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Autore: _Ayame_    26/12/2010    2 recensioni
È il seguito di "The Hetalian Xsam Tree": è sempre il periodo natalizio, sempre lo stesso posto sperso tra le montagne chissà dove, sempre gli stessi protagonisti che ora si prendono a bastonate - o a rubinettate,a seconda dei casi - oppure si alleano a punzecchiare ora il "cuoco pasticcione", ora un "vinofilo a caso" ora un "macho-patata a scelta multipla"...
Solo che, dopo aver addobbatto l'albero di Natale, ora tocca fare il presepe!! Ma Italia ha scordato un sacco di cose nel suo Paese: eppure sapeva che quest'anno il tema era "Natale all'italiana"!
Dovranno affrontare molte prove difficili (?) per riuscire a combinare qualcosa...
Tra mille peripezie, good luck ♥, again!
Citazione casuale (dalla prefazione): "Kiku, da bravo giapponese … gridò quando una mano gli afferrò una caviglia come in qualsiasi anime/manga horror/demenziale/pauroso."
*seguono citazioni random dai vari capitoli, ci potrebbero essere evenutali mezzi-spoiler (?)*
Primo capitolo: Per loro: TIME=MONEY.
Secondo: E ora si trovava lì, con quello sciroccato del suo alleato, a montare una tenda che non ne voleva sapere di fare il suo lavoro e di cooperare.
Terzo: «Ahaah! Tu bastardo spagnolo! Come osi! E dilla la verità! Sei imparentato con Natalia, quella specie di stalk…» guardò la ragazza avanzare verso di lui «brava ragazza».
Quarto: Erano rimasti in tipo tre, tipo; Elizabeta sbuffò: lei voleva stare solo con Austria-san, e invece si ritrovava quella sottospecie di Nazione morta tra le scatole.
Quinto: La conclusione era una: anche Korea rubava l’oppio a Cina.
Sesto: Dopo il caos iniziale, tutto tornò alla normalità: cioè il caos si amplificò.
Settimo: Sia Ivan che Francis pensavano a dei ‘giochi di gruppo’ che gli altri non apprezzavano.
Extra chapter: Natale era vicino, vicinissimo, anzi: e lui ancora si arrovellava il cervello per fargli il regalo.
Ottavo (ultimo capitolo): Quella mattina non era una mattina come le altre. Oh no: era il 25/12/2010. Natale.
Genere: Comico, Demenziale, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Hetalian Xmas Version~'
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hetalia xmas ed cap8
Buona lettura e Buona Natale♥

