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Autore: AliceInHeartland    23/12/2010    4 recensioni
Una ragazza insicura di sè, un pò perseguitata dalla sfortuna.
Un libro... un diario, una lontana parente che la collega ad un passato che ritorna e che diventerà presto il suo presente.
Misteri, amicizie, amori... cambiamenti, forse...
La dimostrazione di come la vita possa cambiare quando meno te lo aspetti e di come la felicità bussi alla porta di chi meno la cerca.
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Dio… Dimmi che è solo un’allucinazione, una visione… O, mi va anche bene se sto sclerando! L’importante è che…
QUELLO CHE VEDO DAVANTI A ME NON SIA REALE!!!
Difficile che il desiderio della ragazza potesse realizzarsi: sette uomini erano piombati, tutto d’un tratto in quella camera, dopo che quella luce abbagliante aveva invaso tutto, accecandola.
Il problema era fondamentalmente che erano troppo reali per essere soltanto pura immaginazione.
E tutti, indistintamente, si guardavano tra loro con aria perplessa, anche un po’ disorientata.
“Hey, ma… dove siamo?” chiese, all’improvviso, un ragazzo che aveva, apparentemente, circa la sua età. Aveva dei capelli castani, molto lunghi, raccolti in un’alta coda di cavallo, e degli occhi verde-acqua, molto intensi. “Questa non è la sala di riunione della base, o sbaglio?”
“Che sia uno dei sogni di Shinpachi?” un altro, ora,  con i capelli rossicci, e gli occhi color oro, aveva parlato. “Onegai, Shinpachi, non trascinarci nei tuoi sogni assurdi!”
“Baka!” esclamò un uomo dalla corporatura muscolosa, i capelli rossi e gli occhi azzurri. “Chi mai sognerebbe una cosa del gener…”
“Neh neh, minna-san… Perché non chiediamo a quell’ojou-chan laggiù?” . Un ragazzo dall’acconciatura a dir poco assurda, i capelli castani e gli occhi verde-foglia, le si era avvicinato e la guardava con aria quasi divertita, ma, nel contempo, diffidente.
“Neh, ojou-chan…” esordì, avvicinandosi a lei ancora di più. “Per caso sai niente di come abbiamo fatto a finire qui?”
Oddio… Oddio, oddio, oddio, perché mi hai fatto questo?!?
Questo tizio è pericoloso! Ha… Ha… una katana con sé! E vera, per giunta!
“E… E…Ecco… I… Io…”
Un… Un momento! Perché sono loro che minacciano me? Questa situazione non ha senso!!!
“Che… Che… Che cosa volete che ne sappia io?!” scattò lei, smettendo di tremare e raccogliendo tutto il coraggio che aveva. “Anzi, dovreste dirmelo voi com’è che ci siete finiti qui! Cosa ci fate in casa mia? Come siete entrati? Chi vi ha dato il permesso di farlo, eh?!”
“Mh?” . Il ragazzo che prima le si era avvicinato, la guardò con aria perplessa e disorientata.
“Ragioniamo con calma…” . Una voce più profonda e pacata, saltò fuori all’improvviso. Proveniva da un giovane dai lunghi capelli corvini, legati in un altrettanto interminabile coda di cavallo, e dagli occhi color ametista. “Eravamo riuniti nella sala riunioni per discutere di alcuni argomenti molto delicati, circa i nuovi ordini dello Shogunato, quando, ad un tratto, una luce abbagliante ci ha avvolto tutti, accecandoci.
Quando la luce è scomparsa, ci siamo ritrovati qui, in questa camera, con questa ragazza. La spiegazione può essere solo una…”
“Demone” .
Arline non riuscì neanche ad udire bene la voce del ragazzo che aveva parlato che subito si ritrovò la sua katana al collo.
Coooooooooooooosa?!?
Il giovane aveva i capelli neri che i riflessi della luce sembravano tingere di blu, raccolti in una coda scesa che faceva cadere sulla spalla destra. Inoltre, aveva degli occhi del colore del mare.
Ma la ragazza non poté concentrarsi molto sulla sua figura, dato che era più preoccupata della katana che le stava puntando alla gola.
“Si… Si… Si può sapere che diavolo stai facendo?!” esclamò la ragazza, che stava sudando freddo dal timore che quella lama potesse sfiorarla.
“Elimino il demone” si limitò a rispondere lui.
“De… Demone? Quale demone?” . Ora sì che stava davvero perdendo la pazienza! Non solo questi tizi si erano intrufolati in casa sua, ma si permettevano anche di chiamarla “demone” e puntarle una katana contro!
