Hermione POV
Mi ero vestita ed ero uscita di casa per andare al lavoro, anche se non mi sentivo in gran forma.
Però, stare ferma mi innervosiva ed ero certa che facesse male più di un po’ di impegno mentale.
Avevo acceso il
pc ed aperto la porta-finestra. Il mio ufficio mi era mancato e di
certo non ne
ricordavo ancora tutti i dettagli, ma qualcosa mi sembrava fosse
cambiato lì
dentro.
Sulla scrivania,
il pc era allo stesso posto, così come le fotografie e le
cartelline dei casi.
Forse, in più
c’era il portapenne di legno chiaro.
Sulle mensole,
era tutto uguale a come l’avevo lasciato, a parte
l’enorme vaso
grigio con una
pianta di cui non conoscevo il nome: riuscivo a vedere solo le enormi
foglie
uscire dall’apertura del vaso.
Non ero mai stata
esperta di botanica e neanche mi piaceva ad essere sincera.
Sentii bussare
alla porta e sistemai dei fogli sulla scrivania. –Avanti.
-Ciao.
-Buongiorno.
-Come stai oggi?
-Molto meglio,
grazie.
-Figurati. Ieri,
ero venuto a dirti che ho interrogato il medico che ha visitato tuo
padre.
-Oh. Com’è
andata?
-Abbastanza bene,
direi. Avrei preferito che tu ci fossi…
-Mi dispiace.
-Fa niente…
Lo guardai e
notai che aveva fatto la barba e che le rughe dovute alla
preoccupazione erano
quasi sparite.
-Stai bene.-
disse, indicando il vestito formale che
avevo usato.
-Grazie.- sentii
il sangue affluire alle guance e, di sicuro, il pallone che mi
caratterizzava
quel giorno era andato a fare un giro da qualche altra parte.
Sorrise. –Henri
mi è sembrato…
-E’ tutto ok,
Draco. Davvero.
-Dovresti stare
attenta, lo sai: ho notato il modo in cui ti guardava.
-So badare a me
stessa.
-Mh.- borbottò
qualcosa che non riuscii a comprendere chiaramente.
Avevo colto le
parole sprecato, inutile,
meravigliosa… Nient’altro.
Mi salutò con la
mano ed io non mi mossi di un centimetro. Mi ero resa conto dello
strano
effetto che Draco aveva cominciato ad avere su di me: mi tremavano le
gambe e
balbettavo, a volte, quando mi faceva un complimento.
Erano sensazione
che, fino a prima che finissi in ospedale, erano lievi e sfocate.
Forse, a
causa della mia testardaggine e dalla mia voglia di voler far
funzionare
qualcosa che era difettoso dal primo momento.
Ora, però, le
cose erano cambiate: quando Draco andava via, tutto intorno si riempiva
del
vuoto della sua immagine, della mancanza che provavo nei suoi
confronti.
Scossi la testa,
per cacciare via quei pensieri che non mi conveniva affrontare, poi, mi
dedicai
ad attività futili al pc.
Mi sentivo come
se la mia anima si fosse staccata dal corpo, perché il vuoto
che avevo dentro
mi gelava e, in più, la mia attenzione era focalizzata su
tutt’altro: ero
davvero decisa a mandare avanti il mio matrimonio? A prendere in giro
me stessa
e ad affondare il pugnale più in fondo nella
ferità?
Non lo sapevo…
Mi alzai e decisi
che era meglio se non pensassi a quello che nella mia testa andava ad
occupare
uno spazio sempre maggiore, quindi osservai bene l’ufficio,
in cerca di
scorgere qualche reale cambiamento.
Niente. Niente
almeno che saltasse ai miei occhi. Presi il cellulare dalla borsa e
scrissi un
messaggio a Ginny, ricordandole che oggi avremmo avuto
l’ultima prova del
vestito.
Inviai ed attesi
che la busta da lettere scomparisse dal display, poi, sistemai il
cellulare
sulla scrivania, speranzosa di ricevere una risposta.
Lo fissavo con
insistenza tale che mi pareva che, di tanto in tanto, il display si
illuminasse.
Niente.
