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Autore: _Sihaya    28/12/2010    6 recensioni
Finale alternativo per la saga di Harry Potter!
- Dimenticate l’epilogo di Harry Potter e i doni della morte (Diciannove anni dopo);
- eliminate circa le ultime otto pagine del finale e precisamente fermatevi alle seguenti parole (cito testualmente): “[…] L’alba fu lacerata dalle urla e Neville prese fuoco, immobilizzato. Harry non poté sopportarlo: doveva intervenire… Poi accaddero molte cose contemporaneamente.
- Ora domandatevi: “Quali cose sono accadute? E se fossero state dimenticate?”
[Ai capitoli 13, 19 e 27 trovate un breve riassunto degli eventi!]
Genere: Guerra, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Angelina/George, Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
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Capitolo 17 - Vantaggi

Lost Memories

(di Sihaya)

 

* * *

 

Your adversary has no warning about what kind of magic you are about to perform,

which gives you a split-second advantage.

 

J. K. Rowling, Harry Potter e il Principe Mezzosangue

(Manuale degli Incantesimi, Vol. 6)

* * *

Capitolo 17 – Vantaggi

 

« Credi di essere più furba di me? » ringhiò Malfoy stringendo la mano attorno al collo di Hermione.

 

Lei tentò invano di allentare la stretta. « La pozione era solo un tentativo… non c’è bisogno di farne una tragedia… »

 

L’espressione minacciosa di lui non mutò. « Un tentativo di fregarmi! Dove l’hai messo? »

 

Hermione ribatté disorientata: « Di cosa parli? »

 

« Il quadro, Granger! Lo sai benissimo! »

 

« La Passaporta? »

 

« Esatto, non credere di… »

 

Hermione parlò con difficoltà: « L’ho… rimessa al suo posto… quando… siamo tornati. »

 

« Certamente. E come mai ora non c’è più?! »

 

Negli occhi di lei balenò autentica sorpresa. « Io… non ne ho idea. »

 

« Invece, io ne ho una piuttosto chiara. »

 

La stretta divenne troppo dolorosa ed Hermione piantò le unghie nella mano del ragazzo per cercare di liberarsi. « Malfoy… non riesco a respirare… L’ho rimesso nell’armadio, non ho preso il quadro. Non sono una ladra. »

 

Un ghigno sul viso di Draco le ricordò che non era vero: aveva già rubato in casa sua.

 

Capì che era inutile discutere: Malfoy era arroccato sulle proprie convinzioni; così prese la bacchetta che si era procurata da appena un giorno.

Non era come maneggiare la propria, ma sarebbe bastato.

La puntò sotto il mento del ragazzo e, usando il tono più perentorio che aveva, ordinò: « Lasciami. »

 

Lui trattenne il respiro con la consapevolezza di essere in svantaggio; ma non poteva accettare che lei lo stesse minacciando.

 

« Non avrai intenzione… »

 

« Certo… che ho intenzione di usare la magia, » lo interruppe Hermione, « che ne pensi di… una Maledizione Senza Perdono? »

 

« Non avresti il coraggio, » disse lui mostrando un sorriso nervoso.

 

« Non ne avrei… nemmeno bisogno, » ribatté lei. « Mi basterebbe… uno Schiantesimo, oppure potrei Pietrificarti o… »

 

« Non lo farai, » asserì Malfoy, ma l’incertezza nella voce lo tradì.

 

Hermione s’infilò in quella falla con astuzia. « Nel dubbio, ti conviene lasciare la presa… » suggerì.

 

Lui rifletté un istante, poi sciolse la stretta con riluttanza e si allontanò di alcuni passi.

 

Hermione continuò a puntargli contro la bacchetta: mai abbassare la guardia.

 

« Per Merlino, » sbottò lui alzando le mani al cielo, « sono disarmato! Dov’è finita la lealtà Grifondoro? »

 

« La lealtà Grifondoro non è per i Mangiamorte, » apostrofò lei.

 

Malfoy incassò il colpo. « Non hai il coraggio di fare una cosa simile, » ripeté come se quell’affermazione gli trasmettesse energia.

 

« Ne sei davvero sicuro, Malfoy? » provocò lei. « Hai il Marchio Nero e io non mi fido di te. Inoltre abbiamo alcuni conti in sospeso, ricordi? Potrei vendicarmi di ogni volta che mi hai offeso, oppure delle torture che ho subito a Malfoy Manor... - tacque per alcuni secondi - Ma ho cose più importanti di cui occuparmi: parto per Hogwarts, » annunciò.

