Anime & Manga > Full Metal Alchemist
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Autore: hotaru    06/01/2011    9 recensioni
“Forse il mondo non viene creato. Forse niente viene creato. Semplicemente c'è, c'è stato, ci sarà sempre... Un orologio senza orologiaio.”
Germania, 1923. Che cosa accadde dopo la fine de “Il Conquistatore di Shamballa”?
Dedicata a Shatzy, perché il Roy/Ai esiste anche al di là del portale
[Accenni Roy/Ai, Ed/Win]
Prima classificata al contest "Quotes from Watchmen" di DarkRose86 e vincitrice del premio Miglior Fanfiction
Genere: Introspettivo, Malinconico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Winry Rockbell
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Al di là del Portale'
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8- Il tempo gira in tondo Il tempo gira in tondo


Era da un po' che i due fratelli Elric avevano trovato lavoro, perché non avevano nessuna intenzione di approfittare della gentilezza di Win e dei suoi zii. Al aveva iniziato a lavorare presso un vecchio farmacista: le sostanze presenti sugli scaffali gli erano più o meno tutte note, e ci aveva messo un attimo a comprendere le varie miscele che i clienti richiedevano. Medicine o veleni; nient'altro.
I costi erano davvero proibitivi, ma ogni tanto riusciva a passare al giovane Wilhelm qualche grammo di medicina in più senza fargliela pagare, e il ragazzino lo ringraziava sempre con un largo sorriso.
Ed, dal canto suo, era riuscito ad infilarsi all'Università di Berlino come assistente di un professore di chimica. Era uno dei professori più anziani, pacato e tranquillo, che prima dell'ultima guerra aveva assistito a quella franco-prussiana. Tutto sommato, non era preoccupato per i tempi che correvano: sosteneva che sarebbe morto prima dello scoppio della prossima guerra, per cui era il caso che continuasse le sue ricerche finché poteva.
Ed aveva inconsciamente ringraziato il cielo quando l'aveva incontrato la prima volta: una faccia completamente sconosciuta, finalmente. Un estraneo, in ogni senso del termine.
Un estraneo bizzarro, comunque. L'unica cosa che gli aveva chiesto prima di prenderlo a collaborare con sé era stata la legge di Lavoisier.
- La massa complessiva dei reagenti è uguale alla massa complessiva dei prodotti – aveva risposto pronto Ed, che aveva imparato da tempo i nomi delle leggi chimico-fisiche di quel mondo.
- In altre parole?
Ed sorrise sardonico, sperando che l'uomo non fraintendesse la sua espressione.
- Nulla si crea e nulla si distrugge...
- ... ma tutto si trasforma – completò l'anziano professore, squadrandolo attentamente. Chissà se immaginava che quello poteva anche essere il principio base dell'alchimia – Bene. Vieni, ti mostro il laboratorio.

