Buon pomeriggio a tutti! Finalmente è arrivato l’ultimo giorno
di questo dannato 2010, anno alquanto maledetto per me: spero che almeno per
voi sia stato un anno migliore del mio u.u
Ma passiamo a cose serie. Questo è un
capitolo che molte di voi aspettavano da tempo, ma non
vi dico altro, leggete e scoprirete di cosa tratta, anche se dal capitolo
dovreste già intuirlo :P A parte questo, volevo dirvi che ci ho inserito due
citazioni: una è dallo Svarione degli Anelli – La compagnia del Verginello (parodia del Signore degli Anelli, se non l’avete
visto vi consiglio di farlo perché fa morire dal ridere u.u)
mentre la seconda è una citazione del libro “I Ponti di Madison County” (la
troverete in corsivo).
So che non sto più rispondendo ai vostri commenti e mi sento una
merdaccia per questo, ma purtroppo non riesco mai a trovare il tempo di farlo e
vorrei evitare di rispondervi con un semplice grazie,
c’è bisogno di ispirazione anche per i ringraziamenti u.u
Oltre a questo, ringrazio tutte le persone che leggono, recensiscono,
preferiscono, ricordano e seguono questa storia.
Dai, vi do anche altre due chicche: oltre a Father
Be With Me Tonight ho già
altre due long in cantiere. Ma le leggerete solo quando Father
sarà finito (ovvero tra venticinque capitoli) a meno che
una delle due non la finisca prima, ma Father ha la
precedenza su tutto u.u
Beh, vi rinnovo i miei auguri per un felice 2011. Passate un
bellissimo Capodanno (io personalmente sarò in discoteca u.u ) e tante care cose u.u
Buona lettura e…all’anno prossimo.
elyl
Chapter XXX:
I love you
“When I see your face, there's not a thing
that I would change
Because you're amazing, just the way you are
And when you smile, the whole world stops and
stares for a while
Because girl you're amazing, just the way you are”
-Just the way you are, Bruno Mars-
Alistair lanciò un’occhiata al suo orologio da polso. Fece un
profondo respiro e guardò in direzione del professor Ruf, che continuava a
parlare con la sua solita cadenza monotona. Odiava farlo, ma doveva.
“Ehy, Eric.” Chiamò sussurrando il suo migliore amico, che rimase
nel mondo dei sogni.
Roteò gli occhi al cielo e gli diede una gomitata.
“Borraccia blu!” Esclamò saltando sulla sedia, guardandosi attorno
spaesato.
“Zitto!” Sibilò il moro, accertandosi che Ruf stesse ancora
spiegando, cosa che avrebbe potuto evitare di fare dal
momento che il professore non si sarebbe accorto nemmeno se un branco di
Troll avesse fatto irruzione.
Eric si stiracchiò sbadigliando rumorosamente e guardò l’amico con
un sorriso sognante.
“Ciao. E’ già ora di
andare?” Chiese iniziando a sistemare le sue cose.
“No.” Gli diede una leggera sberla sul
coppino. “Io vado, tu resti.”
“COSA?” Lo guardò scioccato: mai, mai, mai Alistair Piton aveva abbandonato una
lezione prima della sua fine. Anzi,
solitamente si fermava anche a
discutere con i professori.
“’Sta zitto,
idiota.” Lo richiamò abbassando la voce.
“Ti senti bene?” Lo osservò preoccupato. “E’ l’appendicite?”
Alistair scosse il capo e roteò gli occhi al cielo.
“Primo: è appendice. L’appendicite è l’infiammazione della
parte che deve essere asportata prima che si trasformi in peritonite e altre
cose che non ti sto a spiegare perché non le capiresti.
Secondo, devo andare che mi vedo con Hermione: oggi festeggiamo i due mesi.” Concluse con un sorriso pieno
d’amore.
“Mi fai schifo.” Disse dopo qualche istante appoggiandosi allo
schienale della sedia, incrociando le braccia al petto, un’espressione
imbronciata sul viso.
