Ehi, dimenticavo: RINGRAZIAMENTI VIVISSIMI A TUTTI PER LE
RECENSIONI^^!!! Davvero mi sono di grande aiuto
Dunque, scusate per come è venuto fuori questo capitolo, nella mia testolina doveva venire molto meglio, ma non sono riuscita a fare di meglio… avrei voluto che fosse più divertente, chiedo ancora schiusa… ah, volevo avvisare che se leggete i testi delle canzoni, sono sempre inerenti alla storia, perché è divertente ritrovare nelle canzoni situazioni simili, perciò io li metto, così, giusto per sfizio^^.
Capitolo II
Babysitting
“If people say I'm crazy, I tell 'em that it's true
Let them watch with
amazement
Say it won't last
beyond breakfast
It's a phase he's going
through
Denigrate or speculate
on what I'm going through
Because it isn't the
sort of thing I would normally do.”
(Pet Shop Boys - I
wouldn't normally do this kind of thing)
Percorsero
velocemente lo stretto corridoio del treno alla ricerca di uno scompartimento
libero. Ginny sbuffò: quei tre avevano ripreso a ridere a vanvera e questo la
infastidiva, probabilmente perché avrebbe voluto spassarsela anche lei, ma a
causa della madre non aveva potuto, e inoltre ora era costretta a fare loro da
balia. Il che non era affatto facile.
Ron
trovava molto interessante il paesaggio che scorreva fuori dal vagone e lei
doveva strattonarlo ogni tre secondo per farlo avanzare. Harry continuava a
fare volteggi su se stesso per qualche oscuro motivo e con gran disappunto di
Edvige, costretta a ruotare con lui nella gabbia. Hermione certo non era
d’aiuto: ogni volta che Ginny si distraeva nel badare ai due ragazzi, si sedeva
sul suo baule affermando tranquillamente di essere stanca.
Finalmente
raggiunsero uno scompartimento completamente vuoto – non era proprio il caso
che altre persone, fossero pure Neville o Lunatica, li vedessero in quelle
condizioni. Ron entrò e si lasciò cadere sul sedile accanto al finestrino,
lasciando la gabbia con Leotordo in mezzo alla stanza. Harry vi inciampò
immancabilmente, mettendosi a ridere, poi si andò a sedere di fronte all’amico.
«Potresti
mettere via le tue cose, Ronald», lo rimproverò Ginny, odiandosi. Solo allora
si rese conto di come era indispensabile in questi momenti Hermione. Lei non
era brava a sgridare la gente, e non le piaceva nemmeno farlo… anzi, stava per
mettersi a ridere a sua volta quando Harry stava per cadere. Lanciò un’occhiata
speranzosa verso l’amica, ma in quel momento era davvero inutile. Si era
finalmente accasciata sul sedile accanto a Ron come aveva tentato di fare per
tutto il tragitto nel corridoio. Semplicemente sedersi, era quella l’unica cosa
che sembrava essere interessata a fare. Ginny lanciò un’occhiata al fratello.
Sebbene ubriaco, si era irrigidito notevolmente per la presenza di Hermione
accanto a sé. Probabilmente non se ne rendeva nemmeno conto. Le faceva quasi
tenerezza. Quasi. Perché per la maggior parte riteneva Ron uno stupido ingenuo
e testardo ragazzino. Non riusciva a capire il suo comportamento, possibile che
non capisse davvero? Oppure semplicemente non aveva il coraggio di ammetterlo
in primo luogo a se stesso? Ginny pensava che una volta che Ron avesse realizzato
ciò che provava nei confronti di Hermione, le cose si sarebbero sviluppate
velocemente, e molti comportamenti – con particolare allusione alla sua gelosia
– sarebbero stati spiegati. Testardo e orgoglioso com’era, però, non sarebbe
stata un’impresa così facile. A tutto si aggiungeva che era molto, ma molto
timido, e che aveva paura di rovinare l’amicizia più grande che avesse oltre a
quella con Harry. Non che Hermione fosse molto più sveglia, comunque. Ginny
alzò gli occhi al cielo: valli a capire, quei due.
