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Autore: Andy Grim    01/01/2011    3 recensioni
E se i personaggi di Candy Candy fossero vissuti 30 anni più tardi? E se la guerra che incombeva sullo sfondo non fosse stata la Prima ma la Seconda Guerra Mondiale?
E se la collega di Candy - Flanny Hamilton - avesse incontrato una persona speciale mentre faceva la crocerossina?
E se questo capitolo incontrasse il vostro favore e ne seguissero altri, cronologicamente successivi?
Genere: Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 9: Chi non muore si rivede

Capitolo 23: Redde Rationem

 

UCPFH 23

 

 

“E

agle Two a Eagle One… Eagle Two a Eagle One… Andy…!! Andy…!! Mi  senti…?” urlava disperata la voce di James Stone “Cabra! Stai scendendo troppo!! Cabra…!!!”

“Sto provando, Jimmy” rispondeva convulso il compagno “ho preso troppa velocità… non ci riesco!!”

L’avvisatore acustico che entrava in funzione quando l’anemometro superava le 500 miglia orarie[1] stava trapanando i timpani del pilota, mentre le pupille si alternavano dal cruscotto (dove l’altimetro retrocedeva vorticosamente) al parabrezza, che mostrava l’avvicinarsi del terreno a gran velocità.

“Andy, per amor di Cristo!! Fra un po’ ti schianterai! Richiama quell’aereo… richiamalo…!!”

“Non ce la faccio… la barra è di piombo!!”

“Aziona il trim… estrai gli aerofreni… fa’ qualcosa…!!” insisteva disperatamente il suo secondo.

“È inutile… sono entrato in compressione. È finita…!!”

“Andy, non mollare… non devi… tirati su…!!”

*Non posso!! Non  si muove… è finita!! Flanny…!!!*

“Andy… mi senti…? Andy!!”

“Flanny… dove sei…? Flanny…!”

“Andy… tesoro… mi senti…?”

“Flanny… aiutami… Flanny…!!”

“Sono qui, amore… sono qui!!”

Il paziente spalancò gli occhi e cessò lentamente di agitarsi, mentre una mano amorevole gli asciugava la fronte madida di sudore. Il cervello mise pian piano a fuoco il bel viso della sua compagna e un pallido sorriso incurvò leggermente la bocca dell’asso.

“Tranquillo, tesoro: stavi solo sognando” lo tranquillizzò l’infermiera con voce rotta “come stai…?”

Il ferito respirò con voluttà: “Sto sempre meglio, quando ti vedo…!”

“Anch’io, amore mio!!” replicò Flanny con voce piangente mentre gli buttava le braccia al collo. I singhiozzi successivi della moglie strinsero il cuore di Andy, che le accarezzò faticosamente la schiena col braccio sinistro. Si sentiva estremamente debole, senz’altro per opera degli anestetici.

Vagando per la stanza, il suo sguardo incontrò quello di Candy, ferma immobile presso il trespolo della flebo, che lo fissava piuttosto intensamente. Le sorrise, grato per essere rimasta vicino alla sua Flanny, ma la giovane non ricambiò. Cogliendo come un muto rimprovero in quell’atteggiamento, l’aviatore sospirò fortemente: “Perdonami se ti faccio soffrire…!” disse alla moglie.

La mora scosse la testa: “L’importante è che tu sia vivo!” rispose poi, fra un singulto e l’altro.

“E intero” aggiunse la buona Candy “spero ci racconterai cos’hai combinato, razza di scapestrato che non sei altro!”

La collega si voltò mostrando una faccia perplessa e divertita e Candy abbassò gli occhi, imbarazzata: “Scusa, Flanny… lo sai quanto gli sono affezionata!”

“Bada che Romeo s’ingelosisce, eh?” saltò su Andy, lieto di cogliere il diversivo “Non credo d’essere in condizione per ricevere un altro dei suoi cazzotti!”

“Sciocco…!” rispose la bionda, distogliendo la faccia arrossita.           

In quell’istante la porta si aprì e il primario dell’ospedale si avvicinò al letto del degente, tenendo in mano una cartella clinica.

“Buongiorno, generale. Come si sente?”

L’interpellato, fatta un’ultima carezza alla moglie, alzò il pollice verso il medico: “Splendidamente. La ringrazio per avermi ricucito, doc!”

Candy alzò gli occhi al cielo, esasperata da quell’ottimismo incosciente. A quanto pareva, per lo sconsiderato pilota, l’incidente capitatogli era già un discorso chiuso.

“Sono lieto di trovarla in condizioni di spirito così buone” annuì il medico “le sarà più facile sentire quanto sto per dirle…”

Avvertendo un discreto formicolio allo stomaco, l’asso si sforzò di mantenere la sua nonchalance: “Non avrà mica l’intenzione di mettermi a terra, doc?! Ho visto colleghi tornare su dopo aver ricevuto ferite peggiori delle mie e…”

“Generale” lo interruppe  bruscamente l’altro “non le interessa prima sapere se e quando potrà ancora camminare?”

Andy si gelò, fissando la consorte con sguardo smarrito. Flanny teneva gli occhi bassi, senza manifestare alcun segno di panico. Certamente dovevano essersi già consultati.

“Santo cielo” mormorò l’asso, tornando a guardare il dottore “è così grave…?”

“Insomma, Andy” saltò su l’infermiera codinata, ostentando due pugni sui fianchi “lo sai che con tutte le schegge che ti abbiamo estratto dalle gambe ci si potrebbe ricostruire il tuo aeroplano? Pensi proprio di cavartela con qualche giorno di riposo?”

“Beh, non dico questo, ma…” Andy cercò di non pensare alla notizia appresa dal generale Spaatz, quando lo aveva convocato per quella missione maledetta: ovvero che, di lì a quaranta giorni, sarebbe arrivato il D Day.[2] Raccolse tutto il sangue freddo e la maturità impostigli dal grado e tornò a rivolgersi a Waxman: “Okay, doc…” sospirò “…sputi tutto!”

“Ci sono diversi legamenti da ripristinare e alcuni nervi motori offesi” rispose lui, in tono pacato “occorrerà un certo periodo terapeutico per ristabilire totalmente le facoltà muscolari. In quanto al volo…” sospirò a sua volta “…questa è una decisione che spetterà ai suoi superiori diretti!”

Andy si lasciò scappare un gemito. Era già un privilegio che al comandante in capo d’una Forza Aerea venisse consentito di partecipare alle operazioni. Finora Spaatz, Arnold e Marshall glielo avevano permesso ben sapendo che nessun pilota crucco sarebbe riuscito a sbatterlo di sotto, ma quant’era successo stavolta li avrebbe probabilmente indotti a ritornare sulla loro decisione; specialmente se avessero saputo della sua performance sul cielo di Eiserfeld!

Sentendosi stringere la mano dalla moglie, l’asso si riscosse dai suoi pensieri. Guardò il dolce viso di Flanny e si perse un momento nei suoi stupendi occhi scuri.

“Potreste lasciarci un po’ da soli, per favore?” mormorò poi.

“Ma certo” approvò Waxman “venga, miss White.”

“Sì, dottore…”

Mentre uscivano Candy non poté non voltarsi a guardare preoccupata la collega, che la ricambiò con un mesto sorriso di riconoscenza.