“Suvvia, Ericuccio,
ti passerà. Lo so che ti rode: preferisco vedere una ragazza, per di più
Nata Babbana, che farti compagnia fino alla fine della lezione di Ruf.” Ghignò finendo di sistemare le sue cose mentre Eric
borbottava qualcosa d’incomprensibile. “E ora, mio caro e fantastico amico, me
ne vado.” Afferrò la sua borsa. “Ci vediamo stasera in
Sala Comune.” Gli fece l’occhiolino e scostò il più silenziosamente possibile
la sedia.
“Si, vabbè. Ci vediamo.” Lo salutò
offeso.
Ridacchiò divertito e in pochi attimi sgattaiolò fuori dall’aula.
Chiuse la porta e, allentandosi la cravatta, tirò un sospiro
di sollievo. Sorrise e s’incamminò per il corridoio fischiettando.
Giunto davanti all’aula di trasfigurazione, si appoggiò al muro dirimpetto alla
porta, si passò una mano tra i capelli e incrociò le braccia al petto in
attesa, tenendo il tempo con il piede. Dopo qualche minuto per tutta la scuola
risuonò la campanella che segnava la fine delle lezioni. La porta della classe
si spalancò e, mentre i primi studenti Grifondoro del quinto anno iniziavano a
uscire, il suo sorriso si allargò. Qualcuno di loro lo salutò con un cenno del
capo, altri ridacchiarono, anche se ormai tutta Hogwarts si era abituata a
vedere Alistair Piton che aspettava Hermione Granger. Vide Weasley varcare la
soglia e subito il suo sorriso lasciò il posto a uno sguardo d’odio che gli venne restituito completamente. Il rosso fu seguito da
Harry, che gli sorrise.
“Ciao Alistair!” Lo salutò avvicinandoglisi.
“Ciao Harry.” Ricambiò, ma la sua attenzione era tutta per la
stupenda ragazza che lo affiancava.
Ron fece schioccare la lingua e incrociò le braccia al petto.
Harry rise divertito, mise una mano sulla spalla del suo migliore amico e lo
trascinò via, salutando con un cenno della mano i due innamorati che sembravano
essersi persi l’uno nello sguardo dell’altra,
dimentichi d’essere nel mezzo di uno dei corridoi più affollati dell’intera
scuola.
“Ciao.” Disse Alistair dopo qualche istante.
“Ciao.” Hermione sorrise e si strinse a lui.
Il moro mise un braccio attorno alle spalle
della sua ragazza e insieme si incamminarono, stando bene attenti a non
essere separati dalla folla.
“Allora, dove mi porti di bello?” Domandò curiosamente la riccia.
“Segreto.” Le fece l’occhiolino. “Prima però devo
andare un attimo nelle cucine. Un mio carissimo amico elfo dovrebbe avermi
lasciato pronto un cestino.”
“Sei anche uno sfruttatore di Elfi Domestici?” Inarcò un
sopracciglio.
“No, semplicemente uno di loro è mio amico.” Si strinse nelle
spalle.
“Davvero?”
“Eh si. Che Serpe disgustosa che sono.” Ridacchiò grattandosi il naso.
“Perché mai? Sei la Serpe migliore che abbia mai
conosciuto.” Corrugò la fronte.
“Questo dovrebbe dirti già qualcosa.” Le diede un buffetto sulle
guance. “Non sono un sostenitore dei Purosangue, non maltratto gli Elfi
Domestici e, soprattutto…” Le mise una mano sul collo e la guardò negli occhi.
“…sto con la più bella delle Grifondoro.” Concluse sussurrando poco prima di
baciarla.
“Adulatore.” Borbottò sulle sue labbra.
Alistair scoppiò a ridere, scosse il capo e continuò a camminare,
fino a raggiungere il quadro che portava alle cucine.
“Torno subito, amore.” Le disse dandole
un rapido bacio, senza neanche darle la possibilità di
replicare.
“Signor Piton, signore!” Squittì immediatamente un elfo.
“Ciao Dobby.” Gli si avvicinò, rifiutando le offerte di tutti gli
altri domestici, andandosi a sedere sul tavolo posto in corrispondenza di quello Serpeverde al piano di sopra. “Allora, come stai?”
“Dobby sta bene, signore. Dobby lavora tanto.” Esclamò felice.