Mise
a posto Leo e si sedette accanto a Harry. Sbirciò l’orologio.
«Tra
un quarto d’ora dovete essere alla riunione dei prefetti», disse, piatta. «Ron,
cambiati quella maglietta, per favore, fai schifo».
Ron
parve lievemente offeso. «Ehi», protestò. Ginny sperò si stesse riprendendo, ma
lo vide spogliarsi lì davanti a tutti senza preavviso e capì di essersi illusa.
Hermione in ogni caso aveva gli occhi chiusi mentre Harry ovviamente aveva già
visto Ron a dorso nudo, quindi la situazione non era poi così imbarazzante. Gli
porse la prima maglietta che trovò in cima al baule del fratello. Era un po’
sfilacciata e consunta lungo le cuciture, ma almeno era pulita. Ron la indossò
senza obiezioni. Ginny lo squadrò un momento per vedere se era sporco da qualche
altra parte, ma sembrava tutto a posto. Guardò un attimo Hermione, ma almeno in
quello aveva mantenuto un certo autocontrollo: era impeccabile, se si escludeva
il fatto che non stava in piedi. Insomma, se stava zitta e ferma non sembrava
affatto bevuta. L’aspetto non tradiva niente. Pensò di parlare a lei, visto che
fare affidamento su Ron sarebbe stato impossibile anche da lucido.
«Okay»,
disse, mettendosi in ginocchio di fronte alla ragazza. «Herm, ci sei?», provò.
Sembrava profondamente addormentata. La scrollò leggermente e lei aprì un po’
gli occhi, mugugnando qualcosa.
«Oh,
bene, sei sveglia… no, Herm, non ti riaddormentare, ti prego. Ti revocheranno
il distintivo da prefetto!», tentò. Questo parve scuotere un po’ Hermione,
ma non più di tanto. Ginny si fece bastare quella poca attenzione che le stava
prestando e le espose le sue raccomandazioni, pregandola di trattenersi. Lei
sembrò annoiata ma le promise di comportarsi bene e di controllare anche Ron.
Un minuto dopo se n’era già dimenticata, ma Ginny valutò di aver svolto il suo
compito e di essere a posto con la coscienza. Li spedì velocemente alla
riunione, indirizzandoli verso la giusta parte del treno – loro stavano già
svoltando verso quella opposta. Poi si sedette di fronte a Harry, decidendo di
non preoccuparsi più di tanto per loro o sarebbe uscita di matto.
―
In
qualche modo raggiunsero il primo vagone dell’espresso, con una decina di
minuti di ritardo e qualche livido in più nei punti dove avevano sbattuto
contro le pareti. Ernie Macmillan li guardò di sottecchi, ma fu l’unico che
parve notare qualcosa. Il caposcuola di Corvonero sembrò stupito del ritardo di
Hermione, poiché la sua fama di ragazza impeccabile si estendeva ormai a tutta
Hogwarts, ma era troppo impegnato a continuare il suo discorso per esigere
spiegazioni. I due ragazzi presero posto il più lontano possibile dagli altri,
dando retta a quel minimo di buon senso che avevano ancora in corpo. Non appena
trovavano qualcosa di divertente, però, si tiravano qualche gomitata, ridendo
silenziosamente. Per fortuna il caposcuola era un tipo alla Percy, tutto
concentrato nel dare istruzioni. Gli occhi gli luccicavano dall’orgoglio. In
realtà nessun ragazzo del sesto anno lo stava ascoltando, sapendo già come
funzionavano le cose. Quando la riunione fu conclusa, comunque, il ragazzo
chiamò a sé Hermione. Ron, fattosi improvvisamente serio, notò Malfoy
ridacchiare con Pansy, ma poi raccolse tutto il suo coraggio e seguì l’amica.
Il
ragazzo stava parlottando a bassa voce con lei. Ron si fece improvvisamente
rosso in viso.
