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22. Un
giglio bianco.
Il
ballo del ceppo era arrivato con snervante velocità, tanto che Areal si sentiva
terribilmente impreparata per quell’evento. Non la vedeva come Emma e Jude, che
non pensavano altro che al vestito da indossare, né come Canni che era solo
innervosita dal fatto di dover passare un’intera serata con Erick. Areal era
solo e soltanto nervosa, e nel profondo, si sentiva triste senza saperne il
motivo.
Già
quella mattina non si era certo risvegliata nel migliore dei modi, sconvolta da
un incubo notturno.
Nel
suo sogno era di nuovo alla finale di coppa del mondo di Quidditch,
tra le tende in fiamme e le urla agghiaccianti. Era lontana dalla sua tenda, a
dire il vero era lontana da qualsiasi cosa. Era da sola al centro del caos. Aveva
tanta paura, non sapeva che fare, era immobile, quando ad un tratto vide un
gruppo di uomini incappucciati e vestiti di nero avanzare verso di lei. Sapeva
benissimo chi erano, sapeva che quei Mangiamorte erano la cosa più pericolosa
al mondo, e non poteva fare a meno di tremare di paura. Impugnavano bastoni
infuocati, portavano delle orrende maschere sul volto, e continuavano la loro
avanzata verso di lei. Aveva il vago sentore di un ricordo, e la sensazione di dejà-vu era forte. Sapeva che da lì a
poco sarebbe dovuto arrivare qualcuno, che prendendola per mano avrebbe dovuto
condurla in salvo.
Ma
quel qualcuno non arrivava.
Sentiva
dentro di sé la paura crescere, avrebbe voluto urlare il nome del suo
salvatore, di qual ragazzo biondo che più volte l’aveva salvata così come
avrebbe dovuto fare in quell’occasione. Ma non riusciva a pronunciarlo quel nome.
Il
tempo passava, nessuna mano stringeva la sua per trascinarla al sicuro, e
quegli uomini incappucciati procedevano verso di lei. All’improvviso, mentre le
fiamme aumentavano insieme alle urla della gente che correva, i Mangiamorte
smisero di avanzare verso di lei, e ognuno prese una sua direzione sparendo
dalla vista di Areal.
Solo
uno rimase fermo di fronte a lei.
Areal
non sapeva cosa fare, era ancor più paralizzata di prima. Quell’uomo
incappucciato di nero la fissava in silenzio, immobile come una statua. Poi,
improvvisamente, avanzò con estrema lentezza, e quando fu ad un passo da lei, le
tese la mano.
Adesso
una mano pallida e affusolata era tesa verso di lei, ed Areal sentiva la voglia
irrefrenabile di toccare quella pelle lattea con la certezza che l’avrebbe
trovata gelida. Ma quella mano apparteneva ad un Mangiamorte, e lei avrebbe
dovuto fuggire il più lontano possibile da lì, anziché desiderare che quella
mano affusolata stringesse la sua. Era come un bambino davanti al fuoco, lo
teme, ma non riesce a fare a meno di guardarlo con il desiderio crescente di
avvicinarlo.
Senza
che se ne rendesse conto, Areal tese lentamente la propria mano verso quella
del Mangiamorte, che non si era mossa di un millimetro. Era sempre lì a tener
vivo il suo invito.
Mezzo
secondo prima che le due mani si toccassero, Areal si svegliò.
A
colazione non riusciva a spiegarsi quel sogno, ma sentiva ancora un doloroso
vuoto all’altezza del petto. Perché Draco non era andato da lei nel sogno, così
come aveva fatto nella realtà, due mesi prima?
Ma
quello stesso vuoto Areal lo sentiva ogni giorno, da quando aveva scoperto la
verità. In quei quattro anni fra lei e il Serpeverde erano state liti e
riappacificazioni continue, e lei era stanca di questo tira e molla. Non poteva
cancellare così facilmente dalla sua memoria le chiacchierate con Draco, i loro
duelli pacifici, le ripetizioni che si impartivano a vicenda e, soprattutto,
non poteva dimenticare le due volte che l’aveva salvata.
La
prima era stata al terzo anno, ad Hogsmeade, quando
quel balordo Magonò aveva tentato di aggredirla, e la
seconda proprio alla finale di Quidditch. Come
dimenticare le braccia di Draco strette intorno alla sua vita, mentre la
proteggeva dalle fiamme che infuriavano a poca distanza da loro? Come
dimenticare le loro risate e le volte in cui giocavano a provocarsi?
Areal
capì in brave di non essere in grado di eliminare il biondo Serpeverde dalla sua
vita. Non ne era in grado, ed ora, dopo quattro anni, la sua assenza bruciava
dentro di lei. Proprio come all’interno del sogno sentiva la mancanza di Draco,
e la voglia di rivederlo anche solo per un momento. Non era piacevole
ignorarlo, ma ogni volta che lo vedeva insieme ai sue amici serpi a compiere
qualcosa di losco, dentro ardeva di rabbia.
