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Autore: Elisir86    07/01/2004    3 recensioni
È l’ultimo anno per i gemelli Weasley, loro sempre così uniti in tutto e per tutto, ora non si parlano più, un segreto che nessun può scoprire li divide creando fra di loro una grande voragine. Ma non è l’unica cosa che preoccupa Ron, l’improvvisa scomparsa di Neville e l’amore proibito tra Ginny e Draco Malfoy, farà capire al giovane Weasley che nulla può rimanere uguale e che il suo destino è uno solo… Scritto in prima persona e con gli occhi di due personaggi…
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ron Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Capitolo I

Ronald Weasley

 

Gli occhi azzurri del ragazzo si posarono sulla scrivania; un plico di pergamene era elegantemente tenuto con un fiocco rosa. Delle lacrime salirono ai suoi occhi, trasformandoli in piccoli ma profondi laghi. Ginny se n’era andata. Il suo corpo caldo era ancora sul letto accanto a quello di un uomo.

Il rosso chiuse gli occhi, erano anni che faceva quel lavoro, sì perché lui lavorava, guadagnava…ma a quale prezzo?!

Virginia era morta e lui sentiva che il suo cuore di fratello si stava lentamente distruggendo, perché presto sarebbe toccato a lui, sì perché Voldemort non lo avrebbe lasciato in vita ancora a lungo, presto un mangiamorte…uno qualsiasi…lo avrebbe ucciso con la stessa maledizione usata per la sua famiglia. Ma non era ancora tempo.

Lentamente prese tra le mani le pergamene, non avrebbe lasciato il mondo senza una sua testimonianza.

Lanciò uno sguardo alla finestra, il campo di grano sembrava perfetto, come se nulla nel mondo fosse successo. Respirò profondamente prima di sedersi davanti all’antica scrivania.

La sedia cigolò sotto il suo peso. Non c’era da stupirsi, era vecchia, proprio come tutta quella proprietà.

Sorrise, i ricordi gli sfilavano davanti come le scene di un film e si sentì libero come un tempo.

Prese tra le mani il freddo calamaio, era ancora pieno d’inchiostro…Ginny adorava scrivere. Una lacrima scese lungo la sua guancia destra andandosi a mischiare con l’inchiostro che s’imbeveva nella rovinata piuma d’oca.

Il liquido nero creava piccole gocce che a stento rimanevano attaccate alla strana penna, ma nonostante questo neanche una sfiorò il foglio che immacolato aspettava solo di essere riempito da parole e ricordi di un uomo ormai distrutto.

 

-Il sole non era ancora sorto quando io aprii gli occhi. Era la prima volta che mi svegliavo così presto. Il sonno mi aveva preso quasi subito la sera prima. Ed io non avevo nessuna voglia di rimanere nel letto nonostante quello fosse il mio ultimo giorno di vacanza.

Con impazienza mi tolsi il pigiama che ormai mi stava davvero piccolo. I pantaloni mi arrivavano a ben dieci centimetri sopra le caviglie, mentre le maniche sembravano a tre quarti. Nonostante questo mi stava decisamente largo tanto che dovevo fermarlo in vita con uno o più nodi.

Non mi preoccupai di Harry che dormiva ancora beatamente sotto le lenzuola. Harry Potter era il mio migliore amico fin dal primo anno di scuola. Era una leggenda…un eroe. Stava con me anche se io non avevo soldi, e mi voleva davvero bene…proprio come un amico…

Girai per la stanza in mutande alla ricerca di un paio di calzini, che in quel momento non volevano proprio venire fuori. Era quasi impossibile trovare dei calzini nella mia stanza, Fred me li prendeva visto che i suoi andavano sempre a finire sui piedi di George. Era uno dei motivi, forse l’unico, delle nostre litigate. Per questo mamma me li regalava sempre per natale e io nonostante ne avessi bisogno li davo a Dobby (non li ho mai sopportati viola). Un elfo domestico che voleva portare alla rivolta tutti i suoi simili.

All’improvviso ne trovai un paio neri. La lettera R ricamata in modo storto e circondata da una specie di rettangolo giallo mi stava ad indicare che era stava Hermione a farli. Da quando le avevo detto che lei non sarebbe mai stata una brava madre o donna di casa, si era messa in testa di riuscire a fare abiti, calzini e cose del genere, e visto che ero stato io a insultarla, aveva scelto me come cavia. Tuttavia mi consolavo che il colore viola non entrava nemmeno nella casa di Hermione.

