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Autore: Ulissae    24/12/2010    5 recensioni
Fanfiction classificatasi seconda al contest "Teams' competition", indetto dal Collection of starlight.
Se quando mi fossi trasformato avessi dimenticato tutto, quanto sarebbe stato facile!
Niente legami, niente preoccupazioni, niente sensi di colpa.
E allora, solo allora, sarei stato libero.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aro
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga
- Questa storia fa parte della serie 'L'enciclopedica visione dei Volturi'
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Sproloqui: a Natale bisognerebbe scrivere cose amorevoli, allegre, felici e gioiose. Non se ti chiami Laura, se studi Machiavelli e se partecipi a un contest con il brano di Citizen Erased dei Muse.
Perciò ecco questa storia!


Nickname sul forum:  Ulissae
Nickname su Efp: Ulissae
Titolo della fanfiction: De Principe – Riguardo al Principe
Titolo del contest: Teams'competition
Pairing: //
Personaggi: Aro; Marcus; Didyme.
Generi: introspettivo, malinconico.
Warnings: one-shot.
Credits: nessuno dei personaggi mi appartiene, però -esclusa la morte di Didyme- tutti gli altri avvenimenti sono di mia invenzione.
Governare è far credere:  cit. Machiavelli, il Principe.
Note personali: come si fa a creare un potere tale da sottomettere esseri forti e immortali come i vampiri?
Me lo sono sempre chiesto e qui ho cercato di darmi una risposta: la superstizione e Dio.
Ho immaginato che per i primi secoli i vampiri seguissero loro stessi le superstizioni -la luce li uccide etc.- e che fossero stati gli stessi Volturi a scoprire la verità e usarla come se fosse un dono Divino. Una sorta di scusante per fare il bello e il cattivo tempo.
Il protagonista, Aro, è l'emblema del principe machiavelliano: spietato, senza scrupoli, spregiudicato. Ma che, a mio parere, finisce per volersi -anche se a volte non ci riesce- immedesimarsi con lo stato e volere solo il suo bene. Nh, speriamo si capisca!
Irrumator:  bastardo, in latino




De Principe



Lacerami

Il fuoco. Quel dannatissimo fuoco che non smetteva e continuava ad ardere senza sosta.
Di più, di più, di più. Sentivo il veleno che erodeva le mie vene, brulicando dentro di esse, e mi domandavo se quello non fosse veramente il percorso verso gli Inferi. Se in verità lo Stige non fosse fatto di nient'altro se non di sangue. E veleno, sì, il veleno.
Quando aprii gli occhi mi ritrovai a fissare la stanza buia e scura. Era notte, lo potevo avvertire dal suono dei grilli fuori dalla finestra sbarrata.
Li sentivo così perfettamente che sobbalzai. Erano delle grida per me, mi laceravano le orecchie e istintivamente mi portai le mani su di esse per proteggerle.
Veloce, troppo veloce. Quando urtai con i palmi contro le mie meningi lanciai un ringhio soffocato per il dolore.
Perché non c'era nessuno accanto a me? Perché Marcus, l'ultima figura che avevo visto prima di scendere in quel viaggio infernale, non era al mio fianco?
Deglutii e fu come se avessi inghiottito mille spilli. La mia gola ardeva e non sapevo cosa fare. Non c'era nessun tavolo in quella stanza completamente al buio -non pensai neanche al fatto che io riuscissi a distinguere alla perfezione ogni singolo oggetto lì dentro.
C'era la sete, e io stavo impazzendo.
Quando entrò Marcus mi gettai ai suoi piedi, urlando contro di lui.
 «Irrumator! Mi hai abbandonato!» senza controllo. Ero totalmente senza controllo.
Lo vidi alzare un sopracciglio e poi scoppiare a ridere divertito; mi fece scansare con un gesto tranquillo e distaccato, scuotendo la testa.
Gli sarò parso così debole e fragile, così dannatamente bestiale.
 «Oh, nessuno ti ha scordato, fili mi» non avevo mai fatto caso a quanto la sua pelle fosse perfetta e lucida, neanche quando avevo passato innumerevoli volte la spugna sulle sue spalle, durante i bagni.
«Sete! Ho così tanta sete!» mi lamentai, non riuscendo a stare fermo.
Vidi la figura di un uomo entrare, poi ne sentii la puzza di sudore e di sporcizia: era un servo, di quelli più umili, per giunta.
Senza neanche rendermene conto mi aggrappai a lui con tutta la mia forza e affondai i canini nel suo collo. Capii cosa era quel dolore leggero sulle mie labbra fino a poco prima: le zanne appena cresciute mi premevano sulla pelle.
Strinsi così tanto quel poveretto nel mio abbraccio mortale che dopo poco sentii del calore sulla mano. Il suo sangue, le sue ossa, le sue cervella. Gli avevo stritolato il cranio senza neanche rendermene conto.
Lo lasciai sconvolto, spalancando gli occhi e guardando il suo corpo martoriato.
Io avevo fatto una cosa del genere.
Scoppiai a ridere, sinceramente divertito. La piccola stanza si riempì del suono ilare e macabro della mia risata. Mi strappai con un gesto rapido il cordino con la targhetta che per anni mi aveva reso schiavo e sottomesso.
Lacerami! Oh, libertà! Lacerami e fammi tuo!
 
