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Autore: nefert70    05/01/2011    2 recensioni
Il racconto della vita di Anna d'Este, duchessa di Guisa e di Nemours, che ha ispirato il personaggio della principessa di Cleves di M.me de La Fayette.
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Epoca moderna (1492/1789)
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- Questa storia fa parte della serie 'Anna'
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Nell’ultimo incontro con Nemours gli avevo detto ”Lasciate che il tempo sistemi le cose”, lui aveva atteso, sempre fedele all’amore che mi aveva dichiarato e dimostrato in più di un’occasione, ora lo rincontrai  a corte e precisamente durante il soggiorno a  Mont-de-Marsan.
Erano dieci mesi che non lo vedevo ma appena i nostri occhi si rincontrarono, capii che la mia speranza di dimenticarlo era stata vana.
Cominciai così ad analizzare la mia vita e i miei desideri.
I miei figli più piccoli erano tutti in collegio così come l’unica femmina, il più grande era ormai duca di Guisa e viveva a corte sotto l’ala protettiva dello zio il cardinale di Lorena.
Mi rimaneva solo la vendetta a tenermi veramente legata alla famiglia di Guisa, ma anche quella era ben alimentata da mio figlio, dai miei cognati e da mia suocera.
Cominciai a pensare che stavo sacrificando molto per un dovere che ormai esisteva solo nella mia mente.
Nulla ormai ci poteva impedire di essere felici insieme, tranne la mia ostinazione.
Nemours da parte sua rispettava la mia volontà ma il suo sguardo era eloquente. Mi amava, mi desiderava, voleva fare di me la sua donna.
Come resistergli? E poi perchè dovevo ancora resistergli?
Eppure analizzando obbiettivamente la situazione mi avvidi che c’erano ancora molti  ostacoli, uno fra tutti, mademoiselle de Rohan.
Il duca aveva fatto trasferire il processo nella sua giurisdizione ma comunque avrebbe potuto essere favorevole alla Rohan.
Decisi di parlare con il duca, di aprirli il mio cuore e di affrontare insieme i problemi che c’erano o si sarebbero posti.
Durante una delle nostre solite passeggiate in giardino all’ennesima dichiarazione da parte del duca questa volta risposi “Si, vi amo anche io. Ma dobbiamo essere obbiettivi, ancora molti impedimenti si pongono di fronte alla nostra unione”  ma la sola felicità che la mia capitolazione gli procurò fece dimenticare per un momento ad entrambi tutti i problemi.
Nemours mi prese fra le braccia e mi baciò, le sue labbra erano infuocate e non passò molto che tutto il mio essere ne assorbì il calore. Quando ci sciogliemmo dall’abbraccio, per non corre il pericolo che qualcuno potesse vederci, il duca mi promise che tutto si sarebbe messo a posto.
Io volli credergli. Ero stanca della lotta interiore che per anni avevo combattuto. Volevo credere nel futuro e soprattutto desideravo amare ed essere amata..
Quei giorni furono i più felici della mia vita.
Non avevo mai avuto un corteggiatore, un innamorato. Quando ero giunta in Francia e avevo conosciuto Francesco il suo corteggiamento era stato breve e solo di pura formalità.
Finalmente conoscevo l’emozione di amare ed essere amata.
Purtroppo durò solo pochi giorni perché mio figlio Enrico decise di raggiungere lo zio, il cardinale di Lorena ed io lo accompagnai.
Giacomo ne approfittò per ritornare a Lione e porre la parola fine al processo.
In ottobre il tribunale di Lione emise la sentenza a favore del duca di Nemours, naturalmente mademoiselle de Rohan non accettò il verdetto e fece riaprire il processo a Parigi.
In un primo momento fui felice per la sentenza, ma il momento dopo  caddi nello sconforto.
Ormai non potevo stare solo a guardare e aspettare gli eventi, decisi di agire e chiesi aiuto alla regina Caterina.
Aprii il mio cuore alla regina che prendendomi le mani fra le sue disse solamente “Tutto si aggiusterà”.
Il 22 dicembre 1565,  infatti, re Carlo IX scrisse una lettera al parlamento dove gli proibiva  di occuparsi del processo.
Intanto la corte era giunta a Mulin.
L’intervento della regina e di suo figlio non furono però senza conseguenze.
I tre anni decisi da re Carlo per l’emissione della sentenza nei confronti di Coligny erano quasi scaduti.
Il 29 gennaio 1566, alla presenza del re, Coligny giurò  di non essere il mandante dell’omicidio del duca di Guisa.
I miei cognati, il cardinale di Lorena e il cardinale di Guisa, mio figlio Enrico ed io fummo “invitati” a credergli . Mio figlio Enrico tacque per tutto il tempo, io e i miei cognati ci sottomettemmo al volere regio.