 
In realtà Ed sospettava che quella domanda non fosse servita a niente, e che il professore volesse piuttosto vedere le sue capacità sul campo, decidendo in seguito se farlo rimanere o no.
Comunque fosse, arrivò il 1924. E ogni mattina lui continuava a recarsi lì.
Si era consigliato con Al prima di presentare richiesta come assistente di laboratorio; di comune accordo, avevano pensato che se c'era un posto in cui raccogliere informazioni su quella terribile arma che stavano cercando, quello era di certo l'università.
Tuttavia non sembrava esserci alcuna novità.
- Edward, mi piace come lavori – disse il professore una mattina di gennaio, mentre Ed si destreggiava abilmente tra le provette – Ma cerca di stare calmo. Non credo che salveremo il mondo entro la fine del mese.
Ed doveva averlo guardato in modo piuttosto perplesso, perché l'uomo sorrise e spiegò:
- Ti comporti come se tutte le risposte fossero nella scienza. Mi spiace doverti rivelare che non è affatto così.
- Ma... professore – aveva risposto lui, non sapendo come ribattere – Io... pensavo che...
- No, no – si era tolto gli occhiali, strofinandosi gli occhi stanchi le cui palpebre erano piene di rughe – Prova a riflettere un momento: la scienza si limita a descrivere un mondo che esiste comunque, ci affatichiamo tanto a cercare delle leggi che la natura applica con naturalezza, con quell'uguaglianza che all'uomo sarà sempre sconosciuta. Aiutiamo la nostra specie, questo sì, ma non siamo Dio.
Ed aveva aperto la bocca, ma l'aveva anche richiusa. Dio. Perché quella... cosa, che di scientifico non aveva assolutamente niente, continuava a perseguitarlo così? Perché la gente di quel mondo non riusciva a pensare ad altro?
- Sì, come no... - bofonchiò, alle prese con un travaso delicato.
- Prego?
Ed arrossì, leggermente imbarazzato. Per quanto quell'anziano professore fosse miope, a quanto pareva con l'udito non aveva problemi.
- Sei ateo?
- Io... beh, diciamo di sì...
- In qualcosa devi pur credere, però. Altrimenti perché avresti dovuto salutare quell'orfano di guerra, l'altro giorno?
Ah, già. Uscendo dal cortile dell'università aveva incontrato Wilhelm di ritorno dalla farmacia. Al doveva essere riuscito a fargli avere parecchia medicina in più, perché aveva un sorriso che andava da un orecchio all'altro.
- In realtà sua madre è ancora viva. Ma come fa a sapere che è...?
- Si riconoscono a colpo d'occhio, non temere. E non tutti quelli che studiano o lavorano qui l'avrebbero salutato come hai fatto tu. Non siamo mai stati tutti sulla stessa barca.
Ed non rispose. La guerra era finita da parecchi anni, ormai, ma la crisi non dava segni di miglioramento. E sembrava che ognuno avesse la propria opinione personale, al riguardo.
Tuttavia, dopo quelle settimane, si ritrovava a dare ragione a Noa: la famiglia del signor Roderich non si stava facendo trascinare da niente di sbagliato, ed era un vero sollievo.
Sorrise inconsciamente, mentre la soluzione iniziava la reazione desiderata.


Aveva sempre paragonato la chimica di quel mondo all'alchimia, in un certo senso. Niente magie: una semplice combinazione di elementi che, se trattati nel modo giusto, davano il risultato sperato.
Era anche vero che non avrebbe mai riparato una radio con la chimica, ma l'aver scoperto quel piccolo, innocente legame gli bastava.
Non aveva ancora trovato notizie sulla famosa arma che lui e Al dovevano cercare; nei laboratori attigui a quello dove lavorava si andava facendo parecchia ricerca relativa all'ambito bellico, che il professore tuttavia non approvava.
- Senta, professore – disse un giorno Ed – Ha mai sentito parlare di una... bomba all'uranio?
- Bomba all'uranio? - l'uomo alzò le sopracciglia cespugliose, pensandoci sopra – In ambienti accademici non mi sembra... sarebbe una nuova arma?
Ed annuì, e tacque un momento per accertarsi che non ci fosse nessuno oltre a loro.
- Un'arma terribile, da quello che so. Non conosco precisamente i suoi effetti, perché nessuno l'ha ancora utilizzata, ma ritengo che bombe normali e carri armati sembrerebbero dei giocattoli, in confronto – spiegò.
- Capisco... beh, la cosa non mi stupisce. In ogni nuova guerra si utilizzano nuove armi: nell'ultima hanno usato il gas, e so che da parecchio tempo si vanno facendo esperimenti sulla radioattività dell'uranio... - raddrizzò la schiena, sembrando ancora più stanco – È un elemento potenzialmente letale in ogni sua forma: non riesco nemmeno ad immaginare che effetti potrebbe avere se ne venisse realizzata una bomba...
Sospirò.
- Sai, Edward, non dare per scontato che ci saremo sempre. Non dico solo in quanto individui, ma come umanità. Possiamo credere ciò che vogliamo, ma siamo più fragili di un soffione – sorrise, perso in qualche ricordo lontano – Sai che da bambino vivevo in campagna?
Ed impiegò un attimo a seguire il filo di quel ragionamento, perché a volte il professore saltava di palo in frasca.
- Sì – disse poi – Anch'io vivevo in campagna.
- Quando scoppierà la guerra, mollerò tutto e tornerò al mio villaggio natale. Prenderò una mucca e un maiale e aspetterò serenamente la morte – sorrise soddisfatto – Che bel programma.
- Lei... crede che scoppierà un'altra guerra?
- Se lo stomaco della gente continua a rimanere vuoto, è probabile. Su, lavami queste provette.