Insegnaci ad imbrogliare
E a mentire e a coprire
Ciò che non dev’essere condiviso

La prima cosa che imparai, oltre al saper nascondere i cadaveri, fu che il sole era il nostro peggior nemico. Ogni giorno Caius malediceva Apollo e la sua biga alata prima di chiudersi nella sua stanza e passare delle noiosissime -almeno per lui- ore di nulla. Per me non c'erano problemi: avevo passato una vita desiderando poter vivere come un uomo ricco e ora potevo farlo, senza dover neanche sprecare il tempo dormendo.
Il sole ci feriva, il sole era il nostro più grande ostacolo, il sole -a detta mia- era tutta una frottola.
Dopo che sperimentai ogni singolo intrattenimento all'interno della domus che Marcus aveva messo a nostra disposizione mi ritrovai a camminare avanti e indietro nella mia camera.
Niente da fare, e tutto per colpa di quel sole.
 Devo ammetterlo: non sono mai stato un appassionato della noia. La trovo così... noiosa.
Bisogna cercare, scovare, grattare finché ciò che cerchiamo non viene a galla. La curiosità ci può, anzi, ci deve rendere vivi. E in quel periodo io ero così colmo, straripante, di curiosità.
Tutto intorno a me era fatto di un materiale diverso e io volevo solo sperimentare. Tutto. Indistintamente.
Così, un giorno, aprii con un colpo secco la finestra, nascondendomi veloce nell'ombra. Guardai lo spiraglio di luce penetrare nella stanza, creando un pulviscolo elegante, che volteggiava lentamente.
Deglutii e chiusi gli occhi con forza. Non avvertivo nessun dolore né bruciore d'occhi -come invece aveva detto Caius.
Respirai lentamente e voltai la testa, socchiudendo un poco le palpebre.
Dovevo farmi forza. Non ero certo morto per passare metà delle mie giornate dentro delle stanze buie o, ancora peggio, in cantine maleodoranti e piene di topi. E poi, ero troppo curioso. Così alla fine allungai la mano sotto il raggio di luce e aspettai.
Non successe nulla. Non provai dolore né vidi Ade venirmi incontro per trascinarmi con lui nell'abisso della morte. Semplicemente, la mia mano aveva iniziato a brillare come la madreperla. Così bella e sfavillante che passai l'intera giornata immobile a fissare la mia stessa carne.
Quando la notte seguente resi partecipi di questa notizia anche Marcus e Caius tutti e tre concordammo su una cosa: quello sarebbe stato l'inizio di una grande potenza. La nostra.

