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Autore: Harriet    30/12/2010    3 recensioni
Le ragazze del Nord si sposano giovani, e il loro unico sogno è avere una casa da mandare avanti, per essere rispettabili agli occhi di tutti. Perché la gente del Nord, se non sei rispettabile, smette di considerarti, di vederti.
Lora Arvess è una ragazza come tutte le altre, e aspetta il suo futuro, come tutte le altre. Ma un gruppo di stranieri non particolarmente rispettabili sta per cambiare le cose.
L'Autunno è in arrivo.
[Storia completa in 2 parti. L'ambientazione è affine al fantasy ma non c'è presenza di magia.]
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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II – Proposte e desideri


There's another world inside of me
That you may never see



- Che stai facendo?
La mercante sollevò lo sguardo dalla bacinella che aveva di fronte e mi fece un cenno con la testa.
- Spero che non sia un problema se lavoriamo in giardino.- Disse. - Se vuoi ci troviamo un altro posto.
- Ma no. Sono anni ormai che tutti quanti preparano i loro costumi in giardino. Che c'è, lì dentro?
- Sto usando la mia merce. Colori per la stoffa. Tingiamo alcune stoffe per fare il costume bianco del Sonno.
- Come funzionano, queste tinte?- Le chiesi. Ero sinceramente incuriosita. Arkayn mi fece cenno di sedermi accanto a lei, poi prese un sacchettino da terra e lo aprì, mostrandomi la polvere giallastra al suo interno.
- Questo un composto che stinge la stoffa. Va messo in acqua insieme al tessuto e lasciato lì per un paio d'ore. Il tessuto verrà fuori schiarito e sbiadito. Poi lo si mette di nuovo in bagno, questa volta insieme a un'altra polvere.- Aprì un altro sacchettino: era ricolmo di una polvere più densa, simile ad argilla, di un bel rosso acceso. - Dopo una notte in bagno con questa tintura, la stoffa sarà del colore che vorrai.
- Mi piace. E come si fa a fare tutto questo?
- Ci vogliono un giardiniere e un alchimista.- Rispose. Quando sorrideva, il viso precocemente invecchiato si addolciva e diventava gradevole. - Il primo produce le piante che offrono i colori, il secondo prepara i composti. E io mi limito a viaggiare, cercare laboratori e poi andare in giro a vendere il prodotto completo.
- Non devi vendere tanto. Voglio dire, è una cosa strana.
- Lo è al Nord. A Sud ho dei clienti fissi che mi danno da vivere dignitosamente. E' il motivo per cui vengo poco quassù. Però a volte si trova chi è interessato, e poi io spero sempre che l'uso di tingere le stoffe si diffonda anche qui.
In quel momento sentii il rumore di una corsa sull'erba, alle mie spalle. Ci raggiunse Caden, che mi sorrise e mi offrì un mazzo di foglie autunnali di ogni forma, legate insieme con un nastrino.
- Arancioni come i tuoi capelli.- Mi disse, molto fiero di sé.
- Grazie.- Accettai il mazzolino con un certo divertimento. - Sai, i capelli come questi si dicono rossi.
- I miei sono rossi. Quelli di Arkayn sono rossi e grigi. I tuoi sono arancioni.
Colsi una risatina trattenuta dalla mercante.
- Va bene.- Sospirai. - Diciamo di sì.
- Caden non si preoccupa molto delle formalità dei gesti e delle parole.- Disse la mercante. - Però penso che alla fine si diverta molto più di noi che ci angosciamo per l'apparenza. Non trovi?
- Forse.- Mi aveva colta di sorpresa, quell'affermazione. Lui si divertiva? Non ci avevo mai pensato. E io, mi divertivo, a stare dietro a ogni minima cosa, a ogni particolare che poteva farmi sfigurare? Ero sicura di sì, però... Chissà, forse davvero Caden tutto sommato se la passava meglio.
Beh, Caden non aveva una reputazione da mantenere e un matrimonio da procurarsi!
- Ehi, guardate!- Darit arrivò correndo, spuntando dal nulla. Dietro di lui arrancava Eyven, il più fedele dei cagnolini. Il giovane biondo reggeva tra le braccia un involto che posò a terra, ai nostri piedi. Erano stecche di legno dritte di diversa grandezza e alcune strisce di una stoffa molto rigida, quella che usavamo per i colletti e i risvolti delle giacche.
- Cos'è?- Si informò Arkayn, tastando la stoffa.
- E' per l'oggetto.- Spiegò Darit. - La competizione prevede che costruiamo un oggetto, no?
- E tu che vorresti fare?- Domandai, facendo un'espressione scettica per il gusto di dargli contro.
- Un ombrello.
- Un che cosa?
- Oh, sì, ho capito.- Arkayn prese la più lunga delle stecche di legno in mano e l'appoggiò contro la spalla. - E' un oggetto che usano molto nel Sud. Consiste di un manico e di una specie di corolla posta alla sua sommità. Le stecche di legno reggono la stoffa. Si usa per ripararsi dal sole.
- O dalla pioggia, se la stoffa è abbastanza grossa e magari trattata con qualche composto che la rende impermeabile.- Disse Darit. - Per un periodo ho lavorato in un meraviglioso negozio dove si vendeva ogni sorta di oggetto, e ho visto certi ombrelli stupendi, delle vere opere d'arte.
- Fatemi capire.- Toccai col piede il mucchietto di stecche di legno. - Voi fate un cerchio di legno, sopra ci tendete delle strisce di stoffa e lo attaccate su un manico. Come una specie di fiore gigante?
- Esatto! Verrà fuori una cosa bellissima, e scommetto che nessuna altra squadra realizzerà un ombrello!
- Probabilmente nessuna altra squadra nemmeno saprà che cos'è, un ombrello.- Ribattei. - Però ammetto che mi piacerebbe vederne uno. Mi incuriosisce.
- Ah, ecco qui i nostri sposi con quello che avevamo chiesto loro!- Darit prese a fare grandi cenni di saluto in direzione di Enveja e Mrild che arrivavano carichi di paglia e rami strappati a qualche rampicante. Quando ci raggiunsero, mi salutarono con cenni e sorrisi, e poi lei disse qualcosa di molto simile a saltando permessi a turno, anche se poi, riflettendoci bene, capii che voleva dire fa caldo, per essere quasi autunno. E aveva ragione: c'era un'afa incredibile e un semplice passo riempiva di sudore. Ci chiedevamo tutti quando finalmente sarebbe scoppiato il temporale liberatorio, ma il cielo rimaneva pulito e l'aria irrespirabile.
- Useremo i rampicanti per avvolgere la principessa addormentata.- Spiegò Darit. - E la paglia, quella la tingeremo di rosso e la disporremo per terra tutt'intorno alla strega. Lei avrà un lungo mantello rosso e lo agiterà facendo vento e sollevando la paglia sminuzzata.
- Rosso?- Chiese Mrild, e quella parola la pronunciò miracolosamente bene.
- E' il colore delle streghe e dei mostri, nelle leggende del Nord.- Disse Arkayn. - O almeno, così dice Kedra.
- Bello!- Mrild batté le mani. Aggiunse qualcos'altro che non capii, Darit le rispose nella sua lingua e presero a conversare tranquillamente.
- Fammi indovinare. Ha lavorato anche nel posto da cui vengono quei due?- Chiesi a Eyven. Lui scosse la testa.
- Non c'è mai stato. Ma ha lavorato per un mercante che veniva da lì.
- Dì la verità: non ti viene mai voglia di strangolarlo, quando elenca tutti i mestieri che ha fatto?
- Oh, sì. Mi trattiene soltanto una cosa. La certezza che si libererebbe di me in un secondo, spiegandomi che ha lavorato presso qualche ordine segreto di lottatori che gli ha insegnato i trucchi del mestiere.
Risi e quasi senza pensarci tesi una mano al giovane biondo, aiutandolo a rimettersi in piedi, dopo che aveva finito di sistemare i pezzi dell'ombrello. Darit si era lanciato in qualche altra spiegazione, e gli sposi, Arkayn e Caden erano del tutto presi da lui e i suoi progetti. Io mi arrischiai a fare una domanda a Eyven.
- Perché siete in viaggio?
- In genere quando rispondiamo la gente diventa meno carina con noi.
- Come mai dici così? Insomma, non sarete mica due assassini in fuga o qualcosa del genere?- Dissi, ridendo di nuovo. Anche lui rise, ma in modo molto diverso da me.
- Non possiamo tornare nel posto da cui veniamo. Abbiamo dato noia a persone potenti.
- Quindi siete davvero in fuga?
- Non lo so più nemmeno io. Ci sono arrivate buone notizie da casa. Sembra che qualcosa stia cambiando. Che presto potremo rientrare. Insomma, abbiamo vagato per quasi tre anni, ma è molto peggio gironzolare intorno ai confini di casa in attesa di un permesso che potrebbe non arrivare mai.
- Tre anni senza tornare a casa?- Mi sembrò un tempo piuttosto lungo. Soprattutto paragonandolo alla mia vita sedentaria e tranquilla. - Quanti anni avete?
- Lui ne ha trentadue, io ventisette.
- Le vostre famiglie sono rimaste a casa?
Rise di nuovo e mi disturbò un po'.
- Non abbiamo famiglia. Non nel senso che intendi tu. Ci sono persone che ci aspettano, sì, ma... Ehi, ci sono posti dove non ci si sposa così giovani come al Nord.
- Venite dalle parti di Nimis, vero? Si sente dal tuo accento del centro.
Lui scosse la testa.
- Io sono di Nimis. Lui è dell'Ovest. Ma casa nostra è a Est.
- Rinuncio a capire, va bene. L'importante è che non siate degli assassini o dei criminali fuggitivi.
- Cosa cambierebbe, se lo fossimo davvero?
Lo guardai con un misto di incredulità e spavento. Che razza di domanda era, quella? Implicava che si potesse essere in qualche modo ben disposti verso criminali e assassini.
- Mi sembra piuttosto ovvio.- Risposi, sentendomi profondamente a disagio.
- Ah sì? E' ovvio che se una persona ha commesso qualcosa di sbagliato in vita sua allora vada giudicata solo per quello?
Sorrideva, e io ero spaesata e confusa. Avrei voluto rispondere di sì, però allo stesso tempo avvertivo che forse non era la risposta giusta.
- E' meglio se vado ad aiutarli con la paglia e i rampicanti.- Disse lui. In quel momento soltanto notai qualcosa di strano, sotto la sua camicia con i primi bottoni slacciati.
- Che hai fatto, al petto? Hai una cicatrice.
- Lo so, che ho una cicatrice.
- Certo che lo sai. Non era quello che intendevo. Se non vuoi dirmelo, non importa.
Questa volta fu lui, ad andare in confusione. Si fece serio e dovette fare un respiro profondo, prima di rispondermi.
- E' il risultato di quella cosa sbagliata che ho commesso.
Per in quel momento arrivò Kedra, portando con sé un mucchio di stracci, e Darit reclamò l'attenzione di Eyven risparmiandomi di dovergli rispondere.
Non so cosa gli avrei potuto dire, davvero.
Guardando le sette persone davanti a me, che discutevano di stoffe e colori, tranquilli come bambini, pensai che erano tutto quello che io non volevo essere. Erano privi di casa e di soldi, erano indicati come persone sgradevoli, erano considerati pazzi o ingenui, erano invisibili alla maggior parte della gente.
Eppure, nemmeno uno di loro mi aveva squadrata dall'alto in basso, nessuno aveva commentato il fatto che ero figlia di mercanti disonesti, nessuno aveva guardato la stoffa lisa del mio vestito non del tutto alla moda, nessuno aveva bisbigliato che ventidue anni erano tanti.
Mi chiesi se c'era qualcosa, in loro, che mi era sfuggito.
- Allora, sei sicura di non voler essere la nostra strega?- Darit mi rubò ai miei pensieri con un sorriso e un tocco lieve sulla mano. - Potremmo anche farti vincere questa battaglia di fiabe, sai? Il nostro coraggio non cederà e saremo dei soldati fedeli e implacabili!
- E' una fiera di paese, non una guerra!- Lo derisi.
- Tutto è una guerra. Si combatte con tante armi diverse. Vuoi allearti con noi, Lora?
Io scossi la testa e corsi via.