Decisi di metterli.

I pantaloni invece si trovavano subito, nessuno dei miei fratelli poteva metterli, sarebbero stati ridicoli!

Ero più che fermamente convinto che mia madre lo facesse apposta a prenderceli su misura. Anche Frederik e George non si scambiavano mai gli abiti, nonostante fossero gemelli, mamma regalava ad entrambi dei vestiti di colori differenti già da un paio di anni, era stufa del continuo scambiarsi dei ruoli dei due.

Trovata una camicia adatta al resto dei vestiti uscii dalla stanza.

Il leggero russare di papà mi convinse che tutti erano ancora a dormire. Silenziosamente mi diressi verso l’unico bagno di casa, felicissimo di non dover fare mezz’ora di fila perché Virginia doveva preparasi. Virginia o Ginny era la mia sorellina. Negli ultimi tempi era diventata molto bella, ma dal suo modo di fare e di parlare con i ragazzi che le giravano intorno a lei non sembrava accorgersene. Quell’anno aveva fatto conoscere un ragazzo di Tassorosso ai nostri vecchi. Lui era sinceramente innamorato di mia sorella….

Entrai nel bagno stando attento a non far cigolare la porta, era ancora presto ed era meglio lasciare dormire i miei vecchi. Mi diressi subito al lavandino, e aprii l’acqua. Mi tuffai con tutto il viso sotto lo scorrere del gelido liquido sperando di svegliarmi del tutto. Non avevo sonno, ma io faticavo sempre a tenere gli occhi aperti appena sveglio.

Non so quanto restai in quella posizione, forse qualche minuto. Chiusi il rubinetto e scesi in cucina.

Mamma preparava sempre la tavola la sera per il giorno dopo.

Su un muro vi era un grande orologio con scritti alcuni luoghi, mentre le lancette appartenevano ad ognuno di noi. Papà aveva deciso di metterne una anche per Harry ed Hermione.

Tutte segnavano casa. Hermione non era da noi, ma a casa sua. Probabilmente anche lei ancora tra le braccia di Morfeo.

Lanciai uno sguardo fuori della finestra, i primi raggi del sole risplendevano sopra il grano dorato. Mio padre diceva che era di nostra proprietà, ma sinceramente non ricordo nemmeno una raccolta e io glielo facevo notare ogni volta che l’argomento saltava fuori. “Noi siamo maghi Ron…” rispondeva mia madre, come se essere maghi non comprendesse delle regole.

Comunque amavo quel campo, mi ricordava i capelli di Hermione alla sera, il tramonto li colorava di un oro scuro, come quello del grano.

Decisi di andare a fare una passeggiata, tanto per assaporare il tiepido calore del sole. Mi piaceva. Uscii con un sorriso stampato in faccia. Mamma sosteneva che sembravo uno stupido quando sorridevo senza motivo. Ma io ero solamente felice. Felice perché Harry era venuto alla Tana per più di una settimana, felice che il giorno dopo sarei ritornato a Hogwarts e di rivedere Granger.

Camminai a lungo, forse per due ore o poco più. Non so…

Comunque mi fermai vicino a una casa babbana. Mi sentii subito attratto da quella villa. Sì, era una villa che maestosa si ergeva davanti a me. Mille roseti nascondevano la facciata posteriore, mentre semplici lillà campeggiavano sugli altri tre lati.

Rimasi lì, perso nell’osservare i panni neri che lentamente si muovevano al contatto con la tiepida aria. Qualcosa mi chiamava, qualcuno mi chiedeva di entrare in quella casa…Una forza misteriosa muoveva le mi gambe verso l’ampio portone…

Solo quando mi trovai davanti, con una mano allungata verso quello che doveva essere un campanello, capii che dovevo fermarmi. E lo feci. Il dito ancora leggermente piegato sfiorava il piccolo e d’orato pulsante e il mio corpo…Il mio corpo tremava. Tremava come se qualcosa di orrendo, qualcosa di tenebroso fosse entrato in me e poi uscito, come se io, in quel momento, non fossi stato altro che un involucro di carta…bagnato, che si accasciava a terra non avendo più la consistenza che gli era propria qualche secondo prima.

Io non c’ero.

Ed ebbi paura.