E la verità sta venendo a galla
Eliminando la mia mente
Per favore non chiedermi più di descrivere

Fino al 1500, circa, il resto del mondo dei vampiri pensò che chi risiedeva a Volterra era stato scelto da Dio -o da Satana- e per questo motivo poteva uscire alla luce del sole.
Mi ricordo di una vampira che mi chiese, con occhi così sognanti, come fosse l'alba. Lei non lo ricordava più. In quel momento barcollai, lo devo ammettere.
Perché in quegli occhi color rubino riuscii a vederla io, l'alba. La sognava così tanto che solo il suo naturale e primitivo istinto -quello di sopravvivere- le impediva di uscire ogni mattina dal suo nascondiglio.
Ma con il Rinascimento cambiò ogni cosa. Le menti degli uomini e le nostre, soprattutto.
Ci ritrovammo a rischiare veramente il tutto per tutto. In ogni dove si accendevano focolai di nuovi e visionari profeti, che dicevano di essere stati investiti anche loro del potere divino.
Dallo stupore iniziale si passò alla rabbia pura: dovemmo correre contro il tempo per sopprimere tutti quei rivoltosi che avevano  iniziato ad accusarci.
Per pochissimo tempo l'accusa di blasfemia funzionò: erano gli stessi vampiri più credenti che li uccidevano  in questi casi, alimentando un nuovo clima di paura; ma non durò né bastò.
Alla fine la verità stava iniziando a soffocarci: giorno dopo giorno i soldati riportavano nuove notizie di insurrezioni così finimmo per ritrattare.
Dio ha deciso che ognuno di noi possa godere della sua Creazione
Un'idiozia del genere a cui credettero tutti senza farsi troppi problemi. La creai io, Aro.
Perché, sapete, sono bravo a raccontare storie -e in particolar modo bugie. E forse, se anche avessi potuto dormire, non ci sarei riuscito; perché ogni falsa verità che racconto mi viene a trovare di notte, non appena rimango in silenzio a riflettere.
Fortunatamente, sono bravo anche a scordare ed eliminare tutto, oltre che a mentire.

Per un solo momento
Mi auguro tu resti sulla tua scena

Però capita che il ricordo di Lei ritorni, quando meno me lo aspetto. Mi basta osservare con fare sognante un'opera d'arte o un semplice uccello dalle piccole ali che si libra in aria libero per sentirmi stringere in mezzo al petto, dove un tempo giaceva il mio cuore.
Oh, Lei. Dove c'è bellezza c'è lei. È forse per questo che mi circondo di tutto ciò che è esteticamente accattivante?
Che voi umani mi perdoniate se vi privo di molte bellezze che i vostri artisti hanno prodotto, unicamente con lo scopo di procurarmi questo dolore dolce amaro.
Ricordarla, forse è sempre stato questo il mio obiettivo. Una punizione severa e assurda che provo sempre ad infliggermi.
Ed è girando nei corridoi di questa nostra dimora che provo a riportarla accanto a me.
E vedo i suoi occhi in quelli delle Madonne che stringono i loro piccoli figli di Dio, e scorgo il suo profilo in quello delle ninfe che giocano con i satiri, e sospiro quando mi accorgo di come i rami di un roseto in fiore siano così simili ai suoi aggrovigliati e morbidi ricci.
Delle volte mi piacerebbe soltanto che lei fosse qui, accanto a me. Mi piacerebbe non avere le mani sporche del suo sangue.
Mi piacerebbe semplicemente essere innocente.

Senza alcun sentimento
Con la mente aperta
Sono certo che ero così libero

Governare è far credere. Governare è far credere. Governare è far credere.
Sarei potuto morire sui passi di quel piccolo trattatello dal contenuto spregiudicato e affascinante.
Governare è far credere, perfino a se stessi, che ogni azione che tu compi sia giusta. È liberarsi di ogni singola briciola di coscienza, oppure frammentarla in così tante parti, con così tante scusanti che ogni piccola scheggia risulta stupida e non degna di nota.
Bisogna mentire a tutti per essere liberi. Mentire alla propria mente, l'artefice stessa dell'inganno.
Dobbiamo far sì che riesca a convincerci e convincersi che tutto vada bene. Noi abbiamo agito correndo sul sentiero della Retta via, questo è il trucco.
Noi siamo giusti. Noi siamo giusti. Noi siamo giusti.
Non esiste morale se seguiamo lo Stato. Se si è governanti, Principi o Re o Signori si agisce privi di costrizioni e completamente, totalmente liberi dalla morale.
È una scusa, lo so. Ma permette a me stesso di credere di avere ancora un cuore e ancora dei sentimenti capaci di risvegliarsi alla visione di una cosa bella.