 

« Quindi hai preso il mio quadro per tornare a Hogwarts! » Dedusse lui, senza valutare le vere implicazioni di ciò che lei aveva detto.

 

Hermione scosse vigorosamente la testa. « Partirò con Ginny e Harry. Non ho bisogno del ritratto di tua madre; non ho motivo di rubarlo e sarebbe più intelligente distruggerlo, dato che è la tua unica possibilità di raggiungere Hogwarts. Ma non farò nemmeno quello… » disse guardandolo con determinazione, con il braccio destro teso e la bacchetta puntata contro di lui.

 

« D’ora in poi dovrai cavartela da solo: voglio solo essere sicura che tu non mi metta i bastoni fra le ruote… »

 

Concluse muovendo lievemente il braccio, con eleganza e freddezza.

 

Draco Malfoy intuì le sue intenzioni e, accantonando in fretta l’orgoglio, raggiunse con un balzo la poltrona a lui più vicina, eclissandosi dietro lo schienale.

 

Nello stesso istante, Hermione gridò: « Stupeficium! »

 

Seguì un silenzio surreale.

 

Poi, quando sentì l’aria addensarsi di sconcerto e delusione, Malfoy riemerse cauto dal nascondiglio.

 

Non era accaduto nulla.

 

Hermione, la bocca semiaperta e la fronte aggrottata, fissava la punta inattiva della propria bacchetta.

 

Interdetta, alzò lo sguardo verso di lui.

 

« Non funziona, » affermò guardandolo dritto negli occhi.

 

Malfoy non fece in tempo a parlare che sul viso di Hermione brillò un’intuizione.

 

 « Ho capito! La Maledizione dev’essere sulla Villa! »

 

Draco sentì il fiato mancare per un istante.

 

Tutta Hogwarts riteneva che Hermione Granger fosse la studentessa più intelligente, ma lui si era sempre sentito superiore; per questo stava odiando quell’imprevista sensazione di soggezione che gli opprimeva il respiro.

 

Abbassò lo sguardo, infastidito, come se la sicurezza sul viso della ragazza fosse accecante.

 

« Malfoy, hai mai provato a fare incantesimi fuori da qui? » Domandò lei.

 

Lui sgranò gli occhi. Un impalpabile velo di umiliazione li ricoprì.

 

« No, » borbottò.

 

Non ci aveva provato.

 

MAI.

 

Perché lui odiava stare in mezzo ai babbani, e solo lì dentro, nella dimora che i suoi genitori avevano scelto per lui, si sentiva vagamente a suo agio.

 

« Ho usato questa bacchetta ieri per riportarti indietro e funzionava, » spiegò lei, « qui invece non reagisce. Sono sicura che la Maledizione non è su di te, è sulla casa. Quindi, prima di dubitare di me, dovresti farlo di chi ti sta accanto ogni giorno… »

 

« Che cosa intendi dire? » La domanda di Malfoy terminò in un soffio. Egli s’irrigidì all’improvviso, con tutti i sensi all’erta, perché il portone d’ingresso alle spalle di Hermione si stava lentamente chiudendo, come mosso da una folata di vento.

 

Solo che tutte le finestre erano chiuse.

 

L’anta si chiuse con un tonfo e si sentì chiaramente scattare la serratura.

 

Hermione si voltò e strinse con fermezza l’impugnatura della bacchetta.

 

Rimasero immobili a fissare la porta. Per alcuni istanti si sentì soltanto il loro respiro teso.

 

Hermione cominciò a guardarsi intorno circospetta, ma lo sguardo di Malfoy rimase fisso sull’ingresso.

 

Si udì un lieve crepitio e i cardini della porta cominciarono a mutare.

 

In breve tempo, il metallo si pietrificò e sottili sentieri di cemento iniziarono a scorrere attraverso il legno, insinuandosi in tutte le fessure, e ramificandosi in ogni direzione, fino a ricoprire interamente le raffinate ante in mogano.

 

I due ragazzi, colti completamente alla sprovvista, si guardarono pensando la stessa, identica, cosa.

 

« Rivedi la tua teoria, Granger! Se è vero che qui non si possono fare magie, come spieghi… questo! » sbottò Malfoy indicando il grosso portone tramutatosi in una lastra di pietra.

