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Autore: Jay Boulders    22/12/2010    3 recensioni
Missing moments di DH.
La storia inizia quando i tre arrivano a Grimmauld Place, per poi snodarsi sulle tappe che porteranno all'evoluzione della storia di Hermione e Ron. Contiene Spoiler dell'ultimo libro.
«Ti interessa veramente che io resti? Tanto da far qualcosa per convincermi a rimanere?»
«Se sapessi che non è una battaglia persa lo farei. Ma come ti ho detto ti conosco, e so che quando ti fissi su qualc-»
«Allora baciami.» lo interruppe lei. Lasciandolo sbigottito ad addentare l’aria.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter | Coppie: Ron/Hermione
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Harry si sentiva contaminato, infetto: era così che i Mangiamorte l'avevano individuato?
«Se io non posso usare la magia senza rivelare la nostra posizione, e voi nemmeno finché siete vicino a me...» esordì.
«Non ci separeremo!» esclamò Hermione, decisa.
«Ci serve un posto sicuro dove nasconderci» disse Ron. «Per avere il tempo di riflettere».
«Grimmauld Place» propose Harry.

Arrivati, decisero di comune accordo di accamparsi nel maestoso salone dell’appartamento. Dopotutto sarebbero dovuti restare soltanto quella notte, non c’era motivo di preparare tre stanze con letti ricoperti di polvere e teli.
O meglio, quella era il razionale ed ovvio ragionamento venuto fuori. Nessuno dei tre sarebbe voluto restare solo, raggomitolato in un letto in preda all’ansia e alla paura di ciò che dal giorno successivo, la ricerca degli horcrux, avrebbe portato.
La paura dell’ignoto, di ciò che sarebbe stato, l’attesa della battaglia finale.

Harry e Ron srotolarono i loro sacchi a pelo al centro del salone, accanto al divano che per scontato e di comune accordo, avevano deciso di lasciare ad un Hermione, che dopo iniziali proteste sul fatto di non voler essere trattata con benefici soltanto perché fosse l’unica ragazza, aveva accettato con riserve.

Il tempo scorreva, questo era normale. Ma Ron non sapeva dire se ciò accadeva in modo accelerato o terribilmente lento. L’unica cosa certa è che non riusciva a prendere sonno, pur essendo totalmente e completamente distrutto dalla moltitudine di avvenimenti delle ore precedenti.
La sua mente ritornò al ricevimento di suo fratello, all’attacco, alla lancinante paura che ebbe in quell’istante, non riuscendo a trovare Hermione tra la folla urlante e terrorizzata. I suoi occhi saettavano da un punto all’altro, in modo del tutto disordinato e senza una scia precisa.
Nel momento in cui la vide, non poté che sentire un forte sollievo partirgli da dentro, ed espandersi pian piano in tutto il resto del suo corpo.
Vedendola, si accorse che per quanto la sua espressione fosse sperduta e impaurita a sua volta, notò un moto di sollievo anche nei suoi occhi dal momento in cui i loro sguardi si incrociarono. Che anche lei… lo stesse cercando disperatamente? Che anche lei… No, non era ne il momento ne il luogo per pensare a certe cose. Non poteva, lui non poteva… Hermione era la sua migliore amica, e lui non poteva riempirsi la testa di certi pensieri, e tanto meno illudersi che nei suoi gesti, nei suoi sguardi, ci fossero segni che anche lei… Dovevano essere uniti, lui, Hermione ed Harry. Non poteva rovinare un’amicizia così lunga sulla base di… di nulla.
L’unico pensiero che aveva il permesso di avere, era di concentrarsi sui loro compiti, sul ritrovamento degli horcrux e combattere al loro fianco… e di proteggerla ad ogni costo.

Capendo che fosse impossibile riuscire ad addormentarsi, decise che era il caso di alzarsi e fare qualcosa che gli tenesse la mente occupata. Si sollevò lentamente cercando di ridurre al minimo il fruscio del sacco a pelo che sfilava dal suo corpo.
Alzandosi in piedi vide alla sua destra l’amico che dormiva della grossa. Ma come diavolo faceva… anche se non poté non notare una sorta di angoscia nella sua espressione. Come dargli torto.
Ripromettendosi di non guardarla, tenne il volto rigorosamente girato dal lato opposto a quello del divano, fece qualche passo in direzione della porta quando una flebile voce richiamò la sua attenzione, facendolo arrestare, pur senza girarsi dal punto in cui proveniva, perché sapeva bene dove fosse.

«Dove stai andando?» sussurrò quasi, per non svegliare l’altro amico.

Il ragazzo senza voltarsi ancora, rispose con un secco ‘bagno’ riprendendo il suo cammino senza dare modo al suo interlocutore di fargli ulteriori domande.

Arrivando in bagno, entrò di corsa accostando la porta e poggiando i palmi sul lavandino.
Cosa avrebbe dato per saperla da qualche parte al sicuro… era proprio questo il problema. Nessun posto era sicuro in quel momento, e se avendola accanto poteva sapere che stesse bene, poteva proteggerla lui stesso… beh allora andava bene così.
Peccato che il suo “averla accanto” non gli bastava più. A Hogwarts poteva distrarsi in mille e più modi per non pensare a lei in quel modo. Ma lì… in quella situazione non ci riusciva, non poteva scacciare dei pensieri insediati così in profondo nella sua mente, e nel suo cuore. Sarebbero potuti morire e lui era costretto a tenersi comunque tutto dentro.

Uno scricchiolio lo ridestò, sollevando il volto vide dallo specchio che lo fronteggiava il riflesso della porta socchiusa e del profilo di Hermione che si affacciava cauta all’interno.

«Scusa io… ho visto che la porta non era chiusa. Non ho bussato per paura di far spaventare Harry. Ormai ogni piccolo rumore può mandarlo in agitazione. Va… va tutto bene?»

Il ragazzo abbassò gli occhi dallo specchio, fissando il fondo del lavandino senza proferir parola.

«Ron…?» aggiunse con lieve preoccupazione la ragazza.

Di rimando ottenne l’attenzione di lui, che si voltò poggiandosi contro il lavandino.

«Cosa c’è Hermione? Perché continui a starmi continuamente addosso? Se tuo essere una so-tutto-io comprende il voler necessariamente sapere tutto ciò che passa nella testa di chi ti sta intorno, beh non calcolarmi nel pacchetto.» disse seccato, avvicinandosi alla porta, senza però guardarla negli occhi.

Le aveva scaraventato addosso tutta la sua frustrazione, la sua rabbia, e non osava incrociare il suo sguardo. Probabilmente aveva sbagliato, ma l’unica cosa di cui ora non aveva bisogno era di ricevere una stupida ramanzina sul rispetto e l’educazione e tanto meno avere un litigio con lei, era stanco, non ne aveva voglia, non ne aveva le forze.

«Torno a letto.» aggiunse, arrivando a pochi passi dall’uscio.
E rendendosi conto che la figura di lei non si spostava, permettendogli il passaggio, fu costretto ad alzare lo sguardo.
Ma ciò che vide non era un Hermione su tutte le furie, pronta a riempirlo di insulti e rimproveri.
Ciò che vide gli spezzò il cuore in mille pezzi, provocandogli un dolore insopportabile alla vista di lei, con lo sguardo fisso su di lui e gli occhi inondati di lacrime, seppur trattenute a stento.

   
 
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