“Non lo dire alla mia ragazza, sennò fa picchetto qua fuori.” Afferrò una mela e le diede un morso.
“Signor Piton, signore?” Lo guardò interrogativamente.
“No, niente.” Sorrise. “Una cosa mia. Semplicemente mi risulta impossibile non ricollegare qualsiasi cosa a
Hermione.”
“Signor Piton, signore, parla di Hermione Granger?” Chiese, poi
spalancò gli occhi. “Cattivo Dobby, cattivo! Dobby non
deve impicciarsi degli affari del signor Piton.”
Aggiunse, afferrandosi le orecchie.
“Ehy, ehy!” Lo afferrò per la collottola
prima che si scagliasse contro il muro per prenderlo a testate. “Niente
punizioni.” Lo sollevò mettendo le mani sotto le sue ascelle, cosicché fu alla
sua altezza. “Non puoi punirti per aver detto una cosa giusta, no?”
Lentamente Dobby annuì.
“Perfetto.” Gli sorrise e lo rimise a
terra.
“Grazie signor Piton, signore. La sua magnificenza si avvicina
solamente a quella di Harry Potter.” Gli disse, con
gli occhi lucidi.
Alistair scoppiò a ridere e gli diede qualche piccola e leggera
pacca sulla spalla.
“E ora ho un piccolo, piccolo, piccolo
favore da chiederti.” Si tirò un po’ su i pantaloni e si piegò per guardarlo
negli occhi.
“Alistair Piton che chiede un favore a Dobby.” Si prese entrambe le
orecchie e le lisciò, scuotendo il capo imbarazzato.
“Sì, ho bisogno di un piccolo favore.” Sfoderò il suo sorriso più
angelico.
“Quello che vuole,
signor Piton, signore!”
“Ecco, oggi io e Hermione festeggiamo i
nostri due mesi insieme e ho pensato di organizzare un picnic in cortile, solo
che mi manca del cibo. Quello che mi chiedevo…”
“Non si preoccupi. Ci pensa Dobby.” Lo interruppe
iniziando a correre per la cucina.
“Grazie Dobby.” Incrociò le braccia al
petto e lo osservò.
Dopo pochi istanti, l’elfo posò un
cesto sul tavolo accanto al Serpeverde.
“Dobby ha preso…”
“Qualunque cosa andrà bene.” Gli sorrise e subito afferrò il manico, allontanandolo da
lui prima che iniziasse ad elencare ciò che aveva preso. “Grazie Dobby.” Gli
fece l’occhiolino.
“Oh, di niente signor Piton, signore.”
Si tirò ancora le orecchie, emozionato.
“Beh, ora è meglio che vada, sennò la
mia ragazza…” Si fermò e sorrise, sentendo il tipico calore che pronunciare il
suo nome gli faceva provare. “…si chiederà dove sono
finito.”
“Certo signor Piton, signore.” Annuì. “L’accompagno all’uscita.”
“Non preoccuparti Dobby,
ma grazie.” Gli fece l’occhiolino, iniziando ad
incamminarsi.
“Mi saluti la signorina Granger, mi
raccomando. E anche Harry Potter.”
“Sarà fatto. Ci si vede.” Lo salutò e tornò in
corridoio prima che l’elfo potesse dire altro. Sorrise a Hermione e le mise un
braccio attorno alle spalle, iniziando a camminare.
“Che cos’hai nel cesto?” Gli domandò
Hermione.
“Non ti sfugge proprio niente, eh.” Sulle
sue labbra apparve un ghigno. “Secondo te cosa può esserci?”
“Presumo del cibo, visto
che l’hai preso dalle cucine.”
“Ma che brava
la mia ragazza.” La prese in giro dandole un bacio sulla fronte.
Abbandonarono il castello,
avventurandosi nel cortile nonostante l’aria di marzo fosse ancora fredda, ridendo e scherzando, salutando chi incontravano,
fermandosi ogni tanto a baciarsi. Raggiunsero un salice piangente in riva al
lago, Alistair evocò una coperta e ci si adagiarono, poi presero il cibo dal
cestino e iniziarono a mangiare.
“Ali?” Lo chiamò Hermione.
Il Serpeverde sorrise e scosse il capo:
si era incantato a guardarla.