 

Hermione era visibilmente preoccupata, ma non per la validità della propria teoria: « Forse chi ha lanciato la Maledizione può anche eluderla, » ipotizzò.

 

« Ti sei sbagliata, ammettilo! » Insistette lui.

 

Ma lei aveva altri pensieri. « Non capisci? Qualcuno sta cercando di bloccarci qui dentro! » urlò con voce stridula, convinta che lui non si rendesse conto del pericolo.

 

Malfoy sogghignò perfido. « E se volesse solo sbarazzarsi di te? »

 

Hermione non si fece intimidire. « L’avrebbe fatto nel momento in cui ho messo piede in questa Villa, e non certo rovinando questa preziosa biblioteca, » ribatté.

 

Draco serrò forte le mascelle.

 

« Esiste un’altra uscita? » Domandò Hermione.

 

Lui rispose che non c’erano altre uscite. Parlò con indifferenza, come se avesse altri pensieri per la testa.

 

Lei incalzò: « Chi c’è in casa, ora? »

 

Malfoy non rispose subito.

 

Era difficile accettare quello che stava accadendo.

 

Difficile rassegnarsi all’idea d’essere in pericolo nell’unico luogo che riteneva sicuro. 

 

« Solo… la servitù, » rispose distratto.

 

« Il maggiordomo! » Esclamò Hermione. « Cosa sai di lui? »

 

Malfoy la guardò incerto. « È un babbano, » disse.

 

« Ne sei sicuro? »

 

Scosse la testa.

 

Non era sicuro, pensò osservando preoccupato la possente lastra di pietra che ora sostituiva la porta.

 

Non era più sicuro di niente.

 

Hermione guardò l’orologio: le 17.40. Era tardi.

 

Mancava meno di mezz’ora all’appuntamento con Ginny.

 

Immaginò Harry preoccupato ad attenderla invano.

 

Sarebbero partiti anche senza di lei?

 

Sì.

 

Dovevano farlo.

 

Perché lei era bloccata lì dentro e aveva una sola via di fuga, che non contemplava la possibilità di raggiungerli entro sera.

 

Dovevano fidarsi di lei come avevano sempre fatto.

 

Un sapore acre le riempì la bocca.

 

“Sei ingenua.”

 

Aveva le parole di Ginny stampate nella mente e la sua espressione di rimprovero davanti agli occhi.

 

« Andiamo via di qui, » suggerì.

 

« Un’idea geniale, Granger, » commentò Malfoy tagliente.

 

Ma lei non lo stava ascoltando, aveva mani e testa immerse nella borsetta e rovistava frenetica in cerca di qualcosa. Quando le sue dita incontrarono finalmente una forma tondeggiante, riemerse estraendo dalla borsa una Ricordella.

 

Malfoy spalancò gli occhi e il suo stomaco cominciò a ribollire di rabbia.

 

« Tu… Tu sei… una… »

 

« Per ora sono la tua unica soluzione, » troncò lei mettendogli davanti al viso la Passaporta.

 

* * *

 

« Dobbiamo andare, » disse Ginny a malincuore.

 

« Ma Hermione non è ancora arrivata! » protestò Harry.

 

« È più di un’ora che aspettiamo; è tardi, » ribatté Ginny. Il suo sguardo era proiettato oltre la vetrina del Butterfly, ispezionava strada e passanti nella speranza di veder comparire l’amica.

 

Fuori era buio, le luci dei locali erano accese ed era calata una nebbiolina densa e umida.

 

« Tornerò a prenderla. »

 

« Non è da lei, » tentò ancora Harry, « forse è successo qualcosa. »

 

« Al rifugio ci stanno aspettando, ti accompagno e domani torno a prendere Hermione, » insistette Ginny, pensierosa.

 

Lo sapeva bene che far preoccupare gli amici non era tra le abitudini di Hermione, per questo aveva atteso ben oltre l’orario stabilito.

 

Eppure, qualcosa dentro di lei l’aveva capito fin da quella mattina che Hermione avrebbe fatto tardi. Per il modo in cui parlava, fissando la vetrina piuttosto che guardandola negli occhi. Per l’atmosfera di esitazione che l’accompagnava, come se avesse un conto in sospeso, lì a Londra, che non intendeva lasciare insoluto.

 

Ginny sapeva anche che Hermione era una persona più che affidabile, ma in quel momento si sentì sollevata per non averle rivelato il nascondiglio dell’Esercito di Silente.