A febbraio cominciò a piovere. Piovve tanto che Ed temette che la signora Eliza si fosse presa un virus allo stomaco portato da quella strana perturbazione, perché la donna accusava frequenti nausee e sembrava particolarmente infastidita dall'odore delle cipolle. Andò dal medico, ma ci volle un po' perché quei sintomi passassero.
Una volta in cui fece un salto nel laboratorio di Win per esaminare i progressi dell'orologio, la trovò che vi si stava proprio dedicando.
- Ehi, Win, adesso tua zia si sente meglio? - domandò Ed dopo un po'.
- Eh? Ah sì, le nausee le sono passate – rispose lei, concentrata sull'ingranaggio della sua impresa.
- E che cos'aveva? Non credo una malattia infettiva, visto che poi non l'ha presa nessuno...
- Come? - stavolta Win aveva alzato gli occhi dal proprio lavoro, guardandolo quasi divertita.
- Perché stava male? - ripeté Ed.
- Perché è incinta.
- Ah, è... cosa?
- Aspetta un bambino – spiegò lei.
- Sì, ho capito... m-ma... - balbettò Ed, sbigottito.
- Dovrebbe essere intorno al secondo mese – lo informò – Se tutto va bene, mio cugino nascerà per settembre.
- Oh. È... è bellissimo – dopo la sorpresa iniziale, Ed si scoprì sinceramente contento. Un bambino. All'improvviso rivide, con gli occhi della memoria, la moglie di Hughes e la nascita della piccola Elycia. Sorrise. Chissà se lo Hughes di quel mondo si era già dichiarato alla sua Glacier.
Win si voltò verso il suo orologio, tornando al lavoro.
- Che c'è? Non sei contenta? - le chiese.
- Certo che lo sono. È solo che... sai, è come se questo bambino incalzasse ulteriormente il tempo. Prima voi due, e adesso lui – disse senza voltarsi, sospirando – Non capisco più se stiamo andando avanti o indietro.
Qualcosa di quel discorso gli stava sfuggendo, perché le parole di Win gli risultarono tutt'altro che chiare.
- Che cosa vuoi dire?
- Guarda che non sono una sciocca. Mi sono accorta da tempo che sei identico a Edmund – lo guardò, con un sorriso triste – Ma non sei lui.
Tornò ad occuparsi del quadrante, su cui stava finalmente sistemando le lancette.
- Sai, a forza di riparare orologi ho imparato una cosa – seguì col dito il cerchio delle ore, partendo dal numero XII e tornandovi lentamente – Il tempo gira in tondo, ma non è mai lo stesso. Per questo è come se un riflesso di Ed fosse tornato attraverso di te.
Sospirò.
- Io lo so che devo andarmene da qui. Perché il tempo va avanti, senza che nessuno gli dica di farlo – guardò Ed, sorridendo – Forse.
Lui sorrise di rimando, ben sapendo che il tempo sarebbe andato avanti anche per loro.
- Ah già, mio zio ha anche cominciato a costruirmi il carillon – aggiunse – Sai, è così di buonumore che ne ho approfittato...
- Quindi hai scelto la melodia?
- Sì, credo di sì... - rispose Win, titubante.
- Non sembri molto convinta.
Lei sorrise, quasi colpevole.
- È che sono una perfezionista. Deformazione professionale – si giustificò – Ne sarò veramente convinta solo quando la sentirò col meccanismo in funzione.
- Se quella canzone si è finalmente fatta scegliere, sono sicuro che andrà bene – disse Ed, infilando la porta per andare subito a dire ad Al della signora Eliza.
Però... - pensò, mentre percorreva il corridoio e saliva le scale- però gli sarebbe davvero piaciuto vedere il signor Roderich alle prese con il carillon. Chissà se gli riusciva meglio che accendere il fuoco.