Dimenticai la squadra degli straccioni: anch'io avevo una squadra e una storia da interpretare. Raggiunsi Milit, Elrina e Dalytha nella nostra stanza, eccitata per il progetto.
E lì, sulla soglia, capii che ero stata precipitosa nella mia gioia.
Tutta la mia infanzia e la mia giovinezza erano state rannuvolate da una presenza che non voleva saperne di sparire. Si chiamava Rinna ed era la figlia del gioielliere. Era magra e nervosa, però aveva una chioma color oro lunga e mossa, che sembrava qualcosa di vivo, una cascata di sole lucente, e occhi verdi come nessun'altra in paese. Sapeva imporsi e incantare. Dettava legge con un sorriso o con la negazione di esso. Mezza parola, e aveva già la situazione in mano. Le mie amiche subivano il suo fascino e fin da piccole erano sempre state più che felici di lasciarla entrare nel nostro gruppo. Io la odiavo, invece, e lei se n'era accorta. Così mi faceva pagare, entrando nel cerchio delle mie amicizie e facendo di tutto per lasciarmi fuori. L'aveva sempre fatto. L'odio era reciproco, in fondo.
Che ci faceva lì, con le altre?
- Allora, non dovremmo metterci al lavoro?- Dissi, oltrepassando Rinna e gettandomi nella stanza. Poi mi voltai verso di lei e le concessi appena un cenno della testa, giusto per salvare l'apparenza.
Le tre espressioni colpevoli che mi ritrovai davanti mi dissero in anticipo quel che avrei sentito poco dopo.
- In realtà noi volevamo dirtelo, ma...- Cominciò Milit.
- No, è che Rinna ci ha proposto un'idea che ci piaceva, solo che c'è un problema.- Disse Elrina, arrossendo fino alla punta dei capelli chiarissimi.
- Io pensavo di aiutarti a trovare un altro gruppo, semmai!- Si offrì candidamente Dalytha.
- Rinna vi ha proposto qualcosa con quattro personaggi e mi state lasciando fuori?- Tagliai corto, furiosa.
- Non è per te... E' solo che l'idea...- Balbettò Milit. Io però non la lasciai finire: me ne andai senza ascoltare altre stupide spiegazioni.
La prima nuvola autunnale cominciava a farsi vedere sul percorso luminoso e ordinato della mia vita.
Attraversai il cortile e imboccai l'ingresso per la zona delle stalle e dei magazzini. Non avevo idea di cosa fare. Forse ero stata precipitosa. Forse avrei potuto parlare con le ragazze, convincerle a riprendermi in squadra, a trovarmi qualcosa da fare, in fondo era una sciocchezza...
Entrai nelle stalle, senza sapere bene cosa stavo facendo. Ero solo molto agitata, anche se la rabbia stava passando. Sì, sarei dovuta tornare dalle altre. Era la cosa migliore.
- Ehi, Lora!
Kaln, uno dei miei probabili corteggiatori, si stava occupando del suo cavallo. Lo raggiunsi, indecisa se asciugarmi le lacrime e mostrami allegra oppure farmi consolare e giocare la carta dell'ingiustizia per portarlo dalla mia parte.
- Ciao, Kaln.- Lo salutai, piuttosto mesta, scegliendo la seconda possibilità.
- Allora, pronta per la festa? Guarda che non puoi evitare la rievocazione, Lora! Le ragazze sono più belle in costume. Voglio vederti recitare e cantare.
- Certo.- Risposi, avvicinandomi un po'.
Lui mi sorrise, mi sfiorò il viso con una mano e passò oltre.
Magari era buio. Non si era accorto che non ero proprio allegra. Mi voleva vedere in costume. Era una bella cosa. Sorrisi e pensai a quello.
Uscii dalle stalle e tornai in cortile, e lì trovai Milit e le altre che armeggiavano con dei grandi teli verdi, sotto la guida di Rinna. Mi avvicinai, assumendo un'aria seria, da persona ancora un po' offesa ma disposta a trattare.
- Non... Non te la sei presa così tanto, vero?- Mi chiese Milit, prendendomi le mani.
- Potremmo anche rivedere la cosa, non vi pare?- Risposi.
- Noi avremmo chiesto in giro alle altre squadre. Ce ne sono due o tre a cui manca un personaggio. Sarebbero felici di averti con loro. Dai, tanto l'importante è divertirsi tutti quanti insieme dopo le rievocazioni, no?
Tutta la mia determinazione svanì in un soffio. Avevano deciso e io ero rimasta fuori. Di nuovo mi ripetei che era una sciocchezza, però del resto la mia vita era sempre stata composta da sciocchezze di quel genere, quindi mi sentivo perfettamente autorizzata a farne qualcosa di più grande. Me ne andai senza dire niente e rientrai nella locanda.
Però Kaln mi voleva in costume.
Allora avrei trovato un'altra squadra, più bella e più interessante, e avrei fatto la mia figura a discapito di quelle stupide.
Andai in giro per una giornata intera, chiedendo a tutti se potevo gareggiare con loro. Ma mancavano solo cinque giorni alla festa e non c'era nessuno a corto di personaggi. Fu piuttosto umiliante mendicare un posto in squadra, e fu peggio ritrovarsi da sola. E la mia unica opzione era ancora più tremenda che rimanere esclusa dalla competizione.
Non potevo certo accettare...