«Ti
dispiace?», gli disse, sprezzante. Lui lo guardò confuso, aggrottando le
sopracciglia, ma Ron non gli diede il tempo di capire. Prese bruscamente
Hermione per un braccio e la trascinò fuori dallo scompartimento. Lei lo seguì
inerme, ma appena furono fuori si divincolò. Stava sicuramente per replicare
qualcosa, quando una voce la interruppe.
«Che
c’è, Weasley, sei geloso dell’unica cosa che possiedi?». Malfoy era poggiato di
spalle alla finestra, e li guardava con un sorrisetto compiaciuto. «Bella
coppia», commentò.
«Sta’
zitto, Malfoy», replicò Ron, tentando di stare in piedi perfettamente fermo.
Era diventato rossissimo. Alzò la bacchetta contro il ragazzo biondo. Malfoy
sghignazzò.
«Credi
di farmi paura, pezzente?». Ron fece per muovere il braccio, ma Hermione,
svelta, vi posò una mano sopra, fermandolo.
«No,
Ron», disse. Lui si bloccò, leggermente stupito e infastidito dalla razionalità
di Hermione. Mai una volta che lo lasciasse agire d’impulso.
Malfoy
lo fissò. «Sottomesso pure a quella! Che razza di sfigato…»
Ron,
che stava guardando male Hermione, dopo quella frase concentrò tutto il suo
odio verso il Serpeverde. Era infuriato non per come Malfoy aveva definito lui,
perché ormai era abituato alle sue frecciatine, ma non sopportava il modo con
cui parlava di lei. Mosse nuovamente il polso, ma venne bloccato
un’altra volta.
«No»,
stava dicendo Hermione tra le risate. Entrambi i ragazzi aprirono la bocca per
lo stupore, non capendo il motivo per cui ridesse. «Ron, non vorrai trovarti a
vomitare ancora lumache». Ron non capì subito. Poi si guardò la bacchetta,
incrinata sulla punta, e si decise a rimetterla nella tasca. Ricordò l’episodio
accaduto durante il suo secondo anno, quando a causa della bacchetta rotta
l’incantesimo gli si era rivoltato contro. Fece una smorfia di disgusto al
pensiero di vomitare ancora lumache, poi prese a sghignazzare, conscio delle
intenzioni dell’amica. Di sicuro non voleva starsene con le mani in mano, a
ignorare Malfoy come faceva di solito. Quest’ultimo sorrise malignamente, senza
sapere cosa lo aspettava, ma il suo ghigno sparì dalla faccia quando si vide la
bacchetta di Hermione puntata alla gola.
«Vediamo…»,
gli disse lei. «Dovrei ricordarmi abbastanza bene le parole che ha usato Moody due
anni fa, vero Ron?»
«Sicuro»,
confermò lui, sorridendo largamente. «Stai bene come furetto, Draco. Sei molto
più malleabile in quella forma».
Malfoy
aveva uno sguardo piuttosto spaventato, e fissò nervoso la bacchetta di
Hermione, puntata contro di lui. «Non ne saresti capace», disse con una punta
di insicurezza nella voce. Di certo non si era aspettato quel comportamento
dalla ragazza.
«Oh»,
disse Ron, con uno strano sorriso in faccia, «non c’è niente che lei non
sappia fare».
Hermione
si girò velocemente, colpita da quelle parole, guardando l’amico stupefatta.
Era un complimento, quello? Malfoy approfittò subito della loro momentanea
distrazione ed estrasse la bacchetta, disarmando Hermione a meno di un
centimetro da lei. La ragazza cadde indietro, presa alla sprovvista, mentre la
sua bacchetta volava lontano. Malfoy puntò la propria contro il petto di lei.
«Sudicia
Mezzosangue», cominciò.
Ron
portò la mano alla tasca, fulmineo. Era diventato viola dalla rabbia. Ma prima
che potesse fare altro il caposcuola di Corvonero uscì dallo scompartimento
dove si trovava. La scena che gli si presentò davanti agli occhi era quella di
due ragazzi disarmati e Malfoy che li sovrastava, pronto a lanciare un
incantesimo.
