Anime & Manga > Lady Oscar
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Autore: amoreterno    30/12/2010    17 recensioni
per la prima volta trovo il coraggio per pubblicare una storia. vi prego di essere clementi e leggere la mia storiella per quella che è: un semplice sfogo in un momento di rabbia. non so se continuerò il mio umile esempio di scrittura. volevo solo sfogarmi e per farlo ho voluto dare un mio pensiero su un momento particolare di Lady Oscar: l'assenza di reazione della nostra beneamina nel momento in cui André rivela, con un coraggio impressionante, il suo amore per Oscar al generale Jarjayes. questa parte non mi è mai andata giù. spero che non siate troppo severe nel indurmi a lasciar perdere a continuare a scrivere e di leggere la storia con leggerezza e in più spero che vi diverta. vi avverto che i personaggi saranno un pò OOC...ne approfitto per augurare un Buon Natale a tutte! baci!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Oscar François de Jarjayes
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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prima di questo capitolo volevo chiarire solo un paio di cosette. primo: in questo capitolo non ci sarà molto. lo considero come un capitolo di passaggio, noioso ma fondamentale per la fine che mi sono prefissata. secondo: non succederà nulla di stravagante o sensazionale, soltanto noiosi blateramenti... terzo: volevo evidenziare un punto che non avevo chiarito. la mia Oscar non è affetta dalla tisi. ho sempre odiato questa poco dignitosa fine della mia eroina...ovviamente senza nulla togliere al capolavoro della Ikeda...detto questo mi arrogo di questa stupida licenza poetica per descrivere un momento che avrei voluto che si svolgesse così... senza essere troppo drammatico...in fondo la vita non è solo di un colore... baci a tutte!





E adesso eccola lì…
Perdente per la prima volta.
Inesorabilmente sconfitta.
Sola e distrutta seduta in angolo del suo orgoglio fatto a pezzi intenta a leccarsi le ferite.
Era tornata barcollante nella sua torre inespugnabile di alterigia e  integrità, lontana dalle tentazioni e dalla vita, avvolta da robusti strati di confortante ipocrisia.
E adesso all’interno della sua torre gelida sentiva freddo. L’eco del suo cuore echeggiava lento nel vuoto delle oscure pareti.
I suoi occhi spenti osservavano senza vederlo il camino spento di fronte a lei. Lasciò cullare lievemente il liquido color rubino nel suo bicchiere rimanendo ipnotizzata dal delicato movimento.
Non ne aveva bevuto nemmeno un goccio. Non aveva voluto rubare nessun centimetro di quel movimento corposo ed elegante. Se solo avesse bevuto avrebbe dovuto osservare l’immagine sbiadita del vino mancante attraverso il cristallo sporco.
E questo era un peccato. Quel semplice movimento rivelava una tale eleganza da lasciarla senza fiato.
Oramai erano poche le cose che la lasciavano senza fiato.
E una tra queste se l’era lasciata sfuggire esattamente quel pomeriggio.
Chiuse gli occhi e cercò di reprimere le lacrime che impudenti avevano cercato più volte di sgorgare dai suoi occhi gelidi.
Ma come fare per indurre la propria mente a non indugiare in quei ricordi così recenti? Era impossibile? Oppure semplicemente godeva nel farsi del male?
Si portò una mano sul viso cercando di zittire il gemito che più volte aveva minacciato di fuoriuscire dalle sue labbra secche e strettamente serrate.
Non doveva ricordare! Non poteva!
“Non sono tanto disperato da permetterti di comandarmi anche a letto. Non è di una prostituta di cui ho bisogno. Quelle le trovo a iosa ovunque e anche assai meno dispendiose di te, di te che vuoi il comando assoluto del mio cuore e adesso anche della mia anima. Ti desidero come non mai ma non a questo prezzo. Non ho mai voluto infangare la nostra amicizia. A quello ci hai già pensato tu. Se verrai a letto sarà solo per amore. Niente di meno. Adesso scusami”…
Aprì gli occhi, serrò forte le labbra lasciando fuoriuscire con attenzione il respiro corto dalle narici…ma stava scoppiando, non avrebbe resistito molto. Oramai si conosceva bene.
