Ombrosa Accoglienza
L’Oscura
Baronìa.
Remota,
buia,
misteriosa; questi erano solo alcuni degli innumerevoli aggettivi con
cui quel
mero luogo dimenticato da Dio veniva definito nei miti, nei racconti e
nelle
leggende.
Un diroccato
complesso urbano eternamente immerso nella nebbia e
nell’oblio.
Sperduta tra
le
montagne e circondata da ingenti pinnacoli rocciosi, la spettrale
città era
costituita da svariati quartieri di legno e pietra, disposti con ferrea
simmetria uno di fianco all’altro e illuminati soltanto dalla
fiamma di qualche
fioca lanterna.
Gli
abitanti,
vanitosi e altezzosi vampiri assetati di sangue e dominio, erano
creature
notturne malvagie e senza scrupoli, tanto combattute quanto evitate,
che
avevano scelto di isolarsi e nascondersi nel corso dei secoli,
aspettando il
momento opportuno per colpire e assumere il controllo delle altre razze
del
mondo; forse quel momento tanto atteso era finalmente arrivato.
“Gli unici
corpi privi di ombra sono quelli celesti…Interessante”
pensò tra sé e sé Anor, sfogliando e
studiando attentamente un piccolo libro
rosso.
Si trovava
al
centro della più maestosa piazza cittadina: uno sterminato
spiazzo circolare
fatto interamente di marmo, decorato da macabre statue, mostruosi
gargoyle e da
una terrificante fontana centrale da cui sgorgavano vivaci zampilli
sanguigni.
Appoggiato
alla
balaustra di quella sorgente da incubo, il giovane, immerso nella
lettura, aspettava.
Era stato da
poco
riportato in vita, le forze di certo non gli mancavano, tuttavia il
solo
pensiero di dover vagare in quel postaccio in cerca di un tizio
spuntato dal
nulla di cui conosceva solo il nome non lo entusiasmava per niente.
Sì,
l’avrebbe
cercato, la sua proposta era troppo allettante per essere ignorata, ma
a modo
suo.
Attendeva.
Attendeva e
pazientava.
Qualcosa
sarebbe
successo.
Prima o poi.
“Guarda,
guarda”
proruppe di colpo una voce in lontananza, “Che cosa ci fa un
povero piccolo
amante del sole tutto solo nella notte?” chiese con tono
canzonatorio.
“E
pensare che
potresti vivere ancora se non fosse quasi ora di cena”
Poco a poco
la
fonte di quella voce emerse dall’oscurità: un
vampiro alto e slanciato con il
petto seminudo e i lunghi capelli neri legati dietro lo schiena,
interamente
avvolto da un ampio mantello rosso, fissava famelico il suo ormai
prossimo
pasto, leccandosi bramosamente le labbra.
“La
mamma non ti ha
mai detto di non fare tardi?”
Il Re delle
Ombre
non si scompose, rimase immobile con lo sguardo fisso sul suo libro e
rispose:”La mamma non ti ha mai detto di farti gli affari
tuoi?”
Sconcertato,
per
non dire infuriato, di fronte a tanta baldanza e spavalderia, il
Non-Morto
gridò:”Stupido umano! Sei ad un passo dalla morte,
come puoi rimanere così
impassibile? Tu non sai chi sono io!”
“Dicono
tutti
così…” rispose schietto.
Colto da un
raptus
incontrollabile, il mostro digrignò ferocemente i denti e si
scagliò con fare
animalesco verso la sua preda.
Anor non si
mosse.
Rimase
lì dov’era.
A leggere.
Il vampiro
era
vicino.
Troppo
vicino.
Stava
già pregustando,
a meno di un passo di distanza, il sapore del sangue e della vittoria,
quando,
all’ultimo istante, un potente gancio sferratogli in mezzo
allo stomaco lo fece
violentemente ruzzolare all’indietro.
Non
riuscì a
rendersi conto di quanto era accaduto in quella frazione di secondo.
Era stato
tutto
troppo rapido.
Steso a
terra da
quel colpo micidiale, si tastò il ventre quasi sfondato e
alzò faticosamente lo
sguardo verso quello che si presentava come un inerme ragazzo pronto
per essere
letteralmente divorato.
In piedi
davanti a
lui saltellava, divertita e trionfante, un’ombra.
Un’ombra
umana.
L’ombra
dello
stregone, che, in pochi secondi, ritornò al suo posto,
sparendo ai piedi del
suo padrone.
“M-Magia?”chiese
ansimando il Non-Morto.
