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Autore: Imrahil    13/12/2005    0 recensioni
A metà strada tra la magia del mondo tolkeniano e la visione giovanile del mistico di harry Potter, si apre la cortina sul mio mondo. Un giovane ragazzo, erede di un tragico retaggio di potere e dolore, si ritroverà al centro del travolgere di numerosi eventi. Tra creature innaturali, divinità oscure e lotte fra uomini, quale può essere il destino di un ventenne? Legere Aude!
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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I due viandanti viaggiarono senza alcuna sosta per molte ore, senza scambiarsi alcuna parola. Il ragazzo fissava spesso il suo compagno, incuriosito ed attratto dalla sua natura aurorea. Non aveva mai incontrato atols nel suo villaggio a Est. Di questo popolo sapeva ben poco, solo ciò che dicevano le storie, come tutto ciò che riguardava il mondo al di fuori del suo paese natio. Le leggende narravano che gli dei avessero infuso una scintilla di essenza divina negli atelos, a differenza degli altri uomini, alla creazione del mondo. Per questo avevano fama di essere immortali, saggi e capaci di usare la magia al di sopra dei comuni umani. Sapeva inoltre che la stirpe atelos era divisa in due, quella aurorea e quella notturna. Quale relazione e differenza ci fosse tra le due, lo ignorava. Tanti e tali pensieri gli affollavano la mente, che non si accorse del tempo che rimase a fissare l’aelto, senza rendersi peraltro conto che egli si era accorto del suo sguardo.  Spesso volgeva la mente a ciò che aveva sognato e si interrogava sul significato della prima visione. Era anche roso dai dubbi; perché sua madre gli aveva mentito sul modo in cui l’aveva trovato? Non riusciva a trovare risposta e intanto rabbia e sconcerto si accavallavano nel suo animo, mentre il tempo passava e proseguivano verso occidente. L’atelos pareva anch’egli immerso nei propri pensieri.

Sembrava che durante la notte qualcosa lo avesse profondamente turbato e faceva ben attenzione a tenere nascosto il corpo sotto il mantello. Nascoste, le ferite provocate da quella che sembrava esser  una profonda ustione, facevano ancora tremare le sue braccia per il dolore.

Trascorsero così parecchie ore, quando i due giunsero infine ai piedi di un’alta collina. “Vorresti accamparti qui o preferisci viaggiare anche di notte?” Gli chiese l’auroreo, poiché ormai il sole stava per tramontare. “Accampiamoci pure”.

Salirono in poco tempo lungo i fianchi del colle, totalmente spoglio, ma dalla cui sommità si poteva scorgere tutto il paesaggio circostante. L’orizzonte si tingeva di porpora agli ultimi raggi del tramonto quando i due si sedettero uno al fianco dell’altro.

L’atelos alzò gli occhi bianchi verso l’alto, fissando le stelle che compivano il loro eterno ciclo celeste. Il suo sguardo scorreva rapido sulle costellazioni, soffermandosi su ogni punto luminoso, quasi stesse leggendo le parole di un libro. Nell’oscurità sempre più fitta sembrava che la sua figura risplendesse di una luce flebile. “ Studi le stelle?” Gli chiese il ragazzo.

“Studio i messaggi che mi trasmettono.” Corrugò leggermente la fronte, preoccupato. “Questa notte, però, emanano bagliori rapidi e complessi che non riesco a decifrare.”

“Se hai qualcosa da chiedermi - disse, intuendo forse i pensieri del ragazzo - non esitare”.

Per alcuni istanti regnò il silenzio, poi il giovane parlò, valutando l’efficacia di ogni sua singola parola. “Io non so molto a proposito degli ateloi, solo le storielle che raccontano gli anziani. Vorrei quindi che mi raccontassi qualcosa a proposito della tua razza, degli aurorei e dei notturni.”.

Ràikas rimase alcuni secondi silenzioso, sempre mirando attento il flusso degli astri, poi parlò con voce ironica. “Sei come una rana in un pozzo, che vive del tutto ignara della grandezza dell’oceano.” Il timbro della voce poi cambiò, divenendo austero, sereno e fermo.

“Io appartengo alla nobile stirpe degli Ateloi, gli uomini del Drago Azzurro, del Sole Sorgente. Gli dei ci preservarono, il giorno della nostra creazione, dalla mortalità, entro la fine del mondo. Possiamo in ogni caso morire, per violenza e dolore. Noi e i nostri fratelli, i Notturni, quando la nostra razza era giovane, eravamo tuttavia intrappolati dalla nostra immortalità. Ci eravamo cristallizzati, e oltre a non poter invecchiare, non potevamo nemmeno maturare, crescere spiritualmente. Avevamo colto l’istante e non riuscivamo a superarlo, se mi intendi.”

“Credo di capire.” Disse rapito il ragazzo, che mai aveva sentito narrare una storia con tale intensità. “Noi eravamo e siamo tutto uno con la terra e i nostri destini, vicende ed emozioni erano legati ad essa come tralci inerpicati su torri altere e immobili. Vivevamo sì in armonia con il mondo, ma eravamo intenti in sogni anziché nella realtà. Furono i due Saggi, i primi due Astri a svegliare il nostro popolo dalla sua immobilità.