“Sei cieco, o cosa? Non lo vedi che sono un’umana?”
“Devo ammettere che sei bravo a fingere… Più di quel che sembri, demone…”
“Fingere?! Ma… Io non sto fingendo! E ti ho già detto che non sono un demone”
“Saitou-san, credo dovresti ritirare la lama. Ho la sensazione che la ragazza stia dicendo il vero…” . Un giovane uomo dai capelli castano scuro, gli occhi nocciola nascosti dietro un paio di occhiali, e l’aria più rassicurante di tutti, era intervenuto per difenderla (salvarla) dall’altro ragazzo.
Difatti, dopo il suo intervento, l’altro aveva abbassato l’arma, non rinunciando a guardarla ancora arcignamente.
Arline non trattenne un sospiro di sollievo.
Forse c’era qualcuno di normale in quel branco di pazzoidi armati e vestiti alla samurai style.
Beh, forse non erano proprio divise da samurai, ma una cosa era certa: erano dei vestiti vecchi quanto la sua bisnonna!
Eh? Quanto la bisnonna…?
 “Sono terribilmente spiacente per il comportamento dei miei compagni” . L’uomo che prima l’aveva aiutata a scampare dalle grinfie dell’ ultimo samurai, si era piegato su un ginocchio, davanti a lei, e le aveva posto la mano per aiutarla a rimettersi comodamente in ginocchio. “Solo che, deve capirci, sono alquanto disorientati dal susseguirsi degli ultimi eventi” .
Okay, assodato: quel tipo era il più simpatico di tutti.
O, se non altro, il meno schizzato.
Arline si era fidata dell’uomo e gli aveva afferrato la mano che lui gentilmente le aveva posto. Tornata, in seguito, ad una posizione quasi decente, si schiarì la voce e guardò il “branco” di giovani riuniti intorno a lei.
Oh, mamma… quanti sono! E tutti troppo vicini, per giunta!
Già non li sopporto più.
“Ehm… Ecco… Io… Graz…” aveva deciso di ringraziarlo, ma fu interrotta da un’altra voce, più potente che asserì: “Mhhh… Parlando di cose strane… I suoi vestiti non sono un po’ inusuali?” . 
A quell’osservazione fatta dall’uomo muscoloso e con gli occhi azzurri, tutti la osservarono meglio.
“In effetti Shinpatsu-san ha ragione! Indossa dei vestiti stranissimi! E, poi, perché indossa un umanori hakama*? Se è una donna, perché non indossa un kimono, o, quanto meno, un gyōtō hakama*?” . Il ragazzo più giovane del gruppo, le si fece più vicino per osservarla meglio. “Inoltre… questo hakama non è un po’ stretto?” .
 Il giovane sembrava davvero stranito da quel tipo di abbigliamento. “Non ti fa male, indossare vestiti del genere?” le chiese, speditamente, con sguardo anche alquanto preoccupato.
“Perché dovrebbe farmi male? E’ un jeans!”
Starà scherzando, spero.
Spero per loro che abbiano soltanto ricevuto una forte botta in testa e che si siano rincitrulliti, di conseguenza, altrimenti… questi sono schioppati forte!
Cioè… Non conoscono i jeans?!

“Un che…?!?” avevano esclamato, all’unisono, il ragazzino, il gorilla e il rosso dagli occhi dorati.
“Ma… Mi state prendendo in giro, vero?”
I sette la guardarono con aria perplessa, per poi guardarsi tra di loro, in cerca di risposta.
“Non è che, per caso, viene dall’Occidente?”
“Sannan-san, vuole dire che è una straniera?”
L’altro annuì. “Eppure è strano. Parla molto distintamente il giapponese. E non ha l’aspetto di una straniera”.
“Straniera? Ma che straniera!” . La ragazza aveva  sentito il loro discorso in silenzio. Ma quando era troppo era troppo! “Voi siete tutti matti! Io sono Giapponese! E, comunque, pretendo una spiegazione! Chi siete voi? E perché siete a casa mia?”
“In effetti, stiamo cercando di capirlo anche noi…” . Il giovane dai capelli rossastri non trattenne un sospiro. “Beh, almeno possiamo distrarci un po’ dal lavoro, neh?”
Il ragazzo, suo coetaneo, gli lanciò un’occhiataccia. “Harada-san… la fai facile tu…” .
Eh? Harada-san?
Dove l’ho già sentito questo nome?
“Sto cercando di sdrammatizzare… Neanche a me piace questa situazione, sai?”
