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Autore: Main_Rouge    03/01/2011    3 recensioni
Nonostante la mia prima (ed unica) fanfic postata sia stata totalmente ignorata (T.T), ho deciso di inserire questa, una fiction a capitoli sulla mia coppia preferita, Sanji x Robin.
Ma tornando a noi.
La storia si svolge poco dopo la saga di Enies Lobby; durante una pausa su una piccola isola, Sanji troverà l'occasione che aspettava da settimane.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nico Robin, Sanji
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La mattina successiva, Sanji fu svegliato dal soave profumo della donna che, ancora addormentata, stava stringendo tra le braccia. Sopra i due, una pesante coperta proteggeva i loro corpi dal freddo della notte.
I loro vestiti erano sparpagliati per la stanza.
Il cuoco si soffermò per qualche istante sul viso di Robin.
Le sue labbra carnose, le sue guance appena arrossate dal fresco della mattina, i suoi capelli, sottili come fili d’erba.
Ma più di tutto, lo rapì il suo respiro così ritmico, così perfetto.
Le passò un dito leggero sulla pelle.
Volle svegliarla, ma non ne ebbe il coraggio: sembrava così tranquilla, così in pace addormentata tra le sue braccia.
Le diede un leggero bacio sulla fronte, poi si alzò con delicatezza, per non rischiare di richiamarla dal mondo dei sogni.
Andò a cercare i suoi pantaloni, se li infilò.
Quindi, si mise ai fornelli, con l’intenzione di prepararle la colazione per quando si fosse svegliata.
Mentre le sue mani, quasi in automatico, iniziavano a preparare una porzione di uova strapazzate, il cuoco tornò con la mente alla notte prima.
Sentiva ancora sulla pelle il suo contatto, il suo calore, la sua passione.
Aveva impressi nella memoria i sensuali mugolii della donna, le sua grida strozzate. La sua voce, anche nei ricordi, aveva un che d’ipnotico.
Si passò la lingua sulle labbra. Avevano ancora il sapore delle sue.
Sanji sentì un caldo brivido percorrergli la schiena. Non riusciva a pensare ad altro che a lei.
Ironicamente, era così concentrato che non la sentì svegliarsi.
Dove sono? Cos’è successo? Queste ed altre domande vorticavano nella mente di Robin mentre tentava di aprire gli occhi, ancora intontita dal sonno.
Sentì un buon odore di uova, ed una morbida coperta sulla sua pelle.
Era felice, si sorprese a pensare, ma ancora non ricordava cosa fosse successo.
-Ah, buongiorno, Robin-chan, hai dormito bene?-.
Robin si girò verso quella voce, incapace di riconoscerla, ancora stesa, al caldo.
Vide il cuoco che le sorrideva con dolcezza, a torso nudo.
Tutti i loro vestiti in giro per la stanza.
In un attimo, nella sua mente, si fecero strada, prepotenti, i ricordi della notte appena trascorsa.
Erano comunque immagini sfocate, ma abbastanza nitide da non lasciare alcun dubbio.
Robin, controllata come sempre, si girò di nuovo. Posò una mano sopra il suo cuore: Dio, come batteva veloce. Erano bastati i ricordi di una notte per scaldarla.
Tentò di scacciare quelle scene dalla sua testa, e ad un certo punto, si alzò, si rivestì con calma e prese la coperta in mano.
Per tutto il tempo, non alzò gli occhi dal pavimento.
-Se vuoi, Robin, è pronta la colazione. Ti ho preparato della uova strapazzate-.
Robin si fermò per un attimo a quelle parole, girò la testa in modo impercettibile e sussurrò un flebile: -Non ho fame-.
Quindi uscì, senza dare il tempo al cuoco di replicare.
Sanji prese un piatto, ci mise le uova e lo coprì, in modo che la colazione di Robin non si raffreddasse.
Quindi si sedette, portò le mani  dietro alla testa e sorrise al sole che faceva capolino dalla finestra.
Nella sua mente c’era spazio solo per un pensiero, e per le sensazioni che gli provocava. Non riuscì a vedere nulla di più di ciò che voleva vedere: era troppo felice per non farlo.