“Dimmi amore.”
“Va tutto bene?” Domandò preoccupata: prima
che rispondesse, l’aveva chiamato tre volte.
Annuì.
“Assolutamente. E’ solo che…”
Sussurrò posandole due dita sotto il mento e facendole sollevare il viso.
“Cosa?” Chiese iniziando a
innervosirsi.
Fece un respiro profondo e le baciò il
mento.
“Avevi un po’ di maionese
dove ti ho baciata.” Disse ridacchiando sulle tue labbra.
“Ti odio,
Alistair Piton. Mi hai fatto preoccupare.” Borbottò.
Fece per dire qualcosa, ma subito si
bloccò. Allargò il suo sorriso e la baciò nuovamente, poi si sdraiò ed intrecciò le dita dietro la nuca.
Hermione sospirò, si ravvivò
i capelli e si sdraiò a sua volta, usando il petto del suo ragazzo come cuscino
mentre un brivido le percorse il corpo.
“Tutto bene?” Le domandò guardandola, tenendola
stretta a sè.
“Sì, è solo che ho un po’ freddo.”
Rispose stringendosi a lui.
“Potevi dirlo prima.” Scosse il capo,
prese la bacchetta ed evocò un’altra coperta che stese con premura sui loro
corpi. “Va meglio?”
“Assolutamente.” Sorrise e chiuse gli
occhi. “Grazie.”
“Niente.”
Calò il silenziò.
Alistair iniziò ad accarezzarle distrattamente il braccio, le labbra posate
sulla sua fronte, guardando i rami del salice sopra di loro mentre Hermione
scivolava nel dormiveglia.
Abbassò lo sguardo e iniziò a
guardarla. Respirava profondamente, aveva la bocca semichiusa, i capelli le
ricadevano sugli occhi e una mano posata sul suo petto. Come poteva essere così
bella in una posa così…naturale? Come aveva fatto a non accorgersi prima di
lei? Come aveva potuto sprecare tutto quel tempo facendo sesso con ragazze di
cui non gli importava? Per quale assurdo motivo non le aveva parlato fin dal
primo giorno in cui l’aveva vista? Se l’avesse fatto, sarebbero stati insieme
già da tempo. Sarebbe stato felice già da un anno e
mezzo. Sarebbero stati felici.
Le scostò i capelli dagli occhi e le
baciò la fronte, sentendo il cuore battere come un forsennato, tant’è che gli
venne spontaneo chiedersi come facesse la sua bellissima ragazza a dormire con
tutto quel frastuono. Per tutti quegli anni si era chiesto cosa volesse dire
provare amore e si era convinto che non l’avrebbe mai scoperto. Era un ragazzo
che odiava i legami, che soffriva già troppo per la
prematura scomparsa di sua madre e, soprattutto, vedeva quanto suo padre stesse
male dopo sedici anni. Inconsciamente, aveva rifuggito amore così come un gatto
scappava dall’acqua: per quel motivo sceglieva sempre ragazze fidanzate e, se
queste lasciavano il proprio ragazzo, se le portava a letto un paio di volte
per poi abbandonarle prima di affezionarsi. Era il suo modo per tenere al sicuro
il suo cuore. E ora una Grifondoro, la più bella che avesse mai visto, la più
intelligente e brillante strega del suo anno, lo aveva conquistato senza
neanche saperlo. Era come se gli avesse strappato il cuore direttamente dal
petto senza anestesia e lo avesse incatenato al proprio.
“Hermione?” La chiamò dolcemente.
La ragazza grugnì qualcosa, facendogli
capire che era semi cosciente.
“Ti amo.”
Calò il silenzio durante il quale la
Grifondoro aprì gli occhi e fece profondi respiri.
“Amore, hai sentito?” Le sfiorò il lobo
dell’orecchio con le labbra facendole venire i brividi. “Ho detto che ti amo.”
Finalmente si decise a guardarlo,
cercando nei suoi occhi una conferma che trovò.
“Ti amo.” Sorrise e la baciò. “Ti amo.”
Ripeté prendendole il viso tra le mani. “Hermione Granger, ti amo.”
La lasciò libera, scattò in piedi e
allargò le braccia.
