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Autore: ShopaHolic    24/12/2010    4 recensioni
Estate 2009. Dopo quattro anni dall’uscita di American Idiot, i Green Day sono tornati con un nuovo album, e il tour è finalmente alle porte. Ma se le cose non andassero esattamente come erano state previste? Se un improvviso imprevisto li costringesse a rimandare la partenza, e la cosa avesse ripercussioni serie sull'animo di Billie Joe Armstrong? E se fosse l'incontro fortuito con una curiosa ragazza dal nome evocativo e dal passato misterioso, totalmente estranea al suo mondo, a portare scompiglio nella vita di tutti?
Dal capitolo 20:
«Mi rendo perfettamente conto che è sbagliato, e che è un errore essere qui adesso. Ed è anche rischioso, considerando l’accanimento mediatico che c’è su di te ultimamente, ma ci sono persone che si sono sacrificate tanto, per me, affinché io fossi felice, e pur sapendo che queste persone non approverebbero mai quello che sto facendo, io sento che è quello che voglio. Io voglio sentirmi viva e felice. E non so per quanto durerà tutto questo, ma io mi sento così, adesso, e se anche dovesse finire tutto nel giro di cinque minuti, io sarò lo stesso contenta di averlo vissuto.»
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Billie J. Armstrong, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Lingue di fuoco

Non appena udì la voce di Billie Joe Armstrong dall’altro capo del telefono, Gloria pigiò immediatamente il pulsante rosso di fine chiamata, lasciando poi il cellulare ricadere sul letto come se fosse diventato improvvisamente troppo caldo per essere tenuto tra le mani. Il forte rumore della musica si era interrotto, e la stanza era piombata nuovamente nel silenzio, ma le orecchie di Gloria martellavano, facendo da eco al cuore che le batteva all’impazzata nel petto.  
«Sei un’idiota. Sei un’idiota. Sei un’idiota.», si ripeteva battendosi ritmicamente una mano sulla fronte.
Cosa credeva, che Billie Joe Armstrong avesse tempo da perdere a sentire i problemi di una ragazzina come lei, distante anni luce dal suo mondo? Si conoscevano da così poco tempo, e nonostante si fossero scambiati i numeri di telefono, dopo l’incontro al bar non aveva più avuto sue notizie, e anche se aveva dimostrato di essere una persona molto gentile e spontanea, Gloria si rendeva perfettamente conto di avere a che fare con una celebrità. Forse non l’aveva riconosciuto immediatamente, ma lui, Billie Joe Armstrong, insieme alla sua band, aveva alle spalle ben vent’anni di carriera, le sue canzoni erano conosciute a livello mondiale, e nessun vero amante della musica avrebbe potuto dire di non conoscere i Green Day. Si era informata sul loro conto facendo delle ricerche sul web e aveva anche cercato alcune loro canzoni, accorgendosi con grande sorpresa di conoscerne diverse, alcune delle quali le piacevano particolarmente. In sostanza, anche se Billie Joe era stato davvero molto carino con lei, era probabile che il suo comportamento fosse stato dettato dalla semplice educazione. Il fatto che si fossero parlati di persona, e che lui le avesse regalato il suo nuovo album, si ritrovò a pensare, non faceva di loro due amici. Anzi, Gloria ebbe il sospetto che Billie Joe l’avesse già rimossa completamente dai suoi ricordi, e di certo lei non voleva essere invadente. In fondo, cosa avevano da dirsi due individui diametralmente opposti come loro oltre che le solite frasi di cortesia? Non aveva senso cercarlo.
Subito dopo, però, un’improvvisa vibrazione del materasso, immediatamente seguita da un motivetto allegro dal volume ascendente, la fece sobbalzare. Lo schermo illuminato del suo cellulare aveva diffuso nella stanza una luce fioca e giallognola. Con mani ancora tremanti dallo spavento afferrò l’apparecchio, e trovarvi scritto proprio quel nome, il nome di Billie, sotto il disegno di un telefono stilizzato che tremava e invitava a rispondere, la fece rimanere senza parole. Lei aveva interrotto la chiamata per paura di disturbarlo, e ora lui... la stava richiamando?
La ragazza rimase immobile per qualche istante, picchiettandosi il cellulare sul palmo di una mano, domandandosi quale fosse la cosa migliore da fare, se fingere che fosse partita inavvertitamente la chiamata oppure dire tutta la verità: che si era messa in una situazione dalla quale non sapeva come uscire e che lo aveva chiamato per chiedergli consiglio.
