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Autore: elyl    07/01/2011    28 recensioni
"Tu mi chiedi perché dovresti essere diversa, perché non sei una < schifosa Mezzosangue >.” Deglutì, alla ricerca delle giuste parole. “Tu sei diversa da qualsiasi maga abbia mai conosciuto, Mezzosangue o Puro Sangue. Non mi importano le tue origini, mi importi tu.” Sbatté un paio di volte le palpebre, incredulo per quanto aveva appena detto.“Sei diversa da tutte perché io ti amo.” "
Lily Evans e Severus Piton stanno finalmente insieme e subito dopo la fine del loro settimo anno vanno a vivere insieme. Dopo 9 mesi nasce loro figlio, Alistair. Sono felici, ma la loro felicità non è destinata a durare. Infatti Severus decide di unirsi ai Mangiamorte e Lily si sente costretta a lasciarlo. Così Severus si ritrova solo con suo figlio e a lavorare per il Signore Oscuro, Lord Voldemort. Una sera è al Testa di Porco e assiste all'enunciazione della Profezia di Sibilla Cooman. Subito riferisce a Lord Voldemort ciò che ha sentito e questi crede che il bambino sia Harry Potter ed è deciso ad uccidere chiunque si metta contro di lui. Severus allora si rivolge ad Albus Silente e lo prega di salvare la madre di suo figlio, l'unica donna che ama, l'unica donna che abbia mai amato. Silente accetta, ma i suoi sforzi non valgono a nulla, poichè quando Harry ha solo un anno Lord Voldemort ucciderà i suoi genitori. Questa è la storia di Harry Potter e il suo fratellastro, Alistair Piton.
Quinto anno per Harry, Hermione e Ron, settimo per Alistair Piton. Il Signore Oscuro è tornato, ma nessuno crede a Harry. Severus è alle prese con il suo doppiogioco e deve proteggere il proprio figlio e quello di Lily Evans e James Potter. Cosa farà quando il Signore Oscuro gli chiederà di Alistair? Come reagirà Alistair quando scoprirà la verità?
Ormai il destino del giovane Piton è segnato. Cosa succederà?
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Severus Piton
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da V libro alternativo
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Ok, questo capitolo non è stato difficile da scrivere: di più. Non perchè non sapessi cosa scrivere, tutt'altro. Le parole le sapevo benissimo, ma facevano troppo male. Ok, ora mi prenderete per pazza, ma mentre scrivevo piangevo. Ero (sono) disperata. E' un capitolo pesante, tra i più importanti di tutta la fiction. Abbiamo superato la metà da pochi capitoli, la discesa sta iniziando. E si sta rivelando un viaggio bellissimo, soprattutto grazie all'affetto che mi aveva mostrato fino ad ora: sono tra gli autori preferiti di 61 di voi, 101 preferiscono Father, 31 la ricordano e 121 la seguono. MA QUANTI SIETE? *______*
Ma soprattutto, vi voglio dire che questa storia ha ricevuto 411 commenti. Non ci credo, seriamente. Ho iniziato a scrivere a 15 anni per sfogarmi ed ora eccomi qua, ho fatto passi da gigante! Ci credete se vi dico che scrivevo in sms? * rabbrividisce* E di passi da gigante ne ho fatti anche da quando ho iniziato questa long. E devo dire grazie ad una persona in particolare: piperina. Grazie. Seriamente, darling, per tutto * si asciuga le lacrime con un fazzoletto, emozionata*.
Ci tengo anche a nominare altre lettrici, anche se non sono iscritte: per prima, mia moglie, la mia adorata mogliettina che oggi fa 19 anni (ti amo da morire, amore <3 ), mia sorella rem e anche l'altra, la mosca JuliaSnape, neptunia, niki_black, Denise (che è sempre in msn con me a farmi forza u.u ), jillien.