Il Re delle
Ombre
fece sparire il libro, si tirò in piedi e
disse:”Se ti piace definirla
così…Perdonami, ma ora devo proprio andare; ti
mostrerò come estrarre un
coniglio dal cappello un’altra volta”
Non ebbe il
tempo
di fare quattro passi che subito, dall’alto di un edificio,
balzò di fronte a
lui un possente energumeno che gli sbarrò prontamente la
strada.
Un nerboruto
vampiro, alto quasi tre metri, vestito di una possente armatura di
ferro, lo
squadrava, solenne della sua altezza, con due seri occhi verdi.
“Oh
no, un
altro”commentò esasperato Anor, massaggiandosi le
tempie, “Senti amico, anche
io sono un vampiro, ho il diritto di circolare liberamente in questa
città,
quindi, potresti
gentilmente levarti dai
piedi e lasciarmi passare?”concluse, mostrandogli i segni del
morso di
Blackbat.
Il colosso
non
rispose; serrò il pugno sinistro e si preparò a
colpire il suo bersaglio con
tutta la forza che aveva in corpo.
“Deduco
che la
risposta sia “No” osservò lo stregone,
“Allora ti farò un’altra
domanda…”aggiunse,
mentre l’altro sferrava il colpo,”Proporzionalità
diretta tra velocità e
forza; hai mai
preso
un calcio alla velocità dell’ombra,
bestione?”concluse con un sorriso, citando
un passo del suo libro.
Improvvisamente
la
sua gamba destra iniziò ad emanare un’accecante
luce violacea.
Un attimo.
Un istante.
Sollevò
il
ginocchio, distese la gamba e assestò con la caviglia un
poderoso calcio sul
fianco destro del gigante, scaraventandolo lateralmente, nonostante le
dimensioni, contro un edificio.
Una volta
sistemato
il nuovo arrivato, il giovane non perse altro tempo prezioso e
s’incamminò
verso il centro città per incontrare al più
presto la persona che stava
cercando, ma qualcosa attirò di colpo la sua attenzione.
Il primo
Non-Morto,
ripresosi dallo scontro, si stava rapidamente allontanando, saltellando
di
tetto in tetto al fine di cercare aiuto e chiamare rinforzi.
I vampiri
erano
orgogliosi e arroganti, ma non ottusi; la presenza, sebbene molto rara,
di
qualcuno che possedesse abilità tanto grandi da riuscire a
far fronte alle loro
straordinarie capacità suscitava in quelle creature forti
istinti di
sopravvivenza e collaborazione reciproca.
Il ragazzo
lo
sapeva bene, così come sapeva bene che presto si sarebbe
ritrovato addosso una
quantità esorbitante di Non-Morti affamati e pronti a tutto
pur di farlo a
pezzi.
Affrontarli
tutti
insieme sarebbe stato divertente, ma il tempo dei giochi era ormai
finito.
Dal petto
dello
stregone partì un fascio di luce nero come la pece che, a
folle velocità,
rimbalzò da una parete all’altra delle case,
finendo poi per scomparire a
sinistra del fuggitivo.
Un’ombra.
-3,8 x 1023
m/s.
Nell’esatto
punto
in cui il fascio era sparito, Anor riapparve a mezz’aria, e,
dopo aver eseguito
una capriola all’indietro, sferrò sul cranio del
vampiro un calcio d’innata
potenza e rapidità.
Colto dallo
stesso
senso d’impotenza e inconsapevolezza dell’impatto
precedente, il Non-Morto fu
scaraventato contro la lignea sommità di
un’abitazione che, per la violenza
dell’urto subìto, non tardò a crollare
da cima a fondo, riducendosi ad un
cumulo di macerie.
Al termine
di
quello spettacolo tanto straordinario quanto devastante, il Re delle
Ombre
tornò prontamente a terra e si avvicinò con
inquietante calma al miserabile fuggiasco
che, interamente coperto da schegge e pezzi di legno, lo osservava
sconfitto.
“Il
divertimento
non finisce mai, quando combatti con un vampiro” disse,
puntando l’indice
destro verso il Non-Morto, “Puoi colpirne uno
finché vuoi, ma questo, in un
modo o nell’altro, riuscirà sempre a
rigenerarsi” aggiunse, mentre sul suo dito
cominciava a formarsi una roteante sfera di colore violaceo,
“Però, chissà cosa
succederebbe, se il corpo di un vampiro venisse completamente
disintegrato?”
concluse con fare piuttosto sadico.
Man mano che
lo
scuro globo d’ombra ruotava, le sue dimensioni lentamente
crescevano.
Di
più.
Sempre di
più.
“E
pensare che
avresti potuto vivere ancora se non avessi voluto fare il
furbo”
Non
c’era più
scampo.
Ormai
la fine era
imminente.