 

***

Il giorno precedente, sul cielo delle Fiandre…

Il piccolo Jimmy, figlio adottivo del signor Curtright, l’ormai anziano allevatore del Michigan, stringeva convulsamente il volantino della barra di comando. Non si era mai sentito così a disagio come in quel momento, da quando gli avevano appuntato le ali d’ottone sulla giacca dell’uniforme. Quale meravigliosa fierezza aveva provato, in quell’istante… finalmente aveva realizzato il suo sogno: era diventato un soldato. E un pilota, per di più!

Nonostante la preoccupazione del suo tutore, l’angoscia delle sue “tate” Miss Pony e Suor Maria e soprattutto la decisa contrarietà del suo “capo”, l’immaturo adolescente da lei schiaffeggiato alla fine di quel dannato giorno per punirlo della propria “supponenza”, era riuscito a raggiungere il suo scopo.

Tutto grazie a quell’aerodromo che, non molto tempo prima, avevano piazzato al confine della tenuta del padre. La strada per andare in città scorreva giusto parallela al recinto del campo di volo e il nostro giovanotto aveva cominciato ad arrestare il cavallo per assistere ai decolli e agli atterraggi dei piccoli aerei postali e dei più grossi cargo per le merci. Più avanti aveva preso a scambiare quattro chiacchiere con piloti e meccanici, finché, durante un giorno di libertà, era riuscito a farsi “ospitare” a bordo di un Cessna Bobcat che doveva effettuare un volo fino a Milwaukee e ritorno. La cosa lo aveva talmente entusiasmato che per giorni non aveva parlato d’altro al suo genitore adottivo e ai suoi stessi aiutanti.

Recatosi tempo dopo nella città vicina per acquistare delle attrezzature, vi aveva incontrato Tom, anche lui adottato anzitempo dal ranchero Taddeus Steeve, i cui pascoli confinavano con quelli di Joshua Curtright. Gli euforici racconti del vicino avevano contagiato anche il “fratello maggiore” di Candy, spingendolo a bazzicare anche lui i dintorni dell’aeroporto, per ripetere infine la stessa esperienza del giovane “collega”.

Come si sa, una cosa tira l’altra e, durante le loro occasionali visite, anche gli orfanelli di Miss Pony avevano potuto ascoltare dai due più cresciuti compagni quanto fosse meraviglioso volare sulle loro bellissime vallate e sull’altrettanto stupendo Lago Michigan. I piccoli avevano bevuto avidamente quei racconti e desiderato con ardore di salire anche loro fin sopra le nuvole. Cosicché, mossi dalla loro generosità e spronati dai due rispettivi figliocci, i signori Steeve e Curtright avevano finito per regalare ai ragazzi della Casa di Pony un volo turistico sopra la Contea. Anche Suor Maria era stata felicemente della partita, mentre la buona Miss Pony aveva cortesemente declinato l’invito!

Quando poi era scoppiata la guerra, il piccolo Jimmy non ce l’aveva fatta più. Che Candy lo prendesse pure a schiaffi quanto voleva: lui avrebbe difeso la Patria dai gialli e dai crauti senza più sentire ragioni, specialmente se questo significava entrare in aviazione. Lo stesso Tom ne aveva seguito l’esempio e i poveri Taddeus Steeve e Joshua Curtright si erano dovuti infine rassegnare: stavolta la “vice-direttrice” della Casa di Pony non era lì per dar loro manforte!

Morale, un grigio mattino di Gennaio del 1942, i due giovani cow-boy avevano preso il treno per Dayton, nell’Ohio, diretti al primo Centro di Addestramento per il Corpo Aereo dell’Esercito. Manco a dirlo, ad accompagnarli erano anche l’imberbe John Smith (dal cognome assegnatogli d’ufficio) e il “ribelle” Bob Malone, con i quali Tom e Jimmy si erano sempre tenuti in contatto anche dopo la licenza degli amici dall’orfanotrofio.

“Quando Candy lo verrà a sapere, saranno dolori, capo!” così John aveva espresso il suo pensiero, proprio sul treno che li portava a Dayton. Jimmy aveva fatto spallucce.

E ora eccoli tutti lì, a bordo di quel bombardiere dedicato alla loro eroina, tanto amata quanto temuta: chi non avesse avuto a che fare con lei non avrebbe potuto comprendere il singolare episodio seguito all’arrivo del Fox 815 al campo di Lafayette.

Il tenente Curtright non avrebbe sopportato di vedersi trattare ancora come un moccioso, soprattutto davanti ai nuovi compagni che non provenivano dalla Casa di Pony. Cosa avrebbero pensato Sammy Carson, Tony Chaklies, Gilbert Evans e Cookie Laffey del loro secondo pilota? Per non parlare del “duro” Charlie Boyle!

E il comandante? Beh, forse lui avrebbe capito… ma, per fortuna, né Neal né tutti i sopraddetti avevano potuto assistere all’episodio di quel giorno, dopo che Jimmy aveva colpevolmente fatto imbizzarrire quella mandria davanti al loro ranch, sparando uno sconsiderato colpo di fucile con lo scopo di “preparare alla guerra” l’intera compagine maschile dell’orfanotrofio!

Dopo averlo schiaffeggiato per la sua immaturità, l’energica Candy lo aveva trascinato fino a un punto dove avevano potuto contemplare il macabro spettacolo offerto da decine di manzi stecchiti, dopo essere precipitati in un dirupo, alla fine della loro folle carica.

Immagina che quelle povere bestie siano dei soldati, Jimmy” gli aveva detto la ragazza “uno spettacolo come questo è all’ordine del giorno sui campi di battaglia!

Allo sconvolto ragazzino non era rimasto che precipitarsi a singhiozzare nel seno di Candy e, per quella volta, i suoi inopportuni sogni di gloria erano finiti lì. Ma, tempo dopo, aveva avuto la sua avventura aerea e le cose si erano evolute come raccontato.[3]

Il Candy Candy sobbalzò leggermente… non era stato un vuoto d’aria, ma il trasalimento del co-pilota al ricordo di quegli avvenimenti lontani.

“Ehi, Jimmy, che ti prende?!” protestò il sergente Steeve, quasi sbalzato dal sedile.

“Scusa, Tommy… ero soprappensiero!”

“Cerca di stare lucido almeno tu o saranno guai! Come va il capo?”

L’altro diede un’occhiata fugace verso il posto di sinistra. Il primo pilota era ancora accasciato sul suo seggiolino, col capo inclinato verso l’alto, la bocca semiaperta e gli occhi chiusi. Stille di freddo sudore gli scorrevano lungo la fronte.

“Sembra si sia addormentato. Meglio per lui” commentò il suo secondo “spero non ne faccia una tragedia!”

“Sarà dura, se il generale ci ha rimesso le penne!” commentò il compagno.

“Sta’ zitto, non ci voglio nemmeno pensare” ribatté con veemenza il tenente “ho paura che, in questo caso, Candy non glielo perdonerebbe mai!”

Tom sospirò, non avendo il coraggio di fargli notare che se il marito di Flanny fosse davvero trapassato, la stessa sua collega non avrebbe perdonato facilmente nessun membro del loro equipaggio!

*Se pesco quell’idiota di armiere che non ha aggiustato quella pinza…* pensò, con stizza.

“Nemici a ore sette…!!” urlò una voce nell’interfono.

“Dannazione, ancora?!” sussultò il sergente Steeve, facendo ruotare subito la sua torretta dorsale.

“Li vedo, sono quattro Messerschmitt!!” gridò ancora un’altra voce, quella di Bob.