Ma soprattutto, grazie a tutti. Non sarei qua se non fosse per voi <3
Ed ora spazio pubblicità u.u
Io e la mia sopracitata sorella, remvsg, abbiamo scritto una raccolta a 4 mani che ha partecipato e vinto ad un contest indetto da V ogue. Eravamo solo in due squadre partecipanti, ma le avversarie spaccavano veramente u.u Indi per cui...leggete :D

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=630681

Ed ora preparate i fazzoletti. Vi ho avvisatie.
Buona lettura :D

elyl





Chapter XXXI:

The Truth



Ciò che tu hai scoperto con orrore,
risulta poi essere la semplice verità”
-La provincia dell’uomo, Elia Canetti-



Silenzio: era tutto quello che Alistair Piton riusciva a sentire. Aveva azzittito i propri pensieri, isolato ogni rumore, in attesa che suo padre iniziasse a parlare. Era ormai passato un quarto d’ora da quando erano entrati nell’ufficio e l’uomo non aveva ancora proferito parola, semplicemente fissava un grosso tomo su uno degli scaffali della sua libreria. Iniziava a essere nervoso, non sopportava più lo stare immobile nella stessa posizione.
Severus chiuse gli occhi e sfiorò col pollice la copertina rigida del libro che conteneva la foto della sua bella Lily. <
Ti prego Lily, dammi la forza di parlare. Ti prego, aiutami a non crollare. > disse nella propria testa. Fece un respiro profondo, strinse il legno dello scaffale e iniziò.
“Tua nonna, Eileen Prince, era una strega Purosangue, la cui famiglia aveva nobili e antiche origini: tutti i componenti di questa casata si vantavano di non avere neanche una goccia di sangue
sporco nelle proprie vene. Eileen, mia madre, tua nonna…” S’interruppe, incapace di continuare. Provò a parlare ma la voce non sembrava voler collaborare, così diede un piccolo colpo di tosse. “Subito dopo Hogwarts incontrò un uomo, Tobias Piton, mio padre.” Pronunciò la parola < padre > con tutto l’odio e il ribrezzo possibili, gli stessi che riservava a Potter e Black. “Un babbano.”
Il ragazzo lo guardò esterrefatto: doveva essere un sogno. O uno scherzo. Sì, era uno scherzo di pessimo gusto: suo padre non poteva avergli mentito per tutta la vita, non poteva averlo cresciuto con la convinzione d’essere un Purosangue se non lo era.
“Che cavolo stai dicendo, pa’?” Domandò storcendo il naso dopo qualche minuto di silenzio, sperando di aver capito male.
Il pozionista inspirò e finalmente si voltò, andandosi a sedere sulla propria poltrona.
< Perdonami, Alistair. Perdonami per tutto il male che sto per farti >.
“Sono un Mezzosangue, Alistair.” Disse semplicemente, fissando il legno della propria scrivania. “Figlio di Eileen Prince, nobile Purosangue, e Tobias Piton, schifoso babbano con la repulsione per tutto ciò che di magico esiste. Ed essendo tua nonna ed io dei maghi, rientravamo in quella categoria tanto odiata.” Fece una smorfia amara. “Mi sono sempre chiesto come abbia potuto innamorarsi di lui, un essere che ci trattava male da mane a sera. Per compensare tutto questo odio, per farmi abbandonare quella schifosa casa di quel maledetto quartiere babbano in cui vivevamo, mia madre mi diede tutto l’amore di cui era capace. Mi raccontava di quanto contasse la nostra famiglia nel
nostro mondo, di quanto fosse bella Hogwarts e delle quattro Case, Serpeverde la più prestigiosa.” Fece una pausa durante la quale intrecciò le dita delle mani. “Poi arrivava lui, ubriaco fradicio. < Sono sciocchezze, quella è una scuola di matti. Tua madre è una fallita, proprio come te e il resto dei vostri parenti. Siete un branco di pazzi ed io lo sono ancor di più. Avrei dovuto obbligarla ad abortire, così non avrebbe mai partorito un abominio come te. Sei solo un povero stupido, se credi a tutte queste balle. >” Si passò una mano tra i capelli e Alistair vide perfettamente la sofferenza e l’odio deformare il suo volto. “Era sempre così, sempre ubriaco. Sì, mio padre era un alcolizzato, un fallito. Un Babbano della peggior specie. Mi vergogno di essere suo figlio.”

