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Autore: wustawak    23/12/2010    6 recensioni
Era stato un dio… ed ora, non era niente.
La gente l’aveva guardato con deferenza, in passato, trattenendo il fiato come di fronte a qualcosa di troppo grandioso per passare sotto silenzio… Avevano tremato, al suo cospetto, schiacciati dalla consapevolezza della propria insignificanza, tributandogli lo stesso rispetto dovuto ad un principe. Un astro luminoso in mezzo ad una volta oscura, ultimo erede di due delle più importanti famiglie di maghi del mondo magico, fulgida promessa di rivalsa.
Una promessa, sì… Una promessa infranta.
Draco è alle prese con i demoni interiori che lo perseguitano e con una dipendenza destinata, col tempo, a distruggerlo. Hermione è forse l'unica che può tirarlo fuori dal baratro senza fondo in cui è precipitato... Ma ne sarà in grado?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Come promesso, ecco il nuovo capitolo. Causa malfunzionamenti di internet ho dovuto usare la connessione che c’è in facoltà (ebbene sì: siamo tra i pochi bamba che hanno ancora lezione il 23 dicembre! =P)
 
Ne approfitto per ringraziare moltissimo barbarak, Nimphalys, Public Enemy, slytherin ele e Carrie_brennan che hanno recensito. Grazie mille! Nel prossimo capitolo farò ringraziamenti più personali e dettagliati,ora c’è la professoressa che mi guarda male e non è il caso! =P
 
Non mi resta che augurare a tutti buona lettura!
 
 
 
 
 
 
Capitolo #5
La calma dopo la tempesta
 
Draco si svegliò la mattina seguente, quando il sole era ormai già alto nel cielo.
 
Era il terzo giorno, l’ultimo, lo capì immediatamente. Stava da schifo, certo, ma era dovuto al fatto che non aveva mangiato e aveva lo stomaco spaccato in due a furia di vomitare, i sintomi delle crisi di astinenza di cui era stato ripetutamente vittima in quei tre giorni erano spariti: la violenta crisi della notte precedente era stata con ogni probabilità l’ultima, ora il suo organismo era completamente libero da quel maledetto veleno che egli stesso introduceva dentro di sé con foga autolesionista…
 
Tentò di alzarsi sui gomiti e mettersi seduto, ma scivolò e ricadde supino sul materasso.
 
Sentiva Hermione muoversi in cucina, e il borbottio di una pentola sul fuoco… Si mosse con cautela, era indolenzito dappertutto, per tentare nuovamente (e invano) di alzarsi, ma era troppo debole per farlo tutto da solo. Non ebbe bisogno tuttavia di chiamare Hermione poiché, cigolando, ci pensò il letto a segnalare il suo risveglio alla giovane dottoressa, che accorse subito al suo capezzale, per aiutarlo a mettersi in posizione eretta.
 
“Sei ancora troppo debole, Draco. Lascia che ti aiuti.” disse.
 
Lo fece scendere dal letto senza dire una parola e lo aiutò a sedersi per terra; poi si accinse a cambiare le lenzuola sporche, che avevano assorbito vomito e urina durante quella notte così travagliata.
 
“Vieni con me.” disse infine, al termine di quell’operazione “Prima una bella lavata, e poi facciamo colazione. Ti va?”
 
Draco non rispose. Se non fosse stato per gli occhi aperti, che sbarrati fissavano il vuoto, probabilmente Hermione avrebbe pensato che stesse ancora dormendo.
 
Si lasciò sollevare passivamente, aiutando come poteva la dottoressa a sorreggere il proprio peso; ma il proprio contributo non poteva che essere minimo, a causa della debolezza che lo pervadeva.
 
“Il peggio è passato. Ora devi solo ristabilirti al più presto.” gli sussurrò Hermione con la tenerezza di una madre, mentre lo svestiva.
 
Vide le gote di lui tingersi di porpora mentre lo faceva, mentre vergognoso tentava invano di coprire la propria nudità. Le strappò un sorriso e nel suo cuore provò una strana sensazione di calore nel vederlo così vulnerabile, così indifeso, così… umano, ecco.
 
Lo aiutò ad entrare nella vasca da bagno e, arrotolatasi i jeans fino alle ginocchia, si sedette dietro di lui tenendo i piedi a mollo, appoggiando la testa del ragazzo al proprio grembo.
 