Guardai l’ora dal
pc e mi resi conto che erano passati solo cinque minuti da quando avevo
inviato
il messaggio: forse, Ginny era al lavoro.
Forse, non lo
aveva ancora letto. Forse, c’erano stati problemi con la
linea e ancora non le
era arrivato.
Fatto stava, che
non avevo ancora ricevuto una risposta.
Altri cinque
minuti.
Interminabili,
lenti, beffardi…
Tempo bastardo.
Cinque minuti ancora. Niente.
Le mani si mossero
prima ancora che decidessi e presero il cellulare per formulare il
numero di
Ginny.
Uno squillo, due,
tre… La segreteria telefonica.
Attesi il bip e
cominciai a parlare. –Emh… ciao. Oggi, abbiamo
l’ultima prova e Minerva ci
aspetta per le due. Cioè, tra poco. Ho voluto
ricordartene…
Staccai la
telefonata, un po’ delusa.
Mi avrebbe
richiamata, ne ero certa.
Appoggiai di
nuovo il cellulare sulla scrivania e continuai a fissarlo.
Purtroppo per me,
al lavoro la situazione era fiacca e nessuno entrava nel mio ufficio
per
distrarmi. Dovevo fare da sola, ma non trovavo niente di tanto
interessante da
mettere da parte il pensiero di Ginny.
In mente, mi
tornarono le parole di Draco: avevano interrogato il medico e avrei
voluto
saperne di più, ma forse non era il caso di mettere alla
prova il mio limite di
sopportazione: lo stavo già superando di mio.
L’orario sullo
schermo illuminato del pc, mi fece rinsavire e quindi mi alzai di
corsa, per
uscire dall’ufficio e raggiungere Minerva.
Salii in fretta
nell’auto e accesi il motore, poi aprii il finestrino
perché, nonostante il
freddo che avevo addosso, mi sentivo soffocare.
Un’altra
sensazione che provavo quando nei paraggi non c’era Draco.
Era sbagliato e
troppo pericoloso, ma mi sembrava di non riuscire a gestire quelle
emozioni:
era fortissime. Più di me, più della mia forza di
volontà.
Non avrei mai
potuto dimenticare i sentimenti che avevo provato in modo sincero nei
suoi
confronti, ma ero certa che si fossero affievolite. Almeno, prima di
trovarmi
in questa situazione.
Finalmente
parcheggiai l’auto e notai che Ginny era già qui.
Sarebbe toccato a
me, adesso, fare un passo verso di lei, no?
Premetti il
pulsante ed attesi che l’ascensore arrivasse al piano terra,
prima di portarmi
a destinazione.
L’atrio del
palazzo era davvero luminoso ed ampio: le pareti erano dipinte con
della
pittura che dava l’effetto del marmo. Era talmente reale che
per accorgermi che
fosse pittura, avevo dovuto toccare il muro.
Al centro
dell’atrio, faceva bella mostra di sé un lampadario
antico.
Alla base, c’era
un grande cerchio color dell’oro, da cui partiva il fulcro a
forma di goccia
che teneva uniti altri strascichi di metallo che assumevano la forma di
braccia
di un candeliere.
L’illuminazione
era adatta al luogo e allo stile con cui era stato costruito il palazzo.
Mi accorsi che le
porte dell’ascensore erano aperte quando un uomo anziano, mi
chiese il permesso
per passare.
Entrai
nell’abitacolo metallico e premetti il pulsante del piano
della sarta.
Anche in quel
momento cercai di non pensare a come avrebbe reagito Ginny…
di certo non potevo
salutarla come se niente fosse successo, ma non potevo più
non parlarle.
Minerva mi aprì
raggiante come sempre e mi abbracciò. –Buonasera.
-Salve.
-Ginevra è già
qui: è fantastica vestita in quel modo.
-Oh, non ne
dubito.
Avevamo
cominciato a camminare, quindi mi ero ritrovata nella stanza dove
c’era la
pedana. Ginny era intenta a guardarsi allo specchio e sorrideva: era
davvero
fantastica.
-Ginevra, è
arrivata anche Hermione: adesso siamo al completo.
-Ciao.- le dissi,
timorosa.
Mi diede di nuovo
le spalle. –Ciao.