Mi sono espresso da me
Esaurito per tutto
Per vedere ed essere
Ciò che vuoi e ciò di cui hai bisogno

Ma siamo leggi, noi. Leggi polverose, che si fanno rispettare. Leggi vive e, se vogliamo parlare in termini giuridici, io sono il primo articolo della costituzione.
Grazie a me questo Stato si tiene in piedi, uno Stato che comprende tutto il mondo, uno Stato fatto da esseri anziché ettari e confini.
Ho vissuto interi secoli pensando a me e me soltanto; credendo che ogni mia azione dovesse essere fatta solo per mio piacere -perfino quando uccisi Didyme, per un primo istante pensai di aver compiuto quell'omicidio unicamente per il mio tornaconto. Eppure tutto ciò era falso.
Per quanto io desideri il potere, per quanto l'abbia desiderato, alla fine mi sono ritrovato a capire che in verità io agivo per loro, per il mio Stato.
Sono arrivato davanti al confine tra uomo e essere sovrannaturale e ho capito che la vera differenza tra noi e loro sta nelle intenzioni: in loro esiste il potenziale dell'agire per gli altri, in noi, questo è esprimibile.
Noi soli abbiamo la forza per scavalcare la nostra persona per donarci agli altri.
Il fatto poi che siamo piuttosto restii al farlo è un'altra storia -deriviamo pur sempre da voi, no?
Ma ora, ora guardatemi: sono qui per voi, fratelli miei. Penso, agisco e compio per voi, cari.
Sono solo molto bravo a nasconderlo e se sbaglio, perdonatemi, miei compagni, sono come voi: conservo dell'umanità dentro di me.

La verità sta venendo a galla

E posso fallire, e posso cadere. Non so perché tutti pensino che ciò non sia possibile. Forse è un bene, forse un male essere un insospettabile perfetto. Ma ogni volta che incontro i suoi occhi, gli occhi di Marcus, incontro l'Inferno.
Subito dopo l'omicidio di Didyme rimasi per giorni chiuso in una stanza: tutti pensavano che fosse per il lutto -ed effettivamente era così; ma la vera ragione era che non riuscivo a sopportare la sua vista, la vista di Lui.
Nei suoi occhi non c'era più niente, solo il vuoto, così tremendo e profondo da mostrarmi il viso di una morta dentro di esso.
Vedevo mia sorella, la mia dolce e fragile sorella dentro il suo sguardo, il suo corpo, i suoi lamenti. E non potevo sopportare oltre.
Serrato in me stesso, mostrando a tutti una debolezza in parte finta cercai di dileguarmi e di scacciare ogni possibile accusa via da me.
Ma chi non sa nulla sospetta di più.
Per anni, secoli!, Marcus cercò nello sguardo di ogni vampiro che incontrava il colpevole e ci arrivò, ci arrivò così tanto vicino che mi ritrovai davanti a lui da solo.