Cercò di calmare il cuore che sentiva rimbombare nel suo petto come se le chiedesse urlando di lasciarlo uscire. Lei si portò una mano sul petto e cercò di infondersi un po’ di calore. Quel calore che ormai non trovava più rifugio nella sua anima.
Piano piano la crisi sembrò passare e lei tornò a respirare normalmente. Ma era una sensazione momentanea e traditrice. Presto altri spezzoni di ricordi sarebbero affiorati lasciandola senza forze e più umiliata di prima, fino a che non avesse spirato l’ultimo respiro.
Ma in fondo come rimanere sani e coerenti dopo quello che aveva vissuto? Dopo il secco rifiuto ricevuto? Se lo chiedeva da ore ormai ma mai nessuno era venuto lì da lei per confortarla.
Solo uno sguardo pieno di rancore che faceva capolino più volte davanti ai suoi occhi.
Ripensare a quell’ultima frase però era il momento peggiore. Il suo rifiuto beffardo, perfido e graffiante l’avevano ferita.
No.
Scosse la testa. Non era la parola giusta.
Non era ferita. Era stata pugnalata al cuore, dritto al centro del suo essere. Colpita con il solo intento di spegnere la sua luce.
Lui, André, l’aveva rifiutata. Rifiuta in modo sprezzante a tal punto da uccidere quel poco di vitalità che le era affiorata nella sua anima dopo aver scoperto di amarlo. Lui, che sempre con poche parole, era riuscito ad essere confortante e pronto ad aiutarla. Ad essere la spalla su cui piangere, dove cercare rifugio o semplicemente trovarlo pronto a regalarle quella parola gentile in un momento in cui si era sentita sconfortata.
Ma era stato anche franco, schietto in modo disarmante tante altre volte. Perfido nella limpidezza dei suoi pensieri. E quel giorno era stato tutto questo.
L’aveva colpita più e più volte. Senza lasciar niente in sospeso. Senza più nessuna parola da rivolgersi. Lasciandola inerme e sconfitta. Vuota.
E adesso la luce che aveva saputo far brillare attorno a sé si era affievolita fino a sparire. La sua ombra, come amava definirsi André, si era fatta luce oscurando lei. Per sempre.
Le aveva vomitato addosso tutto il suo rancore e le sue delusioni. E non riusciva a dargli torto. Aveva temuto tante volte questo momento ma paventarlo non era servito ad evitarlo.
E adesso era sola.
Sola come non mai.
Rifiutata. Rifiutata come non lo era mai stata.
Certo, era stata rifiutata da Fersen una volta, tanti anni prima, e ricordava bene come si era sentita.
Umiliata. Mortificata.
Ma leggera. Si, leggera. Come libera da un peso estraneo.
Era stato come se il rifiuto di Fersen avesse aperto uno spiraglio attraverso il suo cuore spezzato.
In fondo non era stata mai tanto sicura di riuscire a cambiar vita solo per stare con lui. Avrebbe dovuto rinunciare a troppe cose.
La sua libertà.
Alla sua casa. A Nanny.
Ai propri sogni.
Al raggiungimento dei propri traguardi.
Ad André.
In fondo lei non aveva mai avuto la stoffa per sposarsi. O così aveva creduto.
Ma il rifiuto di André era stato diverso. Come se avesse lacerato la sua anima in profondità.
Aveva rifiutato lei e il suo corpo. L’aveva disprezzata rifiutando inconsapevole, forse, che lei gli stava donando in modo maldestro anche il suo cuore.
Respinta come una volgare e rozza donna di strada.
Dissacrata e beffata.
Eppure…eppure non riusciva ad odiarlo per questo.
Non riusciva a non pensare che in fondo si era meritata tutto.
Che cosa aveva sperato in fondo? Che lui al suo minimo schiocco di dita si sentisse onorato delle sue attenzioni?
Si, lo aveva sperato. Era troppo abituata a comandare e ottenere tutto ciò che volesse.
…Io non sono oggetto ottenuto dopo la conveniente stipula di un contratto…
No, non era un oggetto e lei per troppe volte lo aveva dimenticato. Troppo timida e insicura per affrontare il suo André con il cuore in mano invece che in sella al proprio orgoglio.
Doveva rimediare. Non pensava ad altro ormai. Non voleva continuare a compiangersi delegata nella sua torre. Voleva vivere di nuovo.