Almeno, però, mi
aveva salutata.
Mi sedetti ed
attesi che Minerva finisse il suo lavoro, mentre io mi perdevo ad
ascoltare
quella voce dolce e rassicurante.
Spiegava a Ginny
come muoversi nel vestito, senza sentirsi troppo impacciata.
Mi raggiunse e mi
toccò una spalla ed io la guardai con aria interrogativa.
Non mi ero accorta
che la mia amica era andata a cambiarsi e che, quindi, era il mio turno
di
provare il vestito.
Andai al separè e
mi spogliai facendo attenzione a non toccare i vestiti appesi alla
parete alle
mie spalle.
Minerva mi passò
l’abito ed io lo indossai.
Quando uscii dal
separè, Minerva mi sorrise e mi invitò ad
indossare le scarpe e gli accessori,
poi mi fece guardare nell’enorme specchio.
L’effetto era
davvero carino. Sorrisi.
–Ovviamente,-
disse, interrompendo il flusso
dei miei pensieri. –devi tener conto che in questo momento
non hai un trucco
adatto al vestito. Per quanto riguarda gli accessori: ho preferito non
farti indossare
una collana, perché c’è la
particolarità sulla bretella della spalla. Gli
orecchini, ho preferito fossero piccoli, per mettere più in
risalto gli occhi.
Il bracciale, lo indosserai sul braccio destro, perché anche
all’altezza della
vita c’è la particolarità.- mi
strizzò l’occhio e sorrise ancora.
Era una forza
della natura nel suo campo. –Grazie.- dissi soltanto.
-Le scarpe… oh
beh, cosa avrei da dire? Richiamano il tutto, visto che hanno
questa… diciamo
multicaratteristica. Sei uno schianto.
-Vero.- rispose
Ginny.
Sentii
immediatamente le lacrime inondarne gli occhi e cercai in tutti i modi
di
ricacciarle indietro. Con una, minuscola, salata e stupida lacrima il
mio
tentativo fallì.
Minerva sistemò
gli abiti nelle apposite custodie di plastica e ce li
consegnò, insieme
ovviamente alle scarpe e agli accessori.
Ci ringraziò
finché uscimmo e ci sorrise più volte,
ricordandoci del fatto che piacere a noi
stesse esaltasse la nostra bellezza.
Poi, una volta
chiusa la porta, io e Ginny ci ritrovammo sole: prendemmo
l’ascensore in
silenzio, guardando entrambe il pavimento, in direzioni opposte,
però.
Nessuna delle due
osava dire una parola. Forse, anche un respiro di troppo sarebbe stato
una
catastrofe.
Uscimmo dal
palazzo e ci avviammo alle nostre auto. –Ci vediamo alla
festa…
-Sii puntuale.
-Sì.
-Come va con… tuo
marito?- finire la domanda le costò tantissimo, me ne ero
accorta dal modo in
cui aveva stretto le labbra, prima appunto di concludere.
-Non so, Ginny.
Mi sento cambiata…
-Ti va di
parlarne?
-Forse. Vieni da
me?
-Sì.
-Allora, ci
vediamo a casa.
Salii in auto e
mi avviai. La reazione di Ginny mi aveva meravigliato, ma sapevo che,
nonostante gli screzi che c’erano stati, il suo bene nei miei
confronti non
sarebbe mai cambiato: sarei sempre stata la sua migliore amica e lei lo
sarebbe
stata per me.
Sulla nostra
amicizia, ci avremmo scommesso la vita.
Quando aprii la
porta di casa, seguita a ruota da Ginny, Daphne e Seamus erano seduti
sul
divano a parlottare con mamma.
Gli andai
incontro abbracciandoli e per un po’ Ginny si
fermò a parlare con loro,
sedendosi accanto a mamma. –Si è parlato molto del
tuo matrimonio, Daphne.
-Beh, immagino di
aver destato non poca invidia.
-Ovvio.
-Volete un po’ di
caffé?
-Solo un
bicchiere d’acqua, se è possibile.- chiese Ginny,
mentre gli altri risposero
muovendo la testa in senso di diniego.
Andai in cucina e
versai l’acqua nel bicchiere, poi lo portai alla mia amica.