Il ragazzo lo osservò, incapace di dire qualsiasi cosa, ancora troppo scioccato. Suo nonno era un babbano: ciò faceva di lui un Mezzosangue, avvicinandolo ancora di più a Hermione.
“Litigavano sempre, per qualsiasi cosa, bastava anche una sciocchezza: come mi vestivo, la cena, i miei capelli, come lei camminava, il suo modo di stirare. Poi lei si ammalò, ma i litigi non diminuirono, anzi: aumentarono. Si amentava che era diventata inutile, non faceva nulla, che era una zavorra.” Ringhiò, rivedendo davanti a sé il viso dell’uomo che purtroppo era suo padre. “Fu in quel periodo che conobbi Lily. Tua madre.” Immediatamente si rilassò, ripensando alla prima volta che l’aveva vista tanti anni prima. Era rimasto nascosto tra i cespugli a osservarla giocare insieme a Petunia, fare le sue prime magie senza neanche saperlo. Rimase incantato: era semplicemente bellissima. Quel giorno si innamorò di lei e non smise mai di amarla: il suo amore cresceva giorno per giorno. Tanto soffriva, tanto l’amava.
“Ehy, no, pa’, aspetta un attimo.” Sollevò le mani, facendogli segno di fermarsi, poi lo guardò strizzando gli occhi. “Che cavolo ci faceva una Purosangue in un quartiere Babbano?”
Severus rimase in silenzio, incapace di proseguire. Gli sembrava di avere sassi nello stomaco, si sentiva un peso all’altezza del diaframma che quasi gli impediva di respirare. Non voleva proseguire, non voleva che lo scoprisse: perché non poteva rimanere nell’ignoranza? Perché non potevano scappare lontano? Da Potter, dal Signore Oscuro che lo voleva al suo servizio, da Silente, da se stesso.
“Papà? Che cosa ci faceva mamma in quel quartiere?” Domandò nuovamente Alistair.
L’uomo lo guardò negli occhi, ma non riuscì a resistere e abbassò il capo, fissando un punto imprecisato della scrivania.
Strizzò gli occhi e lo osservò attentamente.
“Aspetta un momento…” Iniziò. Per qualche assurdo motivo gli venne in mente il giorno in cui chiese a suo padre chi avesse scelto il suo nome. < “
Tua madre voleva un nome importante per suo figlio. Inizialmente pensava a Richard, ma poi disse che era un nome troppo comune. Pensò anche a Robin, eroe di una delle sue favole preferite da bambina, poi lesse Alistair ed andò subito a cercarne il significato. Sai qual è il significato del tuo nome? Ha origini greche e significa “difensore degli uomini”. Diceva che era un nome perfetto, era sicura che avresti fatto qualcosa di grande, che saresti diventato importante.”
“Prima, hai detto una cosa.”
“Ho detto tante cose, Alistair.”
“Hai detto che mamma mi voleva chiamare Robin, come l’eroe di una delle sue favole preferite, giusto? Però quando ero piccolo non mi hai mai raccontato di storie con protagonista un certo Robin e quelle che mi hai raccontato sono le tipiche storie di noi maghi. Quindi, questo Robin è protagonista di racconti Babbani, giusto?” >
Quel giorno suo padre non rispose, aveva glissato l’argomento e detto che non aveva origini Babbane, ma da quanto stava dicendo in quel momento le aveva. Allora cosa ci faceva una ragazzina Purosangue in un quartiere pieno zeppo di Babbani? Si massaggiò le tempie. < Pensò anche a Robin, eroe di una delle sue favole preferite da bambina >. Nel mondo magico, non esisteva alcuna fiaba con protagonista un uomo chiamato Robin, nessuna: se ne sarebbe ricordato, non dimenticava mai nulla.
“Papà?” Lo chiamò nuovamente. “Mamma…” Fece una pausa, un unico pensiero che lo ossessionava. “Mamma era una Nata Babbana, vero?” Concluse in un soffio.