Chapter 8:
Il giorno del giudizio Mondiale ~ be happy ♥ Bon Noël, mes chéries
Quella mattina non era una mattina come le altre. Oh no: era il 25/12/2010. Natale.
Italia si svegliò già con l’euforia nelle vene e decise che si sarebbe alzato subito; sfortunatamente, disordinato com’era, inciampò nelle sue stesse ciabatte.
Non per questo perse l’entusiasmo; decise che avrebbe svegliato tutti così poi da andare giù insieme.
Cattiva idea.
«Ve~, Lovino! Sveglia, è Nataaale!», disse scuotendo il fratello neanche dovesse smuovere il carro armato – o peggio, una decisione – dello svizzero.
«Mh, quanto chisso! Razza di…», stava per completare la frase Romano, ma suo fratello gli tappò la bocca: «Eh no! Oggi è Natale!».
E detto questo, tornò a salterellare allegramente per poi dirigersi alla porta di Germania, senza pensare che molto probabilmente Lud era già sveglio.
Con la mente, non grazie a chissà quale miracolo, riuscì a tornare alla sera precedente:
Avevano levato il Monopoli in cui tre Nazioni su quattro avevano rischiato la vita, si era preparati alla bell’e meglio,gli italiani avevano cucinato insieme al francese che aveva un sorriso un poco tirato.
“Chissà perché~!”, aveva pensato Feliciano: Francis in quel momento doveva essere uno dei più felici.
E tra un brontolio da parte di Lovino, un “ve~” di Feliciano e i sospiri di un francese, la cena fu pronta e anche servita.
«Buon appetito!», si erano detti, Veneziano&bambini con il cappello rosso già in testa.
Anche Elizabeta era solare, tutti erano allegri. Beh, era Natale e stavano mangiando a sbafo, quindi chi non li capisce?
Francis disse a Germania: «Quanto si vede che sei tedesco» e accennò al piatto pieno di patate.
«Mh», allegra risposta di Lud.
Era un tremendo caos, ognuno parlava con l’altro, ma l’altro non rispondeva perché parlava con qualcun altro ancora, per finire la catena con Arthur, che discorreva con uno unicorn.
Dopo cena, e aver tralasciato di lavare i troppi piatti, avevano costretto tutti a mettersi il buffo cappello rosso con le stelline che si illuminavano e avevano cercato di passare il tempo.
Gilbert rideva come un matto alla vista di Roderich (“quel finoccio di Roderich”) con quel cappello e quelle stelle luminescenti: Austria infatti aveva un’espressione … come dire, entusiasta ma anche no della sua stessa visione.
Il succitato Megalomane Magnifico Me (M3), invece si contemplava nello specchio, facendosi da solo commenti sdolcinati e sussurrando parole non meglio precisate.
«Razza di narcisista!», aveva sbuffato il maggiore dei fratelli Vargas: ma come poteva non capire?
«Questo rosso diviene così awesome con me!», spiegò Prussia.
«Fra-fratello», disse il tedesco, che a stento non correva a lavare i piatti.
«West, complimenti!», disse Gilbert con aria complice
«C-come mai?». Ludwig non si aspettava tutto questo sentimentalismo da parte di suo fratello.
«Come ‘come mai?’! Hai un fratello che più awesome non si può!!».
Ovvio, ma c’era altro da aspettarsi? La festa era appena iniziata, suo fratello era già partito e lui già aveva provato circa trecentocinquanta volte la voglia irrefrenabile di aprire la porta, rubare il carro armato a Vash e … scappare scappare! Il più lontano possibile, stile Feliciano.
Intanto Roderich – stranamente, forse anche lui aveva bevuto – suonava il piano accompagnato dai due italiani e ovviamente dai soliti bambini pucciosi, ma che tutte le Nazioni non volevano in giro.
Russia faceva il ritmo con il suo rubinetto su Nazioni a caso, Feliks ballava con un pony, Latvia veniva suonato da Ivan – che ha l’incredibile potere di fare più torture insieme – poi c’era Ungheria che aiutava il russo con la sua padella, saltando da Austria a Gilbert, da Gilbert ad Austria.
Gilbert nel frattempo flirtava con se stesso nello specchio vicino al piano; Gilbird era parte attiva del coro; Inghilterra discorreva piacevolmente con uno unicorn dipinto suo malgrado di rosa e FlyingMintBunny:
«Perché, dicevamo, quel francese, ma lo vedete! No, quello non è un francese! Si vede lontano un miglio!»; «Come faccio a capirlo? Diciamo che li conosco, ma non sono amici. Ma quante domandee!», si lamentava.
Il vino del francese aveva fatto colpo da tempo, tutti a bere e tutti uniti, a cantare a squarciagola, intonati quanto una campana russa (?).
Tutti erano talmente ubriachi che Gilbert e Roderich ormai ballavano abbracciati e si fingevano soubrette francesi.
«Doitssu~», chiamò Veneziano
«Mh»
«Devo farti una domanda»
«Mh».
Non serve scrivere chi disse tali, seguenti idiozie.
«Perché il Pan degli Angeli si chiama così?»
«EH?», Lud era shockato, tanto che parlò anche.
«Cioè, perché si chiama così?». Anche lui era stato contagiato dal verbo polacco.
«E ora la tua capitale diventerà Varsaviia!» disse Feliks.
«Non lo so, è il nome di un prodotto», rispose Lud, ignorando volutamente Polonia.
«Ma non è mica grattugia di angeli, ve~?», chiese il piccolo (ha venti anni, cioè!) spaventato
«No, è solo il nome di un prodotto, Feliciano!», non sapeva se provare pietà o innervosirsi
«Quindi il Pan d’oro non è fatto d’oro?»
«No. E…» lo bloccò Ludwig prima che gli chiedesse quello che sicuramente stava per chiedere «Neanche di grattugia d’oro»
«Quindi se lo mangio non  muoio?»
«No, Feliciano, no!». Ecco ora sapeva cosa provare: IP (incazzatura perenne). Poveretto.
«E il Panettone?», Feliciano insisteva.
Lud gli passò il suo gatto: sacrificare un gatto per la sanità mentale era cosa buona e giusta… per tutti tranne che per Heracles, che disse di farsi vece dei diritti del povero animale e che gli avrebbe fatto causa.
Si sarebbero risentiti, insomma.
E Feliks ricacciò un'altra volta quel gioco terribile: Monopoli.
«Ecco i soldi», disse Svizzera, visto che di Estonia non ci si poteva fidare: prendeva bustarelle. Contentini. E sinonimi vari.
«Berlino» disse America «Chi c’è l’ha? Ho cercato sulla cartina dell’America, ma non c’è nessuna Berlino», si giustificò.
«Oh my God!» l’inglese aveva ragione: cercare una città europea su una cartina americana e il bello era che tutto ciò per un gioco.
«Io!!», disse Ungheria
«Vedi che siamo uniti dal destino?», disse Gilbert
«Ma anche no!», protestò lei, alterata.
Alcuni turni dopo:
«Mosca!», chiese Egitto
«Mosca può essere solo mia! KOLKOLKOL!» Russia-san poteva essere più spaventoso che mai a Natale. Non ditelo al piccolo lettone. Lo sa già.
Comunque, non usciva fuori chi avesse Mosca: «Ce l’ho io!» disse infine Belarus.
Stalkerare anche a Monopoli: questo è amore.
Il russo dava testate al suo rubinetto.
Finlandia poi sparì. Chissà come mai. E Svezia anche. Chissà come mai.
Ci arrivarono tutti, ovviamente, men che meno gli imbecilli adorati di cui parliamo.
«Varsavia, ve~! Chi ha Varsavia?», chiese Nord Italia
«IO! E ora Varsavia diventerà la tua capitale!», gridò Feliks
«Buuu~ Doitsuu! Tasuketee! Pata pata, pata pata!», diceva Feliciano, sventolando la bandiera bianca da viaggio, compatta e comoda (?).
«Feliks, hai proprio esagerato con il mio povero nipotino!», disse Impero Romano, piangendo o fingendo di farlo.
«Già, razza di bastardo!», gridava Romano mentre Antonio lo tratteneva per scopi di lucro (?).
«Feliks, preparati a mooorire!», disse il russo.
Per fortuna la carneficina fu interrotta da uno scampanellio: tutti andarono fuori, era Babbo Natale aka Finlandia!!
«Yeee~!» gridavano i due italiani saltando sul posto, insieme agli altri bambini, quindi Lettonia, Sealand e Australia. Ma forse metà mondo doveva partecipare. O interamente.
«Ohohoh (?), Buon Natalee!» gridava il finlandese lanciando doni qua e là: «Yuppi!» gridavano in molti, per poi dire che era il vicino, che affermava fosse stato il suo vicino, fino ad Arthur, che affermava fosse stato il suo unicorn, ma nessuno gli credeva. Arthur però aveva ricevuto due doni: uno per sé e uno per America …