Salimmo in
camera, dopo che si fu congedata da tutti e chiusi la porta.
-Accomodati.
-Grazie.
Certo, era non
poco imbarazzante dover parlare dopo un po’ di tempo, senza
avere argomenti più
leggeri da trattare.
-Come va, con
Harry? I preparativi della festa?
-Procede tutto
bene.
-Ne sono felice.
-Vorrei esserlo
anche io. Per te.
Non risposi e lei
sorrise. –Sai che Harry dovrebbe farti un regalo?
-Lo so.
-Hai già idea di
cosa abbia in mente.
-Credo che voglia
regalarmi un viaggio.
-Wow.
-Già, wow. Henri?
-Lo stesso,
Ginny. Io, invece, mi sento cambiata tantissimo nei suoi confronti:
è come se
la sua presenza mi desse la nausea.
-Buon segno.
-…invece, con
Draco…- oh no! Avevo firmato la mia condanna a morte.
-Oh, senti
Hermione. E’ inutile prenderci in giro: Henri è
uno stronzo e tu non lo ami.
Puoi volergli bene, perché ti sei affezionata a lui.
-Non è un cane, Ginny.
-No, è peggio. Ma
questo non cambia che tu sia ancora innamorata di Draco.
-Non ne sono
sicura.
-Ah no? E cosa
stavi per dire poco fa.
-Niente.
-Se hai
intenzione di continuare a mentire anche a te stessa, non vedo il
motivo della
mia presenza qui.
-Non te ne
andare.
-Datevi un’altra
possibilità.
-Sono cambiate
tante cose…
-Qualcuno una
volta disse che sotto la cenere di un incendio,
c’è sempre il fuoco.
-Non ha senso e
lo sai anche tu.
-Vorresti negare
che lo desideri più di ogni altra cosa al mondo?
-Non ho mai
parlato di desiderio.
-Tu no, ovvio:
sai gestirle le parole. Ma i tuoi occhi no e dicono la
verità.
-Non posso, lo
sai. Mio marito…
-Fanculo tuo
marito.- si alzò quasi di scatto dalla sedia. –Hai
anche il coraggio di usare
il pronome possessivo? Io mi vergognerei di ritenere mio qualcosa di
così
schifoso e viscido. Non è un uomo, è un mostro e
tu continui a voler stare con
lui.
-Ginny, ti prego.
-“Ginny, ti
prego”- mi scimmiottò. –Dovresti pregare
Dio che ti dia un po’ di buon senso,
Hermione. Sai una cosa? Ho sempre ammirato la tua determinazione e
avrei pagato
per averne almeno la metà, ma di certo non l’avrei
usata per fare del male a me
stessa. Il tuo è masochismo.
-Ginny…
Mi zittì facendo
un gesto con la mano e chiuse gli occhi.
Avrei
voluto abbracciarla e dirle che mi era mancata. Più di
quanto anche la mia
immaginazione avrebbe potuto immaginare.
Invece rimasi lì, a fissare la sua figura di fronte a me e
abbassai gli occhi
quando i suoi vollero incatenarsi ai miei: la paura di ammettere di
aver
sbagliato fin dal primo momento era pesante.
-Te lo dico per l’ultima volta… è in
gioco la tua felicità. Ha sbagliato,
certo. Ma era poco più di un bambino: ora è un
uomo e sa quello che vuole.
-Ne
ha parlato con te?
-No.
Ma non servono di certo le parole per capire quanto ancora ti ami.
-Ho
paura…
-Tornare
indietro non è difficile come credi… potresti
essere felice, Herm… felice
davvero.
Non
risposi e lasciai che la mia mente desse vita alla propria
interpretazione del
mio silenzio. Il cuore, invece, l’aveva interpretato tanto
tanto tempo prima.
-Torniamo
da Daphne.- proposi e Ginny, ancora una volta, sorrise.
Scendemmo
le scale e ci sedemmo sul tappeto, vicino al camino che Seamus aveva
acceso e
cominciammo a raccontare di quello che avevamo combinato da bambine:
Seamus non
sapeva molto dell’infanzia di Daphne e, a detta nostra, doveva sapere.