Aveva lottato per anni battaglie non sue. Le convinzioni del padre. La protezione della regina. Dimostrare a se stessa di essere non meno degli uomini, ma…aveva sempre vinto e ne era uscita distrutta e senza coraggio.
Adesso voleva lottare per il cuore. Quel cuore che aveva tenuto rinchiuso per troppo tempo.
Ma la consapevolezza di ciò non le aprivano alcuna strada. Non sapeva che fare.
André era diventato un territorio impervio ed inespugnabile.
Conquistarlo sembrava ormai impossibile.
Ma voleva provarci.
Come fare?
D'altronde, sembrava che il loro destino fosse segnato ormai dalle loro nascite.
Lei era una nobile e non poteva amare un plebeo. E lui si rifiutava di essere il suo amante.
Amarlo sembrava non bastare…
Questa volta voglio tutto!... quelle parole riecheggiavano senza tregua ma, benché risultassero tanto affascinanti, Oscar non riusciva come interpretare quel tutto…non era il mero desiderio appagato tra le lenzuola. Era di più…ma cosa?
Corrugò la fronte sentendo dei passi felpati dietro di sé.
Cercò di mantenere la calma e non girarsi di scatto sperando di vedere l’unica persona che amava al mondo, che fosse tornato da lei per illuminarle la strada da percorrere insieme. Ma la voce che accompagnò quei passi sconosciuti la riempirono di delusione e al contempo di collera mal repressa.
“Oscar? Che fai al buio?” chiese stupito il padre aggrottando la fronte.
“Nulla padre” rispose senza emozione Oscar tornando a fissare il suo bicchiere pieno.
“Ho saputo che i tuoi uomini alla fine sono stati liberati”
“Si. Anche stavolta posso solo ringraziare la bontà della Regina. Che Dio benedica la regina” sorrise Oscar alzando il bicchiere in segno di brindisi.
“Smettila di scherzare…sai bene che questa volta abbiamo davvero rischiato una rivolta…non capisco come quelle persona siano venuti a sapere della carcerazione dei soldati della Guardia…”
“Io e i miei soldati possiamo dire di essere stati molto fortunati” disse con un sorriso segreto. Se solo suo padre sapesse che era stata proprio lei a chiedere di aizzare la folla per liberare i suoi uomini…
Sorrise ancora.
Alzò lievemente lo sguardo verso suo padre che con passo rigido si dirigeva verso la finestra che dava sul cortile.
“Posso immaginare Oscar…” prese un respiro: “Che per te è stato un momento molto difficile e che magari mi consideri un padre ingiusto…ma…sai bene che dovevo farlo” sapevano entrambi a cosa si stesse riferendo.
“Si, lo so” non voleva parlare di quello che era successo. Non ne aveva le forze.
“Io posso solo ringraziare Iddio per aver messo nella nostra strada André… se non fosse stato per lui a quest’ora saresti vittima innocente di un accusa infondata. André ha permesso che si perdesse un po’ di tempo. Se solo il mandante della Regina fosse arrivato con un po’ più di ritardo al momento…non so…Oh mio Dio…” bisbigliò afflitto portandosi una mano al viso.
Oscar rimase insensibile all’evidente dolore del padre. Le spiaceva che soffrisse per i suoi errori,  o presunti errori, ma non si pentiva per aver disubbidito agli ordini del re. Non avrebbe mai permesso di sparare alla folla.
“Siamo debitori alla nostra Regina. Ci ha donato un grande regalo salvandoti dall’accusa di tradimento. E spero che tu, Oscar, saprai prenderne giusta nota”
“Si, padre”
“Gli dobbiamo la vita oltre che al nostro onore. E il nostro appoggio in questi momenti così difficile è fondamentale. Non dimenticarlo Oscar. Non dimenticare mai a chi dobbiamo la nostra fedeltà”
“Non dimentico, padre”
Il generale non sembrò molto soddisfatto dalla risposa atona di Oscar. Qualcosa non andava. Sembrava che nella sua voce mancasse di convinzione.
Si girò verso di lei e la trovò sempre uguale a come la conosceva. Retta. Elegante. Dignitosa. Altera. Come poteva essere solo un De Jarjayes, ma, eppure, qualcosa non andava.
