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Autore: Settelune    11/12/2005    6 recensioni
Gli occhi del bambino si aprirono, e guardarono Silente con curiosità infantile. Non c'era traccia di paura in quegli occhi castani, con appena qualche bagliore rossastro. Il mago rimase a fissarlo per un istante, poi lo sollevò con tutte le coperte. Il bimbo emise un verso di sorpresa, poi sollevò le manine bianche verso il viso di Silente, evidentemente affascinato dai suoi occhiali a mezzaluna. Moody ridacchiò. "Un marmocchio intraprendente, eh?" Un lieve sorriso apparve sulle labbra di Silente. "Sì, decisamente non è un timido. Come si chiama?" "Lui...lo ha chiamato Salazar." Silente sollevò un sopracciglio. "Salazar Riddle, eh? Avrei dovuto immaginarlo... guarda qui, Alastor." L' Auror si avvicinò per guardare. "Il Marchio Nero..."
Genere: Avventura, Dark, Generale, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Arthur Weasley, Bellatrix Lestrange, Draco Malfoy, Ginny Weasley, Il trio protagonista, Lucius Malfoy, Molly Weasley, Nimphadora Tonks, Nuovo personaggio, Peter Minus, Remus Lupin, Severus Piton, Sirius Black, Tom Riddle/Voldermort
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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“Al mio tre” disse Silente, impugnando più strettamente la bacchetta “uno…due…TRE

CHE COSA?” esplose Harry. Ron ed Hermione fissavano il preside a bocca aperta.

“Sì, mi aspettavo una reazione del genere” disse Silente, serafico “ma credevo che Arthur vi avesse già detto…”

“Papà ci ha solo accennato qualcosa a proposito di un nuovo compagno di dormitorio, non ci ha detto ci chi si sarebbe trattato” esclamò Ron “ora capisco perché sembrava così sconvolto!”

“Sì, è comprensibile che questa notizia vi sorprenda…”

“Più che sorprendermi mi ha sconvolto” borbottò Harry. Iniziava a provare qualcosa di diverso dalla paura e dalla confusione: rabbia. Non ne poteva più di notizie e avvenimenti sconvolgenti: tutto ciò che voleva era poter uscire da quella storia e vivere la sua vita come qualunque altro ragazzo normale. Ah, già, ma lui non era ‘normale’, giusto? A lui non era concesso questo lusso.

“…ma c’è un ottimo motivo per cui quel ragazzo deve venire qui ad Hogwarts” proseguì Silente “non posso permettere a Voldemort di trovarlo, per nessuna ragione al mondo. Se riuscisse a renderlo come lui…”

 

Tenne la frase in sospeso, e un pesante silenzio scese nella stanza. Hermione fu la prima a parlare. “Credete che sia proprio…necessario…metterlo in dormitorio con noi…cioè, con Ron ed Harry? Insomma, nessuno di noi lo conosce bene, e non possiamo essere certi che non…bè…”

Che non tenti di colpire Harry? Su questo hai ragione, non conosco il ragazzo. Ma c’è un motivo ben preciso per cui voglio che restiate uniti, e non è solo per combattere Voldemort. Devo confrontare attentamente lui ed Harry.

Harry aggrottò la fronte. “Confrontarci? E perché?”

Silente parve esitare un istante, poi scosse il capo. “Mi dispiace, Harry, ma non è opportuno che tu sappia troppe cose, almeno per il momento. Un giorno lo saprai, ma per ora è meglio di no.

Ma…”

“E’ per il tuo bene, credimi” tagliò corto Silente “potete andare.

 

Silente seguì con lo sguardo i tre ragazzi che uscivano dal suo studio, discutendo animatamente. Scosse il capo, inquieto. Forse aveva fatto male a tacere, Harry aveva il diritto di sapere, e anche Douglas…no, era meglio così: sarebbe stato un peso troppo grande da sopportare. Un giorno…sì, un giorno avrebbe detto tutto. Ma non ora.

 

 

Douglas chiuse libro di Incantesimi Oscuri che aveva rubato nella sezione proibita della biblioteca di Haven e guardò fuori dal finestrino del treno, osservando la grigia campagna inglese, così diversa dalla lussureggiante distesa verde che era l’Irlanda. Era in viaggio da parecchio: prima aveva preso una nave dall’Irlanda (e aveva scoperto nella maniera peggiore di soffrire il mal di mare), poi aveva attraversato mezza Inghilterra prendendo tre treni diversi. Il vecchio aveva insistito affinché viaggiasse da solo e come un Babbano, senza adoperare mezzi magici. Sosteneva che era più sicuro. Secondo la modesta opinione di Douglas era solo più scomodo.