«Pronto?»
«Gloria, ciao.»
Ci fu un breve istante di silenzio prima che Gloria trovasse le parole adatte per cominciare.
«Mi spiace di averti fatto richiamare, credo che sia caduta la linea, poco fa.» Si morse la lingua sperando che lui non facesse domande a riguardo: rivelargli di aver riattaccato per paura di sembrare troppo invadente sarebbe stato decisamente imbarazzante.
«Non preoccuparti. La ricezione, qui, fa un po’ schifo.»
«Non vorrei averti disturbato. Si sentiva un gran caos, prima, e ho subito pensato che fossi a un party o... a qualche concerto.»
«Sono solo in un locale con Mike e Frank.»
Intorno a lui una dozzina di ragazze e ragazzi facevano gruppetto e, con le sigarette tra le labbra, chiacchieravano di fronte al Gilman.
«Ah, ecco perché quel baccano...»
«Appena ho visto che era caduta la linea sono uscito per richiamarti. Qui c’è un po’ meno confusione.»
Solo allora Gloria si accorse che, in sottofondo, il suono assordante della musica alta aveva lasciato il posto ad un lieve vociare confuso.
«Sei gentile...» mormorò la ragazza maledicendosi silenziosamente. Ancora una volta aveva attribuito lui un atteggiamento che non assomigliava affatto a quello che realmente aveva.
«Come mai hai chiamato?» domandò lui con voce affabile. «È successo qualcosa, o ti stavi semplicemente annoiando?»
«È successa una cosa...» ammise lei dopo pochi secondi. «ma, a dire il vero, non lo so nemmeno io perché ti ho chiamato. Io... avevo solo bisogno di parlarne con qualcuno, però non so perché mi sia venuto in mente proprio tu... che, tra l’altro, sei anche occupato, quindi non vorrei annoiarti.»
Strinse il labbro inferiore tra i denti mentre il cuore accelerava i battiti a causa del grande nervosismo che provava.
«Mi spiace di averti disturbato, passa una buona serata» farfugliò tutto d’un fiato, già con il pollice pronto a premere il pulsante di fine chiamata.
«No, aspetta. Gloria?» si affrettò a rispondere Billie Joe prima che lei riattaccasse.
«Non mi stai disturbando. Puoi dirmi tutto quello che vuoi, tanto lì dentro non sto perdendo un gran ché, a parte Frank che cerca di rimorchiare ogni cameriera che gli passi di fronte, ma questo succede ogni volta che usciamo.»
Cercò di sdrammatizzare soffocando una risatina. Dal tono di voce che aveva Gloria, Billie Joe  aveva intuito che, se lo stava chiamando a quell’ora, probabilmente doveva essere successo qualcosa di importante, e aveva davvero bisogno di parlarne. Per un istante se la immaginò rannicchiata in un angolo della sua stanza a mangiarsi le unghie con aria preoccupata, e immediatamente si domandò quanto ci fosse di vero in quella fantasia.
«Grazie.» bisbigliò Gloria.
«Forse tu riesci ad aiutarmi a capirci qualcosa perché, ora come ora, non so dove sbattere la testa.»
«Ti ascolto.»
Gloria prese un bel respiro, inumidendosi le labbra.
«È una cosa che riguarda la mia famiglia...» cominciò con voce tremante. «e credo sia la causa per la quale Eva si è presa cura di me in tutti questi anni, e per la quale non ha più voluto avere contatti con nostro padre...»
Abbassò lo sguardo sulla trapunta prima di aggiungere mormorando: «né tantomeno ha permesso a me di averne.»
«Hai scelto la persona giusta, allora. Sono un esperto di problemi familiari.»
Gloria non poté impedirsi di sorridere, sinceramente grata per quel tentativo di alleggerire la tensione che avvertiva nell’aria e che la faceva rabbrividire lungo la spina dorsale.
«Mi stanno nascondendo tutto.» sputò fuori all’improvviso. «Non vogliono dirmi quello che è successo e che ha fatto dividere così la mia famiglia.»
Billie Joe premette con forza il cellulare all’orecchio mentre si allontanava di qualche passo da un gruppo di ragazzi che aveva iniziato a fare chiasso.