Non mi mossi per un lungo istante, nel quale nei miei occhi erano passati, shock, dolore, paura, tristezza e perfino…amore…

Ritornai a casa quando il sole era già alto.

Ma non potevano essere più delle otto.

Entrai e mamma stava già lavorando. Mi guardò stupita per qualche secondo, come se davanti a lei ci fosse stato un babbano e non suo figlio.

“Dove sei stato?” mi chiese cercando di modificare il tono da preoccupato a duro, “In giro…” non era una balla, non sapevo nemmeno io dove fossi andato, avevo solo camminato dritto.

“Hai fame? Ti preparo qualcosa?” mamma ultimamente si preoccupava troppo…per me…“Forse più tardi” dissi avviandomi verso la mia camera.

Dal rumore che proveniva dalla stanza accanto alla mia capii che Frederik doveva essersi svegliato, era l’unico della famiglia che s’inciampava sempre nel lenzuolo che George buttava per terra. Era strano comunque che anche lui si svegliasse a quest’ora, di solito era l’ultimo.

Con “Cazzo!” come imprecazione, Fred uscì dalla sua camera e si diresse a tutta velocità in bagno. Non mi sembrava comunque che lui ne avesse bisogno, non sapevo come ma i capelli di Frederik erano sempre a posto…e comunque non aveva mai la faccia da pesce lesso che aveva sempre George appena alzato.

Feci spallucce ed entrai nella mia stanza, “Hm…Ron…?” come sempre Harry si era svegliato grazie al baccano di mio fratello; non risposi. Lui non chiese altro, sapeva che se non rispondevo era perché stavo riflettendo, cosa alquanto strana a quell’epoca.

Si alzò e si vesti il più velocemente possibile, mentre io rimanevo seduto davanti alla scrivania scrivendo una semplice lettera da mandare a Hermione. Leo intanto stava saltellando per tutta la stanza. Non sapevo come ma il mio gufino saltellava sempre senza stancarsi, di giorno sembrava che urlasse mentre lanciava messaggi al gufo di Percy.

“A chi scrivi?” “A Bill…voglio fargli sapere di Ginny…”, “Ah…ma non credi che dovrà dirlo lei di persona?”, mi voltai con un sorriso beffardo “Ma scherzi per togliermi tutta la commedia che mio fratello farà appena torna a casa?!” dissi con il mio solito tono di comicità, Harry sorrise.

“Io ho fame…” disse aprendo la porta per ritornare subito sui suoi passi non vedendomi, “Tu non vieni?” lo guardai divertito, “Vai pure, Harry, io finisco la lettera e ti raggiungo” “O.K.” fu tutto quello che disse.

Scrissi la lettera dove decantavo Hermione. Non la spedii. Probabilmente è ancora nel suo nascondiglio. Meglio così…che ci rimanga per l’eternità….

Scesi e mi diressi verso il tavolo.

Papà si era alzato e teneva già in mano un oggetto babbano. Anche gli altri si erano svegliati. Fred però non c’era.

“Mangia qualcosa, Ron, sei così magro!” Percy mi lanciò un’occhiata preoccupata per poi riportare l’attenzione sul suo piatto. Aveva ragione, ero dimagrito rispetto l’anno scorso. Mamma credeva che avessi una strana malattia, forse una babbana. Però io non mangiavo per il semplice fatto che non avevo più appetito. Harry la chiamava anoressia, “Ma che stai dicendo?” sbottavo per poi cambiare discorso. Lui comunque diceva che si vedeva moltissimo, specialmente dagli abiti. Era vero, stavo tre volte in una camicia che normalmente mi sarebbe andata bene, ma ciò non significava che avessi quella cosa! Ogni tanto mi domandavo cosa avesse detto Hermione vedendomi, ma poi tornavo in me.

Mamma mi guardò con occhi speranzosi mentre versava del latte nella ciotola di Frederik (che ancora non si era fatto vivo), non avevo fame ma annuii lo stesso.

Bevetti un sorso di latte e morsi un pezzo di una fetta di torta, tutto sotto lo sguardo attento di mio padre. Sembrava che volesse di più, ma infondo non facevo colazione da tutta l’estate. Sorrise quando morsi di nuovo il dolce, ed anche se masticavo molto attentamente a lui non dispiaceva.

“Buongiorno!” Fred era sceso, lo guardai mentre cercavo d’ingoiare un altro morso. Era troppo. Mi tappai la bocca con entrambe le mani e corsi verso il bagno.