Il suo sguardo era vuoto. Perso in chissà quali struggimenti.
Avrebbe dovuto essere contenta. Felice. Soddisfatta almeno. Aveva ottenuto tutto quello che aveva desiderato. La liberazione dei suoi uomini. La sua salvezza. Ma niente. Inerme e silenziosa come non mai.
Qualcosa la preoccupava.
“Spero tu sappia qual è il tuo posto in società? È tuo dovere obbedire ciecamente agli ordini del nostro re. Mentore del nostro regno. Spero che il tuo ruolo come comandante delle Guardie non ti abbia influenzata negativamente…”
“Conosco i miei doveri. Me li ripetete dacché sono cresciuta. Non ho fatto altro che espletare i miei doveri”
“Bene. Anche se…se tu avessi obbedito sin da subito adesso non ci troveremmo qui a parlarne…”
“Voi, voi mi avete insegnato ad onorare il ruolo che Dio mi ha donato. Dimostrarmi all’altezza del mio titolo e del nome che porto. Mi dicevate che un nobile teneva sulle sue spalle grandi responsabilità tramandate dai propri prestigiosi e valorosi antenati. Antenati che hanno combattuto a fianco del re al servizio del popolo. Liberando il popolo dalla tirannia e dalle conquiste barbare. Non avete idea di come queste parole siano state essenziali nella mia vita”
“E dove erano quando hai tradito il tuo re?”
“Il mio re ha tradito il popolo… non posso pensare altro quando mi si viene imposto di sparare alla folla. In mezzo a bambini indifesi e donne. Uomini disarmati e guidati dalla fame e dalla miseria, non certo educati all’arte della guerra. Voi non mi avete mai indotta a combattere slealmente”
“Non dire eresie Oscar! Quegli uomini, quella gente che tu ancora ti ostini di difendere non era altro che meri traditori! Era solo un accozzaglia selvaggia di primitivi! Questa non è la Francia!”
Oscar abbassò lo sguardo, il volto infiammato dall’ira. Avrebbe voluto continuare a polemizzare ma temeva quel confronto. Lo temeva grandemente… non era mai stata in grado di fronteggiare suo padre…quando improvvisamente le parole cariche di livore di André le vennero alla memoria…
…“Hai talmente timore di tuo padre che per sopperire il torto a me fatto accetti la mia scandalosa offerta. Preferisci prostituirti piuttosto andare contro gli ordini del tuo mentore!”…
“Non mi piacciono le tue parole Oscar. Spero per te che adesso tu abbia capito per chi combattere!” urlò il padre stringendo i pugni.
Oh si, padre…
“Si, padre, scusatemi se vi ho riposto così in malo modo. Ma questi eventi così tristi mi hanno sconvolto. So qual è il mio posto e grazie a voi non lo dimenticherò mai” disse con voce falsamente ubbidiente e rispettosa.
Il padre sorrise fiero di lei e avvicinandosi disse: “Sono fiero di te Oscar. So che tu non mi deluderai in questi momenti difficili. Sai essere valoroso e coraggioso in un modo tale che nessuno è mai riuscito ad eguagliarti. Sono orgoglioso di te”
“Vi ringrazio padre” e sorrise.
“Ma perché tieni quel broncio? Qualcosa non va?”
“No, padre. Sto solo ripensando agli ultimi eventi che hanno scosso la tranquillità della nostra grande nazione”
“Si, sono periodi duri questi. Ma sono sicuro che la corona saprà addomesticare ancora il proprio popolo come si fa con un cane rabbioso e affamato. Basta qualche carezza e un tozzo di pane ben distribuito e gli animi si allenteranno”
Si, come sparare alla folla…per favore padre!
“Già”
“Ma tornando a discorsi più lieti… Sono passato dalle scuderie poco fa e ho potuto notare con mio grande diletto che il mio nuovo acquisto, Raul, è davvero al di sopra delle mie aspettative. André ha fatto davvero un buon lavoro” disse con voce gaia tanto per attirare la sua attenzione. Parlare di André, in passato, aveva sempre conquistato l’animosità di Oscar.
Il suo sorriso però venne smorzato dall’espressione lugubre sul viso della figlia.
