi, sbuffando, si riprese la sua roba, grugnendo un “Rangrin” che il giovane suppose essere il suo nome.

“Dov’è il mio pallone?” domandò senza mezzi termini, non appena ebbe indosso i pantaloni.

Yu alzò le spalle. “Dove il vento avrà deciso di portarlo, suppongo” rispose. Il pallone era l’ultimo dei suoi problemi.

“HAI LASCIATO IL MIO PALLONE NELLA TEMPESTA?” sbraitò Rangrin, saltellando sul posto. Il mago si limitò ad incrociare le braccia sul petto e a guardarlo torvo.

Evidentemente, il gesto bastò per suggerire al nano che aveva appena detto una stupidaggine, perché il rossore sul suo viso si attenuò un po’. “Bene” bofonchiò, distogliendo lo sguardo da Yu. “Allora sarà meglio che mi incammini, non mi va di trattenermi troppo” borbottò, impacciato, facendo per recuperare mantello, stivali e il resto degli indumenti.

Ma il mago gli fece cenno di fermarsi.

“In primo luogo” cominciò, “ti sei appena ripreso dopo uno schianto di faccia contro la mia torre; al tuo posto mi riposerei, prima di farmi a piedi da qui a chissà dove. Secondo, non si esce con questo tempo, è una pazzia; e terzo, non vai da nessuna parte finché non mi dici perché te ne andavi svolazzando sopra casa mia” sancì.

Il nano si bloccò dov’era e lo guardò interdetto. Come si permetteva quel mucchietto d’ossa in sottana di dargli ordini?

“Fammi passare, bamboccio, prima che ti rovini il vestitino” mugugnò, mostrandogli il pugno. Subito dopo, sgranò gli occhi e fece un passo indietro, con un’espressione orripilata in viso. “Per la barba degli Antenati!” esclamò.

Yu batté le ciglia, perplesso. Non aveva nemmeno alzato un sopracciglio: da quando era diventato così intimidatorio?

“Come mai così mansueto, all’improvviso?” domandò, guardando scettico il nano. Dopo tutto, poteva anche essere un trucco.

“Un Demone Evanescente! Non vi avevo riconosciuto!” balbettò Rangrin, sgomento, indicando i suoi occhi di un innaturale color indaco, il Marchio dei Viaggiatori. Sulla terra, erano di un ordinario color castano, ma divenivano di quel colore quando si trovava nell’Inframondo. O, in un certo senso, il colore naturale degli occhi di un Viaggiatore, in quel mondo, era l’indaco.

Il giovane si accigliò.

Demone Evanescente? Non aveva mai sentito nessuno definire in quel modo i Viaggiatori, nemmeno nei libri dell’Accademia erano mai definiti così.

Fortunatamente, il nano fraintese il suo cipiglio, perché si affrettò a spiegare, frettolosamente, perché si trovasse lì: “S-signore, non avevo idea che aveste già preso possesso della fortezza. Mi stavo solo accertando se il terrestre di cui parlavano i paesani fosse ancora nell’Accademia, come ordinatomi dal maresciallo Turm…” farfugliò, la voce ridotta ad un soffio. “V-vi prego di perdonare la mia insubordinazione, ma ero in pensiero per l’esito della ricognizione e…”

Qualunque cosa fossero questi Demoni Evanescenti, il Rangrin ne era terrorizzato… e, in qualche modo, succube.

Yu lo zittì alzando una mano, l’espressione severa, mentre rifletteva. Il nano era una spia… probabilmente degli Euxeliani, posto che aveva nominato un ufficiale, ma questi Demoni Evanescenti sfuggivano la sua comprensione: che si trattasse di altri Viaggiatori? Ma perché chiamarli in quel modo?

In ogni caso, non credeva che fosse una persona cattiva… l’avrebbe percepito, a meno che il nano non fosse un mago a sua volta, in che era assai improbabile. Come tutti i suoi simili, era sgraziato, rude e sbrigativo, ma certamente non di cuore cattivo.

“Non ho idea di chi siano questi Demoni Evanescenti. Io sono un Viaggiatore e un mago dell’Accademia dei Due Draghi” scandì. “E ora, tu mi racconterai tutto quello che sai su questi… Demoni” ingiunse, puntandogli contro il dito “O ti ricoprirò di verruche e ti farò spuntare i funghi sulla barba”.