Lo lavò amorevolmente con la stessa delicatezza che avrebbe riservato ad un neonato, passando la spugna umida su quel corpo magro da far spavento, tanto bianco da parere quello di un cadavere. Draco rabbrividì appena, al tocco sapiente di Hermione che nettava via la sporcizia degli ultimi giorni, mentre l’acqua tiepida scorreva sul suo torace scheletrico.
 
Gli lavò amorevolmente i capelli, facendoli tornare da opachi a lucidi, belli e chiari come si immaginava dovessero essere quelli del dio greco del sole, Apollo.
Gli accorciò persino la barba che era diventata fin troppo lunga, tagliando quella in eccesso e acconciando la restante, modellandola come meglio poteva: lo rimise a nuovo.
 
Gli abiti puliti li aveva già preparati e distesi ordinatamente sulla sedia fuori dal bagno: una camicia nera, fresca e morbida, e un paio di pantaloni lunghi.

I vestiti di Draco se li era fatti mandare dalla madre (o, più probabilmente, da uno dei suoi domestici); tuttavia gli andavano larghi, doveva aver perso molti chili da quando li aveva indossati l’ultima volta. Per far stare su i pantaloni dovette stringere la cintura fino all’ultimo buco, e anche così gli andavano piuttosto abbondanti; tuttavia stavano su, ed era questo l’importante.
 
Quand’ebbe finito con lui, sembrava una persona nuova.

Pallido e magro, ma seppur patito aveva parzialmente riacquistato l’antica bellezza che lo aveva sempre accompagnato durante gli anni di Hogwarts.
 
Una morbida barba bionda gli ricopriva le guance scavate e gli incorniciava la bocca, conferendogli un aspetto ingannevolmente più maturo dei suoi ventisei anni; i capelli bagnati, pettinati all’indietro, splendevano lucenti alla luce del mattino, mentre una ciocca sfuggita al pettine vigoroso di Hermione gli scendeva lungo la fronte ampia, sfiorandogli la tempia e la guancia, sbarazzina.
 
“Non trovi che vada molto meglio, ora?” gli domandò, mentre gli girava attorno tenendo lo specchio sollevato, affinché lui ci si potesse vedere riflesso.
 
Draco annuì leggermente, ma non aprì bocca. Non aveva ancora pronunciato una singola parola, da quando si era risvegliato: forse aveva paura di sentire la propria voce e, dopo quanto passato in quegli ultimi tre giorni, riscoprirla cambiata.
 
“Ci so ancora fare con forbici e pettine. Sai,” gli confidò, ridendo allegramente “quando andavamo a Hogwarts ogni tanto mi capitava di tagliare i capelli a Harry e a Ron. All’inizio non mi veniva un granché bene, ma dopo un po’ ci ho preso la mano.”
 
Lo fece uscire dal bagno e accomodare al tavolo della cucina, che apparecchiò velocemente.

“Ora che ti sei dato una bella ripulita, direi che è arrivato il momento di mettere qualcosa sotto i denti!” disse Hermione, di evidente buonumore “Ti preparerei la colazione, ma è già mezzogiorno passato… Vista l’ora, forse è meglio che ti cucini un buon pranzetto!” rise poi, legandosi un grembiule in vita mentre si avvicinava ai fornelli.
 
“Cucinare non è mai stata una delle mie specialità, questo è vero,” sentenziò, agitando un mestolo a mo’ di bacchetta “ma vedrai che in qualche modo riuscirò a imbastire qualcosa di buono!”
 
Draco non aveva per niente fame, aveva ancora lo stomaco distrutto dai crampi dei giorni precedenti, senza contare un filo di nausea tipico di quando si rimane senza mangiare per tanto tempo: ma la ragazza gli preparò una minestra leggera e dall’aspetto invitante, e minacciò di imboccarlo se non l’avesse mangiata di sua spontanea volontà.
 
Capacissima di farlo, pensò Draco, che aveva ormai imparato fin dove si spingesse la determinazione di Hermione; così prese il cucchiaio e, senza fretta, si sorbì tutta la minestra.
 
Infine, sempre su insistenza della ragazza, mangiò una mela sbucciata e grattugiata:

“Grattugiandola, la mela si ossida. Vedrai che farà bene al tuo stomaco.” disse lei, con un sorriso.
 
Draco stette subito meglio, al termine del pasto, tanto che quando Hermione gli chiese se se la sentiva di fare qualche passo nei dintorni del cottage, per prendere una boccata d’aria fresca, annuì quasi senza nemmeno pensarci su.
 