Vomitai quel poco che avevo mangiato.

“Ron!” Harry mi aveva seguito e mi scrutava da dietro le sue lenti con fare preoccupato. “Non ti riconosco più…” feci una smorfia “Che sciocchezze…” dissi mentre mi risciacquavo la bocca, “Solo perché non mi sono sentito bene, non significa che sono cambiato!” risi. Non ne parlammo più.

“Cos’ha Ron?” Fred si era rivolto probabilmente a George perché lo sentii borbottare mentre saliva sulle scale, “Visto…fai vomitare tutti” ma il significato di quella frase mi rimase incomprensibile per molto tempo.

Ritornai nella mia stanza e mi sdraiai sul letto.

Un’estate intera…diversa…. Eppure non mi sembrava che qualcuno si fosse comportato in modo diverso dal solito…solo io ero cambiato. E quella certezza mi faceva stare male, inadeguato a tutto ciò che mi circondava, perfino Harry mi sembrava irraggiungibile e mi vergognavo, si mi vergognavo di essere un Weasley.

“Ehm…Ron?” Frederik era davanti alla porta e mi osservava preoccupato, “Senti, non è che per caso sei passato davanti alla mia stanza ieri sera?” chiese senza smettere di ondeggiare avanti e indietro. In quel momento mi resi conto che non sopportavo mio fratello.

Io non tolleravo nessuno dei miei fratelli.

Non so quanto rimasi ad osservarlo con gli occhi carichi d’ira ma con qualche riflesso di…rassegnazione? Sì potrei chiamarla così…quella sensazione che non ti lascia respirare, che ti fa piangere e contemporaneamente infuriare, quella che ti fa sentire un re rinchiuso in una gabbia di topo con topi…sì, rassegnazione è la parola giusta per descrivere tutto questo.

Mi alzai e mi avvicinai a lui.

Ero più alto di Fred di almeno sette centimetri così dovetti abbassare un attimo gli occhi per osservare i suoi. Erano blu. Di quel blu che ti ricorda l’oceano, profondi e carichi di vita. Completamente diversi dai miei.

“No” sussurrai, mentre sul suo volto si dipinse un meraviglioso sorriso “Bene!” esclamò dandomi un amichevole pacca sulla spalla destra, “Percy ha ragione, Ron, dovresti mangiare di più!” se ne andò.

Passai il resto del pomeriggio chiuso in camera a preparare il mio baule. Contai una decina di volte le maglie che mi apprestavo a portare e i regali che già avevo deciso di dare ai miei amici per Natale. Ne avevo uno anche per Neville. Da quando avevo scoperto dei signori Paciock e della loro pazzia, avevo una visione diversa di quello sbadato e grasso compagno di scuola. Ma le nostre conversazioni si limitavano a: “Ciao! Come stai?” oppure “Mi puoi dire la parola d’ordine…me la sono dimenticata!”.

Da canto suo Harry mi aveva osservato per circa un’ora poi sbuffando se ne era andato nel paese vicino con George, probabilmente per guardare le giovani ragazzine che tornavano a casa dalle vacanze….

“Ehi!” Ginny era entrata in camera e teneva le mani sui fianchi, gli occhi blu puntati verso il tetto, “Mamma dice che dovresti uscire per prendere un po’ d’aria fresca” disse senza distogliere lo sguardo da Leo che in quel momento saltellava da una trave all’altra, “Le dirò che stai dormendo…”.

Riportò l’attenzione su di me, i suoi occhi ricordavano molto la calma del mare. “Però domani farai cena…” “Domani è il primo giorno di scuola, Ginny!” lei sorrise, “Lo so…ma conoscendoti non mangerai nemmeno una briciola di ciò che ti ritroverai sul piatto…” allargò il sorriso “…Qualcosa potrai mangiare…”.

La guardai, forse lei era l’unica che sopportavo in quella casa.

Era sempre pronta ad aiutarmi…si lei era la mia complice in tutto e io ero il suo salvatore se solo avesse avuto bisogno…Sì, io acconsentivo a mia sorella di far parte della mia vita.

Quando se ne andò mi misi subito nel mio letto e il sonno mi prese.

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Mi svegliai con le guance bagnate, gli occhi rossi e un senso d’inquietudine. Non mi ricordavo ciò che avevo sognato, solo avevo paura…Il mio corpo tremava e dei singhiozzi uscivano dalla mia gola.