“IO AMO HERMIONE GRANGER.” Urlò
allargando le braccia. “Ehy, voi: ragazzi del primo anno. Si,
dico proprio a voi.” Si sbracciò per farsi notare da un gruppetto di timidi
Tassorosso, che subito affrettarono il passo, intimoriti. “Non scappate, dai!
Volevo solo dirvi che io, Alistair Piton, Caposcuola Serpeverde al settimo
anno, amo Hermione Granger, Prefetto Grifondoro al quinto anno.”
“Alistair, piantala.”
Disse Hermione, scattando in piedi imbarazzata, arrossendo violentemente.
“No, amore, no. Non la smetto. Voglio
dirlo a tutti, voglio urlarlo al mondo. Farò appendere
avvisi nelle bacheche di ogni Sala Comune, lo scriverò sui muri, in cielo se
necessario. Tutto il mondo deve saperlo, Hermione.” La
guardò negli occhi. “Io ti amo. E nessun…”
Prima che potesse continuare, la riccia
gli mise le mani sulle guance e lo baciò, a occhi chiusi.
“Ora, mia cara Serpe, hai due
possibilità.” Sussurrò.
“E quali sono, mia cara Leonessa?”
Chiese accarezzandole i capelli, la fronte posata alla sua.
“A ben pensarci è una sola.” Si
corresse.
“Che aspetti a illuminarmi con il tuo
genio?”
“Stai zitto, ascolti ciò che ho da
dirti e riprendi a baciarmi.” Lo guardò negli occhi. “Ti amo
anch’io, Alistair Piton. Ma non c’è bisogno di
urlarlo.” Concluse con un sorriso.
Subito la baciò con foga, sentendo il
cuore scoppiare. Com’era possibile che non fosse ancora morto? Il suo cuore
batteva così forte che avrebbe dovuto esplodere.
Senza neanche sapere come, si
ritrovarono nuovamente sdraiati sul plaid a baciarsi, stretti in un abbraccio,
le gambe intrecciate, mano nella mano. Avevano smesso di essere due persone
distinte per diventarne una terza creata dal loro amore.
Passarono il resto del pomeriggio a
baciarsi, come i due adolescenti innamorati che erano, finché Alistair diede un’occhiata all’orologio, rendendosi conto che a breve
in Sala Grande avrebbero iniziato a servire la cena.
“Amore, sai quanto vorrei
stare qui con te, ma tra poco…”
“Si cena, lo so.” Concluse
Hermione, dandogli un altro leggero bacio.
“Esattamente.” Confermò sorridendole
mentre le scostava una ciocca di capelli.
La riccia sospirò e, riluttante, si
allontanò da lui. Si legò i capelli, sistemò la
propria divisa e si alzò, imitata subito da Alistair. Con un colpo di bacchetta
il Serpeverde fece sparire le coperte ed afferrò il
cestino, poi prese per mano la sua ragazza ed insieme tornarono al castello.
“Ti amo, Hermione
Granger.” Disse baciandola quando arrivarono nella Sala d’Ingresso.
“Se continui a dirlo diventerai noioso,
sai?” Lo prese in giro.
“Se vuoi non
te lo dico più.” La sfidò inarcando un sopracciglio.
“No, ti prego, non smettere. Mi piace
sentirtelo dire.” Si alzò in punta di piedi e gli diede un leggero bacio sulle
labbra. “Ci vediamo in Sala Grande.”
“Ci puoi contare.” Le fece
l’occhiolino.
La riccia sorrise, lo salutò con un cenno della mano e
si avviò su per la scala in marmo bianco.
La guardò fin quando sparì
dalla sua vista, poi si voltò e, incapace di smettere di sorridere, si
passò una mano tra i capelli, dirigendosi verso la propria Sala Comune. Quando
entrò nella propria stanza, trovò Eric sdraiato sul proprio letto intento a
leggere un fumetto.
“Ciao Al.” Lo salutò distrattamente,
senza sollevare lo sguardo.
Il giovane Piton rimase in silenzio a
osservare il suo migliore amico.
“La tua ragazza…” Pronunciò la parola <
ragazza > con ribrezzo. “…ti ha staccato la lingua
a morsi?” Chiese il biondo, guardandolo.