Arrivarono fino alle rive sabbiose del laghetto, dove si fermarono a riposare.
 
Il ragazzo non si sentiva particolarmente stanco, ma le gambe disabituate al movimento gli dolevano leggermente, scricchiolanti: quella di stendersi un momento sulla rena chiara non era un’idea da buttare via, e così fece.
 
Hermione, da parte sua, si tolse i sandali, arrotolò i jeans fino alle ginocchia, e si divertì ad avventurarsi nelle acque fresche del laghetto, almeno per i primi due metri, dove l’acqua era bassa.
 
“Vedrai che, prima della fine di queste due settimane e mezza che ci restano da trascorrere qui, quando ti sentirai un po’ meglio, ti porterò a fare il bagno qui. Io lo facevo sempre, da bambina.” rise. Si comportava come se stessero facendo un’allegra scampagnata tra amici, di certo non come una dottoressa con il suo paziente.

Quel comportamento fino a pochi giorni fa lo avrebbe infastidito, ma ora lo incuriosiva e basta.
 
Una strana curiosità si accese pian piano nel suo petto: perché si era presa tutto quel disturbo? Accudirlo in quei tre giorni doveva essere stata una faticaccia, dal momento che non era stato in grado nemmeno di mettersi seduto da solo.

Perché lo trattava come un vecchio amico e non per quello che era, uno qualsiasi che tanti prima aveva incrociato la sua strada giusto per osteggiarla e umiliarla?
 
Cosa la spingeva a fare così tanto per una persona come lui? Moriva dalla voglia di saperlo, la faccenda non gli dava pace al punto che, dopo tanto tempo che non apriva bocca se non per respirare, ruppe il silenzio per farle quella domanda che tanto lo tormentava:
 
“Perché l’hai fatto?”
 
“Fatto cosa?” domandò Hermione, presa in contropiede. Uscì dall’acqua, andandosi a sedere accanto a Draco.
 
“Accettare il mio caso, venire fin qui… Tutto quanto, insomma. Cosa gliene frega ad una come te di aiutare uno come me?” la incalzò.
 
La voce gli uscì profonda e cavernosa… O forse era solo lui che si era disabituato al suono che essa aveva e quindi gli appariva in quel modo.
 
“Beh, ci deve proprio essere un motivo per aiutare una persona in difficoltà?”
 
“Certo che ci deve essere.” affermò Draco, fissandola accigliato “So che non l’hai fatto per i soldi di mia madre, d’altronde non sei mai stata interessata a questo genere di cose. So anche che non mi trovi particolarmente simpatico. Non che tu non abbia le tue ragioni, in effetti… E allora, perché l’hai fatto?”
 
“Beh, se ci deve essere per forza una ragione, allora diciamo che l’ho fatto per dimostrare a me stessa che ero in grado di farlo e a te che persino una sporca Mezzosangue come me era in grado di fare qualcosa di buono, dopotutto. Ti piace di più come risposta?” disse Hermione.

Draco tacque, pensieroso. Sapeva benissimo che quella detta da una ragazza era una bugia bella e buona: una come lei non doveva dimostrare proprio un bel niente a nessuno, né a sé stessa, né a lui, né a chiunque altro. Era sempre stato così, sin dai tempi della scuola, quando procedeva a testa alta senza mai abbassare lo sguardo, noncurante delle sue prese in giro e dei suoi insulti.
 
Tuttavia non ribatté: anche se non completamente sincera, quella risposta gli andava abbastanza bene. Sempre meglio di quella che lui credeva (e temeva) potesse essere la verità, ovvero che l’aveva fatto perché aveva pietà di lui: quello proprio non avrebbe potuto sopportarlo.
 
“E poi non è vero che non ti trovo simpatico.” aggiunse Hermione dopo un po’, con un sorriso dolce. Non sapeva nemmeno perché l’aveva detto, se per rompere quel silenzio imbarazzato che si era venuto a creare o, più semplicemente, se le fosse uscito spontaneamente, quasi senza pensarci.


“Certo. Ricordo che stravedevi per me.” rispose Draco, sarcastico.


“No. Non è così.” rispose Hermione, con espressione seria “Ma solo perché non mi hai mai permesso di conoscerti.”
 
“Fidati. Non ti sei persa molto.” disse il giovane, con un sorriso amaro.
 
“Può darsi. O forse sì, chissà? Forse se mi avessi dato una possibilità invece di bollarmi come sporca Mezzosangue saremmo diventati amici, o magari no… Ma ora come ora direi che non lo sapremo mai, giusto?”
 