Tutti gli aviatori, che stavano già iniziando a rilassarsi per la prossima vicinanza della costa belga, tornarono subito in pieno allarme e i mitraglieri, scuotendosi il torpore di dosso, puntarono frenetici lo sguardo verso la direzione in cui la minaccia veniva segnalata, cercando di non badare al pizzicore che avvertivano negli occhi.

Malauguratamente, dopo l’abbattimento del Chow Hourd di Robert Gerryson e della Little Audrey di Charlie Boman, la formazione, pur compattatasi, era meno consistente rispetto all’andata e ben 26 mitragliatrici mancavano all’appello per la difesa. La schwarm di 109 in arrivo si divise all’istante in due rotte:[4] una  puntò sulla pattuglia del maggiore Connelly e del capitano Halverstrone, privi del loro gregario, mentre l’altra sfrecciò dritta sull’aereo dei nostri eroi. Ben presto lo sgranare delle raffiche si confuse al rombo dei motori e sinistri rumori metallici annunciarono l’apertura degli squarci nella fusoliera, ad opera dei proiettili da 30 dei micidiali cannoncini Rehinmetall sparanti attraverso l’ogiva dell’elica.

Un urlo straziante, proveniente dalla postazione laterale sinistra, lacerò i timpani di tutto l’equipaggio del Candy Candy

“Johnny…!! Johnny, sei ferito?!” domandò subito dopo la voce tesa di Sammy, dalla postazione di destra, senza però ottenere risposta.

Il comandante, svegliato di soprassalto dall’azione nemica, stava cercando faticosamente di rientrare nel pieno delle sue facoltà. A quelle ultime grida si destò del tutto e, dopo essersi ripetutamente sfregato il volto, si premette il laringofono sul collo: “Pilota a mitraglieri centrali: che succede là dietro?”

“Smith è stato colpito, comandante!” rispose immediatamente il sergente Carson.

Legan impallidì, guardando ansiosamente il co-pilota: “Ma è grave…?” chiese ancora.

“Credo di no” rispose Sam, con tono non troppo sicuro “ma sta perdendo sangue!”

Neal imprecò, slacciandosi la cintura di sicurezza: “Tieni i comandi, Jimmy: vado a vedere!”

“Ok…!” si limitò ad annuire l’altro, senza far notare al comandante l’imprudenza della cosa.[5]

Scosso da un’improvvisa e ritrovata vitalità, il capitano Legan si trascinò oltre la stiva bombe e la cabina radio (dove l’ex strillone Gil era inchiodato alla sua Browning sgranando proiettili contro gli intercettori) per giungere infine nel compartimento centrale, dove un premuroso Sammy stava cercando di prestare soccorso al compagno ferito.

“Torna alla tua mitragliatrice” gli ordinò Neal “a lui penso io!”

“Sì, signore.” obbedì il mitragliere.

“Sto bene, comandante” intervenne il ferito, cercando faticosamente di rialzarsi “posso ancora sparare…”

“Può darsi” lo fermò Legan, perentorio “ma prima fatti fasciare.”

Afferrata una cassetta di pronto soccorso, aiutò il mitragliere a togliersi il giaccone imbottito, per poi esaminare la ferita e constatare che, grazie al Cielo, si trattava solo di qualche colpo di striscio al braccio destro. Sforzandosi di ricordare le nozioni teoriche che le infermiere del St.Mary[6] avevano impartito al campo (purtroppo la vista di Candy non gli aveva consentito la massima concentrazione), Neal disinfettò la parte lesa con polvere sulfamidica e applicò la fasciatura meglio che poté, mentre Tommy, dalla torretta superiore, si prodigava a difendere la direzione che il povero Baby-Joe aveva suo malgrado lasciato scoperta.

Quest’ultimo apprezzò volentieri lo zelo del comandante nel prestargli le sue cure, ben lieto di non riconoscere più il fratellaccio di quella strega che aveva trattato in passato la sua “sorellona” alla stregua d’una serva, invece di accettarla quantomeno come amica.

“Grazie, capitano” mormorò, quando ebbe finito “e mi scusi per quello che ho detto dopo avere abbattuto quel caccia…”[7]

“Non pensarci più.” rispose Legan, dandogli un buffetto sulla guancia per tornare poi verso prua. Al di fuori s’era intanto scatenato un mezzo inferno, quasi che i tedeschi volessero vendicarsi per l’ottimo colpo messo a segno dagli yankee sul bersaglio e la formazione del 22° Gruppo, ridotta a dieci Fortezze, risentiva sensibilmente del minor volume di fuoco che poteva opporre al nemico.

Il povero piccolo Jimmy, rimasto ancora solo al comando del Candy Candy, si sforzava enormemente di vincere la tensione del pericolo, mentre le grida dei compagni gli colpivano i timpani coi loro reciproci richiami d’avvertimento che arrivavano nella cuffia.

Al di là del parabrezza, oltre ai caccia avversari che sfrecciavano attorno ai bombardieri e le temibili scie dei traccianti, al tenente Curtright pareva di vedere, stagliato sulle nuvole, il volto corrucciato del suo superiore precedente, e - quel che era peggio - la sua mente poteva percepirne la seguente maternale: Ora sei contento, Jimmy, di essere diventato un soldato? Sei fiero di te? Ti stai divertendo? Il tuo ego di maschio si sente realizzato?!

“Piantala, Candy” imprecò l’aviatore a bassa voce, neanche potesse parlarle direttamente “la prossima volta che ci vediamo, sculacciami a braghe calate davanti a tutti, se credi… ma ora smettila, perdio!!”[8]

Si riscosse al rumore del suo attuale comandante nel rientrare in cabina. Dopo essersi seduto e avere riallacciato la cintura, Neal si passò una mano sui capelli rossi. Il suo volto pareva abbastanza rasserenato.

“Come sta Johnny?” chiese subito il secondo.

“È ferito, ma non è grave… l’ho medicato.”

“Gra… bene!” si corresse Jim. E il compagno fu lieto di questo.[9]

“Dice che può ancora sparare, ma gli ho ordinato di starsene al riparo. Basteranno Tommy e Gilbert a coprirci.”

Per fortuna non ce ne sarebbe stato più bisogno. La pattuglia tedesca, ormai a corto di carburante, dovette desistere per rientrare alla base e i superstiti dell’attacco poterono affrontare, in piena tranquillità, l’ultima parte del volo di rientro.  

“D’accordo” approvò quindi il co-pilota “vuoi riprendere i comandi?”

“Va bene…” rispose Neal, impugnando il volantino “…anche se penso che la faresti più contenta se guidassi sempre tu questo gingillo!”

Ma Jimmy gli sorrise: “Da oggi in poi, credo di no, vecchio mio…”

***

Dopo un ultimo tratto di volo senza storia, il Fox 815, nominativo Vulture 11, posò finalmente le ruote sulla pista n° 3 del campo di Lafayette, quella base che il comandante della Forza Aerea aveva voluto battezzare in memoria del famoso generale e politico francese che tanto aveva contribuito alla causa della libertà americana, anche come auspicio per il compito assegnato alla sua organizzazione, che doveva fornire l’apporto alla liberazione della stessa Francia, nazione considerata “sorella” da gran parte del popolo statunitense.[10]

Dopo che Neal ebbe tirato i freni di parcheggio e Jimmy tolto il contatto ai motori, tutti i componenti dell’equipaggio scesero lentamente dal velivolo, ritornato fortunatamente senza nessun danno troppo serio. Tanto che Charlie, uscito dalla botola anteriore, si permise di carezzare “affettuosamente” il posteriore della pin-up dipinta sul muso…

“Grazie di averci protetto, bambola!” disse, lieto che il suo amico Terence non potesse vederlo, ché altrimenti gli avrebbe rifilato di certo uno sganassone.