«Signor
Malfoy!», disse altezzoso. Di nuovo Ron con una smorfia notò la somiglianza con
Percy. In ogni caso si era bloccato nell’atto di sfoderare la bacchetta, e ben
presto vi rinunciò.
«Vuole
seguirmi, prego?», ordinò il Caposcuola a Malfoy. Prima di andarsene si
avvicinò a Hermione, ancora seduta a terra. La aiutò ad alzarsi, e dovette
praticamente tirarla su di peso, dato che non era molto reattiva. Le gettò una
rapida occhiata prima di guardare di sottecchi Ron, che aveva assunto un
cipiglio piuttosto minaccioso. «Beh, tornatevene nel vostro vagone», disse,
piatto. Ron lo squadrò un’ultima volta con le orecchie rosse, prima di
trascinare via Hermione prendendola per il braccio, come aveva fatto poco
prima. E lei si lasciò trasportare, mansueta e sorridente.
―
Fecero
il tragitto inverso per tornare allo scompartimento dove li aspettavano Ginny e
Harry, ma a metà strada qualcuno li fermò.
«Ron,
Hermione!». Era Colin Canon, con la solita macchina fotografica al collo. I due
ragazzi si voltarono, scocciati, e subito se ne pentirono. Furono accecati dal
flash della foto che Colin aveva appena scattato e videro a macchie blu e rosse
per i successivi venti minuti. «Ho saputo che siete stati aggrediti da Draco
Malfoy!» disse freneticamente il ragazzino.
Ron
gli scoppiò letteralmente a ridere in faccia. «Uh, aggrediti», biascicò
tra una risata e l’altra. «Aggrediti, e da Malfoy». Riprese a
ridere ininterrottamente, seguito da Hermione.
«Che
c’è da ridere?», chiese ingenuamente Colin. «Siete sotto un incantesimo?»
«Oh,
oh sì!» esclamò Hermione, cogliendo al volo l’occasione e continuando a
sghignazzare.
«Cavolo!
Questa volta spero davvero che gliela facciano pagare a quel Malfoy, è odioso,
non trovate?» I due annuirono pomposamente. «Beh, io cercavo Harry, sapete per
caso dov’è?».
«Ma
certamente!», rispose allegramente Ron. Fece strada al ragazzo, non del tutto
sicuro di aver preso la direzione giusta. Colin non sembrava davvero
intenzionato a stare zitto per due secondi di fila e a Ron venne subito mal di
testa.
«Ho
sentito che vi ha aiutato Thaddeus Beadle… È il caposcuola di Corvonero», si
affrettò ad aggiungere, in risposta agli sguardi interrogativi dei due, che lo
ascoltavano a malapena.
«Ah,
sì, è stato molto gentile», confermò Hermione, uscendo dalla trance in cui
oziava.
«Gentile?
Gentile?!?», intervenne Ron,
improvvisamente furibondo. «Quello non
ci ha affatto aiutati! Lui ti mangiava con gli occhi!»
«Calmati,
Ron, sei impazzito?», gli chiese lei, tranquilla. Colin si allontanò,
spaventato, tenendosi a debita distanza.
«Impazzito,
io?», rispose lui, abbassando la voce solo a causa del mal di testa, e non per
quello che aveva detto l’amica. «Ma se appena Colin l’ ha nominato, subito il
discorso si è fatto interessante per te, quando prima si vedeva benissimo che
eri annoiata!»
«Ma…»
«Zitto tu!»,
gli urlarono contro i due all’unisono. Colin si pentì all’istante di essere
intervenuto.
«Comunque
non capisco davvero perché te la prendi tanto», disse Hermione.
«Beh…
beh, perché… prima Vicky, poi quel Thaddy… e poi chi altro?», disse Ron.
In un momento parve essersi tradito da solo, ma poi un luccichio gli balenò
negli occhi e continuò a parlare. «La vuoi smettere di andartene in giro a cianciaschiasciare»
Ron incespicò nella parola, che non suonò affatto come quella che aveva
pensato, «sempre con i ragazzi più grandi, poi… cosa deve pensare di te la
gente?»