Un pesante sbadiglio lo costrinse ad interrompere per un attimo gli allenamenti con il manubrio.
-Maledizione- pensò –ho bisogno di un sonnellino-.
Ma per quanto lo volesse, non riusciva a mettere giù i pesi. I suoi muscoli si rifiutavano di fermarsi.
-Ah, sei qui Zoro-. Una voce squillante lo fece sobbalzare.
-Diamine Nami, quante volte ti ho ripetuto di non entrare di colpo durante i miei allenamenti?-
-Scusa tanto, ma non pensavo di farti tanta paura. O forse- disse con aria maliziosa –il grande Zoro, l’impassibile spadaccino, è turbato da qualcosa?-
Silenzio.
In effetti, qualcosa c’era.
-Ahhh. Parlare con te mi fa sempre innervosire. Piuttosto, cosa vuoi?- Ringhiò alla ragazza, mentre un’espressione seccata prendeva il posto di quella pensosa e debole che l’aveva marchiato fino a quel momento; occhi semi-chiusi, collo in tensione, zigomi pulsanti: Faceva quasi paura da quanto era intenso.
Ma Nami non si lasciò intimorire.
-Solo un’informazione. Hai per caso notato niente di strano in Sanji in questo periodo?-
-Nel cuoco? Mmm… No, non mi sembra. Perché?-
-Ma dai, non vedi che ha sempre la testa tra le nuvole? È da quando siamo arrivati su quest’isola che fa così-.
-Ora che mi ci fai pensare- disse tornando con la mente al momento dell’arrivo, a quando quel biondino da strapazzo aveva ignorato la sua provocazione –in effetti mi sembra un po’ spento. Che stia male? Non che mi interessi, sia chiaro- e in quel mentre, distolse lo sguardo.
Nami lo fissò incredula.
-Male? Mi prendi in giro? Sei sicuro di vivere sulla mia stessa nave?-
-Parla chiaro donna. Che stai dicendo?-
-Sono due giorni che quel cascamorto non mi sbava dietro. Ti sembra normale? A me sembra strano, molto strano. In più ieri mi ha quasi evitata all’ora di pranzo. Ti rendi conto? Insomma, ma che diavolo…-
-Ok, ma ora calmati Nami. Guardati, sei diventata rossa in faccia a furia di sbraitare. Sembra quasi che ti dispiaccia-.
Gli occhi della rossa, dapprima di fuoco, si spensero in un attimo. Le sue membra si rilassarono, stese le braccia, lasciò i pugni.
Poi sbuffò, abbassando appena lo sguado.
-Cosa? Non essere ridicolo-.
Zoro la guardò confuso. Meno male che non è troppo sveglio, pensò la navigatrice.
-Tornando a noi, penso ci sia sotto qualcosa. Ad esempio, la scorsa notte mi sono svegliata intorno all’una per bere un bicchiere d’acqua, e dalla camera di Robin non ho sentito alcun rumore. Non lo scorrere delle pagine, non lo sfrigolare della candela-
-Ma scusa Nami, era l’una di notte. Anche Robin probabilmente stava dormendo-
-No. Lei non dorme mai a quell’ora-.
Era abbastanza ovvio dove volesse andare a parare la ragazza, ma Zoro non se la sentì di buttarsi. Preferì dare speranza alla giovane leonessa, turbata dalla forza di una cacciatrice più esperta.
-Secondo me sei paranoica. Probabilmente era solo stanca-
-Forse- disse la giovane giocherellando con la collana che aveva al collo –Ma voglio esserne sicura. Stasera non la perderò d’occhio un istante. E tu farai lo stesso con Sanji-
-Cosa? E perché mai dovrei farlo? Anzi, perché mai dovrei farlo IO?-
-Perché sei silenzioso ed oscuro. Se non ti addormentassi ogni volta che stai all’ombra, saresti una spia eccellente-.
Zoro era preoccupato. Lo sguardo della ragazza era tutto meno che indeciso. Sapeva che quella strega l’avrebbe trascinato in qualcosa di dannatamente fastidioso.


May Town era davvero una cittadina tranquilla.
Aveva piccole case pulite e semplici, seza fronzoli o abbellimenti troppo appariscenti; le ampie strade di ciottoli erano sempre costeggiate da qualche pianta rigogliosa, mossa con dolcezza dalla brezza marina, come in una precisa coreografia.
Quella sera in particolare, il vento era deciso a far danzare gli alberi a passo veloce.
Il cielo, parzialmente coperto da qualche nuvola scura, lasciava comunque intravedere un’ampia fetta della sfera celeste. Le stelle, poche, fissavano due figure che, lentamente, avanzavano per la città deserta.
-È stata davvero un’idea magnifica questo pic-nic, Robin-san; sentirai quanti delizie ti ho preparato-
-Sai, visto che domani partiamo e che non avevo ancora visitato la città, speravo potessi portarmi in un bel posto, tranquillo ed appartato-.
Sanji sentì il cuore accelerare leggermente.
-Facendo la spesa, non ho potuto vedere tutto il paese, ma credo che il parco sia il posto ideale per un appuntamento del genere-.
Robin non rispose; si limitò a tenere fisso lo sguardo, con il viso rilassato ed un’espressione a metà tra il calmo ed il pensieroso. Era davvero bellissima, pensò il ragazzo accanto a sé.
Arrivarono in un prato curato ai limiti dell’immaginabile.
L’erba, fresca ed umida, creava un comodo cuscino per i piedi dei due pirati che, steso un telone, si sedettero, prenti per uno spuntino.
Mentre il cuoco stava tirando fuori i piatti dal pesante cestino in vimini che l’aveva accompagnato dalla nave a quel prato, Robin iniziò ad osservare ciò che la circondava: qualche panchina, alcuni alberi, pochi cespugli. In particolare il suo sguardo si soffermò su uno di essi, cullato dal vento.


