06/01/2011
9 recensioniUnderground.
Ti appoggi al muro, lasciando cadere a terra l’ombrello fradicio, e guardi davanti a te.
Un treno si ferma sulla rotaia opposta alla tua.
Ti passi una mano tra i capelli bagnati.
Sono castani, una tinta che non ti appartiene.
Forse è che questa pioggia ha lavato via i tuoi colori, o forse se ne erano già andati con lui.
Il treno riparte sferragliando.
C’è gente che sale, su quel treno.
Gente che si siede, o che si alza per lasciare posto a vecchine con grosse borse della spesa.
Hanno tutti una destinazione.
E tu, invece, dove stai andando?
Nemmeno lo sai.
Tu aspetti, aspetti questa metropolitana che non arriva, e i tuoi vestiti sono bagnati, i tuoi capelli sono bagnati, lo sono le tue ossa e i tuoi pensieri.
Sei così impregnata d’acqua che non riesci nemmeno a smaterializzarti.
O più probabilmente non vuoi.
-Attesa: 22 minuti-
Ventidue.
“Quanti anni hai, Ninfadora?”.
“Non chiamarmi Ninfadora!”.
È la solita frase, ma stavolta è diverso, stavolta sorridi inspiegabilmente mentre lo sgridi, perché il tuo nome pronunciato dalla sua voce ha tutt’altro suono.
“Quanti anni hai, allora?”.
“Ventidue, perché?”.
“Sei giovane...”.
“Giovane per cosa?”.
“Per combattere, cos’altro?”.
E sorride anche lui, sghembo, vedendoti arrossire di colpo.
Sorride anche lui.
-Attesa: 13 minuti-
Tredici.
Ti scosta da sé bruscamente. Sai cosa vuole dirti, e le lacrime ti pizzicano gli occhi.
“Non... possiamo”.
“Mi hai baciata!”.
“Scusa...”.
“Non puoi chiedermi scusa per avermi baciata! Devi solo baciarmi ancora!”.
“Sei troppo giovane”.
“Per combattere, forse!”.
“Non per combattere... Per tutto il resto. Ninfadora, abbiamo tredici anni di differenza...”.
Serri le labbra; non puoi metterti a piangere davanti a lui, e allora gli volti le spalle e te ne scappi via.
Lontano.
-Attesa: 5 minuti-
Cinque.
“Che cavolo ci fai qui?”.
Se ne sta sulla porta di casa tua, con gli occhi bassi e i vestiti logori.
“Sinceramente... Non lo so”.
“Sono cinque mesi che non ti fai sentire! Stavo morendo di paura!”.
“Faccio la spia tra i miei simili, non posso...”.
“Piantala, tu non sei come loro”.
“Come fai a saperlo?”.
“Ti amo, ricordi?”.
Ti guarda con la bocca socchiusa, certo che lo sa, certo che se lo ricorda.
Come dimenticarlo?
-Treno in arrivo-
Ti aggrappi ai suoi vestiti.
“Ti prego, non andartene”.
“Dora...”.
“Smettila di dire il mio nome, smettila! Rimani qui e basta!”.
“Ti meriti di meglio, lo sai...”.
“Vaffanculo!”.
Lo spingi lontano da te e non ti importa delle lacrime che ti bagnano il viso.
“Dora, aspetta!”.
Esci sotto la pioggia, singhiozzando.
Le gocce si mescolano alle tue lacrime, tanto che non sai più nemmeno se hai smesso di piangere o stai continuando.
Non lo sai nemmeno più.
-Mi scusi, non sale?
Sobbalzi al suono di una voce; un’anziana signora dietro di te sta cercando di entrare sul treno.
Ti sposti di lato e la fai passare.
Rimani sulla banchina mentre le porte del mezzo si chiudono.
Prendi su l’ombrello e torni in strada.
_________
Non so cosa sia, questa storia, ma mi piace.
Spero che piaccia anche a voi :)
Buona Epifania!
Un bacio,
Lu.