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Autore: _Ayame_    24/12/2010    2 recensioni
È il seguito di "The Hetalian Xsam Tree": è sempre il periodo natalizio, sempre lo stesso posto sperso tra le montagne chissà dove, sempre gli stessi protagonisti che ora si prendono a bastonate - o a rubinettate,a seconda dei casi - oppure si alleano a punzecchiare ora il "cuoco pasticcione", ora un "vinofilo a caso" ora un "macho-patata a scelta multipla"...
Solo che, dopo aver addobbatto l'albero di Natale, ora tocca fare il presepe!! Ma Italia ha scordato un sacco di cose nel suo Paese: eppure sapeva che quest'anno il tema era "Natale all'italiana"!
Dovranno affrontare molte prove difficili (?) per riuscire a combinare qualcosa...
Tra mille peripezie, good luck ♥, again!
Citazione casuale (dalla prefazione): "Kiku, da bravo giapponese … gridò quando una mano gli afferrò una caviglia come in qualsiasi anime/manga horror/demenziale/pauroso."
*seguono citazioni random dai vari capitoli, ci potrebbero essere evenutali mezzi-spoiler (?)*
Primo capitolo: Per loro: TIME=MONEY.
Secondo: E ora si trovava lì, con quello sciroccato del suo alleato, a montare una tenda che non ne voleva sapere di fare il suo lavoro e di cooperare.
Terzo: «Ahaah! Tu bastardo spagnolo! Come osi! E dilla la verità! Sei imparentato con Natalia, quella specie di stalk…» guardò la ragazza avanzare verso di lui «brava ragazza».
Quarto: Erano rimasti in tipo tre, tipo; Elizabeta sbuffò: lei voleva stare solo con Austria-san, e invece si ritrovava quella sottospecie di Nazione morta tra le scatole.
Quinto: La conclusione era una: anche Korea rubava l’oppio a Cina.
Sesto: Dopo il caos iniziale, tutto tornò alla normalità: cioè il caos si amplificò.
Settimo: Sia Ivan che Francis pensavano a dei ‘giochi di gruppo’ che gli altri non apprezzavano.
Extra chapter: Natale era vicino, vicinissimo, anzi: e lui ancora si arrovellava il cervello per fargli il regalo.
Ottavo (ultimo capitolo): Quella mattina non era una mattina come le altre. Oh no: era il 25/12/2010. Natale.
Genere: Comico, Demenziale, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Hetalian Xmas Version~'
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hetalia xmas ed extra chapter
BUONA VIGILIA~!

Extra Chapter:
A Lovely gift for you~
Natale era vicino, vicinissimo, anzi: e lui ancora si arrovellava il cervello per fargli il regalo.
Sospirò guardando il foglio bianco davanti a sé: tutte le idee, le aveva rigate. Non le avrebbe apprezzate, lo sapeva.
“Cosa posso fare?”, il cervello si spremeva da ore, ormai, e nulla. Non uno straccio di fucked idea.
«Cosa posso fare?», sussurrò, il pensiero era talmente fisso che si era tramutato in parole impellenti dette sulla punta della lingua.
Ma qualcuno lo sentì: Gilbert, matita rossa in bocca e penna stilografica in mano – il ragazzo è molto eccentrico – faceva un sudoku, ancora nel suo pigiama azzurrino.
Francis smise di farcire la sua torta panna, fragole e cioccolato alle nocciole per voltarsi verso di lui.
Posò la sacca a poche sul bancone, si levò il grembiule bianco e disse qualcosa a qualcuno.
Poi si sentirono i suoi passi svelti sul pavimento e uscì dalla cucina, richiudendo la porta alle sue spalle, cercando di fare meno rumore possibile.
Anche Gilbert fece per alzarsi, poggiò il giornale e la penna su un cuscino, spostò pesantemente la coperta sopra di lui e cercò alla rinfusa le ciabatte in velluto rosso scuro – “tutto devi intonarsi con i miei occhi per essere awesome!”, diceva ogni tanto – e lottò contro di loro per mettere piede destro in ciabatta destra e piede sinistro in ciabatta sinistra. Anche perché una volta giuste in posizione, non si volevano far indossare comunque. Alla fine, il prode Magnifico Me ce la fece: aveva portato in salvo l’antico Awesome, ora si meritava un goccino di grappa (?).
Zoppicante si avvicinò, con la matita ancora in bocca, mentre Francia andava verso il tavolo della sala con fare disinvolto.
«Mon ami, qu’est-ce que tu fais?», chiese, chinandosi verso lo spagnolo.
Anche se partiva avvantaggiato perché più vicino, il prussiano arrivò ultimo. Una volta lì vicino posò gli occhiali – rossi, ovviamente – sul tavolo in legno massiccio. Poi poggiò la mano vicino al foglio.
«Allora?», chiese brusco Prussia.
«Mh… niente», disse Antonio.
«Gilbert», disse Francis con aria di rimprovero, lasciando alla sua ‘r’ moscia tutto il campo possibile per risuonare, «non sai proprio quando stare zitto!»
«Ehi! All’awesomità si può solo perdonare!», disse Prussia alzando le mani in aria.
A questo punto Francia si piegò e raccolse un cuscino che lanciò contro l’amico. Lo stesso che mezz’ora prima Gilbert aveva lanciato a Antonio, che si lamentava e sospirava, disperato e indispettito: era proprio negato a far regali.
«Smettila!», gridò Prussia, «altrimenti invaderò le tue regioni vitali!»
«Potrebbe fargli solo piacere!», disse, ovvio, lo spagnolo
«Oh~, mon amour!», disse infatti il francese, solo per poi riprendere a torturare Gilbert.
Il mal di testa di Antonio cresceva in modo esponenziale.
All’improvviso nel trambusto franco-prussiano, arrivò Ivan di corsa, che si stava strozzando.
Prese il primo bicchiere che trovò sul tavolo e lo bevve, tutto d’un fiato.
Divenne rosso, poi riprese a respirare con un sonoro respiro.
Intanto il caos del Bad Trio si era placato: tutti e tre osservavano il russo.
Lui li guardò esterrefatto; alzò il bicchiere e disse: «Chi è il pazzo che a prima mattina beve acqua e non vodka?».
I tre rimasero in silenzio: era strano che qualcuno – eccetto Russia – bevesse per prima cosa alla mattina un bel bicchiere di salutare (?) vodka.