Harada… Harada…
“Non sappiamo neanche dove ci troviamo. Saremo ancora a Kyoto?”
Una mia compagna di classe si chiama Harada!
Ah, no… ma c’è qualcun altro che…

“Io mi preoccuperei, piuttosto, di chiedermi se siamo ancora in Giappone” aveva iniziato a supporre l’uomo dalla corporatura muscolosa, con una bandana verde che gli circondava la il capo.
Harada… Harada…
Ma… un attimo…

“Shinpachi, certo che sei più idiota di quel che credevo!”
“Eh? Hai detto qualcosa?”
Non sarà mica…?
Possibile…?!?
“Oltre che idiota sei anche sordo. Inizierei a preoccuparmi, se fossi in te, vecchio mio!”
“Sano… razza di bastardo…”
“Sano, Shinpachi!” li riprese, il corvino dagli occhi ametista. “Futaritomo, yamet…*”
“Trovato!” lo interruppe, ad un tratto, la giovane, ponendosi al centro della sala.
Tutti i sette uomini la guardarono con aria decisamente stupita, nonché perplessa, mentre Arline manteneva il diario della bisnonna tra le mani, con l’affanno.
“Ho capito tutto!” ripeté, quasi come se desse per scontato che gli altri non avessero capito ciò che aveva detto precedentemente. “O, almeno, credo…”
“Neh, neh, la tipa dai vestiti strani dice di aver capito che ci è successo!” . Il giovane, suo coetaneo, dagli occhi verde-acqua, ancora una volta non aveva perso occasione di mandarla su di giri.
Chi sarebbe la “strana”? Proprio lui mi va a parlare di stranezza? Si è mai visto allo specchio? Ha dei capelli che sembrano la coda di uno scoiattolo!
Voleva dirgliene quattro, ma decise di astenersi. Tirò un profondo sospiro e di voltò, in maniera sicura, verso l’uomo dai capelli rossi e gli occhi color oro, che l’aveva portata all’uscita di quel tunnel oscuro. “Tu sei… Harada-san!”
Tutti la guardarono, mentre la ragazza lo indicava con l’indice ed uno sguardo penetrante.
Silenzio tombale.
“Fin qui, credo ci fossimo arrivati tutti…” commentò Sanosuke, anche un po’ deluso.
“Puoi dirci qualcosa che non sappiamo, ragazzina?” le chiese, quell’uomo che aveva capito chiamarsi Shinpachi, con aria divertita.
“No, no, voi non capite!” . Arline sembrò disorientata. “Harada-san, tu hai portato dei dolci alla bisnonna e hai anche regalato dei giocattoli a suo figlio!”
“Cos’è che avrei fatto, io?” . Il giovane non ci vedeva chiaro. Proprio per niente. E la sua espressione di puro stupore lo dimostrava.
“Sano” lo chiamò, ad un tratto, l’uomo dai lineamenti gentili e i modi tranquilli. Forse il più tranquillo, oltre quel Sannan che l’aveva salvata, tra tutti quanti. “Hai fatto visita a qualcuno di recente? Non mi avevi informato a riguardo. Pensavo di essere stato chiaro sul fatto che, durante i pattugliamenti, non devono esserci soste, o distrazioni”
“Distrazioni…? Non posso permettervi di insinuare oltre!” ribatté, l’altro. “Sapete anche sin troppo bene che non sono tipo da distrarmi con donne, o robe simili, durante i pattugliamenti, Hijikata-san!”
Eh? Cosa? Arline ebbe un sussulto, sentito quel nome. Hijikata-san?
“Sono perfettamente consapevole di questo. Ad ogni modo…”
“Lei è… Hijikata-san…?” lo interruppe per la seconda volta, la ragazza.
Non sapeva perché gli aveva dato del lei. Era l’unico con cui l’aveva fatto. Ma, forse perché era uno dei due che gli ispirava fiducia, forse perché aveva capito di chi si trattava… ritenne sia la cosa migliore da fare.
Il giovane, nel frattempo, aveva preso a fissare Arline con aria diffidente e nello stesso tempo perplessa. “Anche se fosse?”
“Quindi… è lei…” . Mentre sillabava quelle parole, Arline gli si avvicinava sempre di più. “Allora… Allora è lei che…” . Corse tempestivamente verso di lui, con uno scatto talmente poco rassicurante, che lo shinsengumi preparò la katana, pronto a difendersi da un ipotetico attacco. Anche tutti gli altri (specialmente quello dall’acconciatura strana, i capelli castani e gli occhi verdi, e quello che precedentemente le aveva puntato la katana alla gola – quel certo Saitou –) misero mani alle loro armi. Ma, vanamente, dato che la ragazza, non appena gli fu di fronte, si inginocchiò ed affermò: “E’ lei l’amante della bisnonna!” .