Dal vano bombe, tuttora aperto, sbucarono fuori Tom e Gil, mentre dal portello verso coda usciva Tony, seguito da Sammy e Bob che reggevano premurosamente Baby-Jo, col braccio destro appeso al collo.

“Scommetto che ti sei fatto beccare apposta per farti curare dalla tua sorellona” lo provocò il suo compare “di’ la verità…!”

“Per poi farmi sculacciare come un moccioso? Non ci tengo proprio!”

“Allora miravi alla Purple Heart.[11]

“Quella te la procuro io, se non chiudi la ciabatta!” ribatté Johnny, seccato.

“Ad ogni modo è andata bene” commentò Sammy, guardandosi attorno “la nostra madrina non è qui per tirarci le orecchie!”

“Non mi meraviglio” replicò Tony “all’ospedale St.Mary saranno già in piena attività, specialmente per quelli della caccia.”

“Che allegria…!” borbottò l’ex becchino della Casa di Pony.[12]

Mentre i due mitraglieri scortavano il compagno ferito all’ambulatorio della base, i restanti sette membri dell’equipaggio si diressero alla baracca riservata ai de-briefing.

Quando fu il loro turno di accostarsi al tavolino dove il capitano Ferguson, affiancato dal maggiore Dumfryes, ascoltava il resoconto dei vari equipaggi tornati dalla missione, il capitano Legan barcollò leggermente e il suo secondo, Curtright, fu pronto a stringergli forte la spalla. Nonostante tutto il comandante del Candy Candy riuscì a fare il suo rapporto con voce calma e chiara, anche se gli fuoriuscì un po’ tremula nel riferire l’incidente della bomba. Contrariamente ai suoi timori, non ci furono però reazioni particolarmente negative da parte dei due ufficiali. Dopotutto la responsabilità del malfunzionamento nella pinza di attacco non era certamente sua, poiché dal controllo pre-volo era escluso il compartimento bombe, competenza esclusiva del personale di terra.

“Bene, comandante. Potete andare.” annunciò finalmente Ferguson, dopo aver fatto qualche altra domanda ad alcuni dei suoi sottoposti.

Il maggiore Dumfryes annuì e Neal, piuttosto sollevato, salutò militarmente iniziando a dirigersi coi compagni verso gli alloggi del campo. Non era comunque per nulla sereno, privo com’era di notizie sul suo generale e camminava a testa bassa, fissandosi le scarpe…

“Un momento, Legan!” una voce autoritaria lo fermò e una scarica elettrica gli percorse la schiena alla vista di Richardson.

“Colonnello…?” balbettò, confuso.

“Ho un’informazione confidenziale per lei. Venga qui.”

“Sissignore…” rispose lui, con voce semispenta.

Come si trovò vicino al Group Leader, questi gli annunciò senza preamboli: “Il generale Greason è riuscito a rientrare a Grant Field.”

Per Neal fu come se gli avessero levato un macigno dallo stomaco.

“È incolume…?” chiese, ansiosamente.

“Purtroppo no, ma è stato subito ricoverato al St.Mary. Attendiamo tuttora notizie, anche se non dovrebbe essere troppo grave, stando al rapporto dell’ufficiale medico del 99° Caccia.”

“Dio sia ringraziato!” rispose il comandante del Delta-Fox, passandosi una mano sulla faccia per asciugare qualche probabile lacrima.

“Ora vada a mangiare un boccone, poi si faccia una bella doccia e una bella dormita. Domani, se vuole, potrà andare a visitarlo.”

“Ci conti, signore. Sono distrutto da quanto è successo!”

“Me lo immagino, ma non si pianga addosso più del dovuto. È stata una scelta sua quella di tuffarsi su quella bomba.”

“Già… ma è stato il mio aereo che l’ha fatta cadere!” commentò tristemente l’altro.

“In guerra incidenti del genere non sono infrequenti. E neppure in tempo di pace. Non lo sapeva?”

Gli batté due volte la mano sulla spalla e si allontanò, come fece subito anche Legan, per evitare che i suoi compagni si accorgessero dei suoi occhi ormai lucidi.

 

***

Il giorno dopo, all’ospedale St.Mary di Newhaven…

Nella camera a lui riservata, Andy Greason stava accarezzando dolcemente l’addome di Flanny col più bel sorriso che gli fosse mai stato visto sulle labbra.

“Dici che sarà una bambina?” domandò.

“Forse sì… non so perché, ma me lo sento!”

“O è solo il desiderio di ripristinare l’equilibrio in famiglia?” ridacchiò il marito.

La moglie si portò la mano sinistra sul fianco, essendo la destra impegnata ad accarezzare i capelli del compagno: “Possibile che tu non riesca ad essere più serio, anche quando non sei in servizio?!”

“Hai ragione, scusami! Bisognerà cominciare a pensare al nome…”

“Qualche idea?”

“Vediamo… potremmo chiamarla Mary.”

“Sì… come Marika, eh?!”[13] 

“Non scherzare tu, adesso… io pensavo al nome di mia madre. Quando hai detto che dovrebbe nascere?”

“Beh, facendo i debiti calcoli” Flanny conteggiò i mesi con le dita “il tempo dovrebbe scadermi a metà Dicembre.”

“Uhm… allora, se è una femmina, potremmo chiamarla Lucia.”

“Perché no?” replicò sorridendo la consorte “è un nome molto bello.”

“Ok, vada per Lucy… e tu che ne dici?” chiese poi l’asso, premendo delicatamente il grembo della moglie.

“Non pretenderai che ti risponda” obiettò lei “ha soltanto quaranta giorni!”

“Eh, chissà…” rispose lui, con tono giocoso, per poi mettersi a riflettere “…ma… secondo te, quando è successo?”

“Che te ne importa?” ribatté lei, accoccolandosi di fianco al marito e mettendo la guancia a contatto con la sua “È successo è basta!”

“Si capisce, ma… insomma, avevamo deciso di aspettare la fine della guerra per avere altri figli e… mi sembra che stessimo prendendo tutte le precauzioni per non…”

“Già… tranne quel pomeriggio del mese scorso, quando sei venuto a trovarmi in ospedale!”

“Come…?”

“Non ricordi? Mi sei piombato in ambulatorio mentre stavo sbrigando delle scartoffie per il dottor Waxman. Tremavi come una foglia e, come al solito, mi hai fatto venire un colpo: credevo che fossi ferito!”

Andy si portò la mano alla fronte, per poi annuire, cupo: “Non lo ero, ma ero terrorizzato. Tornavo da quella missione su Billancourt,[14] dove la flak ci aveva accolti con un muro di fuoco! M’era scoppiata una granata da 88 a meno di 200 yarde,[15] riducendomi un colabrodo l’ala destra e metà fusoliera. Non so ancora come ho fatto a rientrare…”

Flanny emise un gemito, stringendogli convulsamente il braccio. Lui continuò: “La prima cosa che volevo fare dopo atterrato era vederti, così mi sono precipitato al St.Mary…”

“Dove m’hai abbracciato così forte da stritolarmi e iniziando a stamparmi dei baci che quasi mi soffocavano” continuò lei “non la finivi più, tanto che ho dovuto trascinarti nel bagno, prima che dessimo spettacolo davanti a tutti!”