Rimasi a piangere ancora per molto, ma Harry non se ne accorse. In quel momento lo odiai, perché io avevo bisogno di lui, di un conforto ma Potter dormiva…dormiva e non sentiva i miei lamenti.

Non so come, ma fu proprio il rude bussare di papà a calmarmi. Appena sentii la sua mano colpire con noncuranza il legno della porta, la paura e quella sensazione di gelo sparirono per far spazio al…calore…

Strisciai verso il bordo del letto mentre Harry cercava con la mano gli occhiali lasciati sul comò. “Svegliatevi, veloci! Siamo in ritardo!” non sapevo cosa c’era da stupirsi, noi eravamo sempre in ritardo.

Quel giorno comunque non perdemmo tempo. Era strano, per la prima volta Frederik aveva già deposto il suo baule in macchina ed si era seduto al suo solito posto. Piano, piano tutti i bagagli furono messi nel bagagliaio, “Ginny! Ti vuoi spicciare?!” George non era di buon umore. Mi chiesi cosa stava succedendo tra lui e Fred, sembrava che non si volessero parlare e cercavano in tutti i modi di non sfiorarsi, capii che due sere prima qualcosa anche in loro era cambiato.

“Questa volta arriveremo un po’ in anticipo!” esclamò mio padre e Harry sorrise.

Il viaggio in macchina fu stranamente silenzioso, perfino a mamma non andava a genio, si mise perfino a tossicchiare e a domandare cose inutili a Virginia.

“Allora, tesoro, te lo sei portata dietro il vestito che ti ho fatto?” Ginny sorrise, era davvero grata a mamma per quel regalo! Annuì.

“Ron…tu cerca di mangiare qualcosa. Non ti farebbe altro che bene…sei diventato anche molto pallido, vero Arthur?” “È vero, Ronald, hai perso anche quel poco di colore che avevi fino a qualche giorno fa. Non è che…” s’azzittì mentre caricava il mio baule su un carrello, “Papà ora dobbiamo proprio andare” Ginny era venuta in mio soccorso, “Ci vediamo a fine anno!” aveva urlato Fred prima di oltrepassare la barriera. Lo seguimmo a ruota.

Il binario 9/¾ era pieno di tutti gli studenti in partenza per Hogwarts, come ogni anno…

“Dove sarà Hermione?” Harry stava aprendo invano tutti gli scompartimenti per trovare la mia adorata Prefetto. La trovammo infondo al treno, nel penultimo scompartimento, “Finalmente!” sbuffò lei chiudendo il libro che stava leggendo. Leggeva sempre se non sapeva cosa fare, e a me piaceva osservarla mentre sul suo viso passavano ogni sorta di sentimenti, amore, incomprensione, odio, irritazione, calma…Avvolte piangeva e io le porgevo sempre un fazzoletto che lei prendeva ringraziandomi per poi continuare a leggere.

“Ron!” lo strillo di Granger mi fece ritornare alla realtà, “Cosa hai fatto?” chiese sfiorandomi, preoccupata, la guancia con la sua mano vellutata, “Sei così magro e…pallido…” sussurrò come se quelle parole fossero proibite su quel treno.

Sorrisi e lei sorrise a sua volta, un sorriso dolce carico d’affetto, la mano si ritirò lentamente per poi tornare a stringere il grosso libro che stava leggendo, “Ma vedrai…ti rimetterai presto” disse tornando seduta. Era proprio da Hermione preoccuparsi per me ed Harry, ci considerava i suoi migliori amici anche se cercava di evitare d’essere troppo dolce.

L’osservai, indossava di già la corta ed elegante gonna nera che metteva solo i primi giorni ad Hogwarts ed una elegante camicetta sbottonata dalla vita in giù la facevano apparire più bella di quello che mi ricordavo.

Sorrisi quando lei mi lanciò un occhiata, un leggero rossore si dipinse sulle sue gote.

“Allora?! Come mai così in ritardo?” chiese per mascherare il suo imbarazzo, “Lo sai come sono Fred e George…” dissi, parlando per la prima volta in sua presenza e ciò la fece sussultare. Avevo cambiato anche la voce…era profonda. Harry invece aveva la solita voce da bambino e sembrava rassicurare la mia dolce Hermione.