Fatta quest’affermazione, nella stanza regnò il silenzio più totale.
Forse neanche nel vuoto dell’universo ci sarebbe stato un silenzio così assoluto.
Tutti i giovani – specialmente Hijikata-san – la guardarono increduli ed alcuni (come Heisuke) anche stupiti.
Solo dopo pochi secondi, si udì un rumoroso sovrapporsi di altrettanto sonore risate.
“Questa è buona! Hijikata-san l’amante di una donna!”. Harada sembrava non porsi troppi problemi, anche sparlando (perché sì, stava sparlando di lui) del proprio superiore.
“Dopo questa rivelazione, posso anche morire felice!” continuò a sbeffeggiarla Shinpachi. “Perché, ne sono sicuro, potrei anche morire per l’assurdità della cosa!”
Il corvino, dagli occhi ametista, rivolse un’occhiataccia ad entrambi, si schiarì la voce, facendo due colpi di tosse che copri con un pugno, per poi rivolgersi ad Arline con tono serio e distinto: “Ascoltami bene, ragazza. Non so se il tuo obiettivo è quello di disorientarci, o se stai semplicemente vaneggiando. Tuttavia, gradirei – e non soltanto io – che cessassi immediatamente di creare equivoci e, di conseguenza, divergenze tra di noi”
“Ma… è vero! Lei è veramente l’amante della mia bisnonna!” insistette lei, ostinatamente.
Alla riaffermazione della giovane, Sano e Shinpachi tornarono a ridersela.
“Mh… La nostra ojou-chan è insistente, eh?” intervenne quel ragazzo dalla capigliatura strana e gli occhi verdi, con aria quasi divertita, appoggiandosi con un braccio sulla spalla di Hijikata. “Può essere che… infondo stia dicendo la verità?”
“Souji, sta’ zitto” lo riprese l’altro. “Non ti ci mettere anche tu”
“Su, su, non te la prendere. Sto soltanto esprimendo il mio punto di vista”
“Beh, sappi che il tuo punto di vista non mi sta aiutando affatto”
Se prima quel tizio le era risultato davvero antipatico, adesso stava riacquistando punti: sembrava l’unico che le credesse.
“Inoltre,” riprese Hijikata, scrutando Arline con aria severa, incrociando le braccia al petto. “hai affermato che fossi l’amante della tua bisnonna. Non credi sia un po’ improbabile che un giovane diventi l’amante di una donna anziana?”
Arline non sapeva come spiegarlo. In effetti ciò che aveva pensato lei non stava né in cielo, né in terra, ma… Era davvero sicura di aver capito tutto. Ci era arrivata. Anche se lentamente, ma c’era arrivata.
Beh, ho fatto trenta. Tanto vale fare trentuno.
Tanto già mi credono mezza-schizzata…  oltre che un “demone”…
Peggio di così non può andare.
“Ascoltate, lo so che può sembrarvi strano, a primo impatto, ma dovete sapere che, con molta probabilità, appartenendo voi al passato e dopo aver recitato un haiku particolare letto sul diario della bisnonna, siate stati trasportati qui attraverso gli oggetti che vi appartenevano” cercò di chiarire frettolosamente, senza neanche fare una sosta per riprendere fiato.
Nuovamente il silenzio.
Tutti la guardarono con perplessità e, nel contempo, stupore.
Gli occhi erano spalancati.
“Eh?” riuscì solamente a sillabare, Heisuke, con aria frastornata.
Arline sospirò nuovamente e, sedutasi sulle ginocchia, inspirò profondamente e spiegò con chiarezza: “La città dove vi trovate in questo momento è sempre Kyoto. Ma è diversa dalla Kyoto che conoscete voi.
Lo so che vi sembrerà assurdo, ma… questa è la Kyoto del 2010, non della metà dell’800!” . Gli sguardi ancora più disorientati dei giovani la fecero tentennare un po’, ma alla fine si decise a proseguire: “Insomma, quello che sto cercando di dirvi è che … vi trovate nel futuro! Non so come, esattamente, abbiate fatto, ma siete riusciti a varcare la soglia del tempo e a raggiungere quest’epoca”.