Però...
A cosa mi dovevo ridurre, per avere un po' d'attenzione dai ragazzi e poter indossare un costume, mi dissi, quando andai al loro tavolo, durante la cena.
- ... mia zia era nell'esercito di Emys-Daynar. Si occupava di fuochi ed esplosioni. Era una mezza alchimista.- Stava dicendo Darit, tutto preso dal discorso.
- E naturalmente ti ha insegnato qualcosa, eh, Darit?- Anche Arkayn aveva imparato a conoscerlo.
- Purtroppo no. Anche se devo ammettere che in un'occasione specifica i suoi talenti sono stati di grande aiuto a me e a Eyven.
- Ma non vi racconteremo come e perché. Non è proprio il caso.- Lo interruppe Eyven. - Basta così. Saranno già stanchi della tua chiacchiera inestinguibile. Pensiamo alla gara, piuttosto: non abbiamo ancora la strega.
- Avevo pensato che potessi farla tu, Eyven. Ti togli il costume da Sonno e poi...
- Non se ne parla!
- La faccio io.- Mi intromisi. Ci fu il silenzio completo e tutti quanti mi fissarono. Io arrossii e mi stizzii un po'. - Che ho detto di tanto pazzesco?
- Niente.- Rispose Darit. - E' che non ce l'aspettavamo. E siamo contenti. In virtù del mio ruolo di condottiero di questo piccolo battaglione...
- Condottiero auto-eletto.- Puntualizzò Eyven.
- ... io accolgo ufficialmente Lora nelle nostre fila. Lo scontro sarà duro, ma so che il tuo coraggio non svanirà e che onorerai il sacro legame di amicizia che regna nel nostro esercito!
Eyven mi fece segno di ignorarlo.
- Al tuo costume penseremo noi.- Si intromise Arkayn. - Basterà che ci porti qualche tuo vecchio accessorio, noi lo tingeremo e lo sistemeremo a dovere.
- Sai cos'ho fatto, una volta?- Ricominciò Darit. - Ho lavorato come aiutante di un monaco mezzo pazzo che allestiva rappresentazioni nelle piazze, e...
- Ti prego, no!- Gli misi una mano sulla bocca, esasperata. - Non voglio sapere cosa ti ha insegnato il monaco mezzo pazzo. Ditemi cosa vi serve e domani ve lo porterò.
Gli altri risero, e per la prima volta in quella giornata disgraziata mi sentii parte di qualcosa.

Vollero un bustino e una gonna: avrebbero tinto tutto di rosso, mi dissero, e avrebbero pensato al resto. Per due giorni li lasciai lavorare, cercandoli il meno possibile e stando ben lontana anche dalle altre. Lavoravo con la madre di Milit e stavo per conto mio, cercando semmai di incrociare Kaln e sorridergli quanto più possibile. La sera tornavo in camera quando le altre già dormivano e così evitavo di dover parlare con loro.
A tre giorni dalla fiera, di mattina, stavo pulendo una camera, quando mi sentii chiamare dal cortile. Mi affacciai: c'erano tutti e sette, e avevano costruito quel loro fiore gigante sul manico, l'ombrello. Era davvero un bell'oggetto, a guardarlo bene. Otto triangoli colorati di stoffa partivano dal centro della corolla e si stendevano, sorretti da fini stecche di legno. Il manico, un lungo ramo dritto, era stato rivestito di nastri intrecciati. Era piacevole a vedersi e immaginai che potesse essere grazioso andare in giro con quello, per proteggersi dal sole.
- Che bel lavoro!- Gridai, entusiasta.
- Vieni giù a provarlo!- Mi chiamò Kedra. - Lo porterai tu alla giuria.
- Io?
- Certo. Sei l'ospite d'onore della squadra.
Non avevo mai sentito Kedra così gentile con nessuno. Mi sbrigai a finire la pulizia della camera e corsi da loro, quasi dimenticando che era gente con cui era meglio non farsi vedere. Tenni in mano l'ombrello e ne ammirai la fattura. Ricevetti un altro fiore da Caden, guarnito di uno scarabeo morto che fortunatamente Darit scosse via prima che potessi accorgermi della sua esistenza.
- Se chiedessimo a un paio di bambini se vogliono partecipare?- Mi domandò Eyven, che aveva una bimbetta con la candela al naso in braccio. - Potrebbero fare la parte dei tuoi servitori.
- Metti giù quel fagotto di sporcizia. Sua madre l'avrà lavata sei mesi fa, l'ultima volta. E' la più famosa puttana di questa zona, la sua cara mamma. La scarica qui giorno e notte. La cacciano in un letto, quando la trovano in giro. Si sente la puzza da camere di distanza.
- Anche mia mamma lo era.- Mi rispose Eyven, tranquillo. - Cioè, non era la più famosa di nessuna zona, temo. Però il mestiere era quello. Lei mi lavava tutti i giorni, però. Ho sempre una certa simpatia per le prostitute che fanno anche le mamme. Sono due mestieri inconciliabili. Deve essere dura.
Io ammutolii, imbarazzata e sconcertata. Guardai la bambina e mi fissai sugli occhi verdi e sul moccio al naso. Sospirai e mi tolsi un fazzoletto di tasca. Le pulii il naso e le spostai un ciuffo dagli occhi, trattenendo un'esclamazione di schifo. Lei fece un verso buffo e mi sfuggì un sorriso.
- E' piccola, questa qui, per recitare.- Risposi.
- Se la tieni per mano magari può farcela.- Insisté Eyven.
- Accetta.- Mi sussurrò Darit. - Quando si tratta di bambini e gatti perde ogni ragionevolezza.
- E va bene. Se sua madre non viene a reclamarla, possiamo farla recitare. Però prima la dovete lavare!
- Può farlo Arkayn.- Disse Kedra. - E' brava a far lavare la gente. Mi ha insegnato come si fa.
- Non sapevi come ci si lava, Kedra?
- Sì. Ci si tuffa in un fiume o in un lago. Ma, sai, in una locanda è un po' complesso, trovare un fiume o un lago. Solo che nessuno qui ha mai voluto indicarmene uno nei dintorni.
- Non c'è un fiume nei dintorni.
- Bastava dirmi che potevo mettere dell'acqua in una tinozza.
- Non ci eri mai arrivata da sola?- Sbottai. Quella donna era assurda!
- Mah, forse ci avevo pensato. Però non lo sapevo. Magari in questo paese le tinozze non esistono. Magari c'è una legge che proibisce di lavarsi in camera. Che cosa ne so, io, povera vagabonda, di cosa fate qui?
Mi fece tenerezza, all'improvviso. Non mi era mai successo niente del genere. Forse, davvero, in quella gente c'era qualcosa che non ero capace di afferrare completamente.
- Bene.- Sospirai. - Sono contenta che Arkayn ti abbia svelato il mistero.