«Perché pensi che vogliano nascondertelo?»
«Perché non parlano mai di mio padre in mia presenza.» gli rivelò. «È da qualche anno che ci faccio caso. I primi tempi dopo il trasferimento mi è capitato spesso di chiedere di lui, ma ero piccola, e le mie erano semplici curiosità, per cui non ho mai pensato che quando Eva cambiava argomento o si fingeva occupata per parlare, lo facesse per nascondermi quello che era effettivamente successo. Poi però, crescendo, ho iniziato seriamente a farmi qualche domanda sul suo conto. In fondo, la mamma è venuta a trovarci spesso, da quando ci siamo trasferite, mentre lui... non l’ho mai più sentito neppure per telefono.»
«E tu hai qualche idea di quello che può essere successo?.»
«No, assolutamente no. L’unica cosa che so è che è successo tutto prima che ci trasferissimo qui, e io ero piccola, sono passati più di dieci anni, non ricordo quasi niente di quel periodo...»
«Quindi, anche ammettendo che tu avessi notato qualcosa, dal momento che eri troppo piccola per capire cosa stesse succedendo, non gli hai dato importanza. Giusto?»
«Giusto.»
Gloria si sentì improvvisamente sollevata: Billie Joe aveva afferrato immediatamente ciò che intendeva. Ora che aveva avuto la prova della sua disponibilità, si sentiva pronta a parlargli di ciò che era successo durante la cena.
«Io ho provato tante volte a chiedere a mia sorella perché ce l’avesse tanto con nostro padre, ma lei ha sempre evitato di rispondere... però avevo notato che ogni volta che cercavo di tirare fuori l’argomento reagiva in malo modo: spesso diventava triste, a volte si arrabbiava, così a un certo punto ho smesso di domandarglielo e mi sono sforzata di convivere con i miei dubbi.»
«A volte fa male parlare del passato, Gloria. Ti sembra di rivivere quei momenti anche solo sfiorandoli con il pensiero. Evidentemente quello che è successo le ha fatto talmente male che la ferita non si è ancora rimarginata. Succede spesso quando ci sono di mezzo persone molto legate a te.»
«Lo so, è per questo che mi ero imposta di non chiederle più niente... però ero arrivata a un punto che il non sapere faceva male a me.»
La sua voce si incrinò.
«Billie, io non so perché lei provi tanto astio nei confronti di nostro padre, non ho idea di cosa può aver fatto per farsi odiare così... ma se le ha fatto davvero così tanto male, allora lo voglio anch’io un motivo per odiarlo.»
Gloria fece una breve pausa nella quale Billie Joe Armstong riuscì a cogliere un sospiro e un singhiozzo.
«Che palle.» riprese poi con grande sconforto. «Sarebbe stata una bella cosa da dire, questa... invece sono stata capace solo di urlarle contro.»
Il frontman dei Green Day la sentì piagnucolare e tirare su con il naso.
«Gloria, non starai mica piangendo?» domandò retoricamente prima di chiederle a chi avesse urlato contro.
«A Eva...» rispose lei con un mormorio, abbassando lo sguardo sulle lenzuola. «E anche a mia madre.»
Dall’altro capo del telefono ci fu un istante di silenzio, e Gloria poté facilmente immaginare che Billie Joe Armstrong si fosse di certo pentito di essersi dimostrato così gentile e disponibile con lei, e di aver accettato di ascoltarla e consigliarla come un amico di vecchia data. Aveva tanto bisogno di sfogarsi, di parlare, di raccontare tutto, ma per quanto si sforzasse non riusciva a trovare quel minimo di calma e lucidità che potevano permetterle di  arrivare dritta al dunque senza continuare a girarci e girarci intorno.
«Cavolo, Billie, ti disturbo mentre sei con i tuoi amici per raccontarti i miei problemi, e non ti ci faccio neanche capire niente.» imprecò lei all’improvviso contro se stessa mentre si fregava il viso asciugandosi furiosamente un’ennesima lacrima. «Scusami.»
Come poteva pensare di spiegarsi chiaramente quando lei stessa era la prima a non riuscire a mettere ordine nei propri pensieri?
«Gloria, stai calma...» le disse allora lui con voce calda. «e smettila di piangere. Io ti assicuro che non ho nessuna fretta, per cui puoi prenderti tutto il tempo che ti serve.»