Hermione
si scaldò. «Ma che te ne frega a te? Tu non hai voce in capitolo, capito?!? E poi sai benissimo che non
vado in giro a fare la svampita coi ragazzi!»
«Io
sì, ma chi ti vede in giro? Sapessi le voci che ci sono in giro su te e Krum!»,
le urlò di rimando Ron.
«Non
m’importa, tanto chi mi conosce sa che non sono vere!»
Quelle
parole parvero colpire Ron… aveva avuto la conferma che tutte le dicerie che
sentiva erano solo pettegolezzi, appunto. Ma ne era poi tanto sicuro? Hermione
non aveva specificato che cosa esattamente fosse falso.
«Ma
poi che vuoi da me, Ron?», gli chiese Hermione. Ora la sua voce era pacata e
rassegnata.
«Solo
proteggerti», ammise Ron, sinceramente.
«Ma
da cosa?». Hermione attese la risposta, ma quella non arrivò. Sospirò e riprese
a camminare verso il vagone dove c’erano Ginny e Harry. Colin salterellò fino a
raggiungerla e poi proseguì al suo fianco, finalmente muto. Era mortificato per
aver fatto scoppiare quel litigio tra loro due, l’ennesimo, certo, ma il primo
di quell’anno. Ron li seguì restando qualche passo indietro, scuro in viso.
―
Ginny
guardò Harry che si era profondamente addormentato. Un rivolo di saliva gli
usciva dalla bocca spalancata, ma il ragazzo non se ne rendeva probabilmente
neanche conto. Lei pensò che dopotutto un po’ d’alcol non era poi così male.
Harry sembrava stare molto meglio di come stava alla Tana, comunque. Ron le
aveva confessato che probabilmente non dormiva la notte, e anche se cercava di
non darlo a vedere era molto afflitto. Era sempre distante e pensieroso, e
quelle rare volte che lei l’aveva visto sorridere, aveva notato quanto fosse
tutto forzato. Quel giorno, invece, l’aveva rivisto ridere di gusto.
La
porta dello scompartimento sbatté bruscamente e ne entrò un’Hermione piuttosto
scocciata. Non furibonda, solo stufa. Ginny sperò che almeno lei si fosse
ripresa. Subito dopo la ragazza fece capolino una delle persone meno adatte
alla situazione: Colin Canon. Colin non era un cattivo ragazzo, ma era
tremendamente ingenuo e spiegargli la situazione sarebbe stato come far
preparare una pozione ad un Neville ubriaco quanto Harry. Ron entrò poco dopo,
con un’espressione indifferente e distratta sul viso. Sembrava essersi già
dimenticato della scenata di poco prima.
«Oh,
Harry, sei qui», disse Colin, sollevato di non dover stare più solo con quei
due. Ginny poteva ben immaginare il perché. A vote si chiedeva come facesse
Harry a starsene sempre tra quei due fuochi. Non lo si poteva biasimare se poi
usciva di testa.
«Harry
dorme», gli disse.
«Oh…
ecco, io… non lo si potrebbe svegliare?»
«Ehm…».
Ginny sapeva bene che, anche volendo, non sarebbero riusciti a svegliarlo.
«No
che non si può», intervenne Ron. La sorella chiuse gli occhi, sperando che non
dicesse nulla di compromettente. «Non lo vedi che è ubriaco?», continuò lui,
ignaro. Rideva. E così aveva preso a fare Hermione, accantonando l’ennesima
litigata. Nessuno riesce a tenere il broncio da ubriaco.
Sulla
faccia di Colin spuntò un’espressione imbarazzata e allo stesso tempo stupita.
Il suo eroe, ubriaco?
«Ron,
non dire scemenze», Ginny tentò di salvare la situazione, ma effettivamente si
vedeva benissimo che Harry non si era semplicemente appisolato. Sembrava mezzo
svenuto. Ron si mise a ululare come un pazzo e Ginny divenne rossissima.