L’uomo si prese il viso con una mano, chiuse gli occhi e fece un respiro profondo: suo figlio era intelligente,
troppo. Non sapeva se essere felice o turbato dal fatto che ci fosse arrivato da solo. Guardando il lato positivo, gli aveva evitato di pronunciare le fatidiche parole. Il lato negativo era che sarebbe giunto alla giusta conclusione troppo presto. Strinse la mano a pugno e annuì impercettibilmente.
Alistair lo guardò stupito, ma piano piano la consapevolezza prese il sopravvento sullo stupore e il suo viso venne illuminato da un sorriso radioso.
“Lo sapevo!” Esclamò trionfante scattando in piedi. “Lo sapevo, lo sapevo.” Iniziò a camminare avanti e indietro, passandosi la mano tra i capelli, sorridendo felice. “Aspetta che lo dica a Hermione.”
“Alistair, per favore.” Sussurrò.
“Me lo sentivo, non chiedermi perché.” Iniziò a gesticolare.
“Alistair, per favore siediti.” Ripeté un po’ più forte.
“Questo mi rende come lei.” Il suo sorriso divenne ancora più largo, se possibile. “Hermione e Alistair, la Serpe e la Leonessa, Mezzosangue entrambi, innamorati l’uno dell’altra.”
“ALISTAIR!” Lo chiamò spalancando gli occhi, respirando quasi a fatica. “Ti prego, siediti.”
Il ragazzo lo guardò qualche istante, rabbuiandosi, poi si sedette, senza guardarlo. Doveva esserci qualcos’altro, per forza. Per quale motivo avrebbe reagito in quel modo, sennò?
“Che altro devi dirmi, papà?” Domandò con un filo di voce.
Il Pozionista sorrise tristemente.
“Sei intelligente, Ali: molto, forse troppo. Ma è una cosa di cui sono orgoglioso, sai? Perché so che non commetterai i miei errori.” Fece una piccola pausa durante la quale lo guardò. “Soprattutto, ogni tuo successo è anche mio.”
“Che cosa stai dicendo?” Chiese confuso, sentendo un peso nello stomaco. Solo una volta suo padre l’aveva chiamato Ali: quando doveva essere operato.
“Tu non ami le Arti Oscure come le amo io, hai la repulsione per loro: ti piacciono Storia della Magia, Antiche Rune e Aritmanzia. Non farai i miei stessi errori.” Abbassò il viso e fece una lunga pausa. “Il mio amore per la Magia Oscura unito al mio disprezzo per i babbani, ai miei occhi tutti come mio padre, ci portava a discutere. Inizialmente mi trattenevo, ma la situazione mi sfuggì di mano. Nonostante tua madre fosse una Nata Babbana e continuasse a parlarmi della sua famiglia, dei Babbani così diversi da lui, nella mia testa erano tutti uguali a quell’essere che mi aveva generato: arroganti, odiosi, vili, schifosi, immeritevoli di vivere.” Serrò la mascella. Come aveva potuto essere così stupido? Scosse il capo e continuò a parlare. “Ci fidanzammo verso la fine del quinto anno e non appena finimmo Hogwarts andammo a vivere insieme, a Spinner’s End, dove viviamo ora. Mia madre era morta e mio padre se ne andò lasciandoci la casa, fonte di ricordi che lo ossessionavano e gli ricordavano che razza di figlio avesse. Sei nato in quella casa.” Sorrise, ricordando il terrore e il senso d’impotenza provati dal diciottenne che era. “Sei nato settimino, ti aspettavamo più tardi. E invece, quel 31 ottobre 1978, nascesti. Eri così piccolo che quando il medimago ti mise tra le mie mani ebbi paura di romperti. Avevi tantissimi capelli neri, come i miei, ma la prima cosa che subito notai furono i tuoi occhi: verdi come i suoi, Ali.
Verdi.” Una singola lacrima scese lungo la sua guancia. “Capisci, Ali? Le possibilità che ereditassi il suo colore erano bassissime e invece no! Hai i suoi occhi. Ogni volta che ti guardo io la vedo: le somigli più di quanto tu possa anche solo immaginare. E non hai idea di quanto la cosa mi uccida, figlio mio. Non ne hai un’idea.”