Dentro di sé, Billie Joe moriva dalla voglia di sapere cosa stessero combinando i suoi amici nel locale, ma sapeva anche che per nulla al mondo avrebbe piantato in asso quella ragazza. Se lo ricordava benissimo, quanto importante potesse essere la presenza di qualcuno disposto ad ascoltarti e a sostenerti nei momenti difficili. Lui lo aveva provato sulla sua stessa pelle quando era ancora solo un bambino, e se non avesse avuto Mike accanto a lui, con le sue parole di conforto e i suoi sorrisi rassicuranti, probabilmente non sarebbe mai diventato l’uomo che era. La spalla del suo bassista era il posto più comodo che conoscesse per versare le sue lacrime, e desiderava solo che la sua spalla fosse altrettanto accogliente per raccogliere quelle di Gloria, quella giovane donna che conosceva da così poco tempo e che, nonostante questo e nonostante tutte le differenze che c’erano tra di loro, sentiva già così vicina a lui.
«Stasera la mamma era a cena da noi. È così raro che lei ci venga a trovare a casa che io e mia sorella avevamo preparato tutto come fosse stata una qualche specie di cerimonia. C’era anche il ragazzo di Eva, lo abbiamo invitato a restare a cena con noi perché sappiamo quanto nostra madre lo adori e lo trovi carino, e devo dire che con lui lì insieme a noi è stato tutto ancora più divertente perché la mamma gli faceva un sacco di battute e doppi sensi e lui si imbarazzava come un bambino...»
A Billie Joe parve di sentirla sorridere dall’altra parte della cornetta.
«Poi però all’improvviso lei ha fatto una pessima sceneggiata sul diventare nonna e su quanto lui sarebbe stato un buon padre... e a quel punto Eva non è riuscita a controllarsi: è diventata furiosa. Ha iniziato a dire che lei non poteva permettersi assolutamente di parlare di padri perfetti, ma mia madre l’ha subito interrotta dicendo che non era il caso di parlarne in quel momento. Tu mi dirai che probabilmente l’ha fatto perché non voleva mettersi a discutere e rovinare la serata, ma ti assicuro che in realtà l’ha fatto perché non voleva che si arrivasse a parlare chiaramente di mio padre di fronte a me, perché il sottotesto di ciò che voleva dire mia sorella è chiaro: “non puoi parlare di padri perfetti visto che hai pensato di fare due figli con un padre come il nostro.”»
Il tono della sua voce si era fatto grave, e ostentava una gran sicurezza in ciò che diceva.
«È sempre la solita storia: ogni volta che qualcuno si avvicina all’argomento, loro due cercano di evitarlo in ogni modo possibile... solo che stasera è successa una cosa che non mi sarei mai aspettata: Eva sembrava veramente sul punto di fregarsene e dire tutto, però poi la mamma ha mosso mari e monti pur di farla stare zitta, col risultato che Eva se l’è presa con me.»
«Una seratina tranquilla, insomma...» commentò il frontman dei Green Day con una sottile nota ironica della voce.
Gloria apprezzò quel tentativo di sdrammatizzare la situazione e rispose a tono: «Beh, vedi tu...»
Incrociò le gambe e poggiò il gomito su di esse, per poi nascondere il viso nel palmo della sua mano. Un sospiro profondo e silenzioso fuoriuscì dalle sue labbra.
«A quel punto gli ho urlato contro una marea di cattiverie: gli ho detto che non capiscono niente, che sono anni che io cerco di capire perché diavolo ci troviamo in questa situazione del cazzo, che loro non ci provano neanche, a mettersi nei miei panni, e che sono stufa di essere protetta da tutto e tutti.»
Deglutì a fatica, mandando giù il nodo che avvertiva in gola.
«Ti giuro che... non so che mi è preso. Non sono riuscita a stare zitta, e non mi sono resa conto di quello che stavo dicendo finché non me ne sono andata da tavola... so solo che non mi ero mai sentita così bene in vita mia. È stato... un senso di liberazione troppo grande, come aver tolto un peso dal cuore...» sospirò silenziosamente facendo una breve pausa per poi aggiungere, con voce mesta: «… almeno fino a poco fa.»
«E adesso no?»
Lei si torturò il labbro inferiore con i denti, scuotendo la testa anche se lui non poteva vederla.