In un primo momento, dopo questa rivelazione, tutti la guardarono con aria sconvolta. Poco dopo, però, Sano batté un colpo sulla spalla dell’amico, non trattenendo una risata: “Questa ragazza è straordinaria! In mezz’ora è riuscita a dire più idiozie di quante ne dici tu, Shinpachi, in un giorno intero! Sei stato superato. Vergognati”
“Ah! Devo ammetterlo. Mi ha battuto” confessò l’altro, ridacchiante. “Non saprei inventarmi menzogne migliori!”
“Non sono menzogne! Sto dicendo la verità!” scattò Arline, ferita nell’orgoglio. Non era mica una pazzoide qualunque che se ne andava a raccontar idiozie al primo che le capitava sott’occhio!
Era davvero agguerrita. “E voi dovete credermi!”
“Ma… ti senti quando parli?” le chiese, spavaldo, Heisuke. “Ti avviso: se non la smetti di prendere in giro le persone, qualcuno prima o poi ti prenderà veramente per pazza. E allora sì che sarai nei guai”
“P…Pazza? Io non sono pazza! E non sto prendendo in giro nessuno! Io…”
“Sapete qual è la cosa peggiore?” chiese Shinpachi, generalmente. “Che con quell’aria rigida e seria, sembra davvero convinta di quel che dice”
“Ma io sono convinta di quel che dico!” insistette, ancora più furiosa, la giovane. “Siete voi che non capite! Siete soltanto degli idioti!”
“Su, su, ojou-chan” , intervenne il tipo chiamato Souji, sorridendole comprensivamente. Un sorriso quasi di biasimo. “Non prendertela così tanto”
Impossibile!
Fu quello che pensò la ragazza, non risparmiandogli un’occhiataccia.
Mi chiedi qualcosa d’impossibile! Come faccio a non prendermela? Ho a che fare con dei veri citrulli! Te compreso!
“Frena, frena. Vediamo se ho capito bene…” esordì Harada, facendosi, d’un tratto, tutto serio. “Noi apparteniamo al passato. Tu ad un’epoca futura. Hai trovato, per caso, un diario che hai scoperto essere quello della tua bisnonna. Leggendolo hai capito che la tua bisnonna aveva un rapporto con tutti noi e conosceva tutti i membri della Shinsengumi. Inoltre la tua antenata avrebbe riunito degli oggetti che ci appartenevano. E sempre questa tua bisnonna ha scritto un haiku che è stato in grado, assieme agli oggetti che un tempo ci appartenevano, di riunirci”
“E così saremmo arrivati qui” concluse Hijikata, seguendo il filo logico (se così poteva definirsi) della questione. “Giusto?”
“S…Sì… Più o meno…” . In realtà non è andata proprio così. Ma non c’è bisogno che sappiano ogni particolare con precisione. Sorvoliamo – che è meglio – .
“Non ho mai sentito una sciocchezza più grande!” affermarono all’unisono Shinpachi ed Heisuke.
Okay, adesso è ufficiale: non li sopporto più, questi idioti!
Non sapeva quante volte se l’era ripetuto in quell’ultima oretta in cui era accaduto tutto quel casino.
“Siete davvero odiosi!” . Arline non era soltanto ferita nell’orgoglio, ma anche delusa. In qualche modo, era davvero delusa. “Non so proprio perché si sia legata a voi… Non riesco davvero a capire cosa la bisnonna Chizuru ci abbia trovato di tanto speciale in voi!”.

Silenzio.
Una calma che, quasi, le sembrava strana.
A cos’era dovuto, tutto quel silenzio?
Arline non riusciva a capire.
Dopo la sfuriata aveva aperto lentamente gli occhi per guardarli.
Non sapeva perché… Forse per la strigliata, o forse per quello che aveva detto, i sette giovani erano rimasti interdetti, a fissarla con gli occhi sgranati e un volto di purissimo stupore.
Heisuke era a dir poco sconvolto.
Ma la cosa che la spaventò di più era l’espressione assunta da quel Saitou e da quell’altro, Souji.
Mentre il primo – da quando erano piombati lì – lo aveva sempre visto con una maschera d’indifferenza e inespressività totale, l’altro aveva sempre quel sorriso malizioso e quello sguardo furbo e astuto. Lo sguardo di uno che era sempre superiore a tutto e tutti. E, soprattutto, che prendeva tutto non troppo sul serio.
Vedere questi due con quell’aria sconvolta, non le dette affatto coraggio.
Che stava succedendo?
  “Chizuru?” domandò, ad un certo punto, Hijikata, avvicinandosi a lei...
  
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