Il ragazzo abbassò lo sguardo.
“E’…è morta quando sei diventato Mangiamorte?” Domandò sussurrando, temendo il peggio, stringendo i propri pantaloni. Gli era sempre stato detto che era venuta a mancare per una malattia, ma aveva una brutta sensazione. Date le premesse, non si sarebbe stupito se fossero stati quei pazzi al servizio del Signore Oscuro ad ucciderla. Sì, doveva essere così. Solo la morte di sua madre avrebbe potuto far capire a suo padre quanto fosse pazzo ad odiare i Babbani e spingerlo a mettersi al servizio di Silente.
“No.” Rispose il pozionista fissando un punto imprecisato della scrivania.
“Allora è morta per il cancro?” Chiese tirando un sospiro di sollievo.
Severus si prese il viso con una mano e chiuse gli occhi. In un lampo fu di nuovo nello studio di Silente, quattordici anni prima.
<
Era chino in avanti su una sedia e Silente, in piedi accanto a lui, lo guardava cupo.
“Credevo…che lei…l’avrebbe…protetta.”
“Lei e James hanno riposto la loro fiducia nella persona sbagliata > osservò all’epoca Silente < Più o meno come te, Severus. Non speravi che Lord Voldemort la risparmiasse?”.
Respirava appena.
“Suo figlio è sopravvissuto.” Aggiunse Silente. “Suo figlio è vivo. Ha i suoi occhi, esattamente i suoi occhi. Ricordi la forma e il colore degli occhi di Lily Evans, non è vero? Sono gli stessi di tuo figlio, o mi sbaglio?”
“No!” Urlò. “Perduta…morta…”
“E’ rimorso, Severus?”
“Vorrei…vorrei essere morto io…”
“E a che cosa sarebbe servito, e a chi?” Ribatté Silente, gelido. “Se amavi Lily Evans, se davvero l’amavi, allora la tua strada è tracciata.”
>
Fece un gesto brusco col capo per scacciare i ricordi, annaspando, provando con la stessa intensità di allora il desiderio di morire.
“L’ho uccisa io.” Sussurrò.

Stai scherzando.” Disse il ragazzo dopo qualche istante. “Non…no, stai scherzando. Non può essere vero.”
Severus sollevò lo sguardò e lo fissò negli occhi verdi del figlio: <
Ricordi la forma e il colore degli occhi di Lily Evans, non è vero? Sono gli stessi di tuo figlio, o mi sbaglio? >. Sì, la stessa forma, lo stesso identico colore, lo stesso fuoco che vi bruciava. Occhi che ora lo guardavano sbigottito.
“Diventai un Mangiamorte e lei mi lasciò.” Riuscì a dire, vedendo lo stupore impossessarsi di suo figlio. “E voleva portarti via con sé, ma glielo impedii.” Concluse a fatica.
Nell’ufficio calò il silenzio. All’improvviso, i suoni erano spariti, la luce era debole e faceva freddo, un freddo che si era impossessato del corpo di Alistair. Lentamente, la consapevolezza esplose in lui, portando rabbia. Sua madre non era morta quando aveva pochi mesi, aveva lasciato suo padre perché era diventato Mangiamorte. E l’avrebbe portato via con sé, se non glielo avesse impedito.
“E’ viva? E’ VIVA E TU NON MI HAI MAI DETTO NULLA?” Urlò scattando in piedi, mettendo le mani sulla scrivania. “Mi hai mentito per tutti questi anni!” Continuò. “Mi hai negato la possibilità di avere una madre!”
“Alistair, siediti
. Per favore.” Lo pregò Severus, il cuore che batteva dolorosamente.
Il ragazzo strinse la presa sulla scrivania, guardandolo. Ciò che vide, lo lasciò senza parole. All’improvviso, sembrava più vecchio di cent’anni: aveva rughe marcate, il viso era deformato dal dolore e si teneva una mano al petto, come se volesse strapparsi il cuore. Fece un respiro profondo e finalmente obbedì, lasciandosi cadere nuovamente sulla sedia.