-Dici che ci ha visti?-
-No, non penso. Guarda, si è girata. Meno male, ero convinta di si-.
Nami sospirò, attenta a non fare troppo rumore.
-Però… UFFA! Perché quei due hanno organizzato questa gitarella romantica, è così ingiusto! Te l’avevo detto che c’era sotto qualcosa, ma tu NO, per te Sanji stava male e Robin dormiva. IDIOTA!-
-Ringrazia che non ho con me le mie spade invece di lamentarti. Perché diavolo mi hai trascinato in questo cespuglio umido se già lo sapevi?! Sto morendo di sonno-
-E mi avresti lasciata qui da sola?-
-Non fare domande di cui non vuoi sentire la risposta strega-
-SHHH, se no non sento cosa si dicono-.
Zoro abbasso lo sguardo, scontento. Speriamo almeno che si sbrighino, pensò sbadigliando.


I due pirati passarono il tempo discutendo placidamente del più e del meno, mentre le porzioni sfilavano sulla passerella a quadri della tovaglia.
Pasta al forno, hamburgers, patate e verdure fresche, il tutto accompagnato con dell’ottimo succo di frutta spremuto a mano dal cuoco.
Un pasto che il ragazzo si godette senza preoccupazioni. Fino a qualche giorno non avrebbe neanche osato sperare di trovarsi in un situazione simile con la sua amata archeologa, ed ora erano li, da soli con loro stessi, a parlare disinvolti.
Era davvero felice come mai prima.
Tanto, che non si accorse dell’altrimenti evidente scarso appetito della donna.
Robin, con lo sguardo spento, sbocconcellava dai piatti del suo giovane amante senza voglia, in attesa.
Un attesa che sembrava essere infinita.
Dopo un’oretta abbondante, con il sorriso sulle labbra, Sanji offrì a Robin un piattino con una fetta di delicata torta alla crema.
-Ti va un po’ di dolce, Robin-chan?-.
Lei non rispose, né prese la torta. Si limitò a stare in silenzio.
A quel punto il biondo aprì finalmente gli occhi.
Appoggiò il piatto sulla tovaglia e, con voce confusa, chiese: -C’è qualche problema Robin cara? Stai male per caso? Mi sembri un po’ pallida.
-Sanji, io credo che dovremmo parlare. Solo, ti prego, non interrompermi-.
Sanji non riusciva a capire, ancora drogato del più dolce veleno che esista: l’amore.
Annuì, e nel frattempo una densa nuvola nera coprì la luna.
-Volevo parlarti di ieri sera. Ecco, avevo bevuto un po’ troppo, non ero più in me- farfugliò la ragazza, senza sapere bene cosa dire. -È stato un errore che, se potessi, non ripeterei-.
Per il giovane, fu come una pugnale piantato nel cuore.
-Ma… io non…-
-Aspetta, ti prego-.
Lui smise di balbettare, ma tenne la mano nervosamente contratta.
-La verità è che, tu sei stato impagabile. Mi sei stato vicino, Sei stato onesto e disponibile, oltre che estremamente galante. Ma non posso continuare a prenderti in giro in questo modo. Sono stata benissimo queste ultime notti con te, davvero. Ma preferisco che tu mi odi, piuttosto che continuare ad illuderti.
Io non ti amo-.
Ed un pugno allo stomaco fece trasalire Sanji.
-Mi dispiace davvero, ma dopo quello che mi è successo, avevo davvero bisogno di un punto di riferimento, di un uomo come te, che non mi facesse mancare l’amore che non ho mai ricevuto. Ma se per me questo era un lenitivo, per te è molto di più. Lo vedo nei tuoi occhi-.
Un lungo silenzio calò sui due, come una pesante falce, che creò un baratro tra Sanji e l’oggetto del suo desiderio.
-Un lenitivo…- sussurrò lui, senza fiato per replicare.
-So che è orribile da parte mia dirtelo ora e dirtelo così, ma preferisco che finisca qui, dove tutto ciò è iniziato, sperando che lasciando quest’isola, possiamo anche lasciarci alle spalle tutta questa storia.
Il giovane non riusciva a smettere di fissare il telo su cui erano seduti.
Voleva farle mille domande, e chiederle mille spiegazioni, ma non lo fece. Rimase solo in silenzio, incapace di tornare a vivere.
Non sentiva più nulla, se non un acuto ed insistente dolore alla testa.
La ragazza si alzò con calma, prese sotto braccio la giacca che aveva posato sulla tovaglia a quadri ed iniziò a tornare verso la nave. E mentre le sue labbra pronunciarono un flebile –Mi dispiace Sanji; non sai quanto-, dal suo occhio sinistro scivolò un’unica, leggera, gelida lacrima.
Si ripeteva che era meglio così, che non poteva rischiare di ricascarci. Ma non ci credeva.
Passo a fianco di un grosso cespuglio scuro, e vi lanciò dentro un bigliettino, mentre sentiva Sanji, alle sue spalle, dire qualcosa.