«Adesso... penso alle facce che avevano mentre gli dicevo quelle cose... e penso che forse ho esagerato un po’ troppo...» il suo tono di voce si fece improvvisamente più basso, un lieve singhiozzo le sconvolse il respiro. «e mi sento un po’ una merda, ecco.»
«Pensi che ci siano rimaste male?»
Lei gli raccontò dell’espressione di sua madre, scioccata e sconvolta, e di quella di sua sorella, all’apparenza severa e impassibile, ma allo stesso tempo tradita dal suo sguardo trasparente che piangeva lacrime asciutte e invisibili.
«Con il senno di poi, forse avrei potuto trovare un modo un po’ meno... cattivo. In fondo lo so che tutta questa storia fa male anche a loro, specialmente a Eva. Non avevo il diritto di rivolgermi a loro in quel modo.»
«Però avevi il diritto di sapere...» si lasciò sfuggire Billie Joe Armstrong senza riflettere, maledicendosi mentalmente un attimo dopo aver pronunciato quelle parole.
Gloria sembrò improvvisamente risvegliarsi da quello stato di shock.
«Che vuoi dire?»
Il chitarrista si prese pochi secondi di silenzio per riflettere su quale fosse la risposta migliore da darle. Sapeva che aveva sbagliato a sbilanciarsi in quella maniera. Quella ragazza non gli aveva chiesto un suo parere, aveva semplicemente avuto bisogno di sfogarsi. Non avrebbe dovuto permettersi di commentare quella faccenda come se riguardasse da vicino anche lui.
«Io non voglio assolutamente mettermi in mezzo...» mise in chiaro immediatamente, prima di proseguire con la sua spiegazione. «ma... da come la vedo io, tua sorella ha tutto il diritto di non parlarti di ciò che è successo, se non se la sente. Allo stesso tempo, però, anche tu hai il diritto di sapere.»
Le spiegò che tutta quella storia assomigliava a una sorta di crudele e bizzarro gioco della torre, nel quale una delle due, per regolamento, era inevitabilmente destinata a cadere di sotto.
«Ognuna di voi ha il diritto di far valere le proprie ragioni ma, se mi permetti, per quanto tua sorella possa aver sofferto o possa continuare a soffrire, il tuo desiderio di avere una risposta alle tue domande mi sembra leggermente più giustificato di quello che ha lei di tenere tutto per sé. In fondo, quando lei se ne è andata di casa non l’ha fatto da sola, ma ti ha portata con sé, e questo mi sembra già un valido motivo per farsi delle domande e pretendere delle risposte.»
«Wow…» mormorò lei. A Billie Joe parve di sentire una lievissimo accenno di risata. «Non avrei mai saputo dirlo meglio di così.»  
Lui sorrise sollevato nel notare che lei aveva accettato quella sua opinione  senza rimproverargli di essersi messo in mezzo.
«E non sentirti troppo in colpa per essere stata così dura con loro. Sì, probabilmente  non se l’aspettavano, forse ci sono rimaste male, però sono convinto che capiranno.»
«Lo spero...» disse lei a bassa voce. «Grazie.»
Billie Joe Armstrong fu contento di sentirla più fiduciosa. Accettò il suo ringraziamento e le rivelò di essere felice di esserle stata di aiuto, confessandole anche che, secondo lui, l’aver deciso di non tenersi più tutto quanto dentro era stato un bene, per lei, perché era la prova che stesse reagendo, che non fosse più disposta ad essere tagliata fuori da quella storia e a starsene zitta in un angolo, ad aspettare passivamente di capire qualcosa da sola.
«Dici davvero?» domandò allora lei, non aspettandosi affatto un discorso simile.
«Certo.» rispose lui con ovvietà. «Lottare per qualcosa che ci sta a cuore è sempre un bene, e alla tua età lo è ancora di più.»
La ragazza rifletté in silenzio su quelle parole prima di sospirare e annunciare, con un briciolo di convinzione in più: «Va bene, mi fido.»
Lui accennò un sorriso soddisfatto.
«Che ne dici se uno di questi giorni passassi al bar a trovarti?» azzardò impulsivamente.
Gloria rimase spiazzata per una manciata di secondi, prima di rispondere con voce scherzosa:
«Ti piace proprio tanto quel bar, eh? Sei diventato un cliente affezionato, ormai.»