“Adesso starai seduto e calmo finché non smetterò di parlare.” Disse schiarendosi la voce, cercando di ricomporsi, tornando al tono da professore. “Ti chiedo di farmi parlare, poi potrai fare ciò che vuoi, non mi importa. Ma lasciami parlare perché se mi dovessi interrompere non sono sicuro di riuscire a terminare il discorso. Va bene?”
Alistair annuì.
“Ottimo.” Annuì a sua volta e fece un respiro profondo. Non voleva dirglielo, non era pronto: ma lo sarebbe mai stato? <
No > si rispose. “Non ci sentimmo né vedemmo per un anno. Lei se n’era andata ed io, troppo orgoglioso e stupido, non la cercai. Quando compisti un anno, finalmente mi decisi. Le mandai un gufo e ci vedemmo. Ti portai con me con la speranza che rivedendoti mi perdonasse e tornasse da noi. Però era successa una cosa a cui non avevo minimante pensato: si era sposata. Ed era rimasta incinta.”
Alistair fece per dire qualcosa ma prima che potesse farlo, Severus riprese a parlare.
“Si era sposata, si stava costruendo una nuova famiglia: ci aveva dimenticato. Ma non riuscivo a dimenticarla, così mi buttai anima e corpo nella mia attività di fedele Mangiamorte. Fu così che un giorno, alla Testa di Porco, la sentii.” Si passò una mano sul viso. “Sentii la Profezia, anche se non completa, poiché venni individuato immediatamente e Silente mi sbatté fuori senza troppi complimenti. Gongolante, corsi dal
mio Signore…” Fece una faccia disgustata nel pronunciare la parola < mio >. “…e gli riferii ciò che avevo udito, ciò che sapevo.” Strinse i pugni e si costrinse a proseguire. “Quando scoprii a chi si riferiva, mi sentii morire. Desideravo morire, ma non potevo, perché dovevo salvarla. Per questo motivo chiesi aiuto a Silente.”
“Aspetta un…” Iniziò Alistair, strizzando gli occhi.
“Non gli chiesi del semplice aiuto, lo pregai.” Continuò ignorando il figlio, notando il lampo di consapevolezza nei suoi occhi: stava capendo, stava giungendo alla giusta conclusione. “Sapevo benissimo che non era lei l’obiettivo, ma avrebbe fatto di tutto per impedirgli di raggiungerlo, persino sacrificare la propria vita. E non volevo che succedesse.” Deglutì a fatica. “Ma non ci riuscii poiché vennero traditi. Li trovò. Prima uccise
lui, poi…” Non riuscì a terminare la frase. “Infine andò dal bambino.” Fece un respiro profondo e lo guardò negli occhi. “E’ l’unico a essersi salvato.” Il suo cuore sembrò fermarsi. “Per questo lo chiamano il Bambino che è Sopravvissuto.”
Alistair si abbandonò sulla sedia, chiuse gli occhi e si prese il volto con una mano. Sua madre non era morta per un tumore incurabile, era stata uccisa dal Signore Oscuro. Non era una Purosangue, era una Nata Babbana. Aveva lasciato suo padre quando questi era diventato Mangiamorte, si era risposata e aveva avuto un altro figlio. Ed era morta per proteggerlo. <
E’ l’unico a essersi salvato. Per questo lo chiamano il Bambino che è Sopravvissuto. >. L’unico a essersi salvato. E in tutto il mondo magico esisteva un unico Bambino Sopravvissuto.
“Tu…” Iniziò, ma non riuscì a proseguire, così si schiarì la gola. “Tu mi stai…stai cercando di dirmi che mamma è…” Fece un respiro profondo, sperando si trattasse solo di un brutto incubo. “Mi stai dicendo che mia mamma è la madre di Harry Potter?”
Severus fece un respiro profondo e annuì.