Il ragazzo infilò la mano in tasca, come per assicurarsi che la bacchetta fosse ancora lì. Aveva preferito tenerla a portata di mano, per sicurezza. Non era ancora molto bravo con le Maledizioni Senza Perdono e doveva assolutamente perfezionare l’Avada Kedrava (ancora non riusciva ad uccidere nulla di più grande di un topo), ma conosceva sortilegi a sufficienza per dare del filo da torcere ad un mago adulto…il che, considerato che mancava ancora un mese e mezzo al suo quindicesimo compleanno, era un bel traguardo. La tirò fuori e la lucidò con la manica della camicia. Era affezionato alla sua bacchetta: il giorno in cui era andato ad acquistarla ci aveva messo ore a trovarne una adatta per lui, ma alla fine l’aveva trovata. Un bell’acquisto: dodici pollici, legno di quercia e corde di cuore di drago. Perfetta per incantesimi potenti, ottima per le maledizioni.

 

“Altro caffè, tesoro?” domandò una grassa inserviente, facendo capolino nello scompartimento per la quarta volta nel giro di due ore. A quanto pareva lo aveva preso in simpatia.

“Sì, grazie” rispose il ragazzo, rimettendo in fretta la bacchetta in tasca. A dire il vero non sopportava quella brodaglia bollente, ma non voleva addormentarsi e abbassare la guardia. E poi aveva ancora addosso i postumi della sbornia presa tre giorni prima, al festino di addio organizzato da Sean…un tipico festino irlandese. Mentre l’inserviente gli versava il caffè, Douglas infilò una mano in tasca per prendere il denaro. Accidenti, che confusione con quelle stupide monete babbane…

“Oh, non preoccuparti per i soldi” disse la donna, tendendogli il caffè “offre la casa, ne hai bisogno.

Douglas fece una smorfia, prendendo il bicchiere. “Ho un aspetto così spaventoso?”

L’inserviente rise. “Diciamo che hai l’aria di non dormire da una settimana.

“Ci siete andata vicino” commentò cupamente il ragazzo, costringendosi a bere. Aveva sperato che la donna se ne andasse, ma quella non accennava a muoversi.

 

“Secondo me avresti bisogno di una bella dormita, tesoro” cominciò, con un aria materna che gli fece venire voglia di vomitare “sei così pallido…e hai gli occhi infiammati per la stanchezza…”

Douglas quasi si strozzò col caffè. Occhi infiammati? Ma che diavolo stava…ah, giusto, gli occhi rossi.

“O forse è colpa del gatto…” proseguì imperterrita la donna, guardando il grosso gatto nero che li fissava dalla gabbia con aria seccata “sai, potresti essere allergico al pelo e non saperlo. Talvolta capita. Dovresti chiedere ai tuoi genitori di farti fare qualche controllo medico, non si sa mai...ma a proposito, dove sono i tuoi genitori? Come mai sei in viaggio da solo?”

Ma quella era pagata per servire i passeggeri o per mettere il becco nei loro affari?

“Sto andando da mia madre”tagliò corto Douglas. Fra l’altro non stava nemmeno mentendo.

“Capisco. E tuo padre?”

Douglas sentì qualcosa scattargli nello stomaco, per un attimo dovette fare forza su sé stesso per impedirsi di tirare fuori la bacchetta scagliarle una maledizione. “E’ morto” disse freddamente.

“Oh.” La grassona prese a tormentarsi il grembiule, a disagio. Uno a zero per Douglas.

“Bè…ora devo proseguire il mio giro. Buona giornata” disse in fretta la donna, prima di filare fuori dallo scompartimento.

 

“Era ora, non se ne andava più!” esclamò il ragazzo in Serpentese, rivolto al gatto. Il felino lo guardò storto, e un sibilo furibondo uscì dalle sue fauci.

Non rivolgermi nemmeno la parola, Douglas. Giuro che questa me la paghi!

“Non fare così, Raksha, sai che nemmeno io avrei voluto trasfigurarti…”

Però lo hai fatto! Che nervi, tutto questo pelo…non faccio altro che starnutire! Non avrei mai creduto di poter diventare allergica a me stessa!

“Non ho potuto fare altrimenti, viaggiando con un cobra avrei attirato troppo l’attenzione.

E allora perché non hai trasformato Eustace in un canarino, già che c’eri?

Douglas finse di riflettere. “Uhm, vediamo…perché Eustace è già a Londra? E comunque stai tranquilla, appena possibile ti farò tornare come prima…forse. Dipende fa come ti comporterai.”

Certe volte ti detesto, lo sai?

Prima che il ragazzo potesse replicare gli altoparlanti entrarono in funzione. “Avvertiamo i gentili passeggeri che fra venti minuti il treno effettuerà la fermata alla stazione di King’s Cross a Londra” annunciò una voce femminile “ripeto: avvertiamo i gentili passeggeri…”

Douglas emise un sospiro di sollievo. “Finalmente, non ne potevo più di stare in treno!”