 

« Harry, » chiamò a un tratto, voltandosi verso di lui e porgendogli la mano sinistra. « Prendimi per mano, » ordinò fermamente.

 

Harry Potter si sistemò gli occhiali e prese un profondo respiro.

S’avvicinò di qualche passo e le sfiorò timidamente le dita; quel contatto rievocò inevitabilmente immagini e sapori della notte trascorsa. Fece per ritirare la mano, imbarazzato, ma lei glielo impedì, stringendola con forza nella sua.

Lui la guardò negli occhi e vi lesse il bisogno profondo di saperlo al sicuro. Docilmente, si lasciò andare a quella stretta protettiva.

 

Poi Ginny agitò la bacchetta e i loro corpi scomparvero.

 

Un silenzio profondo calò all’interno del Butterfly; solitudine e desolazione s’impadronirono del piccolo locale.

 

Nelle ore successive, diversi clienti si fermarono a osservare delusi il cartello di chiusura che ciondolava sulla vetrina, ignari del fatto che sarebbe rimasto lì per tutto l’inverno.

 

E oltre.

 

* * *

 

Draco non era affatto contento d’essere tornato nella Stanza delle Necessità. Era nervoso nonostante il Marchio Nero tatuato sull’avambraccio fosse inerte.

Camminò avanti e indietro per un po’, isolato nei propri pensieri.

 

A un tratto alzò lo sguardo, come se si fosse ricordato di una cosa importante.

 

Dov’era finita Hermione Granger?!

 

Scandagliò la stanza, pressoché identica a come era apparsa il giorno prima, senza riuscire a vedere Hermione, finché sentì una sua lamentela provenire da un mucchio di scatoloni giganti ammassati in un angolo.

La ragazza si stava affannando nel tentativo di spostarli.

Incuriosito, la raggiunse.

La sentì borbottare fra sé e sé, lagnandosi di non riuscire a trovare qualcosa che “doveva esserci, ne era sicura”.

 

« Che stai facendo? » domandò disgustato dalla quantità di polvere che s’agitava nell’aria a ogni suo movimento.

 

Hermione si voltò con sguardo pensoso e il respiro affannato.

 

« Invece di stare a guardare, dammi una mano! »

 

« A fare cosa? »

 

« A spostare questi scatoloni, Malfoy! Non serve un M.A.G.O. per capirlo! »

 

Inaspettatamente, Malfoy sogghignò.

 

Prese la bacchetta magica e inspirò profondamente. L’agitò con destrezza nell’aria e la puntò contro lo scatolone più alto. Fece ogni movimento lentamente, assaporando istante dopo istante.

 

« Wingardium Leviosa, » mormorò.

 

Un brivido lo percorse.

 

La forza dell’Incantesimo lo attraversò e una profonda soddisfazione gli tirò le labbra in un sorriso appagato.

 

Leggeri come piume gli scatoloni si sollevarono nell’aria, spostandosi uno ad uno sotto lo sguardo basito e imbarazzato di Hermione: era così abituata ad arrangiarsi senza usare la Magia, che non aveva considerato quella banale soluzione.

Per mera educazione tossicchiò un “grazie” che Malfoy non sentì neanche, tanto era tronfio.

 

Per interminabili mesi aveva atteso quel momento.

 

L’aveva immaginato, desiderato, cercato con tutto se stesso.

 

E ora, finalmente, la Magia tornava a scorrere nelle sue vene.

 

Lo elevava oltre la nullità del mondo babbano restituendogli la propria identità.

 

Era di nuovo Draco Malfoy.

 

Era vivo.

 

* * *

 

« Figliolo quanto sei cresciuto! » ripeté commossa, per l’ennesima volta, Molly Weasley.

 

Ron fece una smorfia imbarazzata. Era emozionato, ma allo stesso tempo risentito per l’accoglienza ricevuta, tutt’altro che calorosa: nonostante fossero trascorsi due interi anni, suo fratello non aveva perso occasione di prenderlo in giro…

 

Ed era inutile che si scusasse, lo faceva soltanto perché c’era mamma!

 

Un leggero mal di testa lo infastidiva, generato dal rapido accumularsi di ricordi.

Sua madre, che stava ancora lavorando per annullare completamente l’Incantesimo di Memoria, gli passò amorevolmente una mano sulla fronte. Lui si scostò lanciando un’occhiata sospetta a George, ma non nascose a se stesso che quel gesto gli aveva fatto piacere.