Anche altri avevano questo problema: Svizzera.
No, non della vodka! Per il regalo. Sì sa, c’è gente che si riduce all’ultimo secondo. Era il caso di Vash.
Non sapeva proprio cosa regalare alla sua sorellina: lui d’altronde non sapeva cos’aspettarsi.
Una nuova idea, forse, come un pigiama rosa?
«Mh», rifletté (?), guardando fuori dalla finestra appoggiato al davanzale.
Decise che sarebbe andato in paese.
Mise la divisa, una sciarpa – rosa – e un capello, poi scese e si diresse alla porta, verso il mezzo.
Lasciò stare il curioso silenzio che proveniva dal Bad Trio e dal russo, e aprì la porta e la richiuse con la stessa violenza.
Lo spettacolo che trovò fuori fu ... indescrivibile: Felisk lucidava il suo carro armato, di un rosa luccicante.
Per poco lo svizzero non svenne.

Germania, da bravo doitu-jin, aveva già comprato tutti regali. Non sapeva cosa aspettarsi da Italia, però.
E mentre rimuginava su ciò, vide che Finlandia, furtivamente, se la svignava.
Essere Babbo Natale non deve essere facile.

Svizzera si ritrovò in un discount, vergognandosi profondamente, ma cercava di convincersi che era lì perché aveva visto qualcosa di carino: ‘Cosa, però?’, pensò tra sé.
All’improvviso si ritrovò a fissare qualcuno: Austria?! Anche lui lo fissava. Anche lui si era riabbassato a un discount.
Si voltarono, entrambi rossi in volto: che figura misera.

Spagna era disperato: cosa regalare ad uno come Lovino? Cioè, cosa? Una bottiglia di vino era troppo poca, ci voleva come minimo una cantina! E di certo non aveva bisogno della pasta.
Uscendo un attimo dalla contorta mente di Tonio, ragioniamo: ma che razza di regali gli vengono in mente?! Finito lo sproloquio, torniamo al problema regali.
Un libro? Neanche a parlarne!
Decise che sarebbe andato sul campo a scegliere.
I suoi amici lo seguirono, un po’ per aiutarlo, un po’ per farsi i fatti suoi e vederlo disperarsi, un po’ perché Ivan voleva vodka e trovava solo acqua. E stava diventando pericoloso.

A pensarci bene, neanche Inghilterra aveva comprato dei regali per Canada e America: con America bastava regalargli una piccola catena di McDonald, ma non gli pareva il caso. Troppo sterline ci volevano.
Uscì dalla stanza in cui si trovava a passo svelto.
Una volta sulla soglia si guardò attorno: il silenzio. Non c’era nessuno. I due italiani dormivano ancora, Kiku e Yao discutevano da soli in qualche angolo nascosto, Svezia si guardava attorno non trovando l’oggetto della sua stalkerazione e c’era una gigantografia di Gilbert – e Gilbird, ovviamente – con scritto “VIVA IL GRANDE MEEE!!!”, a caratteri cubitali.
Si voltò un secondo all’interno della stanza che aveva appena lasciato: guardò il suo grembiule con scritto: “One day I will become the greatest chef!”, accompagnato dalla bandiera inglese e uno unicorn; spense la luce e chiuse la porta. Era scoccata l’ora.