“Le ho detto che la amo.” Rispose.
Eric sbatté le palpebre
un paio di volte.
“Mi stai prendendo per il culo?”
Alistair scosse il capo.
“Stai scherzando.”
“No, Eric. Gliel’ho detto e sono felice di
averlo fatto.” Posò il cestino sul proprio comodino e
abbandonò la borsa sul letto. “Io la amo. Tu non puoi
capire, non sai cosa vuol dire.” Sospirò.
“E per fortuna, aggiungerei.” Borbottò.
“Smettila di fare il burbero.” Si tolse
il maglioncino e glielo buttò addosso. “E’ bello essere innamorati, fidati.”
“Se ti piace
essere vulnerabile sono fatti tuoi.” Si strinse nelle spalle, lanciando l’indumento
a terra. “Io non ci tengo.”
“Eric, è così…così…” Iniziò, alla
ricerca delle giuste parole. Scosse il capo e si tolse la maglietta. “E’ così
naturale. E’ come se ci conoscessimo da una vita.” Iniziò a camminare per la
stanza, dandogli le spalle. “Sarà banale, ma all’improvviso è tutto più bello.
Il sole riscalda di più, Ruf riflette la luce in un modo divino, la Bullstrode
ha meno acne, la McGranitt è una figa e Gazza è più simpatico.”
Eric spalancò gli occhi, si sporse dal
letto e si portò due dita alla bocca, fingendo di
vomitare.
“Io non so neanche come spiegartelo.”
Sbuffò.
“Ma non voglio
neanche che tu lo faccia.” Esclamò rabbrividendo il biondo.
Alistair gli lanciò un’occhiataccia e fece per
slacciarsi i pantaloni quando la porta si aprì ed entrò suo padre.
“Papà?” Lo guardò sbattendo le
palpebre, incredulo.
Severus lo guardò, poi si spostò su
Eric e fece schioccare la lingua, infine tornò sul figlio.
“Ti aspetto fuori. Muoviti.” Disse gelidamente, poi
lasciò la stanza.
Il Caposcuola rimase senza parole per quel
comportamento.
“Che cavolo hai combinato?” Domandò il
biondo, rabbrividendo: Severus Piton era in grado di incutere timore solo
respirando.
“Niente.” Corrugò la fronte, cercando
di pensare a cosa potesse mai aver fatto, ma non gli venne in mente nulla.
“Oh no, qualcosa l’hai fatta.” Le sue
labbra s’incurvarono in un ghigno perfido.
“Sentiamo di grazia, che avrei fatto?” Fece schioccare la lingua mentre si rivestiva.
“Stai con una Sangue Sporco.”
Ridacchiò.
“Idiota.” Sibilò lanciandogli
un’occhiataccia degna di suo padre. “E vedi di non mangiarti tutto ciò che gli elfi
hanno preparato, ok?”
“Non ti assicuro niente, ho una fame bestiale. Potrei mangiarmi un Ippogrifo intero.” Ribatté tornando al suo
fumetto.
Alistair scosse il capo e lasciò la
stanza. Una volta che ebbe abbandonato la Sala Comune, trovò il padre ad
attenderlo.
“Dove…”
Non fece neanche in tempo a finire la
frase che l’uomo s’incamminò verso il proprio ufficio. Il ragazzo roteò gli
occhi al cielo e lo seguì, osservando attentamente le sue mosse: camminava
rapido, aveva le mani strette a pugno e continuava a contrarre la mascella.
“E’ successo qualcosa?” Chiese mentre
entravano nell’ufficio.
“Siediti, Alistair.” Ordinò ignorando
la sua domanda, indicando la sedia davanti alla sua scrivania.
Il giovane obbedì e lo seguì con lo
sguardo.
“Papà?” Lo chiamò.
Il pozionista andò alla libreria e posò
le mani su uno degli scaffali, facendo un respiro profondo, cercando di
mantenere la calma.
“Papà, che cosa sta succedendo?”
Domandò sentendo un peso nello stomaco.
Severus si voltò, lo sguardo perso nel
vuoto.
“E’ ora che tu scopra chi sei,
Alistair.”