Il cuoco rialzò lentamente gli occhi.
Quindi, tornato in sé, esclamò: -Oh, scusami tanto Robin-chan, era assorto nei miei pensieri. Allora, vuoi un po’ di dolce?- disse alzando la torta in aria, come per offrirla ad una figura inesistente.
-Sei piena dici? Ma se non hai mangiato niente- disse ridacchiando sotto i baffi, mentre con un cucchiaino portava un pezzo di dolce verso la sua bocca.
-Non sarai mica a dieta, vero? Ahahahah-.
Rideva, e intanto il cielo si scurì ancora di più.
Rideva, e una leggera pioggerella iniziò a sovrastarlo.
Rideva, e intanto mangiava quella stupida torta che si era frapposta tra lui ed il suo amore.
E man mano che le risate perdevano di intensità, lentamente si fece strada dalla sua gola un lento singhiozzo, accompagnato dalle lacrime, avvoltoi portatori di sventura.
E tra un verso e l’altro, riuscì solo a sospirare: -Perché non poteva andare così? Perché doveva andare tutto in malora? Perché?-.
E fatto cadere il piatto in terra, prese la testa tra le ginocchia, e scoppio in un controllato quanto patetico pianto.
Il suo viso si coprì di acqua, e al dolore si mischiò la pioggia sottile, il pianto di lutto per una luna assassinata dalle tenebre.
Il suo cuore non aveva resistito.


Nami si sbrigò a leggere il bigliettino che l’amica le aveva lanciato.
Poche parole, scritte probabilmente in un momento precedente, tagliavano il foglietto bianco.
“Piaciuto lo spettacolo?”.
Nami si sentì morire.
Lo spadaccino, invece, non ebbe bisogno di leggerlo. Continuò solo a fissare il cuoco da lontano. Quando alla fine il suo singhiozzare li raggiunse, Nami fece come per scattare dicendo: -Dobbiamo assolutamente andare a consolarlo-.
Ma Zoro la fermò subito, e con uno sguardo che non ammetteva repliche disse: -No. È una questione che non ci riguarda. Torniamo alla nave-.


La mattina dopo, quella della partenza, tutto sembrò dimenticato: Sanji preparò la colazione, Robin gli sorrise e Nami finse di non stare troppo bene. Per tutti gli altri, la giornata fu solo una delle tante.

Qualche giorno dopo, in mare aperto, il cuoco portò una teiera piena a Robin. Lei lo ringraziò, chiudendo il libro che stava leggendo sul ponte, e ne bevve un paio di tazze.
Quando si rialzò, gli diede un leggero bacio sulla guancia, sussurandogli un debole ma fortissimo –Grazie- prima di sparire nella sua camera.
Appena se ne fu andata, il giovane si afferrò il petto, in corrispondenza del cuore, e si lasciò cadere sulle ginocchia, mentre un gemito gli si rompeva in gola.








Messaggio dell'autore: Eccoci alla fine di questo scritto. Ora, premetto che mi dispiace molto per tutti quei lettori che speravano in un bel lieto fine, ma, ammettiamolo, non era credibile.
Forse ho un po' esagerato con le fanfaronate retorico/stilistiche in quest'ultimo capitolo, ma l'ho scritto di getto, e così, mentre mi vedevo la scena, non sono riuscito a trattenermi. Spero di leggere molti commenti a riguardo (ma non solo), anche perchè questo dovrebbe essere la mia prima fiction di un certo peso (contraddizione non da poco in realtà, ma lasciamo stare).
Comunque, per chi avesse letto i miei altri lavoretti su One Piece, e per chi li avesse graditi, temo che dovrò smettere per un po', perchè vorrei provare a concentrarmi sulla mia Originale (se possibile, ancora più ignorata di queste misere fiction T.T).
Beh, credo non ci sia altro da dire. In attesa di sentirvi e di leggere qualcosa di vostro da commentare, vi saluto.
  
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