“Sì, Alistair. Tua madre è Lily Evans. Moglie di James
Potter.” Non riuscì a non pronunciare quel nome senza provare una fitta d’odio. “Madre di Harry James Potter, il Bambino che è Sopravvissuto.”
Alistair abbassò il capo e chiuse gli occhi. Sua mamma era Lily Evans, madre di Harry Potter: erano fratelli. Era un Nato Babbano, un Sangue Sporco, come diceva Eric. Per tutta la sua vita gli aveva fatto credere di essere Purosangue, di essere l’ultimo erede di una nobile e antica famiglia di maghi. Non gli aveva mai dato tanta importanza come in quel momento in cui si era rivelato essere tutto una bugia. La sua vita lo era.
Lui era una bugia.
Inspirò profondamente ed iniziò a massaggiarsi il collo, cercando di mantenere il controllo. Tutto riconduceva a suo padre, la colpa di tutto era sua: se sua mamma l’aveva lasciato, se non era andato via con lei, se era morta, se non l’aveva conosciuta, se non sapeva niente. Tutto, ogni cosa, era successa a causa sua. Sentì la rabbia scorrergli nelle vene, impossessarsi di lui e renderlo furioso.
“E’ colpa tua! E’ tutta colpa tua!” Urlò scattando in piedi. “Se lei è morta è colpa tua!” Chiuse gli occhi, sentendo le lacrime scivolare lungo le sue guance. “Solo colpa tua!” Afferrò l’abat-jour dalla scrivania e la buttò a terra, mandandola in frantumi, scoprendo che la cosa lo faceva star meglio.
Severus non disse niente: d’altronde suo figlio aveva ragione.
“Sfogati pure Alistair, non te lo impedirò.”
Sfogati pure Alistair? SFOGATI PURE?” Gridò. “E’ tutto quello che hai da dire?” Prese tutto ciò che si trovava sulla scrivania e lo lanciò contro la parete, sperando di colpire anche i barattoli pieni di esseri sulle mensole. “Mi menti per tutta la vita e riesci soltanto a dirmi di sfogarmi?” Strinse i pugni. “Sai che ti dico? Ti odio. T-I-O-D-I-O!” Scandì ogni singola lettera. “Sei tu quello che doveva morire, non lei!”
L’uomo chiuse gli occhi e fece un respiro profondo, tenendosi il viso con una mano.
“Perché? Perché l’hai fatto?” Domandò singhiozzando disperato. “Perché mi hai mentito? Eri il mio eroe.”
“Ho dovuto, Alistair.” Rispose con tono distaccato. Avrebbe dato qualunque cosa per poter tornare indietro e dirgli immediatamente la verità, ma non poteva. Cos’era rimasto, ormai di lui? Niente. Il suo cuore ormai era a pezzi, come se fosse stato colpito da mille Cruciatus in un’unica volta. No, non era vero: avrebbero fatto meno male, perché sarebbe stato dolore fisico che sarebbe passato. Quel dolore invece, quello provocato dall’aver deluso suo figlio, non l'avrebbe mai abbandonato, gli avrebbe fatto compagnia fino alla fine dei suoi giorni.
“Ho eseguito gli ordini di Silente” Riprese dopo qualche istante. “Non potevo dirti niente, dovevo mentire.
< Il Signore Oscuro tornerà e Harry Potter sarà in enorme pericolo > disse: ricordo ancora le sue esatte parole.” Fece una smorfia amara. “Non potevo dirti chi eri, Alistair: non potevo per te, per la tua sicurezza, per Potter, per non essere scoperto. Silente aveva bisogno di una spia. Chi meglio di un Mangiamorte, per di più abile in Occlumenzia, poteva farlo? Fu così che divenni i suoi occhi e le sue orecchie. Solo io potevo farlo.” Concluse gelidamente.
Nell’ufficio tornò a regnare sovrano il silenzio.
“Perché mi stai dicendo tutto questo?” Chiese il giovane con gli occhi rossi e la voce rotta, passandosi entrambe le mani tra i capelli. “Non potevi lasciarmi nella beata ignoranza?”