Una mattina di marzo, quando finalmente un sole malaticcio aveva iniziato a far capolino da dietro le nubi cariche di pioggia, Win si precipitò in camera dei due fratelli.
- Ehi, sveglia! L'ho finito! - esclamò, con una tonalità di voce leggermente troppo alta per quell'ora.
- Eh? Cosa? - borbottò Ed, ancora intontito dal sonno.
- L'orologio! Avanti, alzatevi!  

Due minuti dopo, non ancora svegli del tutto, si trovavano nel laboratorio di Win. La ragazza spostò tutti i suoi attrezzi dal tavolo, caricò l'orologio e regolò l'ora.
- È un momento solenne, niente sbadigli! - li ammonì.
Attesero un paio di minuti, facendo del loro meglio per tenere gli occhi aperti, ma quando scoccò l'ora il sonno si volatilizzò come fumo nel vento.
Le ante del Portale si aprirono rivelando i personaggi all'interno, mentre una melodia tintinnante si diffondeva dal quadrante, una nota dopo l'altra. Una melodia che non conoscevano, ma che a Ed fece quasi venire un nodo alla gola. (¹)
- Che... che canzone è? - chiese Al, che non riusciva a staccare gli occhi dall'orologio.
- Una vecchia melodia russa. La trovavo adatta, voi che ne dite?
Era... estraniante. Le figurine si muovevano in circolo, seguendo quella musica, ed era come se quello da cui lui e Al venivano fosse davvero diventato un mondo dentro l'orologio. Nient'altro che il ricordo del sogno di qualcun altro.
Che esisteva da tempo immemore e sarebbe continuato per sempre. Ma da un'altra parte. Dove loro non c'erano.
- Lo sai, Win? - mormorò Ed – È davvero bellissimo. Sono sicuro che tuo padre non avrebbe saputo fare un lavoro migliore.
Lei gli sorrise orgogliosa. Forse, senza rendersene conto, quella ragazza aveva davvero capito qualcosa. Altrimenti perché mostrare il suo tesoro a due forestieri che conosceva solo da qualche mese, prima ancora che ai suoi zii? Perché non trovare strano il fatto che loro stessero quasi per mettersi a piangere di fronte a un orologio?
Ed promise di nuovo, a se stesso e a quell'oggetto, che avrebbe fatto qualunque cosa per salvare quel mondo. Che avrebbe impedito a chiunque di usare quell'arma assurda e, se fosse scoppiata una guerra, che avrebbe protetto quella famiglia. Anche se Al avesse dovuto prendere un'altra strada.
Lo doveva anche a quel ragazzino che era morto per colpa sua, e che forse era stato una persona migliore di lui.
Se nessuno aveva creato il mondo, nessuno l'avrebbe fatto finire.
Le note del carillon si spensero lentamente, le porticine si chiusero e il mondo nell'orologio tornò al buio.
La lancetta scoccò il minuto.





(¹) Per la melodia del carillon immaginatevi “Bratja”, la canzone di “Full Metal Alchemist” 



Sapete, questo finale suona beffardo anche a me che l'ho scritto. Perché sappiamo tutti com'è andata poi a finire.
Il titolo di questo capitolo è una citazione tratta da “Cent'anni di solitudine” di Gabriel Garcìa Màrquez- che all'epoca in cui è ambientata la storia non era ancora stato pubblicato. XD
In realtà questa frase ha ispirato anche l'intera serie che leggerete (spero), dato che si adatta alla perfezione alla storia di Ed e Al: il tempo ha girato in tondo, per loro, portandoli ad incontrare sconosciuti già noti- a volte veri e propri fantasmi- e a rivivere storie simili alle avventure passate (come vedrete), in una girandola di tempo e ricordi che si rincorrono.