“Oscar? Che cosa c’è?” chiese infastidito dal suo impertinente silenzio.
“Niente padre”
“So, che nel pomeriggio sei passato a trovarlo. Spero che quel ragazzo sappia che gli devo la tua vita”
Oscar non rispose sentendosi arrossire.
“E’ incredibile, figliolo, come quell’André abbia fermato la mia mano. Ha avuto un coraggio senza precedenti. È sempre stato un bravo ragazzo, silenzioso ed ubbidiente, insomma un perfetto servo. Anche se…”
“Cosa padre?” chiese Oscar, messa subito in allarme dal suo tono grave.
“Non mi sono piaciute le sue parole. Certo, ho ammirato il modo in cui ti ha difeso ma non le sue parole. Si è lasciato vincere anche lui dal veleno traditore che si sta propagando tra le vie di Parigi. Ma lui è un plebeo. È facile per lui dimenticare qual è il suo posto nella società. Sposarti! Ah! Che assurdità!”
“Per questo lo avete chiamato? Per ricordargli qual è il suo ruolo in questa famiglia? Per ricordargli che il suo posto è tra le bestie?” chiese allibita Oscar alzandosi.
“Cosa ti aspettavi? Si era fatto strane idee su di te e su tutto. Mettere addirittura in discussione i ruoli essenziale della nobiltà e la borghesia è davvero un sacrilegio. Meglio ricordargli che è sempre al servizio dell’aristocrazia” e con un mezzo sguardo altero si girò verso la finestra lanciando il suo sguardo verso le scuderie.
Oscar era senza parole.
Adesso si spiegava tutto.
Il livore di André. La sua delusione. La sua collera.
Aveva capito l’intento del generale e per questo sembrava impazzito dalla rabbia che covava dentro. Lei era stata solo la miccia per farlo scoppiare.
Era stato usato, manovrato dietro la cortesia di un favore, per giunta gratis, solo per costringerlo a ricordare che lui non era un nobile e che la sua condizione di uomo del popolo era e sarà sempre essere al servizio della classe del primo stato.
Si sentì tremare, si sentì travolta dal dolore, dall’ignominia delle parole crudeli del padre.
Era ovvio che il padre non aveva digerito le parole di André. La sua impertinenza. Il suo gridare impetuoso di volerla sposare.
…“Tu no sei un nobile! Non puoi sposarla! Solo il re può permettere un matrimonio!”
“E se il re si innamora di una donna a chi deve chiedere il permesso?”…
Le parole sibilline di André riecheggiarono chiare nella sua memoria. Comprensibili finalmente anche per lei.
André aveva ragione. Era assurda questa distinzione di classe. L’amore non si può comandare secondo il proprio prestigioso passato o di quanto sia importante il nome della famiglia a corte. Se due persone si innamorano lo fanno solo perché glielo detta il cuore e non il re.
Il re è solo un uomo come tutti gli altri. Mangia, dorme, beve, si arrabbia, ride, si ammala e muore come qualsiasi mendicante di strada.
Basta! Basta con l’ignoranza e chiudere gli occhi su quegli argomenti così limpidi agli occhi di chiunque. Doveva agire.
E per farlo doveva fare la sua scelta. La giusta strada da percorrere.
E lei aveva scelto.
Aveva scelto la strada del cuore.
“Avete ragione padre. André non è altro che un domestico”
“Temevo, per un momento, che fosse stato lui a metterti queste strane idee in testa. Ma vedo che mi sbagliavo”
“Si, padre, sbagliavate. André è la persona più onesta che conosca…” dovette trattenere l’espressone scettica che le si era formata in viso: “Se ha detto quello che ha detto è stato solo un maldestro mezzo per indurvi a non uccidermi. Lui non sa, non può capire l’importanza del vostro sacro gesto”
Il padre sorrise a pieno viso. Era soddisfatto dalle parole di Oscar. Per la prima volta in quegli ultimi trent’anni Oscar parlava esattamente come voleva lui. Gli riempì il cuore di orgoglio.
Oscar si diresse verso la porta e prima di uscire disse: “Voglio farvi un regalo padre. Un regalo in onore a voi e a ciò che voi avete fatto di me. Un presente per dimostrarvi la mia stima per voi. Vi prego di accettarlo.”
