Stringere.
Una mano tesa di fronte a lui e l'impressione di essere obbligato a stringerla.
Curata e delicata.
Di donna.
La sua.
-Pansy?-
Che domanda inutile.
Quella donna non può essere altro che la tua Pansy Parkinson.
Quella che si ostinava a tagliarsi i capelli a caschetto.
Quella che scherzava sempre con lui e gli altri nella Sala Comune.
Quella che giocava a Quidditch solo se ricattata.
Quella Pansy alla quale potevi confidare tutto.
Quella ragazza che non aveva fiatato quando ti ha trovato alle prese con quel maledetto armadio.
Quella, che, nonostante tutto aveva combattuto al tuo fianco, al fianco di tutti gli altri.
-Ciao.- risponde, stringendoti la mano. -Quanto tempo, eh?-
Lei non perde tempo in chiacchere, in sorrisi di circostanza, in falsità, va dritta al punto e m'ignora.
Sfoglia la cartella e tira fuori un plico di fogli dove noto il nome mia moglie in grassetto.
-Astoria è in una stanza privata, la 398. Devi andare nella terza ala, quinto piano. Per ora di guardia ci sono io, quindi puoi chiedere di me.- mi sorride appena prima di andarsene.
E solo oggi ho capito quanto sia stato stupido.
In fondo, non ero mai stato solo.
Non riesco nemmeno ad aprire gli occhi.
Sembra che tutto il mio corpo sia bloccato in un assurdo stato di dormiveglia, eppure le fitte diventano sempre più intense e lunghe.
Qualcuno apre la porta e la richiude delicatamente.
Posso sentire i passi leggeri sul pavimento grigio dell'ospedale. Si avvicina e mi stringe l'unica mano libera dalle flebo di pozione calmante.
E' una stretta delicata, calda e gentile.
La sua mano.
Provo a parlare, ma la gola secca e bruciante m'impedisce di parlare, così come quelle contrazioni che m'impongono di stritolare le coperte del letto.
-Non ti preoccupare, stringi la mia di mano, Astoria.-
E un'altra fitte zittisce quel cervello che vuole parlare a tutti i costi.
Uno...
Respirare ed inspirare.
Spingere e stringere.
Due...
Stringere e spingere per dieci secondi.
Farsi forza, sentire delle labbra che ti baciano la tempia e che incitano a continuare.
Tre...
Un pianto lungo un'eternità.
E sorrisi misti a pianti.
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Ecco a voi, è stato quasi un parto scriverla...
Spero vi sia piaciuto.
Un bacio!