Ninfadora Tonks era agitata. Aveva paura. Paura della reazione dell'uomo che amava, paura di essere rifiutata. Ma non aveva altra scelta. Gli eventi la stavano soffocando. Non sapeva cosa fare se non trovare una qualche forma di consolazione nelle braccia del licantropo Remus Lupin. Doveva andare così. No, non l'avrebbe persuasa ad andarsene. Non stavolta almeno. Il campanello della sua macabra abitazione era rotto. Doveva bussare. Pioveva. Lampi, tuoni. Tanti tuoni. Le sue nocche si arrossirono nel bussare a quell'uscio.

“ Remus! So che sei qui, sono Ninfadora Tonks, Metamorfomagus, Auror e...” faceva parte del segno di riconoscimento. Ma intanto si stava bagnando di brutto. I suoi capelli neri si inzuppavano sotto le gocce di pioggia.

Una voce rauca passò attraverso la porta.

“ Cosa è successo il sei maggio di quest'anno?”

“ É stata la prima volta che sono entrata qui... e … insomma... serve che lo sappia anche il vicinato, Remus?” rispose la ragazza, irritata ed esasperata. La porta si aprì, e un uomo sciupato, infestato e triste le si presentò davanti.

“ Dora, non dovresti essere qui!” le disse sottovoce, avvicinandosi a lei.

“ Ti prego, Remus, sono appena tornata dal Ministero... Sirius... ti prego...” supplicò Tonks. Lei non se ne sarebbe andata. Un cugino morto era un pretesto valido per far impazzire chiunque. E lei questo lo sapeva. Remus la osservò per bene. I suoi occhi indugiarono sui suoi capelli e sui suoi vestiti.

“ Sono le quattro del mattino, Dora, e sta piovendo. Non devi  andare in giro da sola. Vieni dentro...” disse, facendola entrare nel suo appartamento.

L'appartamento di Remus Lupin era modesto e piccolo. Due stanze, una cucina e il bagno. Un tavolino famigliare sorgeva al centro della cucinetta, e Dora si sedette su di esso. Era in lacrime. Remus stava mettendo apposto la cucina. Forse si vergognava del suo disordine. Ma con i fatti che erano accaduti... era inevitabile. Dopo aver sistemato anche l'ultimo bicchiere nel lavello, si diresse verso Tonks, la giovane e buona Tonks. Poteva immaginare il motivo di quella visita. Lei non lo guardava. Si limitava a dirigere lo sguardo verso la finestra. Pioveva. Non voleva guardare Remus negli occhi. Sarebbe scoppiata a piangere, e stavolta un cugino morto non era la motivazione.
 

“ Vuoi qualcosa da bere?” domandò il licantropo. Lei non rispose. Scosse la testa a disagio.

“ Sicura?” ripropose. Niente. Neanche una misera riposta da parte sua. Decise di andare subito al punto.

“ Mi dispiace, Dora. Sirius era il mio migliore amico. Insieme a James. Perderli tutti... lascia stare. Ho passato le ultime quattro ore a bere. E lo sai che non approvo l'alcol. Se sono lucido con te questa sera è solo perchè la mia natura da licantropo mi permette di superare abbastanza bene questo problema. Ma mi sono convinto di una cosa: Sirius sapeva quello che stava facendo. Ed era esattamente questo il modo in cui voleva morire: proteggendo le persone che amava. É sempre stato così, Dora, mi ci gioco la camicia. La sua perdita è devastante, ma... ma dobbiamo farci forza e continuare. Siamo membri dell'Ordine. Tonks, sapevamo a cosa andavamo incontro. E Sirius lo sapeva meglio di tutti. Si batteva per un futuro migliore. Non è morto invano e lui... non vorrebbe una nostra resa. Lo so che è così”. Pronunciò queste parole con un'irremovibile fermezza. Ma Ninfadora sapeva, nel profondo, che anche lui stava soffrendo come lei. Solo che non lo voleva ammettere.