“Mi rincresce” si scusò Andy, imbarazzato “ma ti assicuro che non era una semplice astinenza…”

“Oh, lo so… una donna impara presto che la guerra non fa diventare gli uomini forti e decisi… ma li porta, quanto più combattono, a diventare dei bambini che vogliono essere consolati e vezzeggiati come cuccioletti[16]… comunque, adesso lo sai quando hai fatto il guaio!” concluse, con dolce malizia.

L’asso, che rifletteva sul concetto appena espresso dalla moglie, si riscosse a quelle ultime parole: “Ma cosa dici? Se saremmo stati là dentro sì e no dieci minuti!”

“E allora? È proprio in quel bagno, invece, che abbiamo prenotato il nuovo acquisto.”

In dieci minuti?!”

“Guarda che sono più che sufficienti, sai!”

Andy scosse il capo con sconcerto, mentre Flanny sospirava compiangendo che il marito fosse troppo ferrato in aerofisica e troppo poco in biologia. I due rimasero in silenzio per un po’, lei continuando a giocherellare coi suoi capelli, lui continuando a carezzarle l’addome.

“Flanny…”

“Mm?”

“Vuoi che smetta di volare?”

La donna trasalì. Tutto si sarebbe aspettata, tranne che il suo uomo le facesse quella terribile domanda. Chiuse gli occhi per un attimo e si prese un bel respiro: “Te lo ricordi cosa ci siamo detti la sera prima del nostro matrimonio?”

“Sì” sospirò lui, guardandola “però…”

“Ripetimelo.”

L’asso sospirò ancora: “Che nessuno di noi due avrebbe mai chiesto all’altro di rinunciare alla sua vocazione.”

“Bravo” rispose lei, baciandolo sulla testa “perciò una decisione simile la dovrai prendere per conto tuo. D’accordo?”

“Sì, cara…!”

“E ricordati che, qualunque sarà, io ti sosterrò sempre. Capito?” gli chiese ancora, tornando a stringergli forte la mano.

“Certo…” sussurrò Andy, commosso “…grazie mille, tesoro!”

“Non c’è di che…” disse lei, dandogli un buffetto sulla guancia. Per tutta risposta, l’uomo la tirò a se, baciandola sulla bocca con ardore. Flanny rispose con identico trasporto e, di lì a poco, i due stavano per perdere il controllo, quando venne provvidenzialmente bussato alla porta…

“A… avanti…!” rispose la donna, dopo essersi rimessa frettolosamente in piedi.

L’uscio si aprì, rivelando la figura di George Waxman: “Tutto bene, qui?” domandò, sorridendo, alla coppia.

“Ah… sì, certo, dottore!” ribatté Flanny, rossa in viso, rassettandosi l’uniforme.

“Come si sente, generale?”

“In piena forma, dottore” rispose il pilota “come potrebbe essere altrimenti, con un’infermiera come la mia?”

“Già, già” convenne Waxman, guardando divertito l’interessata, che gli faceva gli occhiacci “lei è un individuo fortunato, generale Greason, sotto molti aspetti. È disposto a ricevere una visita?”

“Sicuro. Di chi si tratta?”

A un cenno del medico, James Stone e John Bart Richardson entrarono nella stanza. Il capo di stato maggiore della Decima e il comandante del 22° Gruppo da Bombardamento si avvicinarono cautamente al capezzale del loro capo ed amico, sorridendo sollevati dal suo buon aspetto.

“Salute, asso!” disse il colonnello.

“Andy, come va…?” chiese il maggiore-generale.

“Mi fa un po’ male quando rido, ma i pezzi ci sono tutti” rispose l’infermo, sollevandosi sui gomiti “Novità?”

“Tutto okay” sospirò James, chiaramente rasserenato “i ragazzi sono rientrati al completo. Fuori ci sono anche Victor e Roy, ma il dottore non ha voluto far passare troppa gente.”

“Molto bene” anche il superiore sospirò con sollievo “lo stesso per i tuoi?” chiese quindi a Richardson, che scosse tristemente la testa.

“Purtroppo no: le fortezze di Boman e Gerryson sono state abbattute!”

Greason avvertì una fitta dolorosa allo stomaco. Venti ragazzi perduti, morti o prigionieri che fossero. Alcuni fors’anche scannati dalla folla inferocita.[17] E fra essi Robert Gerryson, il luogotenente dello stesso Richardson nella famosa missione su Berlino del Febbraio 1942.[18]

L’asso si riadagiò sul cuscino, mandando al compagno d’accademia uno sguardo di sincero cordoglio: “Mi dispiace, Ricky… mi dispiace tanto!”

“È la guerra, che ci vuoi fare?” sospirò il colonnello “Almeno tu sei tornato tutto intero.”

“C’è mancato poco” grugnì il maggior-generale Stone “spero che sarà l’ultima volta che ci farai assistere a spettacoli del genere!”

“Promesso, Jim” ribatté lui, facendogli cenno di tacere “ma non ne parliamo più, eh?”

“Okay…!” accondiscese il compagno, sbirciando Flanny e capendo l’antifona.

“Ascolta, Andy” disse ancora Richardson “di là c’è uno dei miei piloti che vorrebbe vederti. Lo faccio entrare?”

“Ma certo. Chi è?”

Il Group Leader accostò la bocca all’orecchio del capo, che aggrottò le sopracciglia: “Va bene. Flanny, dottore… potreste per favore uscire un attimo?”

“D’accordo” consentì il primario “ma solo per dieci minuti. Lei ha bisogno di dormire, generale.”

“Ricevuto. Fallo entrare, Rick…”

“Subito.”

Pochi istanti dopo il capitano Legan, scarmigliato e scuro in volto, si presentava titubante all’uscio. L’asso si rimise a sedere: “Lieto di vederla, capitano” sorrise, bonario “venga avanti!”

Fattosi coraggio, il comandante del Delta-Fox si trascinò verso il letto di Andy tenendo gli occhi bassi e appena li rialzò trasalì lievemente nel vedersi di fronte la figura di sua moglie.

“Buonasera, generale” farfugliò “signora Greason…”

Flanny gli rispose con un cenno del capo, mentre sistemava il cuscino dietro la schiena del marito. Poi si diresse verso la porta, non senza prima aver detto: “Mi raccomando, Andy: dieci minuti!”

“Tranquilla” rispose lui. Attese quindi che la moglie uscisse, prima di rivolgere la parola al nuovo venuto “allora, Legan, com’è andato il volo di rientro?”

L’altro sembrò spiazzato da quella domanda banale, nondimeno si affrettò a rispondere: “Abbastanza bene, signore… a parte un ultimo assalto della caccia nemica. Solo un ferito leggero, a bordo. L’apparecchio ha subito danni di lieve entità.”

“Benissimo. Avete svolto tutti un magnifico lavoro. Devo ancora leggere i rapporti e visionare le fotografie, ma da ciò che ho potuto vedere durante lo sgancio, il bersaglio è stato colpito in pieno e i danni collaterali sono stati nulli. I miei complimenti, capitano!”

Il povero Neal si sentì avvampare il viso. Provava una vergogna maggiore di quando aveva accusato Candy di aver pungolato con uno sperone il cavallo di Annie, allo scopo di farla disarcionare; ennesima manovra ideata da lui per screditare la giovane domestica agli occhi della signora Brighton, allora creduta la vera madre dell’attuale moglie di Archie Cornwall.

