PARTE I
 
 “La presa di coscienza di Steven Osword”
 
 “Steven! E’ tardi!”
Udii una voce provenire all’infuori della finestra. Chi mai poteva essere? A quell’ora della notte, soprattutto.
”Steven! Vieni fuori sono io, Owen!”
Al pronunciare di quel nome, mi affacciai.
“Finalmente Steven, ora scendi, ricordi ciò che dovevamo fare, vero?”
“Era oggi? Devo essermi perso nella lettura, pochi attimi e sono da te!”.
Costui era il mio migliore amico, eravamo cresciuti insieme, affrontando qualsiasi disavventura, oggi, anche se a mio avviso non era oggi, era il solstizio di primavera e dovevamo recarci sulla collina a festeggiare insieme a tutti i nostri amici.
Finì di prepararmi e mi diressi da lui.
“Sei emozionato eh Steven, talmente tanto che te ne sei dimenticato! Non posso crederci, eppure solo ieri mi hai parlato di questa serata. Non è la notte in cui dovresti incontrare la ragazza che ti piace? Se non sbaglio… Serena no?”
Al pronunciare del suo nome avvertì un colpo sferrato alla base del collo come se fossi pervaso da milioni di ricordi. Era stata lei ad avermi invitato là.
“Sì, Owen credo di essere stato assorto dalla lettura di quel libro. Sai, è talmente strano che credo a volte che qualcuno l’abbia scritto espressamente per me!”
“Tu, Steven non smetterai mai di stupirmi, sei cosi fissato con la lettura che finirai col bruciarti i momenti migliori della tua giovinezza! Ahah!”
Detto questo, andammo avanti senza proferire alcuna parola come se fossimo avvolti entrambi dai nostri pensieri.
Anche se io, a essere sinceri, continuavo a pensare al proseguimento del libro.
Nel frattempo, l’aria sembrava essersi fatta più pesante e tutto intorno a noi pareva essere sperduto, Owen provava a parlarmi ma la sua voce era flebile quasi come se mimasse le parole, i suoni cominciarono a essere ovattati.
Tutto ciò iniziava a preoccuparmi, cosa stava accadendo?
Owen era al mio fianco, anche se non riuscivo a comprendere cosa volesse dire.
Che fossimo avvolti da questa foschia da quando eravamo partiti da casa? No, era pressoché essere impossibile.
Proseguimmo fino alla collina, dove si doveva tenere la fatidica festa ma arrivati là non trovammo nessuno a parte Serena sdraiata sulla nuda terra come se avesse perso i sensi.
Mi rivolsi a Owen cercando di parlargli ma sembrava tutto inutile.
Mi fermai un attimo e provai a riflettere sulla situazione, impersonandomi nel famoso Steven del libro che stavo leggendo, a come avrebbe affrontato lui questa situazione, chiusi gli occhi e successe l’inverosimile.
Iniziai a percepire l’odore di sangue raggrumato e fragranza di rum.
Il suono iniziò ad amplificarsi.
Aprì gli occhi immediatamente e tutto intorno a me era cambiato (Ero sulla famosa scala della cambusa, sporca di sangue, le botti di rum distrutte).
Com’era possibile?
Ero diventato parte integrante della storia. Ero divenuto Steven!
Tirai un forte sospiro e cercai di pensare a cosa poteva essere successo, ma d’un tratto si spensero le luci della cambusa.
“Steven…Steven aiutami!”
Sentii questa voce provenire da un angolo remoto della cambusa che a mia veduta era impossibile capire chi era. Diamine era tutto buio!
A piccoli passi scesi la scala, alquanto difficile giacché piena di sangue e ciò la rendevano poco stabile.
Mi diressi verso la voce come ne fossi attratto come se era d’obbligo che io ne fossi debitore.
Forse era la storia? Forse il libro era stato scritto cosi? Proseguiva in tal modo?
Ero assorto da pensieri, molti pensieri.
Arrivato al centro della cambusa, un forte mal di testa iniziò a pervadermi.
Intorno a me iniziai a vedere come nebulose di luce materializzarsi fino a formare scheletri di pirati a me sconosciuti.
“Da qui Steven comincia la tua storia. Come ben sai, sei stato scelto per solcare fantàsia... “.
“Ma... m... a come? Io? Ho solo diciassette anni…non può essere vero... “.
“Hai dimostrato di essere una persona molto più grande della tua età terrena e vedrai, una volta svolto il tuo compito, potrai tornare a casa, sano e salvo”.
Proferì lo spirito d’innanzi a me.
“Sempre se riuscirai a tornare a casa, mio caro Steven”.
Questa voce proveniva alle mie spalle.
Di colpo, le luci della cambusa ripresero a funzionare. Ero accerchiato da una decina di pirati, sporchi di sangue, i corpi della mia compagnia erano stesi a terra, privi di vita.
Il primo pirata si scagliò contro di me ed io con una piroletta laterale riuscii a schivare il suo attacco, non appena si trovò poco più avanti di me, lo trafissi alla base del collo con la mia scimitarra”.
“Com’è possibile! Non vi ho fatto nulla! Non sono capace di maneggiare una spada!”
“Andate addosso compagniii, ha intenzione di combattere!”
A quel punto qualcosa in me scattò e riuscii a stenderli tutti, colpo dopo colpo, ma arrivai alla fine esanime, sfinito da quelle stangate.
“Bravo Steven! Vedo che ho scelto bene!”
”E... tu chi sei…come mai sento tutte queste voci?”
“Non preoccuparti, la mia è l’unica voce che devi seguire. Mi presento il mio nome è Steven De La Rosh II”.
“Cosa? Vuoi dire che sto parlando con… con lo Steven del libro? Che diamine, la mia mamma aveva ragione. Dovevo smettere di leggere. Dimmi cosa c’entro in tutto questo.”
“Beh, come ben sai, io amo il rum, non so’ fin dove tu abbia preso parte ai miei racconti, ma dopo aver assistito a quel magnifico tramonto, sono stato fatto prigioniero, la mia è stata anima depredata. Solo tu puoi salvarmi, dovrai scoprire chi…”.
“Chi? Avanti dimmi che cosa…dove sei, Steven continua a parlarmi!”.
Doveva essere svanito, scomparso.
In quel momento, mi lasciai andare fino ad addormentarmi nella cambusa in posizione fetale.
 
Grazie alla mia beta Desdemona Malfoy.