Intanto ai piani superiori, qualcuno era ancora sbronzo: «Supeeein! Altrro viiiiino!», disse Romano, stridulo.
Povero Antonio, che in quel momento:
«Secondo voi questo potrebbe piacergli?»
«Ma, se prima lo fai ubriacare probabilmente sì!», disse il prussiano.
«Gilbert!», lo rimbrottò il francese.
«Ehi, è la verità! Ogni cosa detta dalla mia bocca awesome è realtà!», si vantava di se stesso.
«E poi è già abbastanza ubriaco, ma non per quello», e indicò il possibile regalo.
«Io dico solo la verità», ribatté di nuovo, allontanandosi dal francese che voleva bicchierarlo.
In quel negozio, era arrivato anche l’inglese: «Non dire che gli unicorn non esistonoo!», gridava come un matto.
«Ma non esistono!», gli rispose Prussia
«NOOO! Non dire così!», disse Arthur, inginocchiandosi a terra e coprendosi le orecchie con le mani, «Ne hai appena ucciso uno!».
«Ma cosa? AH! Gli unicorn, intendi? Ma se non esistono come faccio a ucciderli?», chiese. Quella mattina la troppa awesomità gli aveva dato alla testa ed era un mezzo – ma anche totale – imbranato e cerebroleso.
«NOO! Ecco, un altro. Vai nel paradiso degli unicorn, amico mio!».
«Dai su, non fare così Arthur caro», disse il francese.
Allora il nostre eroe unicornesco alzò il viso: piangeva a dirotto, peggio di qualsiasi visione avuta in qualsiasi anime/manga demenziale, il naso rosso, gli occhi lucidi e tremolanti, dilatati a dismisura.
«Ahah! I’m the hero! Have a hamburger!» disse l’americano, comparendo grazie ad una pozione dello stesso inglese.
«Ahah, levatemi di dosso quello!», disse indicando qualcuno che guardava una tazza con la bandiera canadese; questo qualcuno aveva anche un orso sulle spalle che gli mordicchiava il cappello, e assomigliava ad America, anche se aveva i capelli simili a Francis. Forse avete capito di chi stiamo parlando.
«Chi è?», chiese il Bad Trio. No, non l’avevano capito. Okay.
«Ma io sono Canada!», disse mentre anche i suoi occhi diventavano lucidi e tremolanti.

Nel frattempo i ritardatari tirchi si davano da fare per trovare l’articolo giusto al minor prezzo possibile.
Il via alla contrattazione era aperto.
Alla fine, Vash, per non fare brutta figura, uscì: non voleva che dicesse a Lili che le aveva comprato un grazioso pigiamino rosa in un discount. Uscito fuori, guardò il negozio di alimentari&co. (no ‘company’, intendetelo come ‘compagnia bella’), ma non poteva certo entrarci: Lovino aveva insultato – indirettamente – il proprietario e quindi…
Sospirò, iniziando ad incamminarsi verso qualche altro negozio, ma inciampò in qualcosa: una padella rosa.
La stessa che ieri sera Eliza aveva lanciato contro Austria.
Costui si presentò, uscendo da una nebbiolina – rosa. La nebbia c’era perché c’era (?), ma era stata colorata da un famoso colorista (?) polacco.
«Vash»
«Mh?»
«Cosa regaleresti ad una padellare pazza? Se non le faccio il regalo, mi picchierà brutalmente».
E, in un negozio, un Prussia a caso gioì senza sapere perché.

Alla fine si ritrovarono tutti nello stesso negozietto, con Arthur e Canada che piangevano, stretti per mano e gridavano:«GLI UNICORN ESISTONO!!!!»; «IO SONO CANADA, NON AMERICAA!».
«Che ne dite di questo?», Antonio lo ripeteva in continuazione, a qualsiasi passante, che rimaneva shockato dalla demenzialità quel branco di animali selvatici travestiti da esseri umani.
«Ahah, I’m the heero!».
Vash e Roderich furono solo il coronamento della pazzia.