“Non dica questo, signore” protestò quindi il reprobo, respirando a fatica “se nessun civile tedesco ci ha rimesso la vita, è soltanto merito suo!”

“Stupidaggini” ribatté il generale, minimizzando con un gesto della mano “se lei e tutti i suoi colleghi non aveste saputo eseguire così bene le istruzioni ricevute, quel villaggio avrebbe subito devastazioni ben maggiori dei danni che poteva provocare quella singola bomba!”

“Può darsi. Però…” Neal si terse il sudore dalla fronte pallida “…non posso prescindere dal fatto che si sia sganciata dal mio aeroplano. E questo non potrò mai perdonarmelo!”

“Capitano, non è stato lei a caricare quella bomba nella stiva, né le competeva la verifica delle rastrelliere. Non si addossi responsabilità che non ha… magari a saldo di colpe passate!”

“Lei non capisce, generale” insistette l’altro con veemenza “la bomba s’è sganciata sul paese perché noi ci trovavamo fuori rotta. E la responsabilità di questo è unicamente mia!”

“Una leggera deviazione in quota può sempre verificarsi, specialmente con vento forte. Sarebbe potuto accadere a qualunque altro apparecchio della sua formazione.”

Ma lui continuò, caparbio: “Lo so, ma sta di fatto che è successo al mio… che oltretutto abbiamo battezzato col suo nome. Se avessimo provocato una strage, lei non avrebbe disprezzato solo me (come se già non lo facesse abbastanza) ma anche tutti i miei ragazzi!”

Andy sospirò pazientemente: “Neal, mi stia a sentire: purtroppo incidenti del genere possono capitare, in combattimento. Tanti nostri colleghi sono periti anche per casi di fuoco amico! Se si fa condizionare a tal punto da questo episodio, non sarà più in grado di affrontare le missioni, sempre più difficili, che dovrà svolgere nel resto del suo ciclo operativo.”

Il comandante del Candy Candy lo guardò, dibattuto fra sconcerto e ammirazione: “Io non la capisco, generale… come può parlare così, quando lei stesso, per un pelo, non ci ha rimesso la pelle?!

Greason si spazientì: “Rimetterci la pelle è un incerto del nostro mestiere, che ci piaccia o no” ribatté, alzando la voce “e, se fosse accaduto, forse sarebbe anche stato giusto… dato che io, per primo, l’ho fatta rischiare a voi tutti più del necessario, ordinando a Richardson di farvi bombardare il bersaglio da una quota assurdamente bassa. Se ci fosse stata della contraerea pesante a difendere quella fabbrica di armi chimiche, vi avrebbero massacrati! Ed io, più che giustamente, sarei finito davanti a una Corte Marziale per aver subordinato la vita dei miei aviatori a quella dei nemici, sia pure civili. Perché io questo, ho fatto, Legan! E adesso? Che ne dice? Mi ritiene ancora tanto migliore di lei?!”

“Ma… generale, io…” balbettò il fratello di Iriza.

“Avanti, Neal: me lo dica” lo incalzò Andy, in tono sconvolto, fissandolo con uno sguardo quasi allucinato “perché io ho bisogno di saperlo!!”

Nel frattempo la porta della stanza era tornata a spalancarsi. Richiamate da quelle grida, Flanny e Candy erano precipitosamente accorse, con le braccia cariche di sedativi. Ma i due, coinvolti nella loro accesa discussione, non se ne erano nemmeno accorti.

“Io… non lo so, signore” iniziò a rispondere Neal “chi può dire cosa sia giusto o sbagliato in tutto questo casino? So solo che lei… ha sempre insegnato ai suoi uomini a comportarsi da veri soldati. Non con le parole, ma con l’esempio” riprese fiato stropicciandosi gli occhi “e, per quanto mi riguarda… lei mi ha insegnato ad essere finalmente un uomo. Ad avere più rispetto di me stesso, a prendermi le mie responsabilità… tutte cose che la mia inetta famiglia non s’è mai degnata minimamente di fare” tacque ancora per un attimo e tirò su col naso “purtroppo, però… ancora una volta i fatti mi si sono rivoltati contro, dimostrando che… sono solo un disgraziato. Un individuo immaturo e incosciente, incapace di combinare alcunché di buono!”

Andy Greason, che non dava le spalle alla porta, aveva realizzato la presenza delle moglie e della bionda collega, nonché perpetua fiamma del suo subordinato. Con ammirevole savoir faire non fece però una piega, limitandosi a sorridere con estremo compiacimento: “Questo non è vero, Neal. I fatti hanno dimostrato, invece, che un rampollo di famiglia altolocata, viziato, altezzoso e codardo - magari stimolato dal ricordo di una bella fanciulla - ha scovato la grinta per trasformarsi faticosamente in un uomo per bene e in un bravo soldato!”

Ma Neal, del tutto ignaro della presenza delle due infermiere dietro di lui (e dello sguardo attonito proveniente da una di loro) continuò ostinatamente a denigrarsi: “Lei è troppo buono, generale! Io non ho fatto altro che imparare a pilotare e a condurre un bombardiere da una base ad un bersaglio.”

“Non solo: lei ha imparato a prendersi cura dei suoi compagni… o meglio dei suoi ragazzi, come li ha nominati prima. Li ha condotti in azione e - soprattutto - li ha riportati indietro. Le sembra così poco, tutto questo?”

Il capitano rialzò il viso verso il suo benefattore, dicendo in tono alterato: “La ringrazio di cuore, signore. Sarebbe fantastico se queste parole le avesse potute ascoltare anche lei…”

Andy dovette cacciarsi una mano sulla bocca per non scoppiare a ridere: “Stia attento con certi desideri, Neal” disse poi “a volte potrebbero avverarsi…!”

Insospettito dallo sguardo ammiccante del generale, Legan si girò lentamente su sé stesso e ciò che vide lo mandò completamente in apnea.

Davanti a lui, in carne ed ossa e sempre bella come il sole, stava la sua Candy. La quale, con un lieve ma dolce sorriso, così gli parlo: “Ciao, Neal… sono contenta di trovarti bene!”

***

Neal Legan, capitano, numero di matricola 11451250, capo-equipaggio del Fox Otto-Uno-Cinque, gregario sinistro della 4a Pattuglia della 66a Squadriglia, inquadrata nel 22° Gruppo da Bombardamento del 1° Stormo Strategico, appartenente alla Decima Forza Aerea dell’Esercito USA in Europa, era rimasto pressoché pietrificato davanti alla giovane infermiera bionda, ex dama di compagnia e poi cameriera di sua sorella, nonché propria “vittima su commissione” e infine impossibile amore infinito.

“Sei… davvero tu, Candy…?” farfugliò, con voce appena distinguibile.

“Mi stai vedendo.” rispose asciutta lei.

Lui dichiarò, estremamente a disagio: “Sei sempre… molto bella!”

L’infermiera si sforzò di rendere il sorriso, se non proprio solare, almeno più marcato…  a rispondergli grazie non ci riusciva ancora.

L’ufficiale s’azzardò ad allungare la mano per sfiorarle delicatamente la spalla, come a sincerarsi della sua corporeità: “Scusami… sono così… felice di rincontrarti! Anche se…”

“Anche a me non dispiace.” rispose Candy, stimolata da quello scusami che le aveva appena detto. Era il primo e veramente storico!

“Da... davvero??” chiese lui, oltremodo stupito.

“Ma certo!” confermo lei, sempre con un sorriso bonario.