La rivelazione lasciò Rangrin scombussolato, era evidente dall’espressione stolida e dall’improvviso mutismo che l’avevano colto quando il mago gli si era rivolto. Ma, ancora scosso dalla paura dei fantomatici Demoni evanescenti e per il cipiglio severo del mago, rimase piuttosto mansueto anche dopo che ebbe superato la sorpresa.

“Come sarebbe a dire che non ne sai niente?” esclamò, sempre pallido in viso. “Sono uguali a te! Hanno gli stessi occhi! E… vanno e vengono da uno strano mondo al contrario, nel cielo, l’ho visto coi miei occhi!”

Yu s’incupì ancora di più e prese a carezzarsi il mento, meditabondo. Decisamente, la descrizione di Rangrin corrispondeva all’apertura del passaggio fra i mondi: i Viaggiatori creavano un portale, generalmente sopra sé stessi, che aveva l’aspetto di un’immagine fantasma dello stesso luogo sull’altro mondo, ma capovolto. Il varco risucchiava qualunque oggetto o creatura non ancorata al suolo dall’altra parte, poi svaniva, senza lasciare traccia, se non ciò che poteva aver spostato da un mondo all’altro. Ovviamente, la  maggior parte dei Viaggiatori preferiva creare passaggi più piccoli e discreti, sufficienti appena per sé stessi… e comunque, aprire un portale più grande richiedeva uno sforzo immane.

Chiuse gli occhi e si massaggiò una tempia.

“Che hanno a che fare, con te, questi Demoni Evanescenti?” domandò. Non riusciva ad immaginare il motivo per cui dei Viaggiatori avrebbero dovuto cominciare a terrorizzare i Nani.

Ma Rangrin indugiava, la sua espressione tradiva grande ansia.

Yu si sforzo di sorridere, e di apparire un po’ più conciliante. “Non temere, non sono uno di loro; e nessuno sa che sei qui: il pallone sarà sepolto sulla neve, o appeso ad un albero chissà dove. Per ora sei al sicuro” lo rassicurò. “E se mi spieghi tutto, magari potrò aiutarti”, aggiunse, pur credendoci solo fino ad un certo punto. Non riusciva a risolvere i propri problemi, figurarsi quelli del nano.

La spia-per-forza deglutì e annuì più volte, come per convincersi che stava facendo la cosa giusta.

“L-la mia casa è fra i Monti Arcoroccia, a nord… e… tempo fa, l-loro sono arrivati, di colpo e…” deglutì di nuovo. “E hanno fatto sparire delle persone. Nel loro mondo al contrario, li abbiamo visti, sono passati dall’altra parte del cielo, in quel mondo fantasma, fatto di ferro e di strana pietra, non plasmata dalla natura, te lo dico io” raccontò, la voce ridotta ad un tenue soffio.

Il mago lo ascoltò, le sopracciglia inarcate per la sorpresa. Sapeva che esistevano molti altri Viaggiatori… ma aveva mai avuto idea che ne esistesse un gruppo. Sempre che questi Demoni fossero effettivamente più di uno, come il nano suggeriva.

Rangrin, intanto, proseguiva il suo racconto: “Hanno detto che dovevamo fare quello che dicevano… o che si sarebbero presi altre persone. Chi si è opposto a loro, o è sparito nel loro mondo, o… o è la sua famiglia ad essere sparita. Non so perché lo facciano, ma adesso laggiù comandano loro e… e ci hanno detto di metterci a completa disposizione degli Euxeliani. Abbiamo provato ad opporci, non ci piace prendere ordini e non certo da degli umani, ma ogni volta che cercavamo di contrattaccare, loro sparivano nel loro mondo, portandosi via alcuni dei nostri, poi tornavano di notte, per portare via altra gente, o per delle rappresaglie!” gemette. “E io… io sono solo un aviatore, mi hanno detto di sorvolare la zona e di riferire tutto quello che scoprivo, e allora ho pensato che potevo anche farlo, dopo tutto davo solo un’occhiata, non mi avrebbero obbligato ad andare in guerra o a fare del male a qualcuno, no?”

Yu annuì, comprensivo, ma la sua espressione rimase cupa. Non gli piaceva affatto quello che stava sentendo.

“E questi… Demoni, sono alleati degli Euxeliani?” domandò.

Ma l’aviatore scosse il capo. “No, o non sanno chi siano. Almeno, è quello che ho capito dall’esercito” spiegò. “Se avessero idea di quello che abbiamo visto, non sarebbero tanto tranquilli… quelli vanno e vengono come gli pare, spuntano all’improvviso e si portano via cose e persone, e un minuto dopo, via! Come se non fossero mai esistiti”.