Eliminando la mia mente
Per favore non chiedermi più di descrivere

Ricordo che non eravamo a Volterra né in Italia, molto probabilmente neanche in Europa. C'era un deserto intorno a noi ed era notte. Io e Marcus ci eravamo allontanati dall'accampamento, io con la voglia di guardarmi un po' intorno e lui per una semplice forza di inerzia che lo portava -nel primo periodo- ad accettare ogni proposta.
Ci fermammo proprio sopra una duna, fermi a osservare le nostre orme rimaste sulla sabbia. Probabilmente faceva freddo, non so -non lo posso sapere, ma c'era la luna e il paesaggio intorno a noi sembrava dipinto per quanto pareva surreale.
Sorrisi, rilassandomi alla sola vista di tanta pace, di così tanta natura e mancanza di umanità.
Ma lui no, lui non sorrideva più e in quel momento aveva perfino perso la sua solita espressione impassibile e priva di sentimenti. Era cupo e accigliato.
Voltò la testa verso di me e non disse nulla; dopo un lungo tempo aprì la bocca per dire soltanto una frase lenta, senza articolare molto le labbra, tanto che per un istante immaginai che mi fossi immaginato tutto.
«Tu l'hai vista, vero? Tu... tu eri là»
Spostai di scatto la testa e lo guardai sconvolto.
No.
Cosa stava succedendo? All'improvviso era come se si fosse aperto un enorme buco nero e io ne stavo venendo risucchiato; sicurezza dopo sicurezza, ricordo dopo ricordo, bugia dopo bugia i suoi occhi rubino mi stavano inghiottendo.
Per un attimo credetti che tutto fosse finito.
Giochi conclusi, mi avrebbe ucciso lì e io molto probabilmente non avrei fatto nulla per impedirglielo. Era più anziano e sicuramente più motivato di me.
Sarei morto. Forse avrei finalmente scontato la mia pena, un peso che da secoli mi schiacciava e opprimeva e con il quale continuavo a scontrarmi.
Sarei morto. Ed era giusto così, privo di una vera e propria lucidità consideravo che tutto ciò fosse meritato e perfettamente nell'ordine delle cose.
Sarei morto. Cenere tra la sabbia nessuno mi avrebbe ricordato.
Anni e anni in cui avevo fatto di tutto per imprimermi nella memoria di mortali e immortali si sarebbero conclusi in quel misero e triste modo.
«Dimmi... per favore, dimmi cosa era rimasto di lei» sussurrò in un soffio.
Mi fermai e smisi di respirare per un secondo.
Poi crollai, di colpo. Troppo agitato e scosso dovetti abbassare per un secondo le barriere e mi ritrovai per terra, a urlare contro la sabbia rossa che mi riempiva i polmoni.
In quel momento ogni ricordo era una spada infilata nel mio fianco, ogni immagine un pugno in pieno volto.
Lui rimase sconvolto e mormorò soltanto: «scusami, sono stato rude. So quanto faccia male»
Disse solo questo, poi sparì per tornare al suo silenzio. Mi lasciò lì consapevole, forse, che solo quelle parole erano state una tortura ben peggiore della morte.

Per un solo momento
Mi auguro tu resti sulla tua scena
Senza alcun sentimento
Con la mente aperta
Sono certo che ero così libero

Poggiando la fronte sulla sabbia mi posi delle domande stupide e futili: se avessi sudato il mio viso sarebbe stato ricoperto di rosso? Se fossi stato umano avrei avuto il coraggio di stare immobile in mezzo al nulla, senza la paura di serpenti e di pericolosi scorpioni? Sulpicia, cosa stava facendo lei? E Volterra, come stavano le cose a Volterra?
Per un istante desiderai alzarmi e andarmene.
Via, scappare via da tutto e lasciare che il mondo collassasse su se stesso. Se tutto ciò che io avevo creato per avere potere si fosse autodistrutto che senso avrebbe avuto il potere? Nulla. Sarebbe stato nient'altro che nulla.
Fissai intensamente a sud. Verso l'oscurità. L'ignoto buio che mi avrebbe potuto inghiottire e finalmente liberare.
Mi alzai e fermo continuai a scrutare verso l'orizzonte indistinto.

Lavami via

Dio, quanto lo desideravo. Che mi si staccasse tutto di dosso!
Che il mio passato, le mie azioni, i miei pensieri, tutto se ne andasse via.
Lavami, Dio, ti prego, se esisti, lava via tutto.
Lavami via.
 
Lava via il tuo corpo dal mio

E Didyme, mia dolce sorella, ti prego, sparisci da me. Ancora sento la tua polvere entrarmi nei polmoni e soffocarmi. Le tue grida perforarmi le orecchie e il tuo sorriso d'agnello salutarmi dalle fiamme vive.
Sei buona, tu. Tu puoi perdonare. Vero, vero Didyme?

Azzera tutti i ricordi
Ci portano soltanto sofferenze

Se quando mi fossi trasformato avessi dimenticato tutto, quanto sarebbe stato facile!
Niente legami, niente preoccupazioni, niente sensi di colpa.
E allora, solo allora, sarei stato libero.
Libero di agire senza temere le conseguenze: perché un uomo senza ricordi, un uomo senza passato è un uomo che può ricrearsi. Rigenerarsi.
Quanto lo avrei voluto, in quel momento: rinascere.
Tenendomi i capelli tra le mani li tiravo, quasi nell'assurda speranza che la mia testa si aprisse e che da essa uscisse tutto fuori.
Scacciare via da me me stesso, che cosa ironica.
Ma non sarebbe mai stato possibile -e forse neanche lo volevo veramente. Avevo sputato troppo sangue per lasciare andare via tutto.
Mi alzai, continuando a sentire quel dolore pulsante nel petto, nelle braccia, nella testa.
Faceva male, oh, così male.
 