 

Puntò le mani sul letto dell’infermeria e si mise più comodo appoggiando la schiena al cuscino, preparandosi alla lunga chiacchierata che lo attendeva.

 

C’erano ancora molte cose da chiarire e molti ricordi da recuperare, e la sua famiglia era lì per aiutarlo.

 

A sollevarlo, inoltre, c’erano la notizia dell’imminente arrivo di Harry e Hermione, e la consapevolezza che ora, finalmente, poteva capire quello che lei aveva tentato più volte di dirgli.

 

* * *

 

Hermione, trepidante, non attese nemmeno che Malfoy terminasse di spostare gli scatoloni; s’intrufolò tra essi e la parete allungandosi con fatica fino a raggiungere una piccola porticina di legno.

 

« Ero … sicura … che l’avrei… trovata… » disse mentre si muoveva faticosamente nell’angusto passaggio.

 

Draco nascose dietro un’espressione compatita il capriccio di scoprire cosa la rendesse tanto impaziente. Spostò rapidamente anche l’ultima scatola, ma rimase deluso quando vide una misera porticina cadente.

 

Per un attimo aveva pensato che quella fuga fosse stata organizzata in ogni dettaglio; che Hermione avesse nascosto il ritratto di sua madre nella Stanza delle Necessità, e da lì volesse raggiungere il suo nascondiglio.

 

Non era così: Hermione aveva altri progetti.

 

Quando lei afferrò la maniglia della piccola porta, aggrottò la fronte.

 

« Non vorrai uscire… » disse tra il minaccioso e il preoccupato.

 

« Sta’ tranquillo, » rispose lei, « è il passaggio segreto che ci condurrà a Hogsmeade. »

 

Malfoy la guardò perplesso.

 

Hermione aprì la porta mostrando che dietro di essa si diramava un tunnel buio e profondo.

 

« Andiamo, » intimò.

 

Ma lui non era convinto di seguirla. « L’ultima volta che sono stato a Hogsmeade, » disse, « c’era l’Incanto Gnaulante sull’intera città. »

 

Hermione seguì le sue parole scuotendo lentamente la testa. 

 

« Questo passaggio conduce direttamente alla Testa di Porco. La locanda è sicura e Aberforth, il barman, ci aiuterà. »

 

« In due anni qualcosa può essere cambiato, » ribatté Malfoy scettico, « per quel che ne sappiamo il barman potrebbe essere finito a… »

 

« Non pensarlo nemmeno! » Interruppe lei, severa. « Il passaggio conduce a un quadro posto sul camino della locanda. Ci avvicineremo senza farci vedere e da lì esamineremo la situazione; se il luogo è sicuro come penso, usciremo allo scoperto. Per cautela useremo un Incantesimo di Disillusione per modificare la nostra fisionomia. »

 

Malfoy seguì tutta la spiegazione con un sopracciglio alzato e aria diffidente.

 

Hermione lo guardò dritto negli occhi e lo sfidò: « Hai un’idea migliore? »

 

Lui rispose troppo rapidamente: « Sì, ho un’idea migliore. »

 

Solo in quel momento Hermione si accorse del sorriso tracotante e vendicativo che campeggiava sul suo volto.

 

Un espressione che non vedeva da molto tempo, ma che purtroppo ricordava bene.

 

Non ebbe il tempo di dire nulla.

 

Malfoy alzò la bacchetta e la puntò contro di lei.

 

Il grido di protesta non riuscì nemmeno a uscirle dalla gola, e si ridusse a un flebile lamento che in un istante si spense nell’aria.

 

Con un sorriso meschino stampato sul volto, Malfoy si chinò e prese fra le dita la sottile codina del topolino bianco che squittiva ai suoi piedi.

 

Lo sollevò all’altezza del viso, mentre quello si dimenava impazzito di rabbia e paura.

 

Ghignò, infilandolo nel taschino della camicia.

 

Il topolino iniziò ad agitarsi furiosamente sul suo petto nel tentativo di uscire dalla tasca; Malfoy gli diede alcuni colpetti con la bacchetta finché si fermò.

 

« Calmati, stupida, » borbottò inoltrandosi nel tunnel.

 

L’hai detto tu, no?

 

Sono un Mangiamorte. Nessuno mi fermerà.

 

* * *

 

Continua…

   
 
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