«Oh»,
disse Colin, guardando Ron e Hermione «ma che razza di fattura vi ha fatto
Malfoy?». La ragazza si tenne la pancia con una mano e lo indicò con l’altra.
Faticava a respirare.
Colin
era ancora convinto che ridessero a causa di un qualche incantesimo. Mamma
quant’era ingenuo! Forse dopotutto Ginny poteva ancora smentire le parole di
Ron. «Vedi, Colin», cominciò, calma. «Visto che, ehm… Harry non è stato molto
bene ultimamente e soffre anche un po’ di mal di treno, mamma mi ha dato una
pozione per farlo dormire…»
«Oh»,
ripeté Colin. Un lampo di speranza era apparso nei suoi occhi. Aveva abboccato.
«Beh, io volevo giusto chiedergli come stava… ho saputo che gli è morto il
padrino…»
Dal
modo in cui il ragazzino ne parlava, si capiva che non sapeva chi fosse il
suddetto padrino. In effetti, per quanti pettegolezzi giungessero alle orecchie
di Colin, nessuna notizia era trapelata su Sirius. Il Ministero della Magia
fingeva che non fosse mai esistito per evitare di ammettere un errore così
clamoroso. La Gazzetta del Profeta non aveva mai nominato nemmeno Codaliscia. A
Harry però non importava più che le accuse contro Sirius fossero smentite,
tanto ormai il suo padrino non avrebbe più potuto essere libero. Anche se gli
dispiaceva che il nome di Sirius rimanesse così diffamato, il silenzio da parte
del Ministero gli evitava parecchie domande e sguardi curiosi che non avrebbe
mai potuto sopportare. Chi era venuto a sapere dell’intera faccenda, come
Neville, che aveva assistito alla morte di Sirius, evitava il discorso con
Harry, ma se fosse stata la Gazzetta a diffondere la notizia, sarebbe stata
sulla bocca di tutti.
«Si,
è vero», rispose Ginny, a disagio. «Ma… evita il discorso con lui, per favore.
È una storia abbastanza complicata».
Colin
annuì, risentito. Disse agli altri di salutargli Harry quando si fosse
svegliato e se ne andò a testa china. Ron, come se nulla fosse, propose una
partita a scacchi che durò fino alla fine del viaggio, poiché spesso il ragazzo
si distraeva e smetteva di giocare per una mezz’oretta. Harry dormì quasi tutto
il tempo e si svegliò una mezz’ora prima di arrivare ad Hogwarts. La dormita
gli aveva fatto bene, perché era più lucido, ora. I suoi eccessi di risa erano
stati sostituiti da nausea e un forte mal di testa. Purtroppo non si poteva
dire lo stesso di Ron e Hermione, che trovavano da ridere su ogni cosa. Quando
il treno si fermò, comunque, erano tutti impazienti di scendere. Ginny aveva
una gran fame, Harry principalmente volevano buttarsi nei propri letti per
starci una settimana, mentre gli altri due non sembravano rendersi conto di ciò
che facevano.
―
Preso
com’era nel domare i postumi della sbornia, Harry non partecipò attivamente al
banchetto di inizio anno, né sentì il discorso del cappello parlante, che fu
molto simile a quello dell’anno passato, comunque – il cappello ormai aveva
quel duplice compito di smistare e dare consigli. Ora che il Ministero aveva
ammesso il ritorno di Voldemort, però, gli studenti diedero più peso alle sue
parole.
Nemmeno
Hermione riuscì a prestare abbastanza attenzione da seguire la parole del
cappello, ma insieme a Ron prese parte iperattivamente alla cena, ridendo e
scherzando con gli altri Grifondoro e prendendo in giro i novellini,
soprattutto quelli che finivano a Serpeverde. Quando il banchetto finì, da
bravi prefetti svolsero il loro compito di richiamare gli altri studenti della
loro casa. Naturalmente anche in questo caso i più piccoli furono oggetto di
scherno. Ron mortificò un paio di volte un bambino prima di essere fermato da
Ginny. Hermione continuava a ridere senza controllo, ma quantomeno riuscirono a
radunare tutti i Grifondoro. Il loro compito fallì però miseramente quando fu
il momento di condurre tutti nella Sala Comune, e si sarebbero sicuramente
persi nel giro di cinque minuti se non ci fossero stati tutti gli altri
studenti dal secondo anno in su, che fecero meccanicamente la strada fino al
settimo piano. Ron e Hermione finirono per seguire la massa, ma qualche buona
anima pia fece in modo che stessero sempre in prima fila, di modo che sembrasse
che fossero loro a dirigere il gruppo.