Raksha starnutì.

Non parlarmene…

 

“Mi sembrate nervosa” commentò Silente, osservando Nadja. Non faceva altro che tormentarsi il labbro inferiore e scrutare in mezzo al fiume di persone che si riversava nella stazione.

“Io…sì, un po’. Non vedo mio figlio dall’estate scorsa, sapete.

“Neanche durante le vacanze di Natale?”

Nadja scosse il capo. “No, lui ha voluto passare le vacanze di Natale a scuola per…‘approfondire degli argomenti’. Non so a che argomenti si riferisse.”

Silente aggrottò le fronte. “Capisco” disse semplicemente, poi spostò lo sguardo sul treno che era appena arrivato. Notando gli sguardi incuriositi che gli lanciavano i Babbani, intuì che doveva aver sbagliato qualcosa nel travestimento. “Questi Babbani” mormorò fra sé “sono così dannatamente difficili da imitare…”

 

“Permesso…”Douglas, carico di bagagli fino all’inverosimile e con la gabbia di Raksha sotto un braccio, riuscì a scendere dal treno evitando di essere calpestato dalla folla di Babbani che premevano per scendere e si guardò intorno. Non gli ci volle molto ad individuare sua madre, dal momento che accanto a lei c’era un vecchio che dava decisamente nell’occhio…probabilmente Silente. Era evidente che nessuno gli aveva mai spiegato bene il modo di vestire dei Babbani: indossava un paio di pantaloni di un assurdo colore viola, una maglietta con sopra scritto ‘Sono Troppo Forte’ in caratteri dorati e una cravatta gialla a pallini verdi.

Nel complesso sembrava un povero mentecatto. Bè, se erano le prime impressioni quelle che contavano…

“Douglas!”

Prima ancora che Douglas potesse rendersene conto si ritrovò sua madre letteralmente attaccata al collo, che blaterava a proposito di quanto fosse felice di vederlo, di quanto fosse stata in ansia e i quanto era cresciuto. Douglas lo trovava un comportamento alquanto seccante e decisamente inopportuno.

“Madre, non credo che questo sia il momento opportuno” protestò, cercando di scrollarsela di dosso nella maniera più dignitosa possibile “siamo in mezzo ad una stazione!”

Sua madre sospirò, staccandosi da lui. “Scusa, tesoro, dimenticavo che con te gli abbracci sono vietati. Oh, lui è Albus Silente, il preside di Hogwarts.

 

Gli occhi rossi di Douglas incontrarono quelli azzurri di Silente, e il ragazzo dimenticò immediatamente quanto fossero ridicoli i vestiti che indossava. Gli occhi di Silente erano incredibilmente penetranti, e al ragazzo parve quasi che il mago più anziano potesse leggergli nell’anima. C’era una tale aura di potere intorno a lui che, per la prima volta in vita sua, Douglas si sentì a disagio. Leggermente a disagio, si sarebbe corretto più tardi.

“Molto bene” disse Silente, tendendogli la mano “tu sei Salazar, non è vero?”

Il ragazzo fece per correggerlo, poi cambiò idea. In fondo, che lo chiamasse Douglas o Salazar faceva poca differenza. “Sì, sono io” disse, stringendo la mano di Silente “lieto di fare la vostra conoscenza, professore.

“Il piacere è tutto mio, ragazzo. So che sei uno studente molto dotato…sono certo che ti troverai bene ad Hogwarts” disse Silente, scrutandolo da dietro i suoi occhiali a mezzaluna.

Douglas sorrise fra sé, compiaciuto. Non era un modesto, e sapeva di essere dotato-molto dotato, a dirla tutta.

“Grazie, signore” rispose “non vedo l’ora di cominciare.

 

 

“Ne sei sicuro?”

Codaliscia annuì. “Sì, mio Signore” disse, chinando il capo “sappiamo per certo che il ragazzo ha lasciato l’Irlanda…probabilmente è da qualche parte in Inghilterra. Crediamo che in qualche modo ci possa essere lo zampino di Silente…”

Gli occhi color sangue di Lord Voldemort scintillarono nell’oscurità. “Oh, sì, questo lo credo anch’io… quello sciocco vuole proteggerlo…spera che tenerlo lontano da me sarà sufficiente…ma si sbaglia. Oh, come si sbaglia…e quando se ne renderà conto sarà troppo tardi” una fredda, vuota risata risuonò nella stanza buia. Codaliscia rabbrividì.

“Questa volta non sarà come proteggere Harry Potter” proseguì Voldemort “perché Salazar non è come lui…oh, no, è molto più di lui. E’mio figlio, e il mio erede: il sangue di Serpeverde gli brucia nelle vene. Sarà lui stesso a consegnarsi all’oscurità. Silente può anche proteggerlo da me…ma non potrà mai proteggerlo da sé stesso!”

  
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