“Di cosa parli Oscar?”
“Voglio fare una cosa che ho sempre odiato. Voglio regalarvi un mio ritratto”
“Ah ah ah. Che bello Oscar! Ne sono davvero compiaciuto! Da anni ne desideravo uno! Ti riserverò il posto d’onore in salotto. Lì la luce è perfetta e saprà dare giustizia alla tua immagine, che, pretendo, deve essere superba!” rise il padre.
Oscar sorrise, annuì e uscì dalla stanza dirigendosi verso i suoi appartamenti. Mentre un piano prendeva corpo nella sua mente.
 
***
 
Alain passeggiava tranquillamente per i corridoi della caserma felice come non mai di rivederne le lugubri pareti. Quei giorni in prigioni, certo come non mai che la fine era vicina, erano stati i peggiori che la sua mente ricordasse. Ma era vivo. Era stato condannato e invece era vivo. Libero. Grazie alla folla e soprattutto alla caparbietà del suo comandante. Gli doveva la vita.
Scosse la testa quando vide André, che silenzioso, guardava con sguardo assente fuori da una piccola finestra.
“Che ti succede Grandier? Da quando sei tornato che non hai proferito parola”
“Si, lo so. Hai ragione. Sono stato intrattabile in quest’ultimo periodo. Ti prego di perdonarmi”
“Ti va di parlarne”
“No, preferisco di no”
“Hai litigato con la tua bella?”
“Te l’ho già detto. Non mi va di parlare”
“E’ da un po’ che il comandante non ti fa chiamare nel suo ufficio per ogni minima scusa. E tu casualmente hai quella faccia da scemo. Avete litigato?”
“Alain, ti prego dammi tregua”
“Uhm…non mi convinci. C’è qualcosa che non va…vediamo…la tua donna comandante ti ha fatto una sceneggiata perché stai troppo tempo fuori a far baldoria con noi?”
“No”
“Ti ha fatto una scenata perché ultimamente non le rivolgi più quegli sguardi adoranti?”
“No”
“Perché fai il cascamorto con la nostra bella Juliette?”
“No, Alain per favore!”
“Ah ah ah ah! Questa volta devo esserci andato vicino! Sei tutto rosso!”
“non riesco a capire perché Oscar dovrebbe farmi una scenata per Juliette!”
“Ah! Mio caro e bel innocentino! Non hai mai notato come ti guarda il comandate dalla sua finestra quando viene a farci visita la bella rossa? Già me la immagino che accartoccia tra le dita un foglio di carta per sfogare la sua rabbia. È gelosa. Ascolta un amico!”
“Ricordi che stiamo parlando di Oscar, vero?”
“Si, certo. Il nostro bel comandante biondo che si è presa una sbandata per il soldato più scemo della caserma!”
“Sembrava che parlassi di me, ma visto che parli del più scemo allora credo che tu ti stia riferendo a te!”
“No, quello scemo sei tu. È incredibile che tu non riesca a vedere che quella lì non ti toglie gli occhi di dosso… ma d’altra parte perché mi stupisco. Sei mezzo orbo tu…”
“Oggi ti sei convertito al partito Torturiamo ad André?”
“Ah ah ah!” rise di cuore Alain. Ma tornando serio di colpo chiese con tono grave:“A proposito hai parlato con il medico? Che ti ha detto?”*
“Che sto rischiando grosso. A causa della tensione e della pressione mentale sto affaticando anche l’occhio destro. Dovrei, secondo lui, lasciare l’arma e dare riposo ai miei occhi. Potrei rischiare di perdere anche l’occhio destro…”
“E tu non hai alcuna intenzione di lasciare l’arma…”
“Già…”
“Ne hai parlato con Oscar?”
“No, se lo facessi lei mi manderebbe via”
“E sarebbe una cosa sensata. Siamo alle porte di una guerra. Un soldato cieco non è mai stato il massimo tra le prerogative di un esercito”
“Lo so”
“Sarebbe un suicidio, lo sai”
“Si”
“Esiste una cura?”