“Sentite” intervenne la signora Greason, intenta a preparare una siringa “perché non andate a farvi due chiacchiere nel corridoio, mentre io spedisco mio marito da Morfeo, mm?”

“Ma… Flanny…” balbettò Candy, presa così alla sprovvista.

“Su, fuori dai piedi!” incalzò la collega bruna, sedendo di fianco al letto.

Neal, non meno perplesso della cugina adottiva, volse lo sguardo al generale, che non mancò di confermare le istruzioni della propria superiore diretta: “È un ordine, capitano!”

I due, dopo un sospiro perfettamente sincronizzato, si decisero a lasciare la stanza.

“Braccio scoperto, prego!” ordinò il generale del generale con voce secca.

“Ma perché mi vuoi dare un calmante?” protestò lui, obbedendo macchinalmente “Non ne ho mica bisogno…”

“Sì, l’ho sentito!” ribatté ironica lei, cominciando a frizionare col batuffolo di cotone imbevuto d’alcool.

“Va bene, mi sono alterato un attimo” minimizzò lui, con aria innocente “ma adesso sono okay!”

“E allora speriamo che questa roba ti rappezzi anche il cervello!” rimpallò Flanny, affondandogli l’ago. Era sempre incredibile come riuscisse a non provocargli il benché minimo dolore.

“Cosa vuoi dire?” chiese lui, preoccupato dal suo tono così duro.

“Che spero ti tolga la voglia di fare l’artificiere…!” chiarì lei, con voce malferma senza modificare la sua espressione furiosa.

Ad Andy si gelò la schiena: “Chi te lo ha detto?!”

“Ho fatto il terzo grado a James!” gli rivelò Flanny, massaggiandogli la puntura. Poi gli riabbassò rabbiosamente la manica del pigiama, gli rimise giù il cuscino e lo fece stendere.

“Quando lo rivedo, lo strozzo!” borbottò lo smascherato acrobata volante, cominciando a sentire il torpore del sedativo.

“Dovresti ringraziarlo, invece… perché se il tuo compare non lo avesse detto a me, glielo avrebbe fatto sputare Candy, che è molto più brava della sottoscritta a far parlare le persone, te lo posso assicurare.[19] E sta’ sicuro che lei, al posto mio, ti avrebbe già riempito la faccia di sberle!!” concluse, combattendo col feroce desiderio di procedere allo stesso modo.

“Davvero, eh…?” bofonchiò il suo diuturno paziente, già mezzo addormentato.

“Sì, davvero! Ma sarebbe stato nulla, in confronto a quello che ti farò io, se solo ci riproverai ancora… e ricordati anche che, se mai mi girerà di diventare vedova, provvederò personalmente” gli puntò contro la siringa e specificò “con la stricnina…!!”

Senza preoccuparsi se l’amato rompicollo avesse inteso le sue ultime parole o fosse già immerso nel mondo dei sogni, Flanny Hamilton Greason se ne andò finalmente anche lei, sbattendosi la porta alle spalle.

***

“Ti va un caffé?” chiese Candy a Neal quando furono in corridoio. Fu la prima cosa che le venne in mente, tanto per alleviare la tensione.

“Beh… perché no?” sorrise lui, tuttora in forte imbarazzo.

“Vieni…”

La giovane non capiva bene a cosa doveva tutta quella sua condiscendenza. Che si stesse pentendo d’essere stata oltremodo dura con lui, durante il periodo del suo vano corteggiamento? Che suo zio Albert avesse avuto un pochino ragione quando aveva osservato che comunque era triste venire respinti dalla ragazza che si ama? O magari, prima ancora, quando Neal faceva il giannizzero della sorella nella sua feroce guerra contro di lei, aveva avuto forse il torto di disprezzarlo, più che compatirlo…

*Saresti diventato un ragazzo migliore se avessi provato a comprenderti?* non poté evitare di domandarsi.

Entrati nella saletta delle infermiere, Candy accese il fornelletto a gas, versò dell’acqua in una boccia di vetro, vuotandoci due bustine di Nescafé. Quando la temperatura fu giusta, riempì una tazza e gliela porse: “Prendi…”

“Gra… grazie!” balbettò lui. Cercando di contenere i tremiti della mano, il pilota se la portò alle labbra sorseggiando lentamente il contenuto, mentre lei si serviva a sua volta.

“Come stanno i ragazzi…?”

“Chi? Ah, i miei compagni, vuoi dire… bene, sono tutti interi. A parte John…”

Candy spalancò gli occhi: “Il piccolo John? Che gli è successo??” chiese subito, con trepidazione.

“Nulla di grave, non preoccuparti” la rassicurò lui “era stato colpito di striscio, ma l’ho medicato… lo hanno già ricoverato all’infermeria dell’aeroporto.”

“L’hai soccorso tu…?”

“Sì… ho cercato di fare del mio meglio. Grazie alle vostre lezioni teoriche. Le ho seguite, sai? Ci sono state molto utili.”

“Lo credo bene… domani verrò a trovarli!”

“Li farai felici.”

“Lo so…”

Candy bevve allora il suo caffé, imitata dal ragazzo.

“È molto buono” disse lui, poco dopo “mi ricorda casa mia!”

“Davvero?” chiese la donna, un po’ divertita.

“La nostra cameriera era davvero brava a prepararlo” la guardò in viso “Dorothy, te la ricordi?”

La bionda non rispose, al che il giovane realizzò d’un colpo la tremenda gaffe: “Ma certo che te la ricordi… imbecille che sono!!”

“Lascia stare…”

Ma lui scosse la testa, con disgusto: “Come posso lasciar stare? È mostruoso ciò che feci quella sera!!”

“Ormai è passata, Neal… cerchiamo di guardare avanti.”

“Per te è facile, Candy! Ma per me… tu non puoi giustamente immaginare cosa si prova quando si comprende di farsi schifo!! Sono stato fortunato a non avere nemmeno il coraggio di ammazzarmi…”

Candy sospirò, poi rifletté un momento e gli rispose: “Avremmo perso un uomo per bene e un bravo soldato.”

“Cosa…?”

La giovane sorrise ancora: “Lo ha detto Andy, no? E io gli credo. E penso che anche l’ultimo dei mascalzoni meriti una chance per cambiare vita. Lui te la poteva offrire e sono lieta che l’abbia fatto. Io non potevo, Neal…”

“Lo so… come si può comprendere un mostro?”

“Ora non stare a flagellarti! Eri una canaglia, va bene, ma non un mostro…”

“Ne sei proprio sicura?” sorrise, lui malinconico.

“Sono ben altri i mostri, Neal, specialmente in questa guerra. Almeno tu non hai mai ucciso nessuno!”

“No, certo” ammise lui, tenendo gli occhi bassi “ti ho soltanto avvelenato il cuore!”

“Adesso, però, me lo stai riscaldando…”

Neal ci mise un po’ ad assimilare quelle parole: “Come hai detto, scusa?!”

“Che mi stai rendendo felice… per quello che dici e per quello che fai.”

Piuttosto incredulo per ciò che sentiva, il giovane sorrise di nuovo, ma poi disse, ancora in tono amaro: “Non si può cancellare il passato…!”

“No, non si può. A me, però, ha sempre interessato più il presente. Tu adesso stai facendo il tuo dovere con impegno e coraggio. Inoltre ti stai prendendo cura dei miei amici che, a quanto ho saputo, sono tutti contenti di te. Per di più, stai rischiando la vita per difendere la nostra libertà e per abbattere un regime orribile, che sta schiacciando l’esistenza di milioni di persone. Tutto questo mi basta, Neal…”

“Ti basta per cosa?”