«Doitsuu~, sveeglia!», disse Veneziano tempestando la porta di pugni ritmati.
«Sì, mh, sono sveglio»
«Chi è il casinaro che è sveglio a quest’ora del mattino?!», urlava suo fratello.
«Oh» si lamentò Germania.
Italia procedé con la sveglia: ricevette una padella in volto, una sviolinata da parte di un austriaco, una minaccia di morte da parte del fucile di Vash, una pennellata di rosa, una ‘pattata’ russa, un “kekkon kekkon”, un tomato in faccia e una proposta che non capì – meglio per lui – da parte del francese. Ah, e un gatto lanciato in stile “signora-pazza-dei-Simpson” da parte di Heracles.
La solita routine.
E poi si ritrovarono tutti intorno all’albero, una melodia suonata dall’uomo invisibile – no, non Canada – e metà mondo si voltò a vedere chi fosse: Austria.
Ungheria volò fino lì, come un fantasma: «Austria-san, vieni a scartare i regali con noi».
Spaventato, Roderich la seguì fin sotto l’albero.
«Allora, è il momento dello scambio!», disse Finlandia.


Iniziamo con… mh una coppia a caso: America e Inghilterra.
«Bro! Here you are! Have a nice Christmas!», disse porgendogli un regalo, incartato più che male, la carta macchiata di ketchup e maionese.
«Ehm», disse l’inglese schifato.
«Thanks, you too, baka!», la cortesia non faceva parte di lui in quel momento. Gli passò una scatola con una carta rossa opaca con un po’ di vischio.
«OH~!! Food!», disse l’americano felice, abbracciando la scatola.
«Ce n’è anche un altro», precisò Arthur indicando un pacco enorme, incartato male: si vedeva lontano un miglio che era un mobile.
«Ma Bro, grazie, non dovevi! Ahah! Con questi mezzi l’eroe mangerà e sarà carico d’energia per salvare il Mondo!» e così se ne andò.
L’inglese aprì la scatola: un hamburger mezzo mangiucchiato era il suo regalo. Lo andò a buttare.

«Doitsu, ecco il mio regalo!» disse l’italiano passando al tedesco una scatolina compatta.
«Danke», disse il tedesco, chiedendosi cosa mai potesse essere, «Ecco il tuo» e diede al suo alleato un pacchetto sobrio. Lui in fondo era tedesco.
«Oh~», commentò Feliciano entusiasta «cento buoni “Tasukete Doitsuu”! Grazie!» disse saltando al collo di Lud compensando in un secondo gli 8 (centi)metri di differenza d’altezza.
«Dai, su ora tocca a te!» esortò l’italiano.
Germania, pensando a tutti i regali più bizzarri possibili racchiusi in quella scatolina, l’aprì, spaventato.
C’era un’asticella; la tirò fuori e si aprì una bandiera bianca con scritto “Mi arrendo, Germania”.
Oh my … il tedesco grazie al cielo fu privato della capacità di proferire parola, perché non si sa cosa avrebbe potuto dire.
«La puoi anche usare con le ragazze».
«Italia…» stava per dire qualcosa quando Veneziano, fraintendendo il tutto: «O non c’è bisogno che mi ringrazi!», e detto ciò Italia si volatilizzò verso suo fratello.
L’unica cosa positiva: allegata c’era anche una botte – ovviamente in cui le ‘X’ si sprecavano davanti ad una sola ‘L’ – di birra.

«Lovinito! Ho comprato … ho comprato un regalo per te!», disse Spagna
«Sarà una bottiglia di vino: che novità!», disse la bocca di colui che sta attaccato alla bottiglia dalla mattina al mattino dopo.
«Mh, veramente no!», disse Antonio nascondendo la bottiglia sotto l’albero: «Tieni», disse porgendo il pacco con i vestiti, subito commentati da Lovino: «Ma che razza di roba mi regali!».
La carta decorata e scritta era stata stracciata: tanto impegno e soldi per degli insulti. Mh, buono.
Lovino lanciò un pacchetto al suo tutore: «Bastardo, prendi!», disse come se si riferiva ad un cane.
Supein si stupì: un tomato!
«Grazie, è bellissimo».
Si sa, Supein non è normale.

Passiamo a Polonia: «Toris, cioè! Questo è per te!», una scatola rosa sotto il naso di Lituania.
Dentro, un set per capelli (?) con un pony – rosa – vestito da parrucchiere.
«Mh, grazie, questo è per te» e l’altro gli passò un pacco. Non era molto convinto del regalo ricevuto, ma Feliks non ci fece caso.
Il pacco vero era stato sostituito da Ivan, cosa ci avrà messo?
«Un rubinetto? Mi vuoi morto?» gridò il polacco, in lacrime. Toris cercò di calmarlo, poi buttò lo smalto rosa sul rubinetto e disse: «È per difenderti da Ivan; ed è anche rosa!».
Così si trasse dagli impacci. Più o meno. Ma in quel momento....

Russia-Bielorussia:
«Kekkon kekkon kekkon! Onii-san, eccoti il tuo regalo!»
«Grazie, Natalia» disse Ivan respingendo la sorellina con il rubinetto.
Le porse un regalo: lei lo aprì, emise un singulto. Cosa aspettarsi?
«Che. Cosa. Mi. Regali. Mai??» gridava come un’ossessa.
Pony rosa e vestiti più larghi di una misura della sua. Rosa.

Austria-Ungheria:
«Austria-san ,che bella padella!». Sapeva che l’avrebbe apprezzata: «Ho scritto anche un componimento per la padella!» e detto ciò la nuova padella si scontrò con la sua faccia.