“Fondamentalmente riposo. E si, andare dal medico più spesso… ieri mi ha messo un liquido nell’occhio che mi ha per un momento dato un po’ di sollievo. Ancora il destro non è spacciato, ma pare che il mio destino sia segnato”
“Sei uno sciocco, André”
“Si lo so”
“Come pensi di poter dare una mano all’esercito e alla tua bella se non vedi più nemmeno il fucile che impugni! A volte mi verrebbe di picchiarti a sangue”
“Non servirebbe a niente”
“Uffa! Ma che razza di sortilegio ti ha fatto quella lì? Hai praticamente tutte le cameriere di tutte le taverne che frequentiamo ai tuoi piedi! E tu ti fissi con l’unica donna che non te la darà mai!” sbuffò l’amico scuotendo la testa. Inarcò un sopracciglio notando che André stava ridacchiando mentre una strana luce maligna brillava nel suo occhio ancora sano.
“Perché ridi?”
Se solo Alain sapesse che Oscar si era offerta su un vassoio d’argento! Chissà la faccia che farebbe!
“Scusa. Mi ha divertito solo il tuo sfogo”
“Senti fai una cosa: rapiscila. Tanto lei sarebbe d’accordo. Andate via lontano e vai in qualche posto tranquillo dove curare il tuo occhio e addomesticare quella bionda!”
“Non capisco perché non ci abbia mai pensato!” ridacchiò ancora l’uomo guardando Alain.
“Si, si, ridi, ridi. Tanto ti stai condannando a diventare cieco e suicidarti al minimo accenno di guerriglia. Non posso stare sempre lì a salvarti…” assottigliò gli occhi in modo minaccioso quando notò lo sguardo da cane bastonato che André imitava alla perfezione… ma non resistette molto…
“Ehi, dai non fare così…lo sai che ti salverò sempre se posso, ma…che ti succede?” chiese quando gli vide morire il sorriso, che birichino aleggiava sul suo viso.
“Niente. Ho solo voglia di stare solo. Lo so che ti chiedo tanto, ma ho bisogno di riflettere. Quello che dici è vero e ho bisogno di pensarci su…per favore”
“Va bene. Ma forse il tuo problema è proprio questo. Sei stato per troppo tempo da solo. Dovresti sfogare la tua rabbia con qualcuno e…”
“Ah! L’ho già fatto e no ho risolto nulla!” lo interruppe acido l’uomo tornando a guardare da fuori della finestra. Assottigliò gli occhi. Oscar era appena arrivata in caserma e stava scendendo dal proprio cavallo.
Alain seguì il suo sguardo e notò come André guardasse il suo comandante rabbuiandosi in volto.
“Avete litigato” proclamò entusiasta.
“Già” cedette André.
“E l’hai anche mandata al diavolo!”
André, malgrado la furia che la vista di Oscar gli aveva scatenato, rise.
“No. Non potrei mai”
“Perché? Guarda che se lo meriterebbe”
“Lo so. Ma ricordati sempre che io sono un suo sottoposto”
“Si, come no. Dai André, non m’incanti! Che cosa è successo?”
“Le ho solo…” si portò un mano ai capelli scuotendo la testa: “Alain, non è successo nulla. Solo che…Oddio…ho sbagliato…ho perso la testa e le ho vomitato addosso tutto la mia rabbia e la mia delusione. Ho perso il controllo…”
“E’ successo qualcosa di grave?”
“No, non le ho fatto del male se è quello che intendi. Forse, credo di avere esagerato. Ma se tornassi indietro mi comporterei allo stesso modo. Anzi, avrei dovuto farlo molto prima.”
“Questo ti fa onore, amico”
“Non riesco ancora a capire perché in tutti questi anni le abbia permesso di trattarmi…come dici tu? Ah! Come un tappetino ai suoi piedi! Le ho permesso di tutto! Ma adesso… dopo l’ultima volta…”
“Cosa è successo?” chiese incuriosito Alain.
André gli raccontò brevemente l’episodio con il generale e l’inaspettata presa di posizione di Oscar.
Alain annuì ma non commentò.