«Qual
è la parola d’ordine?», chiese qualcuno davanti al ritratto della Signora
Grassa. Per fortuna era una delle cose che avevano fatto ridere di più i due
ragazzi nella riunione, e dunque una delle poche che ricordavano. Il motivo per
li avesse fatti ridere così tanto rimase un mistero, come molte altre cose
successe in quella singolare giornata di inizio scuola.
Ora
Ron era stanchissimo. Sette piani di scalinate da ubriaco non sono affatto
rilassanti, e lui se li sentiva tutti addosso, come una zavorra. Le gambe erano
diventate pesanti, e la testa pulsava minacciosamente, rombando nelle orecchie.
Anche Harry sembrava provare la stessa cosa, ma in più lui aveva anche un gran
mal di testa. La nausea era cosa comune a tutti e tre i ragazzi, poiché dopo
tre ore di giramento di testa era una cosa inevitabile. Ah, ma adesso
finalmente potevano rilassarsi nei propri letti.
Mentre
la maggior parte degli studenti più grandi si fermarono in Sala Comune per
festeggiare – persino l’inizio della scuola poteva essere usato come pretesto
per una festa, se lo si faceva passare come un addio alle vacanze –, Ron e
Harry si fiondarono nella loro camera ed Hermione, spinta da Ginny, prese
subito per il dormitorio femminile. Se fosse stato per lei, che rimaneva ancora
molto attiva, sarebbe rimasta a divertirsi con gli altri, ma Ginny insistette
per mandarla a letto. Il giorno dopo sarebbe tornato tutto come prima.
Ron
si tolse maglietta e pantaloni e si mise sotto le coperte solo coi boxer.
Rimase seduto sul letto un secondo, guardando Harry che girava insieme al resto
della stanza, poi chiuse le tende e si sdraiò. Sicuramente ora sarebbe passato tutto…
che meraviglia, a letto, tranquilli, fermi, rilassati. Emise uno sospiro di
sollievo e chiuse finalmente gli occhi. Ah… ora si che si stava bene. No, un
momento! Ooh-nooo! Ma perché ora aveva ripreso tutto a girare? Riaprì gli occhi
di colpo e cercò di domare le vertigini. Un po’ meglio. Li richiuse. E tutto
riprese a girare. Mugugnò un lamento.
Ron
si apprestò a passare una notte d’inferno. Parecchie volte fu tentato di
parlare con Harry, che giaceva nelle sue stesse condizioni sul letto accanto al
suo, ma sentiva che se avesse aperto bocca avrebbe di sicuro vomitato. Così si
appisolò e si risvegliò per un centinaio di volte fino a quando si decise
finalmente ad alzarsi verso le quattro e mezza del mattino, incapace di restare
ancora sdraiato, sudato fradicio e con un gran mal di testa. Almeno però questa
non girava più così tanto e la nausea si era fatta più sopportabile. Scese in
Sala Comune senza rivestirsi, con l’intenzione di fare due passi per svegliarsi
e poi andare a buttarsi sotto una bella doccia fresca per levarsi di dosso
sudore e malessere.
Ma
non poteva immaginarsi che nel salottino avrebbe trovato Hermione, seduta sul
divano a cucire qualche berretto o calzino per gli elfi, che lo vide conciato
nel modo in cui era.
―
Fine
II Capitolo
―
Beh, questo è ciò che sono riuscita a
tirar fuori… però vi ho anche regalato un Ronnie in boxer e coi capelli
disastrosi (dopo una notte agitata, è più che normale)… me lo lasciate un
commentino?