Il primo giorno d'autunno arrivò, caldo come l'estate che ci eravamo lasciati alle spalle. La festa cominciò fin dal mattino: tutti iniziarono a lavorare un'ora più tardi, tutti appesero decorazioni rosse e oro alle porte e alle finestre, tutti parteciparono all'immensa colazione offerta dai locandieri a tutti quanti, gratuitamente, nella piazza principale del paese.
Il mio costume e la mia parte erano pronti, i miei compagni di squadra sembravano divertirsi come non mai in tutta la loro vita. Darit continuava a ripetere che eravamo un piccolo esercito e che avremmo combattuto insieme, perché non era ancora il giorno in cui gli uomini abbandonavano i loro amici e spezzavano i legami e le alleanze, e simili frasi che non ero in grado di capire. Mi spiegarono che erano citazioni di poemi epici e cose del genere. Gli dissi che la prendeva troppo sul serio e lui mi rispose che sarebbe morto per i suoi compagni, da bravo condottierio. Lo mandai a quel paese e tornai a lavorare in cucina.
Dopo il pranzo, mentre le mie amiche addobbavano le sale principali della locanda, io me ne andai per non stare con loro e mi rifugiai in una delle zone più solitarie del giardino, cercando di concentrarmi su quello che Kaln mi avrebbe chiesto, quella sera. Non mi accorsi della presenza di Darit finché non mi apparve davanti, facendomi un cenno di saluto.
- Non ti facevo una persona così pensierosa da cercare la solitudine qui.- Mi disse.
- E tu che ci fai?
- Riposo la mente.
- Ah sì? E come mai?
Alzò le spalle e sorrise.
- Mi sento un po' gravato dai pensieri. Niente a cui non sia abituato. E' che il posto in cui vorrei tornare sembra più vicino e ho paura di non poterci rientrare mai.
- Eyven mi ha detto che avete fatto arrabbiare i potenti e per questo siete in fuga. E' vero? O è una nobile scusa che vi siete inventati per coprire qualche misfatto?
- E' così importante?
- Non lo so. Però i rivoluzionari non mi stanno simpatici. E' da idioti rischiare tutto per un'idea.
- Non abbiamo rischiato per un'idea. Abbiamo rischiato per delle persone. Volti, nomi, storie. Perché i loro governanti non erano onesti. Le idee non mi piacciono così tanto, le persone sì.
All'improvviso mi accorsi che mi ero avvicinata a lui. Fin troppo. E stavo pensando che non c'era nessuno, intorno a noi. Sì, stavo proprio pensando a quello. Mi gettai contro di lui, posandogli le mani sul petto, e mi protesi per baciarlo.
Riuscii appena a sfiorargli le labbra con le mie. Mi prese le mani con dolcezza e mi allontanò. Non fu brusco, però fu chiaro.
E mi fece arrabbiare. Mi sentii terribilmente offesa.
- Che c'è? Non ti piacciono le donne? Sei un monaco casto? O magari ti conservi per qualche amore che hai lasciato in giro nei tuoi viaggi?- Gli dissi, con un sorriso sprezzante.
- Non vedo niente di offensivo nelle tue parole.- Mi rispose, con una calma esasperante. - E la risposta alle tua domande è “sono affari miei”. Sei una bella ragazza e una persona interessante, ma non voglio quel che mi stai offrendo ora. Fine del discorso.
Mi volse le spalle e si allontanò. Io aprii bocca, feci per gettargli addosso ancora qualche parola cattiva, ma non ne trovai.
Mi sedetti e piansi per la rabbia, e anche perché avevo l'impressione che qualcosa sarebbe andato completamente storto, in quella giornata e in tutta la mia vita.