“Non mi vergogno di quello che ho fatto o di quello che ho detto. Sono convinto di ogni parola che è uscita dalla mia bocca, ma non riesco a darmi pace per il suo mutismo. Se solo lei avesse avuto una qualche reazione. Non so! Urlarmi di andare via e sbrigarsela da sola con suo padre e lasciarsi uccidere. Oppure che mi appoggiasse davanti a suo padre. Ero lì, in ginocchio pronto a darle la vita. Invece lei avrebbe permesso che morissi senza dire una parola. Nemmeno un addio. È proprio questo che mi fa rabbia. Ho sopportato di tutto. L’umiliazione. La derisione dei nobilotti imparruccati che mi stavano attorno. La sottomissione per dei principi che non capivo e non appoggiavo. Tutto. Ma la sua indifferenza non l’ho retta…”
“Magari era sotto shock” cercò di calmarlo alain, che ricordava con chiarezza quanto fosse stata sconvolta l’allora nuovo comandante Oscar quando aveva visto, con occhi sbarrati, André sanguinante e pesto sotto i pugni dei suoi commilitoni che poco apprezzavano il suo passato come servo degli aristocratici.
“Me lo sono detto tante di quelle volte Alain! Ma non ci riesco! Non riesco a convincermi! Non ci riesco a sopportarlo, non più ormai! Sono stanco di questa indecisione! Se solo lei mi avesse mandato via! Se solo lei mi avesse fatto capire da che parte stava! Io adesso saprei che strada percorrere!” chiuse gli occhi afflitto: “Sono stanco di vivere a metà. Incerto su quale sponda approdare. Se lei non continuasse a trattarmi in modo tanto ambiguo…”
“Mi pare di averti detto tante volte che quella donna non merita il tuo amore”
“Non sai quante volte ho provato a comandare il mio cuore e imporgli di dimenticarla, così all’improvviso. Ricordavo a me stesso tutto il male che sopportavo per lei, e quando ero pronto a lasciare tutto e andarmene lei tornava con un sorriso e con quella frase dolce che abbatteva tutte le mie difese. E l’altro giorno l’ha fatto di nuovo, lì nella scuderia...”
“Scuderia? Che è successo?” chiese Alain ghiotto di pettegolezzi.
“Ero arrabbiato. Il padre mi aveva fatto chiamare per addestrare il suo cavallo pulcioso. Tutto uno stratagemma per ricordarmi qual è il mio posto. L’idea che Oscar non mi consideri altro che un essere inferiore mi fa impazzire…anche se lei mi ha sempre giurato che non mi ha mai considerato al di sotto di lei… ma non ci ha mai creduto veramente…”
“Sono convinto che ti piacerebbe stare davvero sotto di lei!” rise Alain.
André rise ma tornando serio continuò:“Stavolta ho trincerato il mio cuore. Starò al suo fianco ma non sarò altro che un suo soldato. Non credo più alle posizioni sociali e alla monarchia. Se lei mi dicesse solo una parola, un'unica parola per capire che mi ama, o che non può vivere senza di me la prenderei e la porterei via da qui al volo, ma se così non sarà non farò più nulla per avere qualcosa di diverso da lei. Ho vissuto per troppo tempo in questo limbo tra l’amore e il dolore”
“Pare che le mie prediche abbiano dato frutti!”
“Ah ah ah! Già Alain! Solo conoscendo la fame e la miseria ho capito cosa non ha prezzo nella vita di un uomo: cioè la sua dignità. Quella non sarà più in vendita”
“Non essere troppo crudele però. Sappi ponderare ciò che ti sta attorno. Ma adesso vado. Stammi bene caro poeta!”
“Grazie Alain. Sei un vero amico. Avrei dovuto conoscerti parecchi anni fa”
Alain gli fece l’occhiolino e se ne tornò in camerata fischiettando.
André sorrise scuotendo la testa tornando ad osservare Oscar, che parlava fittamente con il colonnello D’Aguille.
Con sguardo serio ripensò alle sue parole.
Chissà perché quella sua nuova decisione, quel suo nuovo modo di agire non gli dava sollievo. Sentiva come un orribile peso allo stomaco che non gli permetteva di respirare liberamente.
Aveva mentito? Tutte quelle belle parole erano solo menzogne per ringalluzzire il suo orgoglio?
Scosse la testa e seguì Alain in camerata.
Forse era solo un ipocrita.


* mi sono sempre chiesta perché André non volesse curare il suo occhio, sembrava che godesse nel soffrire. ma tanto ormai ho stravolto il personaggio e continuerò a farlo impunemente. spero vogliate perdonarmi per questo.



   
 
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