Francia-Seychelles:
«Mon petite fleur, ecco un regalo per te!»
«Merci, Francis» disse lei facendo un mezzo inchino: annusò un mazzo di fiori, e guardò la scatola di cioccolatini e dolciumi vari. Poi sentì che Francis si avvicinava un po’ troppo, e che la sua espressione era degna del peggior maniaco mai  esistito – ovvero lui stesso.
«FFA Powah», gridò lei
«Mais je t’aime!» disse lui, a terra.
«Certo, come non sei maniaco !» disse e allora Arthur le mise un collare: «Vieni».
«Bene, che bravi tutori~», commentò tra sé l’arcipelago.

Ovviamente tutti scordarono di fare il regalo a Canada, tranne Francis – del vino e un buono “ruba il vino a Francis!!” – e Cuba – legioni e legioni di gelato parlante – ma visto che lo scambiò per America …
Per poco i suoi capelli biondi non andarono a fuoco. Detto tutto.

Infine – perché sono troppi, lasciamoli stare che altrimenti domani finiscono questo pietoso scambio – decidono di andare fuori a giocare a palle di neve.
Una volta fuori, tutti cercarono di tenersi lontano dalla portata di Natalia, più spaventosa di Ivan.
«Vola vola vola!» diceva Russia a Lettonia.
Ora immaginate il “vola vola” che Russia può far fare a Lettonia. Il piccolo aveva la faccia mezza viola, lo stomaco era sotto sopra e aveva invertito il giorno con la notte.

Intanto, sotto un albero non meglio precisato, un Alfred aprì un pacchetto: «Oh~!», escalmò «dei…dei biscotti!». L’inglese gli aveva regalato dei biscotti.
Ne mangiò uno, anzi ne assaggiò un morso: per poco non svenì. Cadde di lato, questo sì: erano … erano …

«Tu»
«Chi»
«Tu!» gridò l’inglese abbracciando l’aria.
Il francese per un attimo si era illuso che Arthur avesse bevuto abbastanza Rum corretto al caffè per scordarsi che erano da sempre nemici.
«Inghilterra!», disse socievole il russo – socievole quanto può essere piacevole mettere una mano sul fuoco – «apri la bocca!»
«Perché mai?», disse salendo in groppa ad uno unicorn invisibile.
«Arthùr, ma che fai?», chiese Francis tra un FFA di Sey, una manata di Taiwan e una padellata – nuova – di Elizabeta.
«Ma non vedi? Salgo sullo unicorn! Correremo verso i rainbow!»
«Certo certo!», disse con condiscendenza Francia – “da vero francese” pensava Inghilterra.
«Guarda che solo gli stolti non vedono gli unicorn!»
«Io-io non sono stolto!», disse l’altro buttandosi a terra e piangendo – “come un francese”, pensò sempre Arthur.
«Arthur!! Apri. La. Bocca!», disse Ivan.
Ma visto che nel frattempo Iggy-san si era scolato metà della bottiglia che Antonio non aveva dato a Lovino, eseguì gli ordini senza particolari proteste: il russo gli puntò contro il suo rubinetto e sparò.
Che scena terribile; veramente no, comunque.
Dal rubinetto uscì della vodka ad alta pressione, e Arthur per non poco si strozzò.
«NO! Ma che invenzioni geniale! Pensi si potrebbe applicare anche al vino?», chiese Francia.
«E anche alla birra», disse Ludwig, uno dei pochi che stava in mezzo a tutta quella neve a mezze maniche – l’ubriachezza ... eh (?).
«Mh… anche con il tea?»
«Ma certo! Unitevi alla Grande Russia, prima!».
Ma cos’è? Prendi 2 e paghi 1?
In questo caso: un favore in cambio della schiavitù. Ma niente di che.
Comparve qualcuno, avvolto da un’aura biancastra.
«Un-un alieno?», gridarono tutti.
Tony uscì da un angolo e fece ‘ciao ciao’ con la manina; Kiku iniziò a fare foto, Ungheria si chiedeva se negli altri posti dell’universo fosse conosciuto lo yaoi. Questioni amletiche.
Per ottenere risposte, rivolgetevi a Tonio Cartonio, che vi farà bere un blumele – scuola turca.
Comunque, lo strano essere catturò l’attenzione di tutti: peccato non ci fosse America. Chissà il casino che avrebbe combinato, cosa avrebbe gridato! Era meglio così, in definitiva.
Poi, all’improvviso si sentì la risata malefica (?) di Alfred.
«Ahah, cioè è davvero strano!», il verbo polacco wins.
L’essere fluorescente si grattava la testa; iniziarono ad allontanarsi verso la porta.
Poi notarono che l’essere aveva lo strano ciuffo che partiva verso l’alto al centro esatto della testa, e che li salutava.
«Tu…tu chi sei?», chiese l’inglese. Lo sapeva. Non doveva. Non avrebbe dovuto!
«Sono l’eroe!», disse con aria d’ovvietà l’uomo forfora fluorescente.
Era stranamente sopravvissuto ai biscotti di Arthur.
«Come-come hai fatto? I tuoi biscotti! Li ho mangiati senza morire!».
Tutti mormorarono, increduli: si complimentavano con il cuoco degli unicorni per il suo successo, tralasciando il fatto che Alfred emetteva radiazioni. E le avrebbe emesse per un po’.
«Complimenti, bro!» disse l’americano abbracciandolo.
Kiku non perse il suo interesse: non era una novità, ma ora l’uomo radiattivo – in carne ed ossa – lo aveva davanti. Tony rientrò in casa rubando all’inglese il Rum.
«Bravo, bravo!», disse FlyingMinBunny
«WOW, aru!», disse Yao
«Mh. Io non ci credo!», disse Ludwig
«Neanche io, Allemagne, neanche io, però…», l’espressione contrariata di Francis mutò in un sorriso enorme: «Alfred mangia solo e sempre schifezze, perciò se a lui è parso quasi mangiabile…» lasciò la frase in sospeso; il resto si capiva da sé, ma era già un passo avanti.
«Tutto merito mio!» diceva infatti Francia che praticamente era saltato addosso ad Inghilterra e sfoggiava sorrisi e occhiolini, neanche fosse una parata. O il Carnevale di Rio.