E la sera arrivò. C'era ancora caldo, ma lentamente, durante tutta la giornata, si erano visti i piccoli segni che indicavano un grosso cambiamento. Si aspettava la pioggia. Ci si chiedeva solo quando sarebbe esplosa, perché tutti gli indizi lasciavano intuire un arrivo violento. Però la festa era la cosa più importante: il giardino era pieno di luci e di danze, e io mi ero quasi dimenticata di tutte le cose che mi avevano angosciata in quei giorni. Ballai con Yvel e con Kaln. Ballai perfino con Darit, che ebbe abbastanza decenza da non ricordarmi l'episodio di poche ore prima.
Caden mi domandò una danza ma io sfuggii senza concedergliela. Lo vidi ballare con Kedra, ripulita e ben pettinata. Tutto sommato poteva avere una trentina d'anni, non di più. E non era nemmeno brutta. I coniugi dell'isola dal nome impronunciabile ballavano con stili e movenze che facevano ridere i presenti, eppure non mancavano di una certa grazia. Darit ballò con me e con Arkayn. Era piuttosto bravo, così tanto da colmare anche le lacune della mercante sgraziata. Eyven cercò di sfuggire ogni occasione di danza, anche se durante l'ultimo ballo prima della gara fu acchiappato da Darit e trascinato nella mischia: era una di quelle danze che si fanno in cerchio, tutti insieme, e lui si ritrovò tra Darit e Caden, i più entusiasti della compagnia, quindi fu costretto a unirsi. Era un ballerino terribile, ma verso la fine della danza lo vidi ridere.
E poi arrivò il momento della rappresentazione. Darit ci fece di nuovo una di quelle arringhe da condottiero, ricordandoci il nostro coraggio e la nostra amicizia. Ridemmo e dicemmo di sì, poi ci preparammo a gettarci in pasto agli sguardi della gente con la nostra assurda scena.
A distanza di anni non so ancora se fu orribile o divertente.
Le squadre erano otto e ciascuna presentò qualcosa di totalmente folle e raffazzonato, ma era quello lo spirito della gara: tirare fuori qualcosa da niente, e in questo fummo piuttosto bravi. I bambini attaccati alla mia gonna erano diventati tre e furono bravissimi a spargere paglia rossa ovunque per il giardino. Kedra era quasi bella: aveva indosso un abito rosa, anche se era almeno quattro taglie sopra la sua e l'avevano dovuto adattare con un'abbondanza esagerata di nastri. Chiesi di chi fosse, mi risposero che era di Darit. Non volli ulteriori informazioni.
Eyven recitò meglio di tutti, dimostrando che la sua abituale posa un po' depressa poteva svanire facilmente, e che forse aveva più tempra di quel che avevo pensato. I coniugi stranieri dissero poche parole e le dissero a modo loro, cosa che fece morire dal ridere gli spettatori, ma Darit fu bravissimo a improvvisare battute su battute, per far quadrare nella scena anche gli strafalcioni dei due. Caden fu un principe sdolcinato e Arkayn aveva qualcosa di regale per davvero, interpretando la madre della principessa.
Io mi lasciai sconfiggere dai quattro servi e caddi malissimo su una caviglia, facendomi male, ma per fortuna Darit se ne accorse e finse di voler infierire sul corpo della nemica distrutta, e così mi spostò in modo da non rovinare la scena e da evitarmi di dover restare per troppo tempo in una posizione dolorosa.
Infine la principessa Kedra si svegliò e cantò, e io rimasi a bocca aperta, incredula: quel vocione cupo, quelle inflessioni rudi, quel modo di parlare così poco gradevole erano spariti del tutto, per lasciare spazio a una voce profonda, intensa, vibrante di forza e dolcezza, bellissima.
Bellissima, e non c'era altra parola.
Applaudirono tutti, alla fine. Anch'io.
La giuria fece vincere le mie compagne, naturalmente. Figuriamoci se una squadra di disgraziati come la mia avrebbe potuto avere qualche possibilità! Però arrivammo primi, a sorpresa, con la costruzione dell'ombrello. Tutti rimasero stupiti, e io fui fiera di portarlo di fronte ai giudici e poi in giro, tra la gente, per farlo ammirare. Per la prima volta in vita mia ero contenta di poter mostrare qualcosa di strano, qualcosa che la gente guardava con curiosità.
Le mie amiche non mi dissero nulla, ma non mi importava: ero bella, ero ancora giovane e quella sera un ragazzo del paese mi avrebbe fatto una proposta di fidanzamento.
Arrivò il momento. I musicisti attaccarono una danza lenta, una musica dolce di sottofondo, e i ragazzi, tutti armati di fiori, cominciarono ad andare in cerca delle loro preferite.
- Strano posto, questo.- Mormorò Kedra, accanto a me. - Fate delle cose così belle. Conservate le tradizioni, giocate, cantate, tirate fuori la vostra anima e la vostra fantasia. Ma lo fate solo quattro volte all'anno. Per il resto, chiudete i sogni fuori dalla porta e vi basta ciò che è solido e utile. Potreste avere uno splendido giardino e vi accontentate di occuparvi di un cimitero.
Sentii, ma non la stavo ascoltando. Kaln avanzava verso di me. Aspettai, speranzosa, col cuore che batteva.
Lo vidi passare oltre e non mi voltai, perché sapevo che poco distante da me, alle mie spalle, c'era Rinna. Non volli vederlo mentre le offriva i suoi fiori, tra le grida e gli applausi di tutti. In quello stesso momento Yvel stava dando i suoi fiori a Dalytha. Dalytha, più piccola di me di quattro anni. I ragazzi avevano già trovato la loro dama, quasi tutti, e quelli rimasti erano gente che non mi aveva mai degnata nemmeno di uno sguardo.
Quando tutti furono accoppiati, la musica si fece allegra e travolgente, e tutti si spostarono, per lasciare che le nuove coppie danzassero, al centro della festa. Io mi tirai indietro, di nuovo, per il quinto anno consecutivo, ancora sola, non più giovane, senza niente.
Ero sicura che sarebbe stato il giorno che mi avrebbe cambiato la vita. Era solo un altro triste inizio di autunno, mentre la giovinezza mi sfuggiva dalle mani insieme alle speranze per il futuro.
Scoppiai in lacrime. E in quel preciso istante, quando la prima lacrima arrivò a toccarmi le labbra, il cielo decise che era stufo dell'estate e che era l'ora di liberare l'autunno. Ce lo dimostrò con la più forte grandinata di cui io avessi memoria. Esplose all'improvviso: nel caldo statico, incurante della musica e della danza, arrivò la grandine, fortissima, e divenne l'unica protagonista della festa, strappando le decorazioni e spegnendo i lumi.
Non poté fermare l'allegria: la gente, tra le risate e le imprecazioni, si riversò nelle sale della locanda, per continuare a danzare, bere e festeggiare fino all'alba.
Io rimasi sola, con i chicchi che mi piovevano addosso e le lacrime che non volevano smettere.
- Fa parte dei riti della festa anche questo? Rimanere come degli scemi a prendere la grandine?
Darit mi gettò sulle spalle il mantello rattoppato che aveva usato nella recita. Mi voltai verso di lui e glielo resi.