“Ho sentito dire che sei diventata prefetto!” lei mi lanciò un occhiata truce e sul suo viso comparve un finto ma tenero muso, “Ronald Weasley, Le avevo raccomandato di non dirlo a nessuno soprattutto ad Harry!” sorrisi per scusarmi e lei abbassò il capo.

 

Una donna entrò nello scompartimento, davanti a lei un carrello pieno di dolciumi, Harry non perse tempo e comprò alcune cioccorane e qualche altro dolciume. Anche Hermione prese qualcosa.

“Oh! Ron, ne vuoi un po’?” Harry m’allungò una cioccorana, le mie preferite…ma in quel momento un senso di nausea si propagò in tutto il mio corpo ed osservai la piccola scatoletta con disgusto. Potter riportò sulle sue gambe il dolce “Non hai fame?” Granger stava morsicando una tavoletta di cioccolato blu e mi osservava stupita, “No…Ho mangiato troppo a colazione” e lanciai un occhiata ad Harry che senza batter ciglio continuò il suo spuntino.

“Dovremo metterci le divise, siamo quasi ad Hogwarts…” dissi rovistando nel baule, in realtà eravamo molto lontani da scuola, ma non era affatto facile restare calmi quando nessuno parlava.

“Lo sapete che abbiamo una donna come insegnante di Difesa Contro Le Arti Oscure? Sarà divertente!” esclamò Hermione mettendosi con ordine il nero soprabito.

“Direi che è stressante…in quattro anni ne abbiamo avuti quattro diversi! Speriamo che questa regga!” Harry s’infilò velocemente il mantello per poi ritornare alle sue merendine.

Io intanto mi stavo allacciando una cintura con gli stessi colori della mia casa: grinfondoro; strinsi in vita quella che doveva essere la mia divisa. Numerose pieghe si formavano intorno ad essa creando un effetto che mostrava la mia magrezza ma che non mi stava affatto male. Hermione arrossì vistosamente quando finii di vestirmi, e rimasi ad osservarmi per quanto si poteva sul vetro del finestrino.

“Cosa intendi fare quest’anno, Weasley?” una voce strascicata fece scappare uno squittio spaventato da Granger. Mi girai. Sulla porta scorrevole vi era Draco Malfoy, i capelli ben composti indietro, gli occhi grigi freddi e taglienti come sempre. Indossava ancora abiti formali e anzi, non sembrava un ricchissimo figlio di papà, infatti portava dei pantaloni color crema e una lunghissima camicia bianca, la cravatta che richiamava il colore dei pantaloni era scompostamente aperta. Sorrisi, “Assomigli sempre di più a un babbano” fu la mia risposta ed aspettai che la furia di Draco mi colpisse, ma non fu così. Malfoy era ancora fermo davanti a me, nella posizione di prima, qualcosa mi convinse che lui…che anche lui fosse cambiato.

“Non credo proprio…Weasley…non credo. Non assomiglierei nemmeno a un mezzosangue, anche se lo volessi!” e i suoi occhi, carichi d’odio e più affilati che mai si posarono sulla piccola figura di Hermione che in silenzio osservava la scena.

Non risposi. Malfoy non era cambiato. Un Malfoy non poteva cambiare. Mi venne da ridere e risi. La mia stessa risata era diversa, e mi fece venire i brividi. Risi comunque a lungo, mentre una mia mano copriva i miei occhi languidi.

“Dove sono i tuoi scagnozzi, Malfoy…? Hanno forse paura?” Harry si era alzato e si era pericolosamente avvicinato al serpeverde, “No Potter. I miei scagnozzi, come li chiami tu, sono con un altra persona…Io sono capace di difendermi anche da solo.”

Smisi di ridere e posai i miei occhi su Hermione che mi fissava stupita, “È per questo che sei qui? Per far vedere quanto vali?” continuò Harry, “No…certo che no” e dopo un interminabile pausa Draco voltò le spalle a Potter “Ci vediamo durante la lezione di Piton!” disse con sarcasmo.

“Non è possibile!” Harry sembrava sconvolto, “Avete visto? Non ha fatto nulla…!” era eccessivamente sconvolto.

“Guarda dove metti i piedi Weasley!” sentimmo poco distante, probabilmente Ginny era andata a sbattere contro Draco, ma non mi preoccupai, visto che nessun insulto seguì quella frase. Tranne lo sbattere della porta dello scompartimento dietro il nostro.

Quello di Malfoy.-

 

 

  
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