Invito tutti coloro che hanno letto, seguito, ricordato e preferito questa storia a commentare perlomeno l'ultimo capitolo... anche per farmi sapere cosa ve ne è sembrato. ^^

Se questa storia vi è piaciuta, vi invito a leggere anche il suo spin-off: “Regentage- Giorni di pioggia”.
Inserirò lì le risposte alle recensioni di questo capitolo.


Rispondendo alle recensioni:
Shatzy: dato che non c'è un'interpretazione ufficiale della morte di Alfons Heiderich, credo siamo liberi di immaginarci ciò che vogliamo... e visto che lo scambio equivalente regna imperante, ho pensato che magari non c'è proprio verso di liberarsene.
A mio parere Ed è talmente abituato a sentirsi il responsabile di tutto che forse non si libererà mai dei suoi sensi di colpa... anche nell'anime, perfino quando non c'entrava niente, riusciva comunque a sentirsi parte in causa. O_O
Immedesimandosi un po', io credo sia difficile sapere che il trovarsi in un altro mondo, lontani da casa propria per sempre, sia il risultato di una concatenazione di eventi a cui abbiamo dato inizio noi e noi soltanto. Perché l'idea della trasmutazione umana è stata di Ed, e senza quella non sarebbe successo nulla di ciò che è accaduto dopo- o, perlomeno, i fratelli Elric non ne sarebbero stati coinvolti. Ma che discorso contorto! Se comincio con le mie teorie su FMA non la finisco davvero più... e pensare che non ho nemmeno letto il manga! Va bene, basta, la concludo qui. ^^
Spero che ti sia piaciuto anche l'ultimo capitolo, anche se non è che succeda molto... più che altro, si sedimentano un po' di cose. Alla prossima! ^^
MusaTalia: ti dirò, se c'è una cosa che non riesco proprio ad immaginarmi sono Roy o la sua controparte in preda ad una crisi isterica... Ed sì, e ci starebbe anche bene, ma Mustang... o_o
Io finora ho scritto soltanto di Ed e Al, forse perché sono talmente realistici da sembrare veri, delle persone in carne ed ossa (e metallo)... e poi muovere dei ragazzi è in linea di massima più semplice che destreggiarsi con degli adulti- almeno per me.
Anche a me piace speculare su ciò che leggo, specialmente se quello che leggo mi piace davvero- e non capita spesso nemmeno a me. Ci sono parecchi autori, qui su EFP, che meritano davvero, anche se ovviamente sono quelli che di solito ricevono meno recensioni... quindi anch'io cerco di sbrodolarmi un po', in quei casi. ^^
Sperando che anche l'ultimo capitolo ti sia piaciuto... alla prossima! ^^
Birby: spero che nemmeno l'ultimo capitolo ti abbia deluso (sarebbe molto triste cadere proprio sull'ultimo!), ma ti assicuro che la storia non finisce qui. Se ti piace Al- tra parentesi, il mio personaggio preferito ^^- sappi che la prossima storia è incentrata soprattutto su di lui.
Oh, bene: i sostenitori dello scambio equivalente tra i due mondi si moltiplicano! So che non c'è un'interpretazione “ufficiale” al riguardo, ma questa la trovo terribilmente affascinante... per quanto terribile.
Per quanto riguarda Win... non so, ho in mente degli sviluppi un po' diversi rispetto al personaggio che conosciamo; anche se a dire il vero non sono mai riuscita ad inquadrarla bene, la trovo un po' sfuggente. Ma forse è solo una mia impressione...
E sì, anch'io adoro la parte del funerale di Alfons, soprattutto la musica. È così... non so come definirla, ma se “Bratja” è perfetta per la prima serie di Fma, il “Requiem” è perfetto per il film.
   
 
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