- Che ci fai qui?- Poi mi accorsi che c'erano tutti. Tutti e sette, come dei completi idioti, a prendere la grandine insieme a me.
- Verrà il giorno in cui un capitano tradirà i suoi uomini, in cui un soldato abbandonerà i suoi compagni, in cui un amico diventerà un nemico. Ma non oggi. Oggi rimaniamo insieme sotto la grandine al fianco del soldato Lora Arvess. E ci bagneremo finché lei vorrà, per dimostrarle la forza della nostra alleanza!- Declamò Darit. Gli altri risero, poi Mrild si tolse il velo scuro che indossava e me lo mise sui capelli, mentre Kedra mi riparò la testa con l'ombrello che avevamo costruito.
- Ci dispiace, se sei triste.- Disse Caden.
- Magari ti aspettavi qualcosa che non è accaduto.- Arkayn mi posò una mano sul braccio. - Ma non è detto che sia per forza una brutta cosa.
- Come può non esserlo?- Gridai, la mia voce sempre troppo piccola e fragile nel fragore della grandine. - Continuo a rimanere sola! Non sono mai abbastanza bella o abbastanza simpatica per mantenermi degli amici o per trovarmi un fidanzato! Oggi doveva essere un giorno speciale e si è risolto nel solito fallimento che mi tocca tutti gli anni!
Non risposero, però mi si strinsero intorno. La grandine stava diminuendo, per lasciare spazio a una pioggia fitta e costante.
- Sai, a volte penso che il giorno più speciale della mia vita sia stato quello scappai di casa, per non diventare pazzo.- Mi disse Darit. - Avevo quattordici anni. Non fu un bel giorno. Però... Alla fine quel giorno mi ha portato in dei posti meravigliosi. Mi ha fatto vivere cose splendide e incontrare persone che amo. Anche un fallimento può cambiarti la vita in meglio.
- E' vero, quello che dice ora Darit.- Mi disse Mrild, sorridendo. Scandì bene le parole per me, con sforzo, senza scoraggiarsi. Suo marito mi informò del fatto che affitta fieno cortese a brutti stronzi, e non sarei mai arrivata a capire che voleva dirmi che la vita è piena di sorprese tutti i giorni, se Eyven non me l'avesse tradotto con un bisbiglio.
Continuai a piangere, ma questa volta era perché mi avevano commossa, con quella simpatia e quel conforto così spontanei per una persona che, tutto sommato, era quasi un'estranea per loro. Il mondo di quella gente semplice mi accoglieva, senza chiedere niente. Non era quello che avevo desiderato, però almeno non ero rimasta completamente da sola.
- Dai, seguiamo la tradizione del Sud!- Ci incitò Darit. - A ogni inizio di stagione si esprime un desiderio alle stelle!
La pioggia si addolciva, anche se qualche chicco di grandine ritardatario continuava a piombarci addosso. Il caldo era un po' attenuato, il cielo era quasi soddisfatto di quel che aveva combinato. Ero infreddolita ma non avevo voglia di rientrare. Quella proposta folle mi piacque. Mi sarebbe piaciuta qualsiasi cosa, in quel momento.
- Io desidero che smetta di grandinare.- Cominciò Caden. - E che Lora smetta di piangere.
- Che la nuova stagione porti nuovi clienti.- Disse Arkayn, abbracciando suo fratello e cercando di ripararlo come poteva con i lembi del suo mantello, cosa difficile vista la stazza di entrambi.
- Bambini.- Disse Mrild, sfiorandosi il ventre. Suo marito sorrise e ripeté quel gesto, annuendo. - E anche salute.- Aggiunse lei. - A tutti.
- Io voglio tornare a casa presto.- Sospirò Eyven. Darit si appoggiò alla sua spalla e si scostò un ciuffo di capelli bagnati dalla fronte.
- Già. Casa. Anch'io voglio tornare a casa. Ritrovare quelli che abbiamo lasciato. Rimettere le cose a posto. E poi mi piace il desiderio di Mrild: anch'io voglio dei bambini! Ci pensavo in questi giorni e credo proprio che dovrò avere sette figli.
- Sette?- Chiedemmo tutti quanti, tra il riso e l'esasperazione.
- Sette. Mi piacciono le persone, la compagnia e i bambini. E di questi sette, esigo che almeno due entrino in politica e facciano qualcosa di molto buono.
E se non fossimo stati tutti in piena crisi di riso, avrei giurato che stavo piangendo perché volevo che quel desiderio si realizzasse, più che il mio, e forse pure lui era commosso fino alle lacrime e non semplicemente bagnato dalla pioggia.
- Ma la madre dei sette figli lo sa, che hai queste intenzioni?- Chiese Arkayn, e tutti ridemmo ancora.
- Spero di sì.
- Se lo immagina, credo.- Disse Eyven. - Beh, che siano sette, allora. Tanto sono bravo a cambiare i pannolini. Ehi, però se dobbiamo puntare così in alto, allora io voglio fare da custode alle persone che amo per sempre.
- E' un desiderio bellissimo.- Disse Kedra.
- Di solito mi danno dell'idiota, quando lo esprimo.
- E' bellissimo.- Insisté lei. - Io voglio incontrare sempre persone come voi, che mi insegnano quel che non so, ascoltano le mie storie e le mie canzoni e sono capaci di esprimere desideri così.
E in quel momento tutti mi guardarono. Capii che dovevo esprimere un desiderio anch'io. Sollevai gli occhi verso le stelle e mi domandai cosa volessi davvero.
Volevo un marito, una casa, una sistemazione e una vita tranquilla. Volevo essere rispettata. Non volevo essere invisibile. Volevo quello che avevo sempre voluto, quello che ero stata abituata a desiderare.
Però non riuscii a dirlo, e forse fu il motivo per cui non si è mai realizzato.
- Voglio essere felice.
Nascosi il viso tra le mani e sentii che diverse braccia mi si erano strette attorno.
- Potete riportarmi a casa? A casa mia.- Chiesi, tra i singhiozzi.
- Dicci dov'è. Abbiamo mantelli e un ombrello.- Mi rispose Darit. - Te l'ho detto, oggi è un giorno di alleanze onorate e fedeltà. Non possiamo rifiutarti niente.
Mi accompagnarono tutti, mentre ancora il cielo aveva qualcosa da dire e sputava le sue ultime gocce di pioggia. Mi lasciarono di fronte alla porta di casa mia e io li abbracciai uno per uno, augurando loro buon viaggio, e così fecero con me.
Quando arrivai a Eyven, mi abbracciò forte e mi sussurrò all'orecchio.
- Lora, hai tutto il tempo del mondo. Sii felice e basta, non pensare alla gente. Io ho fatto una cosa terribile e da allora mi sento in colpa ogni volta che sono felice. Ma tu puoi fare così tante cose meravigliose. A me sei piaciuta. Non ti manca niente.
- Grazie. Io... spero che anche tu sia felice completamente, presto.- Gli risposi. Forse non avevo mai davvero desiderato così tanto una cosa per qualcun altro.
Darit mi fece un inchino e il baciamano.
- La madre dei miei sette figli futuri mi sta aspettando.- Mi disse. - O almeno, mi auguro che sia così. E tu sei troppo bella e intelligente per svenderti al primo straniero di passaggio, o per struggerti a causa delle sciocche usanze della tua gente. Puoi fare tutto quel che vuoi, Lora Arvess.
Sparirono nella pioggia tenue, e io rimasi a guardare la strada vuota davanti a me, chiedendomi cosa sarebbe successo da quel momento in poi.