E io ho visto tutto ciò di cui avrò sempre bisogno.

E continuando a fissare le dune infinite realizzai anche che alle proprie azioni non si rimedia. Mai. Nessuno gesto volto a ripararne uno precedente lo compenserà mai.
Tanto non sarebbe cambiato nulla. Niente avrebbe riportato in vita Didyme o la mia coscienza. Che bisogno c'era di annientare un'altra vita?
Tutti si illudono che Dio esista, ebbene, voglio illudermi anche io. Se è vero che la giustizia vera sarà unicamente dopo la Vera Morte io attenderò che essa mi chiami; non affretterò i tempi, non desidererò farlo.
E nuovamente mi coprirò di bellezza e di oro, di ricchezza e di melodie così dolci da farmi dimenticare le urla. E ancora una volta farò sì che il passato si annebbi, mostrandomi uno splendente presente e un ancora più rifulgente futuro.
Fino a quel momento avevo avuto bisogno solo di vivere bene, cosa era cambiato allora?
Nulla.
Che le orchestre continuino a suonare per me, che i popoli si pieghino ai miei capricci, che le arti mi esaltino e che i poeti scrivano di me.
Di questo necessito e di questo vivrò.




Angolo autrice:
prendetela come "le confessioni di una fanwriter fangherl" . Ho spogliato Aro per voi, ve lo sto donando nell'essenza più pura, dicendovi cosa penso di lui e cosa penso lui abbia fatto. Tutto qui, niente di più.
Questo è un po' il preludio alla Piccola Grande Opera, e mi ha fatto un piacere tremendo scriverla. Se è risultata troppo pesante, mi spiace! Son fatta così!
La storia ha partecipato al contest "Teams' competition!", indetto dal  Collection of Starlight, classificandosi seconda.
Sfrutto lo spazio per fare i complimenti a Dragana, che ha vinto e a tutte le altre partecipanti.
lascio qui il giudizio e mi dileguo.
Buon Natale a tutti!



Tutta l’esistenza di Aro viene ripercorsa in chiave machiavelliana: la trasformazione, la nascita del sogno di potere e la creazione dei Volturi, l’assassinio di Didyme, il rapporto con Marcus, in un vortice di sangue e menzogne volte a proteggere il dominio sul resto della comunità dei vampiri. Il passaggio dei secoli e lo svolgersi delle tappe della vita di Aro fanno emergere due principali concetti che guidano la sua vita: la necessità di convincere e convincersi della legittimità delle proprie azioni e l’importanza nulla rappresentata dai mezzi quando sono volti a sostenere un fine più grande.

Ciò che colpisce immediatamente è il modo in cui la storia è sostenuta dal testo della canzone senza per questo apparire forzata: lo sviluppo di Aro segue passo dopo passo i versi da cui è accompagnato, ma allo stesso tempo l’autrice crea materiale nuovo e indipendente. Il genere song-fic è stato sfruttato al massimo.
La grammatica è generalmente buona e non si incontrano errori gravi: tuttavia, spesso sono presenti imperfezioni e forme pesanti - che più che sbagli sono sbavature -, le quali sciupano una storia altrimenti ben fatta. È facile che in una one-shot lo stile sia meno rifinito, rispetto alla cura che si può prestare in una drabble, ma è giusto segnalare le strutture che potrebbero essere migliorate con una maggiore limatura, anche se chiaramente non hanno lo stesso peso di veri e propri errori.
Lo sviluppo della fan fiction è particolare: l’autrice racconta tutta la storia di Aro senza però focalizzarsi eccessivamente sui singoli avvenimenti, mantenendo una narrazione discorsiva che passa da episodi specifici a considerazioni generali senza essere brusca o forzata. La presenza costante del ricordo di Didyme rappresenta un’incrinatura nell’altrimenti perfetto progetto di dominio di Aro; il vampiro non riesce a cancellare la sorella come fa con tutto il resto e questa tensione di fondo raggiunge il culmine nello scontro con Marius.

1. Lessico; grammatica: a) correttezza verbale - b) punteggiatura 7.25
2. Trama e originalità 9.00
3. Rispetto e utilizzo degli obblighi 10.00
Totale: 26.25/30 Media: 8.75



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