Draco aprì bocca, come per ribattere, ma le parole gli morirono sul nascere. No, decisamente non sapeva come risponderle sul perché in passato si fosse comportato in maniera tanto odiosa con lei, e allora preferì tacere e andare avanti, accarezzato da una brezza leggera che si era sollevata, scompigliandogli i capelli e increspando leggermente la superficie argentata del lago, poco distante da loro.
 
Si alzarono e, dopo essersi tolto il grosso della sabbia di dosso, proseguirono la loro passeggiata in silenzio. Nessuno dei due sapeva più cosa dirsi, al punto che ben presto, adducendo come scusa la stanchezza, Draco comunicò alla ragazza il proprio desiderio di fare ritorno; ma una volta arrivati sulla porta di casa Hermione gli domandò di attendere.
 
“Aspetta un momento prima di rientrare. Ti devo dire due parole e preferirei farlo qui, così ci godiamo il fresco ancora un po’.”
 
Draco si lasciò cadere stancamente sulla panca di legno posta vicino alla porta di entrata, e lei gli si sedette accanto. Si scostò una ciocca castana dal viso e rimase in silenzio per qualche secondo, come se stesse misurando le parole alla ricerca di quelle più adatte al caso suo; poi, ad un certo punto, si decise a parlare.
 
“Vorrei tanto poterti dire che sei guarito, e che da qui in avanti è tutto in discesa… Ma non posso farlo, Draco, perché non sono una bugiarda. Paradossalmente questa è stata la parte più facile. Certo, hai sofferto e io non voglio assolutamente sminuire il tuo dolore, ma questo non toglie il fatto che da adesso in avanti devi fare appello a tutto il tuo coraggio e debellare i tuoi demoni interiori. Se non lo fai tutto quello che abbiamo fatto finora sarà privo di significato.”
 
Draco la guardava, inespressivo, senza profferir parola; poiché continuava a non dire nulla, Hermione decise di proseguire.
 
“In questa prima fase della terapia ho potuto prendermi cura di te, in qualche modo. Da ora in avanti, però, non potrò aiutarti a meno che non sia tu a volerlo.”
 
Gli prese teneramente una mano tra le proprie, e gliela strinse forte, come per confortarlo.
 
“Adesso non sei più attratto dalla droga, non fisicamente… Ma i motivi che ti hanno spinto a bucarti la prima volta, quelli ci sono ancora. Ci saranno sempre, non importa cosa fai o dove vai, ti seguiranno per tutta la vita e, presto o tardi, dovrai fronteggiarli. Se vuoi davvero smettere, dovrai essere in grado di domarli. Non eliminarli, bada bene, ma affrontarli: eliminarli non è possibile, per te come per nessun altro. Io, Tucker o chiunque altro possiamo provare a darti una mano, ma sei tu l’unico che può decidere o meno di provarci. La scelta sta a te, tutto quello che posso sperare io è che tu faccia la scelta giusta. Il massimo che posso fare per aiutarti è tenderti una mano, e sperare che tu la prenda e ti lasci aiutare.”
 
 

Draco chinò lo sguardo. Era la prima volta che qualcuno gli parlava in maniera così schietta e al contempo così dolce: non sapeva come controbattere a quelle parole e questo lo faceva sentire strano, così come non si era mai sentito in vita sua. Erano ben poche le persone che si potevano vantare di averlo lasciato senza parole, ed Hermione ora apparteneva a questo elitario gruppo.
 
“Dai, entriamo dentro adesso. Si è fatto tardi.” disse la ragazza.
 
Una volta varcata la soglia lo scortò fino al letto.
 
“Mettiti un po’ giù, più tardi ti preparerò da mangiare. E vedi di riposarti, nei prossimi giorni avremo molto da fare e sarà meglio che tu sia in forma!” gli disse poi Hermione, con tono autoritario.
 
Draco obbedì, controvoglia; non si sentiva stanco, solo stranito, come se non fosse completamente riabituato al proprio corpo, ora che era libero dalla schiavitù della droga. Ciononostante, non appena ebbe poggiato la testa sul guanciale, sentì subito le palpebre farsi pesanti e, in men che non si dica, arrivò il sonno a ghermirlo per portarlo nel mondo dei sogni.
 

Pochi istanti dopo stava dormendo saporitamente.
 
 
 
 
CONTINUA… 
 

  
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