Di
tre cose, a quel punto, Areal era certa. Tanto per cominciare lei e Draco erano
inevitabilmente diversi, opposti. Punto secondo: ad Areal non piaceva il lato
oscuro di Draco, per niente. E per ultimo, ma non meno importante, c’era da
considerare il fatto che non poteva fare a meno di lui.
Che
stessero insieme per amicizia o per litigare, poco importava, purché si
vedessero.
Ma
come far combaciare quei tre punti contrastanti fra loro? Soprattutto il
secondo con il terzo facevano guerra un giorno sì e l’altro anche. Come
superare l’ostacolo?
In
fine, a completare il tutto, c’era la scelta di Draco.
Lui
aveva scelto di allontanarsi per sempre da Areal per tornare ad essere il vero
Draco di sempre.
Con
quel quesito ancora irrisolto nella mente, Areal era arrivata alla fatidica
sera del ballo del Ceppo. Per l’occasione, Canni indossava un delizioso vestito
rosa sfumato di rosso. Non aveva spalline, sotto al seno era stretto ed una
fascia viola scuro che le stringeva la vita per poi lasciare ricadere la gonna
morbida. Il vestito era lungo, evidenziando la sua altezza. Erick l’aveva
attesa in sala comune, e da lì erano andati insieme al ballo.
Jude
vestiva un semplice bustino turchese, con lustrini sul corpetto e uno strascico
dietro. Ad accompagnarla ci sarebbe stato un ragazzo di Tassorosso
che aveva conosciuto al terzo anno durante una lezione di Erbologia.
Per Emma, invece, si era fatto avanti un impavido Grifondoro,
biondo e di bell’aspetto, ma su di lui Areal sapeva ben poco. Canni aveva
dovuto aiutare la cugina con il suo vestito pieno di pieghe e stoffa
svolazzante. Era argentato, aveva un raffinato scollo quadrato e la gonna non
tanto lunga era gonfia e piena di tulle.
Areal
era rimasta per ultima dentro la loro camera, e lanciò un’ultima occhiata allo
specchio prima di scendere. Jude ed Emma le avevano acconciato i capelli, ed il
vestito che indossava le era stato inviato da sua zia, che non appena aveva
saputo del ballo, era corsa in centro a fare compre.
E
secondo Canni la vecchia e cara zia Matilde ci aveva proprio azzeccato.
La
ragazza sbuffò un’ultima volta, tirò su le guance per fare un sorriso forzato e
abbandonò la stanza.
Bella
e sorridente: così doveva essere. Perché niente e nessuno doveva guastarle le
giornate. Areal era forte, era intelligente, avrebbe trovato la forza per
superare gli ostacoli e dimenticare gli enigmi irrisolti.
O
quanto meno così sperava.
Draco
Malfoy era cresciuto in un ambiante di feste, cerimonie e buona educazione. Non
aveva certo dimenticato tutti i party che sua madre aveva dato dentro Malfoy Manor, dove gente di alta classe si pavoneggiava fra calici
di champagne e abiti costosi e raffinati.
Per
lui tutto quel mondo di luci e balli era più che normale.
Ci
era cresciuto dentro.
Era
stato educato per apparire sempre impeccabile, rigido e composto proprio come
ogni Malfoy che si rispetti. Per tale motivo, a lui, del ballo del Ceppo poco
importava. Forse poteva usare quell’occasione per fare baldoria e creare
scompiglio con i suoi compagni.
Di
certo non era emozionato come quelle stupide ragazze, ma non era neppure
impacciato come quel fesso di Tiger che forse non aveva mai indossato un frak
in vita sua. Draco non aveva avuto bisogno né di lezioni di ballo né di benton.
Lui
aveva la classe necessaria già di per sé.
Era
come al solito annoiato, mentre appoggiato ad una delle colonne fissava Pancy e Blaise che discutevano
serenamente. Blaise aspettava la sua accompagnatrice,
e Draco e Pancy gli tenevano compagnia.
Proprio
in quel momento Draco osservò distrattamente la sua compagna per quella sera,
ovvero Pancy Parkinson. Tutti nella sua casa davano
per scontato che loro due andassero al ballo insieme, e così era stato. Perfino
sua madre aveva approvato, quando –senza che lui sapesse come- era venuta a
sapere con chi sarebbe andato al ballo.
Pancy era di ottima famiglia, era furba ed anche bella. Un ottimo
partito per lui, sicuramente. Ma a lui in realtà, poco importava. Di matrimoni
combinati o di altre stramberia, per ora, non ne voleva sapere.