Il Viaggiatore sospirò. Era da quando era un bambino che attraversava il Confine, e ormai si sentiva anche abbastanza esperto in quell’arte… probabilmente, sarebbe stato in grado di creare passaggi piuttosto ampi, o di mantenerli aperti per anche un minuto; ma non avrebbe potuto certo farlo a ripetizione. Quei Demoni, chiunque fossero, sapevano il fatto loro.

“Vedo…” esordì, cauto, dopo un po’, sentendosi addosso lo sguardo angosciato di Rangrin. “Il tuo problema e il mio sembrano abbastanza collegati. Penso che possiamo darci una mano a vicenda” considerò, sorridendo. “Io sono bloccato da un po’ in questo castello” cominciò, cercando di ignorare l’espressione scettica che subito si dipinse sul volto del nano, “per cui sono poco informato su quello che accade fuori. Ho bisogno che adesso tu mi dica tutto, ma proprio tutto quello che sai sugli Euxeliani, sulle loro intenzioni e sulle loro forze in questa zona. Se riesco a ritrovare i miei superiori, certamente riusciremo a mettere in piedi un piano per allontanare gli invasori dalla regione e, credo, anche un modo per impedire a questi Demoni Evanescenti di tormentarvi ancora. E se le cose si mettono male, puoi sempre nasconderti e far finta di essere andato disperso nella tormenta. Che te ne pare?” propose, senza smettere di sorridere.

 

Rangrin incrociò le braccia sull’ampio petto villoso e lo squadrò a lungo, severo a sua volta, prima di rispondere. Studiò il suo viso giovane eppure in qualche modo vecchio, come il suo, il suo sorriso, stanco, ma sincero e solo per ultima cosa studiò i suoi occhi da mostro.

Non vi trovò la malizia o il gelo che luccicavano nello sguardo dei Demoni che avevano assalito i Clan. Che esistessero anche Demoni buoni?

“Sei disperato” sentenziò, guardandolo torvo.

Il sorriso del mago si tinse di una punta di colpevolezza mentre, con sincerità disarmante anche per un burbero nano, annuiva.

“Ho paura” ammise, con semplicità. “Ne avevo già da prima di incontrarti, e adesso che mi hai parlato di questi Demoni, mi sento ancora peggio. Ma standomene chiuso qui dentro, non otterrò nulla; devo fare qualcosa, e devo farla alla svelta… ma senza un briciolo di aiuto, non andrò lontano. Mi aiuterai, Rangrin l’Aviatore?”

Il nano fissò alternativamente il sorriso stanco del mago e la sua mano tesa, così magra e affusolata, poi, con una smorfia teatralmente carica di pena e disgusto, la prese fra le sue dita tozze e callose.

“Va bene, va bene, Demone, ti darò una mano. Per gli Antenati, devo essere impazzito!” concesse, col tono di una persona costretta a fare qualcosa di assolutamente disgustoso.

Yu chinò la testa in segno di ringraziamento e, quando l’aviatore si girò per recuperare la sua camicia, sorrise fra sé: aveva ritrovato le sue (pessime) maniere da nano; evidentemente, le sue ferite erano poca cosa.

 

 

***

 

Note finali: eccoci alla fine del terzo capitolo. Non sono molto abituato ad inserire note di chiusura nei miei racconti, perché sono abituato a lasciarli “puliti”, quindi perdonatemi se suonerò un po’ impacciato. ;)

Anzitutto, un grazie a tutti coloro che hanno concesso al mio modesto racconto il tempo di una lettura: spero che vi diverta quanto diverte me scriverlo. :)

Inoltre, dal profondo del mio cuoricino, un ulteriore ringraziamento va a chi ha messo la mia umile storiella fra i racconti seguiti/preferiti/da ricordare eccetera. E’ incoraggiante, per un dilettante come me, perciò spero che questa mia piccola creazione si mostri degna del vostro tempo.

Ovviamente, abbracci gratis a chi si è preso il tempo anche di lasciarmi una recensione, sono davvero apprezzatissime. *inchino*

Ah, e sì, per quanto riguarda l’html sono totalmente niubbo, quindi perdonatemi se questo capitolo ha una formattazione un po’ diversa rispetto ai precedenti. Sto sperimentando. o.o”

 

Abbracci e pucciosità gratis a tutti, e al prossimo capitolo! *3*

   
 
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