Il leader dei Green Day rise della battuta, ritrovandosi a pensare per l’ennesima volta a quanto piacevole fosse, nonostante la sua semplicità, parlare con quella ragazza. Era una boccata d’aria fresca, pulita e frizzante, una di quelle che fanno sentire immediatamente svegli e attivi anche al mattino presto.
«Sai, la barista fa un buon caffè.»
Lei non riuscì a trattenere un sorriso, e ben presto questo si trasformò in una lieve risata.
«Già, ne ho sentito parlare.» ribatté lei. «E, comunque, puoi tornare quando vuoi. Mi fa piacere se passi a trovarmi.»
Billie Joe sorrise rilassato, poggiando la schiena contro un muretto. Voltando la testa verso l’entrata del Gilman notò immediatamente Mike e Trè Cool farsi largo fuori dal locale. Cercò di immaginare da quanto tempo fosse lì fuori a parlare al telefono. Probabilmente da parecchio, concluse, visto che i suoi amici si erano presi la briga di uscire fuori a cercarlo.
«Gloria scusami, ma devo proprio lasciarti, ora…» pronunciò quelle parole con voce malferma, come un bambino che viene sorpreso dai genitori a fare qualcosa che gli era stato vietato.
«Sì, certo, capisco. Mi spiace di averti fatto perdere tempo ma... grazie davvero, per tutto. Sei un amico.» mormorò lei con voce dolce, profondamente grata per il suo aiuto e la sua disponibilità.
«Stammi bene, ok?»
«Ci proverò.»
«Ci vediamo presto, allora. Buona notte, Gloria.»
Gloria sorrise tranquilla.

Quando Billie Joe Armstrong terminò la chiamata, Mike e Trè Cool erano ormai a poco più di due passi da lui. 
«Ecco dov’eri.» trillò la voce del suo batterista. «Ti abbiamo aspettato per un’ora intera, ma visto che Jesus Christ non si decide ad andare alla montagna...»
Il fiato del suo amico puzzava di alcol, segno che durante la sua assenza si era concesso più di un paio di bicchierini.
«Veramente sono qui da mezz’ora...» precisò. «E comunque era Maometto
«Al telefono?»
Mike soffocò una risata.
«Certo, chi altri, sennò?» lo assecondò dando lui una pacca amichevole sulla spalla.
«Va tutto bene?» domandò poi al suo amico chitarrista indicando con lo sguardo il telefonino che teneva ancora in mano.
«Umh?» Billie Joe seguì lo sguardo del bassista. «Oh. Sì, tutto bene.»
«Con chi stavi parlando per tutto questo tempo?»
Per un istante a Mike parve di cogliere un lampo di esitazione negli occhi e sulle labbra dell’amico.
«Con Adrienne.»
«Con Adrienne?» ripeté l’altro aggrottando la fronte.
Il frontman dei Green Day annuì con il capo, con una strana espressione che non convinse il suo interlocutore, che rimase in silenzio per diversi istanti, mordendosi il labbro inferiore con aria pensierosa prima di puntare un dito verso il cellulare del suo amico e domandargli che ora fosse.
«È quasi l’una.» rispose Billie Joe distrattamente, non rendendosi ancora conto di aver dato inizio, senza volerlo, a un tunnel di pensieri e riflessioni e piccoli pezzi di puzzle che già avevano cominciato a disporsi ordinatamente, uno affianco all’altro, smascherando la sua menzogna. Mike Dirnt prese tra le mani quelle tesserine, girandole e rigirandole tra le dita, osservandole con grande cura e attenzione, facendo scorrere la punta dell’indice lungo i loro bordi in modo da conoscerne la forma alla perfezione per poi passare a incastrarle tra loro, e ogni tassello che riusciva ad unire agli altri contribuiva a portare avanti il disegno, a riempirlo dei particolari, di quei dettagli solo apparentemente insignificanti, che nascondevano al loro interno, in realtà, tutta la chiave di lettura dell’immagine.
Billie Joe odia stare al telefono.
Come mai, allora, c’è rimasto per tutto questo tempo, all’una di notte, tra l’altro?
Forse Adrienne aveva qualcosa di importante da dirgli.
Dopotutto sono passate quasi due settimane, da quando è partita.
Che male c’è?