Osservò
l’abito semplice di Pancy, nero, stretto, aderente e
lungo. Elegante e raffinato pur non avendo alcuna particolarità. Sì, forse Pancy era la ragazza adatta a lui, una sua degna
accompagnatrice.
Eppure
si sentiva terribilmente insoddisfatto.
Pancy faceva tutto quello che lui gli chiedeva, Pancy
non era entusiasmante, e mai si faceva desiderare.
Draco
era sempre annoiato, come quella sera.
Accanto
a lui sfilavano varie coppie, e lui non si divertiva neppure ad osservarle e a
criticarle, era annoiato e basta. Poi, senza che neppure lui sapesse perché, Pancy lanciò un’occhiata alle scale dietro di lui
spalancando la bocca per poi fare una smorfia, tornando in fine a parlare con Blaise come se nulla fosse.
Per
noia o per curiosità, Draco si voltò a guardare le scale alle sue spalle, e
rimase senza fiato.
In
cima alla scalinata c’era una ragazza, di media altezza, magra ma non troppo e
con la palle lattea. Il collo era lasciato scoperto così come le spalle e le
braccia delicate e sottili. Una collana luccicante risaltava sulla pelle della
sua gola, mentre i capelli corvini erano acconciati e perfetti. I ciuffi
davanti erano appuntati dietro e tenuti in alto da fermagli luccicanti, mentre
il resto dei capelli ricadeva sotto forma di boccoli morbidi lungo il collo,
sfiorandole la pelle lasciata scoperta dallo scollo del vestito.
Il
vestito poi, non si poteva fare a meno di ammirarne l’eleganza.
Era
color panna, aveva un classico corpetto a cuore con incastonati tanti piccoli e
luccicanti diamanti. La gonna arrivava al ginocchio, a più strati di tulle
bianco spolverati d’argento. Era un vestito molto particolare che passava
dall’aderenza del corpetto alla sofficità vaporosa della gonna, inoltre, quel
color panna tempestato di diamanti ricordava la luce delle stelle.
Ma
la cosa che davvero gli tolse l’ultimo respiro, fu il suo viso.
Allungato,
con gli zigomi leggermente alti, fine ed elegante come quello di una fata. La
pelle chiara, le guancie appena spolverate di rosa e le labbra inumidite da un
lucidalabbra brillante. Gli occhi erano semplicemente incantevoli, grandi,
rotondi e nello stesso tempo allungati. Le iridi erano di un blu intenso e le
palpebre appena truccate.
Proprio
in quel momento, la ragazza arrossì d’imbarazzo come se si fosse accorta
dell’occhiata penetrante con cui Draco si stava imprimendo nella mente ogni
dettaglio di lei. Abbassò appena il mento e le lunghe ciglia nere le sfiorarono
la pelle delle gote deliziosamente imporporate. Le labbra si piegarono appena
all’insù, e Draco sentì il cuore mancargli di un battito davanti a quella
visione tanto angelica.
Quella
ragazza appariva fragile ed indifesa, un giglio
bianco.
Quella
ragazza, pensò Draco, era maledettamente bella. Uno spreco, se messa nelle mani
di un ragazzo qualunque, di un comune imbecille come i tanti presenti nella
scuola.
Se
Draco Malfoy non avesse mai visto prima quella ragazza, avrebbe pensato che
entro pochi giorni avrebbe dovuto farla diventare sua. A tutti i costi. Quella
era la ragazza adatta a lui, la degna compagna di Draco Malfoy.
Poi
vide un ragazzo alto e bruno con la veste elegante di Durmstrang
avvicinarsi cautamente a lei, accennare un chino e tenderle la mano. Quando
Draco vide la ragazza sorridergli timidamente, ed accettare quella mano, dentro
di lui galoppò un sentimento feroce: la gelosia.
Osservò
i due allontanarsi, senza riuscire a fare a meno di notare quanto bene stessero
insieme, e sentì la rabbia soffocarlo.
Perché
nessun’altro meritava quella ragazza più di lui.
Ma
così sarebbe stato, se lui non avesse precedentemente avuto modo di conoscere
quella ragazza. Peccato però che lui la conosceva e come quella ragazza, sapeva
il suo nome, ed era stato lui stesso ad allontanarla.
Draco
si era allontanato da Areal per due motivo. Uno: per orgoglio, perché due
persone di mondi opposti come lo erano loro, non avrebbero mai dovuto
mischiarsi. E come secondo punto, nonostante fosse il principale, Draco aveva
allontanato Areal da se stesso… per
proteggerla.
Continua…
Spero
che abbiate passato tutti delle buone feste e che questo nuovo anno posso
essere meraviglioso.
Grazie
Mille a BumBj,
ViolentFlames,
_Beth
e a JuliaSnape
per aver recensito, spero che questo capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere
cosa ne pensate ^^