La potenza degli dei scorreva in loro, riunirono gli atelos e li guidarono verso due strade diverse, ma parallele. Essi mostrarono agli aelta la bellezza del mondo nel suo cambiare, quella che dimora e muta in ogni istante e quella che dura in eterno, aumentando ogni giorno di luce e bellezza. Il nostro popolo sentì il potere crescere nella sua anima, quando capì che la terra pulsava di tumultuosa vita ed essa poteva dimorare nei nostri cuori se l’avessimo fatta nostra.

Quella consapevolezza ci ha sempre accompagnato e ora sappiamo che un tempo non eravamo che una fiamma che non traeva sostegno dal legno che le dava vita.

Ad un certo punto, le due Stirpi si divisero e i due Astri si separarono e ancora oggi non c’è conciliazione tra i due popoli.

Ahimè, purtroppo lo splendore che dava sostentamento alla mia stirpe, quella Aurorea, richiamò presenze oscure e crudeli nei nostri cuori. Ci eravamo liberati da una maledizione eterna, ma diventammo deboli. Con il passare del tempo, che ora avvertiamo con più forza, divenimmo compiacenti. Dimenticammo lo spirito d’armonia che ci univa alla nostra terra.

Moltissimi morirono, corrotti dalla cupidigia e da oscuri sentimenti, lasciandosi consumare da essi, visto che la nostra natura divina ci impedisce di coltivare certe passioni. Ponemmo delle restrizioni alle nostre vite, affinché non commettessimo lo stesso errore. Adesso frantumiamo le nostre vite, viviamo un’esistenza di privazioni e focalizziamo il nostro essere solo su taluni aspetti, inseguendo in loro la perfezione. Non desideriamo provare ogni sensazione, ogni emozione del mondo. Coloro che lo fanno capiscono, prima della fine, che questo desiderio è un’immagine allo specchio, una riflessione dei nostri peggiori eccessi, portata in vita dalla decadenza.”.

L’umano rimase alcuni secondi a riflettere su ciò che aveva udito, poi disse: “La vostra scelta di vita è del tutto differente da quella di noi uomini comuni. Noi siamo spinti dalla curiosità a provare ogni frutto che la terra ci offre. Ciò non accade quindi agli atelos. Così imperturbabili sono i vostri spiriti?”

L’auroreo sospirò e il suo sguardo si fece assente, quasi rimembrasse tempi passati o pensasse a un terribile futuro.

“Molti di noi cadono negli anni della maturità, abbandonando le nostre regole e la grande tragedia della nostra razza accade ancora e ancora, mentre il numero delle nostre genti diminuisce di generazione in generazione.”

Il ragazzo tacque, fissando anch’egli le stelle, dispiacendosi di aver fatto parlare Ràikas di qualcosa di tanto spiacevole. Non poté fare a meno di pensare che, nonostante tutto, gli atelos erano ancora un popolo potente, che aveva una grande influenza sul suo, specialmente sulle grandi città del Sud, i più grandi insediamenti dopo la caduta di Maruyl venti anni prima.

Il ragazzo si voltò verso l’atelos, notando che si era alzato fissando con sguardo sempre più accorato il cielo.

“E’ il momento in cui la luce che si riversa sulla terra svela il fato.”disse con calma. “Esse annunciano il destino”. Ciò che lesse in seguito lo sigillò tuttavia nel proprio cuore.

“E’ il filo della casualità a tessere il nostro cammino?” Si domandò quando ebbe decifrato l’oracolo dei numi.

Il ragazzo che per caso aveva incontrato, che di un dio aveva uguale indole, sarebbe stato d’innumerevoli lotte la causa, e di fiumi di sangue la fonte. Tutto ciò che vedeva era la sventura, la morte, la decadenza e la sagoma di una grandiosa divinità che si ergeva nuovamente. Cosa doveva fare?  “Cosa vedi?” gli chiese il ragazzo, notando  l’espressione turbata dell’elfo. “Nulla che possa interessarti.” Disse, troncando il discorso. Si sedette nuovamente, immergendosi nei suoi pensieri, riportando alla mente ricordi lontani.

Quando infine Ràikas gli rivolse nuovamente la parola mancava poco tempo all’alba e nessuno dei due aveva dormito. Gli parlò, nuovamente pacato: “Non mi hai detto nulla di te. Puoi avere i tuoi segreti, ma per ancora un po’ di tempo saremo compagni. Potresti almeno dirmi come ti chiami.”

“Elios.”rispose quasi senza riflettere.

“Elios? E’ chiaramente uno pseudonimo. Capisco che tu non riesca a fidarti di me, ma provaci, perché io ti proteggerò.”.

“Cosa ti spinge a farlo?”

“Avere la possibilità di proteggere gli altri è estremamente importante, non credi?”

“E’ questo il tuo senso dell’onore, Ràikas?” Chiese dubbioso il ragazzo.

“Ciò di cui parlo non è onore, ma orgoglio.” Lo corresse l’auroreo.

Elios rimase alcuni istanti in silenzio, riflettendo su quelle parole. Ràikas disse infine:

“Adesso basta parlare, è tardi, riposa pure, ti sveglierò fra qualche ora.”

Il ragazzo non pose domande. Era molto stanco e aveva bisogno di un po’ di riposo. Si stese sull’erba e rimase per un po’ di tempo ad occhi aperti. Ràikas guardava ancora le stelle e gli dava le spalle. Quando il sonno lo colse, l’ultima cosa che vide fu il viso dell’atelos che fissava il suo. I suoi occhi rispecchiavano un animo dibattuto come chi sia messo di fronte a un terribile bivio. Per un attimo ebbe paura di ciò che quegli occhi esprimevano. Poi si addormentò

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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