Non ci riusciva: Mike Dirnt non riusciva a completare quel puzzle. Sentiva di essere vicino a qualcosa di importante, c’era una nota stonata, in tutta quella faccenda, un particolare talmente rilevante da poter scoprire le carte in tavola, ma allo stesso tempo così sottile che la sua mente, le sue dita, non riuscivano a catturarlo. Quell’ultima tesserina mancante era il codice di cui aveva bisogno per decifrare l’intero quadro, nascondeva dentro di sé tutta la verità che egli, da solo, stava cercando di trovare.
Poi improvvisamente l’ultima tesserina saltò fuori.
Senza minimamente rendersi conto di quanto importante fosse quella domanda, Trè Cool chiese a Billie Joe se, lì nel Minnesota, Adrienne e i suoi figli se la stessero passando bene, e fu allora che Mike la prese, la prese al volo. Strinse tra le dita il cartoncino colorato senza esitazioni, rapido subito dopo averlo visto uscire dalle labbra inconsapevoli del suo amico batterista.
Eccola, la chiave di volta. Ecco qual era la nota stonata.
Era il Minnesota, il particolare che non quadrava. Nient’altro che il Minnesota.  
Billie Joe Armstrong rispose con sicurezza che, sì, stavano tutti bene e mandavano i loro saluti.
Il bassista fece due rapidi calcoli mentali e nell’udire la risposta del suo amico non riuscì a trattenere un sorriso deluso, amaro, mentre scuoteva lentamente la testa.
«C’è qualcosa che non va?»
Mike assunse nuovamente un’espressione seria e si strinse nelle spalle arricciando le labbra.
«No.» rispose con semplicità. «Mi stavo soltanto domandando una cosa...»
«Che cosa?» domandò allora Billie Joe, accigliato.
L’altro ripeté il movimento delle spalle e rispose con voce solo apparentemente innocua: «Niente di importante. Mi chiedevo solo: se qui è quasi l’una...» si concesse un breve istante di pausa in cui scrutò a fondo lo sguardo del suo amico.
«Che ci faceva Adrienne ancora sveglia alle tre di notte?»

«Posso entrare?»
Una voce dolce, accompagnata da un leggero bussare contro la porta.
Dall’altra parte solo silenzio.
«Gloria, per favore, posso entrare?»
Un attimo di esitazione.
«Va bene.»
Eva aprì la porta della stanza di sua sorella, rimanendo ferma sullo stipite a osservare Gloria seduta a gambe incrociate sul suo letto con un cuscino premuto forte contro la pancia e il petto.
«Sono andati via?»
«Sì. La mamma avrebbe voluto salutarti, ma le ho detto che forse era meglio di no... e che le telefonerai poi tu quando te la sentirai.»
«Grazie» miagolò Gloria a bassa voce fregandosi il volto con la mano destra.
Eva si avvicinò al letto mettendosi seduta accanto alla sorella. Per un istante nessuna delle due ebbe il coraggio di parlare all’altra. Uno sciame di pensieri e parole ronzava di qua e di là tra i loro sguardi che sembravano aver paura di incontrarsi. Nel silenzio che si era creato, Gloria strinse più forte il cuscino contro il petto, e per un momento Eva desiderò di potercisi intrufolare  dentro, di farsi piccola e soffice e bianca come l’ovatta che lo riempiva ed essere stretta forte dalle braccia di sua sorella per lasciarsi abbracciare, coccolare, proteggere. Desiderò raccogliere tutte le sue lacrime e assorbirle dentro di sé come una grande spugna, così lei non ne avrebbe avuta più neanche una da versare.
«Mi dispiace per aver detto quelle cose.»
La voce di Gloria era quella di una bambina, i suoi occhi erano rossi e gonfi di lacrime, di quelle che aveva già pianto e di quelle che aveva represso.
«Davvero, non avrei dovuto dirle in quel modo
«Non importa» mormorò Eva alzando lo sguardo verso la sorella. «Avevi tutte le ragioni del mondo, sono io a doverti delle scuse.» Una sottile goccia salata sfuggì al controllo dei suoi occhi e venne rapidamente asciugata con un gesto secco della mano.
Un grosso senso di vertigine si impadronì di Gloria. In tanti anni che avevano vissuto fianco a fianco, come madre e figlia, non aveva mai visto sua sorella piangere per lei, e il pensiero di vederle versare quelle lacrime per causa sua le faceva venire voglia di librarsi nell’aria come per magia e volare e volare e fuggire via, sparire per sempre dalla sua vita e dal suo passato, e restituirle tutto ciò a cui aveva rinunciato per prendersi cura di lei.