Gli
raccontammo di quando sua moglie era caduta dai pattina a rotelle; di
quando
aveva dato fuoco alla tenda in cucina della nonna; di quando aveva
provato a tingersi
e tagliarsi i capelli da sola, ritrovandosi con una zazzera cortissima
e
spettinata e arancione.
Ridemmo
fino alle lacrime e Seamus, durante il racconto, guardava Daphne con
sguardo
stupito: non riconosceva in quella bambina pestifera, la sua
meravigliosa
moglie.
-Daphne,-
disse infine Ginny. –non sapevo quando saresti tornata, ma
l’ho comunque fatto
anche per te.
-Cosa?
-L’invito
al mio fidanzamento.
-Oddio!
Ti sposi anche tu?
-Sì,
l’avresti mai detto?
-Affatto.
Ginny
le diede l’invito ed uscii seguita da Daphne, suo marito e
mamma.
Rimasi
sola in casa e ripensai alle parole che mi aveva detto Ginny.
Non
era il caso di ascoltarla: c’era ancora una speranza che il
mio matrimonio
potesse funzionare ed io l’avrei sfruttata.
Spoiler capitolo 30:
-Hermione.
Hermione. Draco. Harry. Draco. Hermione. Draco. Draco. Draco. I
biglietti sono
finiti.
-Bene,-
disse Ginny. –i candidati sono stati scelti: Hermione con tre
voti e Draco con
quattro.
Maledissi
l’intero gruppo di persone che mi ritrovavo di fronte, ma non
potevo tirarmi
indietro.
Sbirciai
per un po’ verso la porta d’entrata, per vedere se
Henri fosse arrivato o meno.
Poi
mi voltai. E lo vidi… Bello come non mai: la giacca semplice
ricadeva
perfettamente sul suo corpo e i jeans fasciavano i muscoli delle gambe
come se
fossero una seconda pelle. Draco si era posizionato di fronte a me,
sorridendo
come non faceva da giorni, forse. -Mi sa che dobbiamo muoverci, se
vogliamo
tornare in tempo per la torta.
-Lo
credo anche io.
-Bene.
Cominciamo. Uno.
Leggemmo
in silenzio le parole scritte sul primo biglietto, poi ci guardammo
negli
occhi. – il frigorifero.- dicemmo all’unisono.
***
Angolo
Autrice:
Salve
a tutteee.
Prima
di tutto: Buon Natale.
Colgo
l’occasione per augurare di passare delle giornate magnifiche
a tutti e spero
che abbiate ricevuto tanti regali.
Il
mio Babbo Natale non è stato molto buono… ma la
vita è così.
Passiamo
al capitolo: Ginny ed Hermione hanno avuto un bel riavvicinamento, non
credete?
Certo,
la rossa è sempre molto diretta, ma è il suo modo
di essere e nessuno può
giudicarla…
I
personaggi:
-Hermione:
quanto cavolo è testarda? Ancora con Henri? Sì,
purtroppo… ha molta paura di
ammettere ciò che prova, ma forse, dobbiamo darle solo un
po’ di tempo;
-Ginny:
è così sincera che, a volte, neanche si preoccupa
di poter ferire i sentimenti
altrui e in questo non le diamo di certo ragione. Ma il suo modo di
fare aiuta
spesso a mettere le persone di fronte alla realtà dei fatti;
-Draco:
è preoccupato per Hermione, ma lui di certo non se la cava
meglio: il peso di
ciò che gli è successo, grava sulle sue spalle e,
anche se Cloe non è più un
“problema”, la paura di aver sbagliato nei
confronti di Natan è forte. Proprio
per questo, il suo comportamento, a volte, confonde;
-Daphne,
Seamus, Meredith: sono soltanto di passaggio;
-Minerva:
io adoro sempre di più questa donna!
-Lo
spoiler: cosa ne pensate? Avete visto? Ho scritto tanto tanto.
Ricordatevi solo
di non far volare troppo la vostra fantasia xD non è tutto
oro quel che
luccica.
Ringrazio
le 84
seguite, le 41
preferite e le7
ricordate.
Grazie
anche ai lettori silenziosi e ancora una volta Buon
Natale!