“Per concederti il mio perdono. Ridarti la mia stima…” sembrò esitare “…e offrirti la mia amicizia, se la vuoi ancora!”

L’ufficiale spalancò la bocca, per poi allargarla fino ai padiglioni auricolari. Mosse d’istinto un passo verso di lei, ma si bloccò subito, turbato dal peso del rimorso. Tristemente, rimise gli occhi a terra, non sapendo cosa fare.

“Neal…”

Al richiamo, lui rialzò la testa e rimase inebetito. La sua irraggiungibile fiamma, la sua bramata biondina, il suo più grande desiderio proibito gli stava tendendo le braccia…

“Vieni, Neal…”

“Ma… Candy, sei impazzita?!”

“Vieni!” insistette.

Vincendo quel dannato piombo nella gambe, il ragazzo si appressò cautamente a lei, lasciandosi avvolgere in un caldissimo abbraccio: “Felice di conoscerti, Neal…!”[20]

Comprendendo appieno il vero senso di quelle parole, il rampollo dei Legan strinse gli occhi, già molto umidi e fu appena capace di sussurrare agli orecchi di lei, assaporando il profumo dei suoi riccioli: “Grazie, Candy!! Grazie… grazie… grazie…!!!”

“Di nulla, cugino. E benvenuto fra i buoni… vedrai che ti troverai bene!”

Emettendo un singhiozzo marcato, il redento strinse più forte la sua nuova amica. Un turbine di sensazioni, dolci e dolorose, frullava nel suo animo turbato. Era quello, dunque, l’autentico affetto di una persona cara?

Come fu duro separarsi da lei! E che tormento contemplare quel bel viso senza potere… oh, quanto avrebbe voluto assaggiare quelle dolcissime labbra! Quanto avrebbe voluto osare… ma non poteva. Avrebbe perso tutto ciò che aveva appena guadagnato.

Ma Candy, che lo leggeva come un libro stampato, fu ancora una volta in grado di stupirlo: prima che Neal potesse pensare a qualcosa da dirle, gli stampò sulle guance due tenerissimi baci. Lui allora barcollò in avanti, ributtandole le braccia al collo…

“Allora? Sei contento, Neal? Neal…? Ehi, cos’hai? Neal… ossignore! Neal, ti senti male?! Dì qualcosa, su… mamma mia, è svenuto!! Presto, aiutatemi… dottor Waxman… il capitano Legan, qui, ha perduto i sensi! Natalie… Judy… presto, fate qualcosa! Dottore…!!”[21]



[1] 800 Km/h. Superati gli 859 (515 miglia orarie) il P-47 D entrava in regime terminale, nel quale l’eccessivo indurimento dei comandi poteva rendere molto difficile uscire da una picchiata.

[2] Il giorno dello sbarco in Normandia, inizialmente pianificato per il 1° Maggio del 1944 e rimandato successivamente al 6 Giugno per le condizioni atmosferiche.

[3] Volete che ve lo dica? Alla “non più verde età” di 43 anni riconosco perfettamente le ottime ragioni che stavano dietro all’atteggiamento di Candy nell’episodio Lacrime di un piccolo Cow-Boy. Ma vi confesso che nel vedere quelle immagini quando ne avevo 13, il mio orgoglio di maschietto era stato leggermente pizzicato e fu proprio allora che decisi, sui due piedi, di arruolare il piccolo Jimmy nella Decima Air Force!

[4] Lo schwarm era una formazione di due coppie (rotte) di caccia, ciascuna comprendente il leader e il suo gregario.

[5] Come potete immaginare, lasciare un solo pilota in cabina durante un attacco della caccia era estremamente pericoloso, poiché, se fosse stato colpito, l’aereo avrebbe potuto precipitare prima che qualcuno riuscisse a riprenderne il controllo.

[6] Vedi capitolo 20.

[7] Si riferisce alla colorita imprecazione con cui aveva ribattuto al suo rimprovero per avere esitato a sparare (vedi capitolo 18).

[8] Ci pensate se, nel corso della Storia, prima dell’inizio di ogni battaglia, le madri, le sorelle o le mogli di tutti i soldati di entrambi gli schieramenti fossero venuti a riprendersi questi ultimi e, dopo avergli fatto quanto immaginato da Jimmy, se li fossero portati via trascinandoli per un orecchio, al grido di: A casa, marsch!...? Niente male come sistema per consolidare una pace duratura nel mondo, non credete?

[9] Nel non esprimergli chiaramente la gratitudine per quanto aveva fatto, Jimmy dimostra a Neal di non considerare più il suo comportamento come un fatto eccezionale. Ormai, per l’equipaggio del Delta-Fox, il fratello di Iriza Legan non era più il passato aguzzino di Candy, ma unicamente il loro compagno d’armi.

[10] Non va inoltre dimenticato che Frances L. Greason, il padre dell’asso, aveva militato nella Escadrille Lafayette, composta dai volontari statunitensi che si batterono nel cielo francese contro gli aviatori del Kaiser, nel 1917-18.

[11] Decorazione concessa ai militari statunitensi feriti in azione. Esiste una valle, vicino a Cassino, chiamata La Valle dei Cuori di Porpora, per l’elevato numero dei militari della Quinta Armata rimasti feriti durante la battaglia svoltasi nella zona.

[12] Il macabro appellativo gli derivava dalla sua mania di costruire le croci dei ragazzi con cui litigava all’orfanotrofio.

[13] Marika von Heindrich, la sorella minore di Schultz (vedi capitolo 18).

[14] Località vicino a Parigi, dove si trovano gli stabilimenti della Renault, che in quel periodo lavoravano ovviamente per i tedeschi.

[15] Circa 183 metri. Le granate da 88 mm tedesche erano in grado di abbattere un velivolo fino alla distanza di 30 metri dal punto di deflagrazione e provocare danni, anche gravi, fino a 300 metri.

[16] Questa non è mia, ma di John Hersey (dal suo romanzo L’amante della Guerra).

[17] Persino alcuni piloti abbattuti della Luftwaffe furono uccisi nel corso della guerra dai loro connazionali, in quanto erroneamente scambiati per aviatori nemici!

[18] Descritta nel racconto Le Due Aquile, redatto a quattro mani col mio amico Alberto Borghesi, la missione prevedeva un volo su Berlino con partenza da Lowell, nel Massachusset e varie tappe a Goose Bay (Labrador), Stromfjord (Groenlandia), Isle of Mainland (Shetland). Durante il percorso Gorenlandia-Shetland il B-24 di Richardson aveva però smarrito la rotta per poi atterrare sul Pac una volta esaurita la benzina. Raccolti da un sommergibile tedesco, i sette uomini dell’equipaggio (tre erano periti nell’impatto) erano stati rilasciati due mesi dopo a seguito di una tregua stabilita dopo il termine di un “duello” fra l’U-855 del korvettenkapitan Herbert Thyssen e l’SS 323 Pretty Shark del comandante Patt Barkley della USN.

[19] Ovvio riferimento, quello di Flanny, a quando Candy l’aveva costretta a “confessare” il motivo che la spingeva ad offrirsi volontaria come crocerossina.

[20] Non ti arrabbiare, Terence! Glielo vogliamo dare, a quello sfigato, un breve momento di felicità?

[21] Come siamo deboli!” (Ugo Tognazzi, nel film La stanza del Vescovo).

  
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