Decisero di rimanere fuori: si stava più o meno bene, e usando la tecnica innovativa del russo, nessuno sentiva il freddo.
Cantavano tutti abbracciati le canzoni nelle più disparate lingue, sbagliando gli accenti in modo vergognoso, ma talmente ubriachi erano che neanche i madrelingua azzeccavano la pronuncia.
Finì con “We are the world”: «We are the world
We are the children
We are the ones who make a brighter day
So let's start giving
There's a choice we're making
We're saving our own lives
It's true we'll make a better day
Just you and me»


Era stata proprio una bella serata: gli dispiaceva fosse finita, come agli altri, che si erano ritirati con un sorriso sincero, triste e un po’ felice al tempo stesso. Chi perché ora doveva tornare a occuparsi di faccende boriose, chi perché ora doveva tornare a pagarsi da solo cibo e tasse, chi perché non aveva più persone ad adularlo, chi per dover dividersi da qualcuno, chi perché ora non c’era più nessuno a difenderli da minaccie&botte varie, stalkerazioni insistenti, kekkon kekkon e kolkolkol assortiti.
Altri perché avevano fortuna al gioco, e poteva farcisi un gruzzolo, invece …
Ma era stato bello.
“Chissà come farà America con quel innocentissimo mobile?”, si chiese Arthur, guardando la sua valigia pronta per l’indomani.
“La sedia di Busby”, sorrise maligno tra sé.
«Waah! Ora mi siedo!», gridava l’americano tra i pochi sfaccendati rimasti, ovvero: Veneziano, Romano, Russia – aveva chi gli faceva le valigie – e il suo speciale e innovativo rubinetto, Cuba, Turchia, Grecia, Belarus – e Ucraina sgobba –, Polonia, Sealand … insomma, quasi tutti. I peggio li ho elencati, ma in primis c’è quello sfaccendato di un Hambga’-eater di America.
«Scusa, Alfred!», disse Ivan sedendosi, sempre in competizione con l’americano; americano che ora si lamentava come un bambino.
La sedia andò in pezzi, e i lamenti statunitensi crescevano a dismisura: «Buu~, hai rotto la mia preziosissima sedia!» e allora spuntarono Francis e Nonno Roma, che dandosi di gomito, vestiti uguali, dissero: «Ah, la tua sedia!». Pensano sempre male, i soliti maniaci.
Sul pianerottolo delle scale, mezzo nascosto dal muro, Arthur aveva assistito a tutto: «Come non detto!»
Ed era finito un altro Natale: «Ve~!»
«Mi consolerò con un hamburger!»
«Vodkaaa! Torna con me!», gridava il russo, visto che uscivano solo poche gocce dal suo rubinetto.
Ungheria con la nuova padella ruppe per bene il piano dell’austriaco: «E ora, dannato bastardo?!»
«Ungheria, sent-», non ebbe il tempo di dire Prussia, che la vendetta della padellara lo colpì in pieno. In senso letterale.
«Ah, zitto!».
Il verbo polacco and il verbo lovinese win♥.
«Maledetto bastardo! Lasciami stare!»
«Dammi una buona ragione, Lovinito!»
«Perché i tomati ti uccideranno, bruceranno le tue ceneri in mio onore e allora ti spedirò da Belgio!»
«Mh», disse lo spagnolo, ricominciando la sua attività preferita, scritta anche su FB: stalkerare il mio Lovinito!
«Bon Noël, mes chéries», sussurrò Francis, una rosa vicina al volto, mentre guardava divertito il caos che era il Mondo, che erano i suoi amici/nemici. Solo lui sapeva che la mattina dopo non sarebbero potuti andare via: la torta che avevano mangiato ieri sera era MADE IN ENGLAND. Sospirò: lui e il suo sentimentalismo!