«Eva...» tentò di dire Gloria, ma la sorella la interruppe prima che potesse terminare la frase.
«Io non ho il diritto di decidere per te, e non posso impedirti di capire cosa ha portato a tutto questo. Avevi ragione tu: non sei più una bambina.»
Lentamente sollevò una mano e lasciò che si modellasse sulla superficie liscia e umida della guancia di Gloria in una morbida carezza.
«Sei una donna.»
Le labbra le si curvarono impercettibilmente in un sorriso carico di emozione, ma i suoi occhi si sforzavano di trattenere altre lacrime.
«E come tutte le donne devi essere libera di scoprire il mondo, anche se fa male, a volte.»
Un singulto le strozzò il respiro per un istante.
«Ecco, da oggi non ci sarò più io a coprirti le spalle. L’unica cosa che potrò fare, se vorrai, sarà aiutarti a disinfettare le ferite quando ti scotterai, perché voglio che tu sappia che è nel fuoco, che stai per lanciarti.»
Quelle parole pesavano come piombo nella mente di Gloria, ma ancor di più pesavano nella gola di Eva, tra le corde vocali.
«Vuoi dire che mi dirai tutto? Tutto quello che tu e la mamma avete cercato di nascondermi in tutti questi anni e che ci ha portate a vivere qui, lontane da casa, e che ha portato te a odiare nostro padre?»
Gli occhi di Eva scavarono dentro quelli di Gloria in cerca di un appiglio, un sostegno, un gancio, un qualcosa che potesse aiutarla a tornare indietro, a far finta di niente come aveva sempre fatto fino ad allora, ma non trovò niente di tutto questo. Tutto quello che vide fu ghiaccio, pronto a sciogliersi da un momento all’altro.
«Sì.»
Un lungo respiro soffiò via dalle labbra di Gloria.
Erano anni che vagava tra le fibre di quel segreto che aveva diviso la sua famiglia, per anni vi aveva girato in tondo cercandone disperatamente il nucleo, il cuore, il nocciolo. A occhi chiusi, a tastoni, senza sosta, senza mai riuscire a trovarlo, senza mai arrivare a sbatterci contro così come la Terra fa il suo giro da miliardi di anni senza mai avvicinarsi, nemmeno di poco, al Sole. Aveva cercato per anni, avvolta nel buio, di intravederne la luce, di avvertire il suo calore sulla pelle. Ora quella luce le brillava davanti alla faccia, ed era così forte che quasi le feriva gli occhi: una fiamma accesa che poteva fortificarla o fare di lei un misero mucchietto di cenere, polvere di sé che Gloria immaginò di far volare via con un altro, ennesimo respiro, forse l’ultimo che quel fuoco spaventoso le avrebbe concesso.
«Farà male, vero?»
Gli occhi di Eva continuavano a studiarla attentamente.
Cosa avrebbe dovuto fare, adesso?
Mentirle ancora?
Rassicurarla?
No, l’aveva giurato a se stessa e a Gloria: niente più bugie.
Lasciare che cadesse era l’unico modo perché imparasse a volare.
«Sì» ammise dopo un istante di esitazione. «ma riuscirai a superare ogni cosa. Tu sei molto più forte di me.»
Gloria abbassò lo sguardo, sentendo mille morbide lingue di fuoco sfiorarle le guance.  Un tremito la scosse leggermente, e per la prima volta si chiese se fosse veramente quello, ciò che voleva. Sapeva che una volta saputo tutto ciò che riguardava il suo passato niente sarebbe più stato come prima, sapeva che avrebbe pianto, che avrebbe sofferto, che probabilmente avrebbe iniziato ad affrontare la vita con rabbia e cinismo, eppure il desiderio di sapere era più forte. Aveva già deciso, non sarebbe più rimasta relegata in un angolo a far finta di niente.
No, non aveva paura.
«Ok.» mormorò piano osservando le pieghe delle lenzuola.
Qualsiasi cosa avesse avuto sua sorella da raccontarle, l’avrebbe affrontata senza chinare la testa. Fu questo che promise a se stessa mentre, con una forza che non credeva di avere, alzò nuovamente lo sguardo, piantandolo dritto negli occhi di Eva.
«Sono pronta.»
 
[Continua]

Capitolo revisionato l’08-04-12

   
 
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