Me lo sto ancora chiedendo, tre anni dopo. Lavoro nella bottega del tessitore, in uno dei quartieri meno vitali del paese, e ho una piccola stanza tutta per me. Non vedo le mie vecchie amiche da quel primo giorno d'autunno di tre anni fa. Non ho trovato un fidanzato. Non sono nemmeno più tornata alla locanda dei Rel o alla Festa d'Autunno. Mi chiedo se Kedra o Arkayn siano ripassati di lì. Avrei voluto tanto rivederli, ma mi sono sempre fermata sulla soglia, senza il coraggio di tornare lì e rivivere quella notte di tre anni fa.
La mia compagnia adesso è per lo più gente strana che nessuno prende molto sul serio. Io non ho problemi a parlare con loro, loro vengono sempre da me. Solo che non mi avvicino mai troppo. Penso ancora che sia una cosa sconveniente. Finisco per essere gentile, ma non una vera amica.
Non è una brutta vita. Però ho l'impressione di non aver ancora capito qualcosa di fondamentale.
So che potrei anche essere felice, se l'idea di essere diventata invisibile anch'io non mi facesse perdere ogni voglia di sorridere.
Non so bene cosa succederà, ora. Non so se succederà qualcosa. Potrei continuare così per tutta la vita. Un'esistenza moderata, a tratti piacevole, con pochi colori e nessuna sorpresa.
Tra qualche giorno sarà autunno di nuovo. L'anniversario del giorno in cui sono diventata invisibile.
Cosa chiederò quest'anno alle stelle?