NOTE:
Ultimo capitolo, infatti mi sono lasciata andare. Con questo è finita.
È finito un po' come è iniziato: avvelenamento da biscosi - prima al tungsteno, ora fluorescenti. E c'è differenza tra fuorescenza e fosforoscenza U.U *ora lo sa anche lei, yeee~*
Salutii~
Ci sono varie citazioni di Hetalia: America che cerca un posto non statunitense sulla cartina della sua Nazione, poi poi… mh… la bandiera che Italia regala a Germania. Mh, e qualcos’altro.
Mi scuso per gli errori, ma visto che oggi è Natale tra parenti e altro, non ho avuto molto tempo. Pubblico ora e poi controllo, dovrebbe essere giusto – più o meno – comunque. Se volete dirmi gli errori, segnalateli.
Mh.
Che sentimentale, il nostro Francis (?)! E così abbiamo  scoperto – io lo sapevo, vabbé – con chi cucinava Francia nel extra chapter♥ it’s loove!
Metto anche la traduzione del pezzo di “We are the world” (di Micheal Jackson, se non sbaglio):
“Noi siamo il mondo, siamo i bambini, noi siamo quelli che fanno un giorno più luminoso, allora iniziamo a dare (la luce), c’è una scelta che stiamo facendo, stiamo salvando le nostre stesse vite, è vero, faremo un giorno migliore, solo io e te”. Se ho sbagliato qualcosa, ditelo. Non è bellissima ♥?
Comunque, mi sono divertita a scriverla, e spero voi vi siate divertiti nel leggerla, ringrazio i miei recensori, chi ha aggiunto la mia storia nelle preferite/seguite/ricordate, chi l’ha letta, anche solo per sbaglio. Vi adoro, ma dovreste già saperlo!!

Ultima NOTA demenziale:
immaginate il Bad Trio che canta “We are young”, di Mika:
«We are young♫».
Demenziale, eh? 8D
Non rattristatevi *fossi in voi, lo farei* ho già in mente qualche one-shot demenziale!!! **
Ohoh, però non so quando le scriverò.
PS: in un capitolo, non ricordo neanche io quale – e meno male che l’ho scritto – dico ‘l’Awesome Naturale’, una cosa presa dai film di Fantozzi, stile il ‘Direttore Naturale’: cioè, una cosa di nascita.

EDIT: corretto tutto♥  È finita davvero ora! NOOO!! *si dispera di nuovo, piange* #.# dicevamo, ho tradotto anche la strofa che mi ero persa per la strada. Grazie ancoora, da. Ah, e visto che non ricordo di averlo scritto, lo 'dico': il titolo ("il giorno del giudizio Mondiale") deriva dal fatto che il giorno di Natale sono tutti in ansia per i regali fatti, e loro, rappresentando tutte le Nazioni del Mondo, quindi devono sottoporsi a questo giudizio. U.U tranne che per Canada XD *chi?* Ah, e (? di nuovo?) il fatto del rubinetto era lo scoop/spoiler, o almeno il primo che avevo dato, per l'ispirazione ringrazio "My name is Earl". Il che, è già un programma!

Buon Natale ancora, tipo~

_Ayame_
   
 
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