Il  primo ostacolo alla mia unione con Nemours era superato.
Ora c’era il problema della famiglia di Guisa. Nemours avrebbe dovuto chiedere la mia mano a mio cognato il cardinale di Lorena.
Giacomo inviò una prima lettera che non ebbe risposta, ne inviò un’altra che subì la stessa sorte.
Vedevamo le nostre speranze affievolirsi.
Alla fine Giacomo decise di inviare il suo segreteraio, Messieur Belanton, per enumerare al cardinale tutti i vantaggi della nostra unione,  soprattutto la clausola che sapeva lo avrebbe stuzzicato.
Giacomo infatti  promise che se dal nostro matrimonio non fossero nati figli, tutta la sua fortuna sarebbe stata ereditata dai miei figli Guisa.
A questa proposta il cardinale non potè non rispondere.
Diplomaticamente scaricò tutta la decisione su di me, promettendo al duca che se io avessi accettato lui e la famiglia Guisa non si sarebbero opposti.
Quel pomeriggio era stranamente caldo per essere fine febbraio e io stavo passeggiando nei giardini ancora spogli di Joinville quando vidi arrivare la carrozza del cardinale di Lorena.
Conoscevo il motivo della sua visita, ma feci finta di nulla.
Cominciammo a parlare di molte cose, per lo più futili. Mi chiedevo quando avrebbe posto la domanda fatidica?
Ad un certo punto si interruppe, mi prese la mano e mi disse: “Mia cara sorella, ho ricevuto una proposta di matrimonio per voi. Conosco il vostro dolore per la perdita del mio caro fratello, ma il dovere mi impone di girarvela. Il duca di Nemours chiede la vostra mano, cosa devo rispondergli?”
Lo sorpresi rispondendo “Che sono onorata di accettarla”.
Il cardinale rimase in silenzio per un lungo momento, poi riprese “Sia come voi desiderate. Sarà per noi un nuovo fratello e per i vostri figli il padre perduto.”
Secondo ostacolo superato.
Sapevo che mia madre avrebbe posto il suo veto e quindi chiesi nuovamente l’aiuto della regina Caterina  che decise di occuparsene personalmente.
La regina decise di inviare il connestabile di Montmorency per annunciare a mia madre il mio prossimo matrimonio e sopratutto il favore che questo riscuoteva a corte.
Montmorency non volle mai dirmi come mia madre lo accolse ma la risposta fu quella che mi aspettavo. Non dava la sua approvazione, non le importava del consenso della corona, non le importava dei 100000 scudi che il re ci avrebbe donato, non avrebbe accettato mai per genero l’uomo che era già “sposato” con mademoiselle de Rohan e pertanto che non ci aspettassimo una dote da lei.
Quando la regina mi lesse la lettera io piansi fra le sue braccia, non mi interessava la dote, ma questa volta avrei voluto mia madre presente al mio matrimonio.
La regina si commosse e mi disse che avrebbe fatto lei le veci di mia madre.
Il re, in merito al problema di Mademoiselle de Rohan decise di inviare una lettera al papa e di sottoporgli la questione, Pio IV confermerà la sentenza di Lione.
Il 26 aprile 1566 il re convocò Mademoiselle de Rohan davanti al consiglio privato e le comunicò la conferma del verdetto di Lione.
Il 28 aprile 1566 alla presenza del re, della regina, del duca d’Angiò, del cardinale di Borbone che rappresentava mia suocera, del cardinale di Lorena e del cardinale di Guisa veniva firmato il mio contratto nuziale con Giacomo di Savoia, duca di Nemours.
Il 5 maggio 1566 indossai un abito di seta scarlatta, ricamata in oro e mi avviai alla cappella del castello di Saint-Mor-des-Fossés.
Fui accompagnata all’altare dalla regina Caterina de Medici e il cardinale di Lorena  celebrò la messa e la benedizione nuziale.
Mademoiselle de Rohan non accettò la decisione del re e soprattutto il nostro matrimonio.
Alla cerimonia inviò un ufficiale di giustizia che l’interruppe per leggere la sua protesta. L’ufficiale fu arrestato e la cerimonia poté continuare.
La festa fu data negli appartamenti della regina Caterina e fu decisamente più privata rispetto al mio primo matrimonio.
Dopo la cena ci potemmo ritirare nei nostri appartamenti.
Non ci fu il cerimoniale del mio primo matrimonio, non era necessario e soprattutto non lo desideravamo.
Quando rimanemmo soli fu tutto come doveva essere, finalmente conobbi il vero amore, la vera passione.  
  
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