Epilogo – La risposta delle stelle


Well, somewhere in this darkness, there’s a light that I can’t find
Well, maybe its to far away, maybe I’m just blind
Maybe I’m just blind



E' primavera e la stazione di posta di Keydver è piena di gente. Non ci sono cavalli per il carro del tessitore, così Lora Arvess, seccata e in ritardo, è costretta ad aspettare lì. Deve portare i filati alla più grande bottega della città: un ottimo affare, nessun altro tessitore del Nord è riuscito a trovare contatti a Est. Se solo si sbrigassero! Le hanno detto che per almeno un'ora non c'è nulla da fare. Un'ora in quel caos di gente che parla un dialetto diverso dal suo, gente così solare da sembrarle stranissima, gente vivace e incline a mettersi a cantare così, dal nulla, mentre corre e sbriga le sue faccende.
Cantare.
Una voce che lei conosce.
- Kedra?
Si volta e vede la cantastorie insolitamente pulita, con un bambino dai capelli scuri e ricci in braccio, e accanto a lei Arkayn e Caden, con grosse borse a tracolla.
La coglie un sentimento di allegria meravigliosa che non prova da tempo. Dimentica il problema del carro e corre verso di loro, agitando una mano. Quando Kedra la vede lancia un grido di esultanza.
- Lora Arvess, dal più puzzolente buco del Nord di questo maledetto regno! E' un miracolo, questo! Siamo tutti qui!
- Tutti?- Domanda Lora, facendosi largo tra la folla e raggiungendo finalmente il gruppetto.
- Le stelle ci vogliono bene.- Dice Caden. - Ci hanno fatti ritrovare.
- Allora, come stai, ragazza?- Le domanda Arkayn. Ha i capelli sempre più grigi e un bel sorriso.
- Diciamo che... Va piuttosto bene, sì.- Risponde Lora. - E voi? Gli affari vanno bene?
- Benissimo!- Dice Arkayn. - Per strada, mentre eravamo diretti qui, abbiamo trovato Kedra, che frequenta questa città già da un paio d'anni, e ci ha dato grandi notizie.
Prima che possano informarla delle grandi notizie un gruppo di mercanti in corsa li separa. A malapena Lora riesce a ritrovare Kedra col bambino.
- Ma... E' tuo?- Domanda Lora. Kedra scoppia a ridere e scuote la testa.
- Che ti viene in mente ? E' il figlio di...
Di nuovo la folla vuole impedire a Lora di capire. Si ritrova troppo distante dagli altri, anche se può ancora vederli.
- Dove alloggiate?- Urla, sperando che la sentano.
- Alla locanda Serian!- Le risponde Arkayn. Lora fa cenno di aver capito. Si allontana, mentre gli altri si perdono tra la gente.
- Vieni a trovarci!- Sente le ultime parole della donna.
All'improvviso è come se un lampo di consapevolezza accendesse la penombra della sua esistenza. Quello che le è sempre sfuggito in quei tre anni e mezzo è chiarissimo, lì di fronte a lei.
Qualunque sia il tuo desiderio, forse non è proprio possibile essere felici da soli, eh?
Sarà per quello che ha tutta questa voglia di ritrovare quella gente strana e stare con loro? Se proprio deve essere un'invisibile, allora deve imparare quel loro modo mirabile di riconoscersi e ritrovarsi tra sé. E poi, riflette, gli invisibili hanno una prerogativa di cui non si era mai accorta. I normali non socializzano con gli invisibili, ma gli invisibili cercano tutti, parlano con chiunque dia loro attenzione. Altrimenti quei sette folli non sarebbero diventati suoi amici quasi per caso, in quel primo giorno d'autunno che le ha cambiato la vita.
Va bene, pensa. Proverò a fare così. A trovare qualcuno con cui fare un po' di strada insieme. Magari sarà bello. Magari mi verrà voglia di ridere di nuovo. Il sole primaverile è dolce e piacevole, però Lora realizza che preferisce la grandine e l'autunno, e si accorge che ogni stagione ha la sua bellezza. Ci sono donne che fioriscono in primavera, altre che sbocciano in autunno.
Si scioglie i capelli arancioni e riceve la carezza del vento.
Alla fine le stelle sono affidabili, sì.
E' felice.






***

Grazie di essere qui. Davvero.
Puoi venire a trovarmi al Worlds Hotel, se vuoi. Esiste una lunga storia sui due strani viaggiatori, se ti interessa: puoi leggerla qui.
Di nuovo, grazie.
E' una storia inventata, ma ti giuro che è tutto vero.

   
 
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