“No, non è più possibile.” Essere freddo gli risultava più facile. Era meno
umano, non sarebbe crollato davanti a lui o almeno, non del tutto: bastava già lui in difficoltà. Era suo padre, era l’adulto: doveva essere forte per entrambi, per lo meno tentarci.
“Ma per…” S’interruppe e chiuse gli occhi, capendo. “No, ti prego, non dirmelo.” Scosse il capo, piangendo. “Dimmi che non è vero.”
“Il Signore Oscuro ha espresso il desiderio di incontrarti.” Disse, celando tutto il suo dolore. Un ottimo Occlumante, ecco cos’era: in grado di nascondere le emozioni, di azzittire la prpria sofferenza e fingersi chi non era.
“No!” Esclamò Alistair tenendosi il capo. “No. Dimmi che stai scherzando, che è tutto un incubo, ti prego.”
“No, purtroppo è realtà.” <
E a volte è anche più brutta dei tuoi peggiori incubi, figlio mio. >
“No, basta, non voglio sentire altro.” Il ragazzo scosse il capo, distrutto, e mostrò i palmi delle mani. “Non mi interessa.”
Iniziò ad arretrare, fino a quando raggiunse la porta. La aprì e uscì di corsa.
Severus sbatté le palpebre molto lentamente. I passi di suo figlio si allontanavano, rimbombando per tutti i sotterranei, o forse era l’unico che li sentisse così perché quella, lo sapeva bene, era la corsa disperata di un ragazzo che stava per perdere ogni cosa. Sbatté nuovamente le palpebre e la porta si chiuse, isolandolo dal resto del castello, lasciandolo solo. Chiuse gli occhi e si prese il viso tra le mani. Come l’ondata di una mareggia, il dolore lo travolse. Il suo corpo fu scosso da tremiti e dalla sua bocca uscì un urlo straziante, come quello di un animale ferito. Come tanti anni prima, desiderava morire. No, lo desiderava più di allora perché ora stava condannando a morte suo figlio.
Loro figlio, frutto del loro amore. Alistair era la cosa migliore che avesse mai fatto, il suo successo più grande. Ed era costretto a rimetterci per i suoi stupidi errori. No, Alistair non se lo meritava. Si meritava la felicità, l’amore, la vita. Si odiava e ancor di più odiava Silente che lo aveva intrappolato così come una mosca restava intrappolata nell’abile ragnatela tessuta da un ragno.
Sentì la porta aprirsi, ma non si azzardò a sollevare il viso. Poteva essere solo una persona: l’unica che non voleva vedere in quel momento.
“Che cosa vuoi?” Domandò con un ringhio, ricomponendosi.
“A giudicare dalle condizioni del tuo ufficio direi che Alistair ha scoperto la verità e hai lasciato che si sfogasse. O forse mi sbaglio?” Ribatté Albus Silente con una nota di dispiacere nella voce.
“Che acume, Albus.” Commentò acidamente.
“Mi dispiace, Severus. Lo sai che mi dispiace.” Sospirò l’anziano. “Ora dov’è?”
“Sarà tornato nel suo dormitorio.” Si passò una mano sugli occhi.
“E che cos’ha detto il nostro ragazzo?”
“Nostro?” Sibilò. “E’ mio figlio, non tuo. Tu non hai nulla a che vedere con lui, stai solo gestendo la sua vita come se fosse una marionetta.”
“Che cos’ha detto?” Chiese nuovamente, ignorandolo.
“Niente, cosa vuoi che dicesse?” Fece schioccare la lingua. “Sa solo che il Signore Oscuro vuole incontrarlo, ma non è stupido e ci metterà poco a capire
perché lo vuole conoscere. O forse già lo sa, cosa molto probabile, ma non vuole ammetterlo.”
“Severus, sai quanto sia fondamentale che capisca l’importanza del suo ruolo. Non possiamo permetterci nessuno sbaglio. Volente o nolente, Alistair
deve accettare questo incarico.”
Il pozionista contrasse la mascella, annuendo.
“Mi dispiace.” Ribadì Silente dopo qualche minuto di silenzio.
Sorrise amaramente.
“Lo so.”


   
 
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