Quando tornano nella casetta, c’era la bufera: ed un'altra volta erano stati tutti nel carro armato di Vash, per sua gioia e gloria.
Entrarono come i bambini dell’asilo: «NOO! Entro prima iiiio!».
Intanto, grazie al potere dell’invisibilità (?) Canada era già entrato.
Il secondo che ci riuscì fu l’awesome naturale: «Grazie, grazie, lo so, lo so, non c’è bisogno che tu me lo dica!», disse parlando non si sa con chi, o forse proprio con Canada.
«L’amour!», gridava il francese
«I’m the hero! Because of this, I must enter before you all, guyss!», disse, strascicando l’ultima ‘s’.
«Spainn!» gridava Belgio
«Supeeein», gridava Lovino «Dove sei, fottutissimo bastaardo! Voglio il mio vino!», continuava a sbraitare scendendo pesantemente le scale. A questo punto, fu preso di peso da Turchia e fu buttato nella cantina.
«NOO! Il mio vino!», gridò Francis buttandosi all’interno della casa.
Arrivò fino alla porta e cercò di aprirla: «Mi spiace», disse Korea, sorridente, «ma lui», indicò Turchia «si è mangiato la chiave!». E finì gesticolando e battendo le mani nascoste dalle lunghe maniche.
In quel momento Sadiq si voltò: stava proprio ingoiando la chiave: il francese si gettò su di lui ma non riuscì a portare in salvo la chiave, a differenza di Gilbert che aveva portato al sicuro l’Awesomità perduta – o A.A., cioè Antico Awesome.
Forse era di Sacro Romano Impero, ed era per questo che era scomparso.
«Scusate», ragionò un attimo lo stesso, «ma se anche Impero Romano è scomparso, ma spesso compare, anzi compare più di Gilbert»
«Ehi» protestò il diretto interessato «Ma IO sono AWESOME!»
«Fammi continuare: non vali come esempio perché sei una Nazione morta», disse HRE, e Prussia si buttò nella cantina, non si sa come. Si udivano la sua voce e quella di Lovino litigarsi il tanto amato vino del francese.
«Begli amici», commentò Francis.
«Mi volete far parlare un attimo?», esplose HRE. Silenzio, si ricompose: «Se Impero Romano compare più di Austria e anche di Svizzera», onde d’odio da parte di questi due partirono, «perché io non compaio quasi mai?».
«Perché tu, piccolo idiota, saresti lui!», e detto questo Impero Romano – comparso dalla solita nebbiolina rosa – indicò Germania, in un angolo, che ascoltava della musica a tutto volume.
Per fortuna.
HRE si dissolse, scontento. Nella solita e rompiscatole nebbiolina rosa.
«Nooo, il mio vino!», gridava il povero e spiantato Francis, andando troppo in là con Seychelles.
«MANIAAACO!», gridò lei.
Lui si allontanò, la guardò con occhi sgranati, poi sorridendo disse: «Non sono io, mi disegnano così!», disse mettendo una mano su un fianco, e un'altra su una guancia.

Quella sera i soliti ritardatari si ritrovarono tutti in una stanza, per impacchettare i regalini. Ma che doolci!
Fondarono un gruppo su FB, i “S.R.”, appunto i “soliti ritardatari”, che in meno di cinque microsecondi ebbe 700.000 fan.
Inghilterra aveva provveduto per Canada con una freccia rossa che segnalasse la sua esistenza; ad America, eh… degli ‘amorevoli’ – ma anche no – biscotti MADE IN ENGLAND.
Vash e Roderich avevano avuto molta inventiva: uno un pigiama rosa con ciabattine coordinate, l’altro uno spartito musicale dedicato alle padelle e una nuova padella, anti-aderente, per potere picchiare in tranquillità anche quando si sta cucinando, senza rischiare che fastidiosi lembi di pelle rimangano attaccati al fondo dell’arma/utensile.
E Supein, beh, una bottiglia di vino e un completo pantalone rosso e camicia con tomati.
Mh. Ottimo.
E anche per quella sera, la casa era sopravvissuta.



NOTE:
LO SO: non ditemelo. Questo capitolo è terribilmente serioso e sdolcinato. Ecco, forse un po’ sdolcinato. Ma giusto un po’, perché … non lo so perché.
Comunque non ricordo mai ciò che devo scrivere alle note, perciò andrò per sommissimi capi (?): ‘uno unicorn’ l’ho scritto così perché ‘un unicorn’ suona malissimo alle mie orecchie.
Poi ‘Non sono io, mi disegnano così!’, lo diceva Roger Rabbit.
Poi~  mh. Non ricordo più, perciò grazie a TE! Te che hai letto.
Spero che questo EX C (EXTRA CHAPTER) sia tipo piaciuto, e che non sia da meno degli altri.
PS: È probabile che il prossimo capitolo lo aggiorni stasera, forse anche tardi, come ho fatto ieri. Sorry. ^^".

_Ayame_
   
 
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